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Autore: loonaty    05/06/2011    3 recensioni
Com'è fuggire da ciò che più si ama?
Com'è avere tutto e subito dopo ritrovarsi con nulla fra le dita?
Un chakra dalla potenza sconfinata, inferiore solo a quello della volpe.
Un carattere combattivo e ribelle.
Un'indole autodistruttiva.
Un membro in più nel clan Uchiha.
Cosa si prova ad essere un mostro?
Non ci si aspetta che qualcuno capisca.
Non ci si aspetta che qualcuno compatisca.
Perché niente di ciò è davvero rilevante.
Kioko è Kioko, e questo, che voi lo vogliate o no, non cambierà.
"Queste rose.
Sono come me. Lentamente sfioriscono, i loro bei petali hanno ingannato per tutta l’estate gli ingenui che nel coglierle si erano feriti con le spine. Quando però avranno perso ogni petalo le persone temeranno quei rovi spinosi, si terranno alla larga. Così era successo con lei." (capitolo 12 "Queste rose")
Genere: Azione, Comico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Obito Uchiha, Rin, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Più contesti
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33- FERMA LA SABBIA NELLA BILANCIA

 
C’era una stanza.
Una stanza che era stata riarredata con gusto, un comodo futon a est, accanto alla portafinestra, una libreria con più modellini che libri, qualche poster con dei personaggi dei cartoni animati, disegni affissi alle pareti con lo scotch.  Un bambino sui sei anni uscì di corsa dalla stanza precipitandosi giù dalle scale e lungo il corridoio. Aveva sentito la porta d’ingresso spalancarsi, segno che il fratellone era tornato. Si acquattò nel sottoscala preparando il suo agguato e nuovamente notò quella foto. Stava sempre lì, una cornice di legno spesso ribaltata a coprire l’immagine. Da quando era nato, ne era sicuro, era sempre stata lì. Non che non fosse mai andato a curiosare! La sollevava spesso. Ritraeva una ragazzina più o meno sui dodici anni con uno sguardo ribella che scompigliava i capelli ad un bambino più piccolo di lui ma incredibilmente simile al sottoscritto. L’ultima volta che la mamma lo aveva sorpreso a fissare la fotografia si era portata una mano alla bocca e gliel’aveva sottratta rimettendola in piedi su quel baule consunto che faceva da piedistallo a molte foto di famiglia. L’aveva osservata qualche secondo inumidendosi le labbra e poi l’aveva abbassata nascondendo l’immagine. Spesso vedeva il suo nii-san fermarsi lì davanti e contemplare la cornice scura. Certe volte allungava una mano come ad afferrarla, ma la sua espressione era talmente tormentata che tutte le volte che lo sorprendeva lì davanti sentiva il bisogno di distrarlo con qualche capriccio, tentare inutilmente di dargli sui nervi o di fargli perdere la pazienza. Cosa che non capitava mai. Sentì i passi del fratello in cucina. La borsa pesante carica di armi venire lanciata in un angolo, il grugnito di saluto del padre proveniente dal salotto e l’esclamazione allegra di rimando. Adesso o mai più, si disse, quella foto aveva sempre esercitato una strana pressione su di lui, nel momento stesso in cui l’afferrò però, la mano del fratellone affondò nei suoi capelli arruffandoli gentilmente e il suo volto si fece accanto a quello del fratellino che per la sorpresa aveva fatto cadere a terra la foto.
-Che c’è? Non si saluta più il tuo nii-san?-
Sasuke deglutì puntando gli occhioni neri sul pavimento dove era caduta la cornice, l’immagine rivolta a fissare il soffitto
Itachi aggrottò la fronte raccogliendola. Era a colori anche se un po’ sciupata e tendente al grigio polvere. La fissò, a lungo, contemplandone le venature nelle pieghe degli angoli infine incontrò quel volto che non era stato segnato dal tempo nella sua memoria. Il quartiere Uchiha era stato reintegrato  da un po' con il villaggio. Frequentava l'accademia con tutti gli altri ragazzini ed anche il suo fratellino, checché ne dicesse il padre, era un genio.  Nonostante ciò quel volto era marchiato a fuoco nei suoi ricordi. Un volto duro che portava la sfida stampata in fronte, le labbra strette e gli occhi di brace. Gli veniva difficile ricordare i suoi sorrisi, quelli sinceri, quelli dolci. Non erano mai stati il suo forte, però, ogni tanto, quando faceva qualcosa di buffo, quando inciampava, quando le abbracciava una gamba per trattenerla, era sicuro che sorridesse in quel modo in cui solo lei sorrideva. Con un sospiro si coprì gli occhi e rimise la foto a faccia in giù sul baule. Perché non la bruciavano?
Quando i suoi genitori avevano scoperto che la loro primogenita era diventata una nukenin avevano interrotto le ricerche. O meglio, le avevano interrotte da moltissimo tempo, ma glielo dissero quella sera. Davanti a dei dango troppo appiccicosi e dei cavolfiori freddi e mollicci in quella ciotola che molti anni prima sua sorella gli sospingeva svogliatamente sotto il musetto affamato.
 

-Itachi ... -
Il bambino non presta attenzione al padre, giochicchia con le portate e sbuffa notando che al contrario di Kioko la mamma proprio non conosce i suoi gusti.
- ... Tua sorella non tornerà più.-
La mamma con il volto basso culla il piccoletto addormentato tra le sue braccia, quel marmocchietto che fin dalla nascita aveva attirato la sua attenzione. Tanto fragile ... Da proteggere.
Solo dopo si rende conto delle parole del padre ed i suoi occhi si sgranano.
-Aveva detto ...-
-Non importa cosa ti ha detto. E' una ninja traditrice, alleata al sennin delle serpi-
Fugaku non ha mai parlato molto.
Il dolore trapela nelle sue parole e la cosa stupisce il figlio che l'ha sempre visto come l'uomo invincibile.
Misako piange. LE spalle fragili della donna sobbalzano e il marito gliele circonda con un braccio.
Itachi si alza come in trance. Arriva davanti alla porta, la spalanca. La camera di sua sorella è lì davanti come l'ha lasciata.
LE lacrime si fanno strada da sole sul suo volto. Gli Uchiha non piangono. Questa frase, quante volte gliel'hanno ripetuta?
Gli Uchiha non piangono.
Quasi fossero dei robot.
I passi felpati di Fugaku si fermano dietro di lui. Una mano si poggia sulla sua spalla.
-Rendimi fiero di te.-
Quelle parole che significano riempi il mio dolore.
Cancella il ricordo di quella ragazza.
Itachi.
Tocca a te.

 
-Nii-san? Chi è quella ragazza?- Domandò Sasuke tirando verso di sé il polso del fratello per potergli indicare la persona nell'immagine.  Itachi non rispose, ma il fratellino perseverò. Le assomigliava molto.
-Quando lo chiedo alla mamma si fa subito triste e papà se ne v nella sua stanza e non parla per tutto il giorno ... - 
Cosa poteva rispondergli?
Mise a posto la fotografia, la cornice rivolta verso il basso.
-Era una ragazza molto ... - Scosse la testa e sorrise al fratellino. Un sorriso triste.
In fondo che importava? Tra qualche giorno sarebbe tutto finito.
Non ci sarebbe più stato nessun Itachi, nessun Sasuke ...
Gli si strinse il cuore, le sue braccia si mossero automaticamente e strinsero a se il bambino. Lo sollevò prendendolo in braccio e premendolo contro il suo petto.
-Nii-san?-
Come poteva anche solo pensare di fargli del male?
Quello fu il primo e ultimo giorno in cui Itachi si scoprì più del dovuto.
Con un sussulto lasciò andare il fratellino per poi salire le scale che portavano alle stanze da letto.
-Scusa Otouto, oggi non posso giocare, devo studiare -
-Nii-san! Avevi promesso che mi avresti insegnato a lanciare i kunai!- Protestò Sasuke ripresosi all'istante dallo slancio d'affetto del fratello.
-Sarà per la prossima volta- Sorrise Itachi.
Sasuke si diresse in cucina borbottando un "bugiardo" che lo colpì come una freccia facendogli mancare il gradino. Fortunatamente il suo Otouto non lo notò e lui poté tornare inosservato nella sua stanza.
In fondo era vero.
Era un bugiardo.
Perché non ci sarebbe stata una "prossima volta".
 
 
-Allora Dei-Chan hai qualche novità per me?-
Il biondino sobbalzò trattenendo un urlo. Si voltò di scatto tentando di fulminare la ragazza con i suoi occhi troppo azzurri e troppo dolci per poter mandare a quel paese qualcuno. -Ma cosa sei? Un ragno? Non potresti fare un po' di rumore quando ti muovi? Unh - Bofonchiò frugando fra le scatole di materiale esplosivo appena arrivate. Kioko ridacchiò entrando dalla finestra e sporgendosi oltre la sua spalla per guardare con cosa stesse marchingegnando. Con una mano scostò i suoi soffici capelli biondi: troppo lunghi e sciolti lungo la schiena arcuata. Non c'era che dire. Assomigliava proprio ad una ragazza. Eppure i suoi modi erano virili, tanto da contrastare quel suo aspetto fragile. Le veniva ogni volta voglia di strapazzarlo.
-La smetteresti di gufare da sopra la mia spalla? Unh. - Disse drizzandosi in tutta la sua altezza e storcendo la bocca nel constatare che le arrivava ancora alla spalla.
Deidara, pupillo del terzo Tsuchikage, villaggio della roccia, undici anni, nonché suo personale fornitore di esplosivi. Aveva scoperto quel ragazzino durante una delle sue prime missioni. Era rimasta ferita nei pressi del villaggio e lui, vedendola così mal ridotta, si era messo a infierire. Per quell'affronto  aveva rischiato di venire decapitato. Invece ora la riforniva di armi. Kioko piegò le labbra al ricordo del suo volto spaventato quando aveva spalancato le ali. Davvero troppo carino per essere ucciso.
- Diciamo che finché sarai in debito di vita con me potrò fare di te ciò che voglio - Sorrise felina spostandogli un ciuffo troppo lungo dal volto e mettendolo spalle al muro. -Stavo dicendo Dei-chan, cos'hai di nuovo per me oggi?- La mano di lei era premuta contro il muro accanto alla sua testa mentre le ciocche sfuggite al fermaglio, che le teneva raccolta la lunga chioma color pece, gli dondolavano sotto gli occhi. Il ragazzino arrossì. -Abbiamo delle nuove carte bomba- Sbottò voltando la testa di lato per non dover più fissare i gialli occhi di falco che lo scrutavano famelici. -Ti toglieresti ... Unh ... Per favore?- Lei obbedì pacatamente appoggiandosi buona buona al muro e facendo oscillare l'orlo del mantello nero a nuvole rosse che le avvolgeva il corpo slanciato. Deidara ricominciò a frugare nelle scatole. -Prima o poi mi dirai dell'organizzazione a cui appartieni? Unh. - Aveva tirato fuori un mucchio di carte in una scatolina di cartone leggero.
-No-
Fu la risposta laconica.
-Perchè? Sembra divertente, essere i cattivi intendo ... Unh -
-Uno che mette "Unh" alla fine di ogni frase non ce lo vedo a fare il criminale.-
-Non lo metto alla fine di ogni frase ... -
Kioko sollevò un sopracciglio.
- ... Unh! - Quando si accorse della gaffe Deidara si imbronciò ricominciando a scartabellare.
-Almeno potresti dirmi che missione ti aspetta?-
-Una delle solite, sai, ammazzare gente, riscuotere la taglia, comprare lo shampoo che è finito ... -
-E a cosa ti servirebbero gli esplosivi?- Fece girare in una mano una cartina decorata con dei simboli di un verde acido brillante. Kioko si leccò le labbra. Merce di ottima qualità...
-Non è per la missione, ma per il tipo che mi dà la caccia, ho paura che domani lo incontreremo -
Sbuffò seccata. Come gli spiegava che quel "tipo" che la "perseguitava" aveva tutte le ragioni del mondo? Avrebbero continuato quel teatrino in eterno? Sangue e lacrime, per quanto tempo sarebbero stati versati senza che lei se ne rendesse conto? Quanti cuori spaccati come melograni? Quanti occhi che bruciavano di disperazione? PErchè prendere tutto come un gioco quando in realtà si tratta di una maledizione?
 
Sono anni che non ti tormenti tanto. Lo senti anche tu?

Come non sentirlo? Vedo rosso ... i sbaglio o fa caldo ... Ed anche tu, con quella maledetta filastrocca ...

E' una canzone.

Come vuoi.
 
-Ancora quell'ANBU?- Domandò accigliato il biondo inserendo il materiale da bombardamento in una astuccio di pelle e porgendoglielo. -Quanti anni sono che ci prova? Potresti denunciarlo per stolker!-
Kioko guardò la luna fuori dalla finestra. Il sangue colava lento nel cielo. Doveva smetterla di usare la vista del demone o sarebbe impazzita. Detestava quelle previsioni. Era tutto così vicino. Tutto così ... Troppo vicino. Ciò per cui per anni si era preparata. Ciò da cui era scappata, ciò per cui aveva ferito gli altri e se stessa, se stessa più di tutto.
In fondo non poteva mentire a se stessa.
Perché non aveva ucciso Kakashi la prima volta che era tornato a cercarla con l'idea di toglierla di mezzo?
Kakuzu sarebbe stato felice. Avrebbe riscosso una taglia altissima.
La risposta era la più semplice, tanto scontata che il suo cervello non riusciva a fare due più due.
Perché lei era davvero, realmente, sinceramente, profondamente e tanti altri inutili -ente ...
-Dove sarebbe il divertimento se no?- Si limitò a rispondere piccata.
Afferrò l'astuccio saltando sul davanzale.
-Non sei un po' troppo buona per essere una nukenin? - Le domandò il biondino avvicinandosi e trattenendola per la tunica.
Lei si voltò e sorrise, in modo falso, palesemente falso.
-Ho lo sharingan ipnotico. Sai questo che significa?- Deidara annuì a disagio.
-Hai ucciso una persona a cui volevi bene ...-
-La mia migliore amica- Precisò lei, il suo sguardo, ora serio, pieno di significato. Lui lasciò andare la tunica indietreggiando di un passo. A Kioko venne in mente che Itachi doveva avere più o meno la stessa età di quel ragazzino, forse qualche anno in più. Kioko sapeva che tra poco sarebbe accaduto ciò che aveva temuto per degli anni. Le visioni si erano fatte sempre più frequenti e dolorose,  condite da quella canzone orrenda e dalle macchie di sangue che costantemente le apparivano davanti agli occhi.

Come il sangue scivola la melodia,
La luce cola al tramonto,
Colorando di rosso ciò che è nero,
Colorando di nero ciò che fu bianco,
Le catene si spezzano,
Il tradimento è sovrano,
La ribellione lecita,
Il dolore necessario,
Cala la tua maschera,
Apri le tue ali

Ed uccidi tutti quelli che ti sono più cari.

Con il tempo aveva smesso di spaventarla quella fine lugubre.
Quel presagio oscuro.
Sapeva di doverlo fermare, ma la cantilena dello stupido uccellaccio era solo una voce di sottofondo. LA accompagnava la sera quando si addormentava e la mattina quando si svegliava, un tono più alto ogni giorno che passava.

Stupido uccellaccio ...

Ti si addice

E' da quando sei scappata che non mi chiami così.

Forse perché da quando sono scappata non hai fatto più molto chiasso come ora!

Io non faccio chiasso! Poi sei tu che mi ignoravi.

Bravo, complimenti, tu, demone grande e grosso, fai pure l'offeso.

Io non faccio l'offeso!

La voce del demone stridette nei suoi timpani.
Ok, ok, non fai l'offeso,  ma ti sei offeso.

Con te non si può parlare.

Forse perché di TE ne ho già abbastanza con tutte le tue stupide profezie!

Io voglio solo aiutarti!

Tu devi solo stare zitto! Non c'entri niente! Nessuno chiede il tuo parere!

Se proprio non mi vuoi perché non attivi il segno maledetto? Chissà, magari riuscirai persino ad uccidermi!

Il tono velenoso e caustico la ustionò dall'interno procurandole un vero e proprio dolore fisico. Tutto quel dialogo era durato solo pochi secondi eppure era riuscita DAVVERO a farlo arrabbiare come non accadeva da anni.

Stupido uccello.

Idiota di un pennuto.

Stupido idiota di un uccello pennuto!

Cosa c'entrava lui eh? Cosa voleva? Non correva alcun rischio ... Dannato ...

Kioko si imbronciò. Deidara ancora fermo alle sue spalle non proferiva parola.
Quella donna era fin troppo lunatica.

Sai che ormai tutti ti danno la caccia per prendere il possesso di ME? Uccidere la portatrice, il guscio, la prescelta, domare il falco, catturarlo, sfruttarne il potere ...

La voce si affievolì e la donna si portò una mano sul cuore quasi a consolare quell'entità invisibile che scorreva nelle sue vene pura ed argentea.

Che demone codardo.

 Si voltò e fissò ancora un po' quel ragazzino. Pensò a Kakashi. Kakashi che aveva sacrificato per se stessa. Probabilmente Deidara avrebbe fatto la stessa fine. Lo afferrò per il kimono azzurro pallido che si intonava con i suoi occhi e la carnagione di latte,  tirandolo verso di se e baciandolo su una guancia candida. LE sue labbra carnose a sfiorare la pelle ingenua. Gli strinse una mano bendata mentre il ragazzino, il cui orgoglio era stato infranto così su due piedi, si irrigidiva. Gli carezzò le dita per poi scivolare sulla fasciatura che celava la fonte del suo vero potere. Era davvero la cosa più saggia nascondere un dono? Poteva davvero salvare una vita quella benda stretta che sapeva farlo soffrire? Era giusto?
LE sue labbra scivolarono verso il suo orecchio mentre i fili d'oro dei suoi capelli si intrecciavano alla chioma d'ebano. Il fermaglio a forma di serpente scarlatto scintillò. Deidara ebbe un brivido lungo la schiena, ma sapeva che se l'avesse respinta probabilmente sarebbe rimasto menomato. Un campanello squillava nella sua testa la parola pericolo. Lui sapeva che il suo sesto senso aveva completamente ragione.
- Dalla prima volta in cui mi hai rivolto la parola sei stato dannato- Bisbigliò. Poi lo spinse indietro. Gli occhi di Deidara erano aperti, di quell'azzurro ingenuo dei bambini.

Dimmi falco hai una previsione anche per lui?

Non le rispose. Non subito.

Sei offeso?

Ti interessa di tutti tranne che di NOI.

Certe persone mi chiamerebbero altruista.

Tu non lo sei Kioko?

No.

E' qui che ti sbagli, quando mai hai fatto del male gratuito a qualcuno?

Rin.

Fu la risposta immediata. Non voleva che Deidara facesse la fine di Rin. Tutti quelli che le stavano vicini prima o poi morivano. Forse se il ragazzo fosse stato abbastanza forte ...
-Continua a giocare con la tua argilla - Gli consigliò alzandosi in piedi sul cornicione e sporgendosi in avanti, la brezza della notte ad agitare la mantella nera.
-Come lo sai?! Unh!- Rispose acido.
LEi si portò un dito alle labbra e strizzò un occhio.
-Segreto!- Mosse le dita della mano in segno di saluto e lui fece lo stesso per poi notare che gli aveva sciolto la benda ed ora una bocca dalla lingua color carminio  si spalancava sul suo palmo assaggiando la polvere nell'aria.
Kioko non era mai rimasta sorpresa dalle sue bocche supplementari. Non ci faceva caso. LE prendeva come un segno particolare e nient'altro. Era anche contraria al fatto che lo  Tsuchikage gliele facesse nascondere.
-Prima o poi diventerò forte quanto te-
-Aspetta e spera!- Ghignò la donna lanciandosi nel vuoto.
-Vedrai ... - Sussurrò al nulla.
Kioko Hayabusa Gin Uchiha. Nukenin di livello S. La sua anima è fusa con quella di un demone inferiore. Pupilla del sennin delle serpi. Membro fisso dei chissà quale organizzazione. Ricercata. Una taglia di alcuni milioni che dondola sulla sua gola come una spada di Damocle. La squadra ANBU più potente del villaggio della Foglia alle calcagna.
Tante persone che la controllano. Molte che vorrebbero farlo. Troppe che desiderano ucciderla.
Lentamente ricompone la fasciatura. Poi rimette a posto le scatole. Esce dal magazzino chiudendo la porta a chiave. Sospira fissando l'uscio. Era stranamente distratta Kioko. Di solito era molto più attenta, molto più irritante. Si sfiorò una guancia. Maledetta, chi si credeva di essere?!? Istintivamente arrossì.
Dannata pennuta.
Avviandosi per il corridoio sorrise.
Sarebbe diventato tanto forte da batterla! Glielo avrebbe fatto vedere se ne era capace!
Lui però non si sarebbe mai sottomesso ad un'organizzazione. Nessuno avrebbe sfruttato le sue doti per scopi personali. Non l'avrebbe mai fatto.
 


-Ancora tu! Ma cos'è? Una persecuzione?!- La donna fece cadere il cadavere a terra con un tonfo mentre Orochimaru si voltava irritato a guardare i due ANBU che dall'altra parte del ponte li fissavano da dietro le loro maschere prive d'espressione.
Il tramonto pitturava di un intenso arancione il fossato che li divideva. Erano in una piana aperta e gelida. La scena poteva sembrare un dipinto fatto ad olio. Colori caldi mischiati al nero delle mantelle dei due a destra.
Blu e grigio a sinistra.
Kioko ricordava la prima volta che se l'era trovato davanti dopo un anno. Non lo aveva riconosciuto subito
 

-Kioko Hayabusa Gin Uchiha, sono qui per ucciderti-
La figura incappucciata affiancata dal suo protettore fece schioccare la lingua.
-Il maestro non mi vuole più bene?-
-Minato e morto-
Il tono di rammarico nella voce del ninja la colse di sorpresa tanto da farle sperare (temere!) che quello fosse Kakashi.
-Minato? Minato-Sensei è morto?-
Lasciò cadere indietro il cappuccio scoprendo il volto pallido, i capelli che le accarezzavano le spalle ma ancora troppo corti per essere raccolti. Non aveva davvero tempo per tagliarli. Il trucco nero e viola intorno agli occhi che colava sulle guance per via del sudore.
Orochimaru preferì tenersi in disparte. Lo fece quel giorno e continuò a farlo ogni volta che quel fastidioso ANBU si presentava per riscuotere le ali della donna, alle volte accompagnato, altre in solitudine.
-Per correttezza dovresti toglierti la maschera- Sbottò la ragazza.
-A che pèro se sotto ne indosso un'altra?- La voce ribolliva di rabbia, furore che non sarebbe andato diminuendo con gli anni. Anzi, la frustrazione sarebbe aumentata fino a divorare parte della sua anima. Non se ne sarebbe fatto una ragione finché non l'avesse trovata morta ai suoi piedi e le sue mani macchiate del suo sangue.
Stranamente la cosa la addolorava.
Non sapeva però dargli torto.
Ripensando a Rin il suo stomaco si stringeva.
In fondo lei meritava il suo disgusto e il suo disprezzo.
Però non se ne vergognava.
-Kakashi ... - LE sfuggì dalle labbra in un gemito che passò per scocciato ma che in realtà era di pura sorpresa. Che ci faceva lì quell'idiota? Voleva farsi ammazzare?
-Chi ha ucciso Minato?-
-Uno schifoso demone, come quello che ti porti dietro.-
Il Falco ringhiò nelle sue orecchie.
-E dov'è ora lo "schifoso demone"?- Chiese inviperita.
-Che t'importa? Stai per morire-
-Giusta osservazione-

 
 
Il tempo passava e il loro teatrino si ripeteva a volte a distanza di mesi, altre a distanza di anni. Ora era di nuovo davanti a lei. Forse sarebbe stata l'ultima. Perché tra qualche giorno avrebbe sventato la strage di Itachi e sarebbe tornata a casa dal suo fratellino.

Non le passava per la testa il fatto d'essere una ricercata. Il fatto che tutti volessero la sua testa e che nè l'organizzazione nè Orochimaru l'avrebbero lasciata andare tanto facilmente.

Era tutto semplice per lei.

Così, quando si ritrovò davanti per l'ennesima volta il suo cavaliere mascherato, la principessa pensò solo che sarebbe bastato giocare come al solito.

Non aveva in mente che, magari, questa volta il finale sarebbe stato diverso.

L'altro ANBU fece un passo avanti. Aveva una lunga chioma violacea che le lambiva i fianchi.
-Sono passati due anni dall'ultima volta- Commentò il bigio fermo al suo posto, la voce distorta dalla maschera che si ostinava ad indossare.

Kioko non pensò che quel cielo rosso fosse presagio di sangue versato senza possibilità di ritorno. Questo sarebbe stato il loro ultimo scontro.

Non perché il tempo fosse agli sgoccioli e la bilancia dalla sabbia imbevuta di lacrime fosse ormai arrivata alla fine.

Non perché così decideva il falco.

Questa sarebbe stata l'ultima volta perché la terra aveva sete.

La terra, quel giorno, si sarebbe dissetata  sotto un tramonto di fuoco.
   
 
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