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Autore: axellina87    06/06/2011    1 recensioni
La tranquillità di un regno in pace da molti anni viene turbata dal rapimento della principessa. Solo un coraggioso Guerriero, Oliver Galir, si offre volontario per ritrovarla e affrontare il misterioso malfattore (oltre che per subire l'ira del suo sovrano, dal carattere impossibile e dalla stramba tendenza a sbagliare tutti i nomi). Una ragazzina di nome Dyna lo affiancherà in questa impresa, desiderosa di diventare una Guerriera al più presto. Lungo la strada incontreranno altre persone e creature di ogni sorta, alcune si uniranno a loro, altre saranno dei pericolosi ostacoli. Ma presto scopriranno che dietro al rapimento c'è qualcosa di molto più pericoloso e oscuro.. Il passato e tanti segreti verranno svelati soprattutto sulla piccola e ignara Dyna, la quale ha un destino ben più importante di quando immaginasse.
Dal CAP. 8: « Robert, perché non vai a farti un giro lì, dove c’è quella pietra a forma di lapide? Può darsi che se sei fortunato trovi già pronta la fossa per te! » disse Oliver. Robin mugolò annoiato e si diresse proprio nel punto indicatogli [...] il cuore gli balzò in petto quando si accorse che c’era sul serio un'iscrizione. Era incisa nella pietra e sembava molto antica.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il bacio della Libellula

 

Il regno di Breza.

 

Il regno sorgeva su una grande isola circondata dai due oceani del Mondo, il mare Orientale e quello Occidentale. Era a detta di molti il luogo più bello fra le terre conosciute, diviso in piccoli villaggi molto ospitali e caratteristici, piacevoli da visitare. I Breziani vivevano nella più completa pace da almeno un secolo, ovvero dall’epoca degli Stregoni e dell’eroina Lyl, sereni e felici delle loro esistenze tranquille. Si dedicavano ai raccolti, all’allevamento, alla pesca, al commercio e a varie attività lontane da ogni genere di pericoli. L’esercito dei Guerrieri di Shidal naturalmente esisteva ancora, ma il grosso del lavoro da svolgere per i Guerrieri era presenziare alle varie festività e cerimonie tradizionali del regno. Era tutto molto diverso dal secolo scorso, ma i Breziani non chiedevano altro che continuare a condurre le loro vite in questo modo, un po’ monotono forse, ma in pace. Era stato insegnato loro ad apprezzare ogni attimo di questa calma, in memoria del passato burrascoso che i loro antenati avevano dovuto patire.

I guai però arrivano ovunque e questo bellissimo regno non fa di certo eccezione.

Una mattina accadde qualcosa di insolito al castello: venne dato l’allarme con il Sacro Corno.

I Breziani, che si stavano svegliando in quel momento dato che era l’alba, si spaventarono non poco. Il Sacro Corno era il segnale di un pericolo incombente o di una emergenza e nessuno di loro l’aveva mai udito prima, nemmeno i più anziani. Un po’ incerti sul da farsi, pian piano tutti si recarono al villaggio Neis, il villaggio centrale, al piccolo castello dove il re dava annunci al popolo di tanto in tanto. Si trattava di un edificio molto antico, di mattoni marroni consumati dal tempo, che affacciava direttamente nella grande piazza. Era stato utilizzato in passato come rifugio per i precedenti sovrani in caso di attacchi, ora la sua funzione era al massimo ospitare il re per informare i Breziani dell’arrivo di qualche festa. Il castello vero e proprio si trovava più lontano, alle pendici dei Monti Dermili.

Quando la piazza si riempì erano già passate diverse ore dal suono del Sacro Corno.

Il re Taddeus I si trovava sul balcone che dava sul popolo. Aveva una folta barba marrone, era abbastanza panciuto e indossava una pelliccia rossa che doveva far crepare dal caldo. Naturalmente prima dovette salire sul gradino che aveva fatto posizionare apposta, data la sua statura limitata. Una volta su, per poco non gli cadde la pesante corona, che sicuramente avrebbe ucciso qualcuno se non l’avesse afferrata in tempo, anche se in modo strambo, facendola rimbalzare ora in una mano ora in un’altra. Nel silenzio, tossì per schiarirsi la voce e poi gridò: « Popolo! La principessa è stata rapita! »

Un brusio di preoccupazione sconvolse la folla, non avrebbero mai potuto immaginare una simile disgrazia. La principessa Semi era la giovane più bella del regno, dolce come un fiore, gentile, aggraziata, un esempio per tutte le bambine e le adolescenti. Bionda, minuta e delicata, la principessa aveva solo vent’anni.

Cogliendo qualche commento dal gran parlare, il re disse, con lo stesso tono melodrammatico che aveva usato in precedenza: « Non sappiamo chi sia stato. Il malfattore si è intrufolato nel castello stanotte eludendo la sorveglianza delle guardie. E non ha lasciato tracce. »

Tacque, per dar modo alla massa di scambiarsi altre esclamazioni di paura e apprensione. Poi disse quello che esattamente il popolo non avrebbe mai voluto sentire: « Chiunque la ritroverà verrà ben ricompensato. Chi si offre per l’impresa? »

Silenzio.

Il brusio cessò di colpo, così com’era cominciato. L’unico suono che si udì in quel momento fu il fruscio d’ali di uno strano uccello variopinto che volava su quella scena imbarazzante.

Il re sbuffò impercettibilmente, facendo vibrare i grandi baffi. Senza troppe speranze nella voce aggiunse: « I volontari possono presentarsi al castello oggi prima del calare del sole, mi raccomando, non accalcatevi… » , e se ne andò, inciampando dapprima nello sgabello e poi nel lungo strascico del mantello, sorretto immediatamente da due guardie reali.

 

* * *

Lontano dal villaggio Neis, al limitare del bosco Querciasecca e in prossimità della Zona Arida che precedeva le Miniere Perdute, una ragazza si stava preparando a partire. Aveva folti capelli rossi che cadevano in ciocche disordinate sulla schiena esile. Era minuta, non molto alta, dimostrava ancor meno dei suoi diciassette anni. Poteva sembrare una giovane comune, non fosse stato per i suoi occhi: grandi, intensi, di un insolito colore rosso. Brillavano di una luce intensa e viva che faceva pensare alla lava più calda o a un fuoco scoppiettante, c’era un mondo intero dentro quegli occhi. In questo momento erano coperti da un velo di tristezza, ma ardevano comunque di determinazione e coraggio. Coraggio per affrontare il suo destino.

Sua madre era morta un mese prima, lasciando un vuoto incolmabile. Dyna non aveva mai conosciuto nessuno a parte lei, nemmeno suo padre, che era morto prima che lei nascesse. Aveva sempre vissuto in quella casetta dimenticata dal regno, avendo contatti solo con qualche animaletto selvatico. Non era mai stata in nessuno dei villaggi di Breza, nemmeno ai mercati o a qualche fiera popolare. Si può immaginare quindi il suo dolore e la profonda solitudine che l’aveva colpita dopo aver perso una madre che era anche l’unica persona che conosceva. Si era sentita sperduta all’inizio, non aveva mangiato per giorni, incapace di smettere di piangere. Poi quando le lacrime finirono si ricordò del suo destino: essere una Guerriera di Shidal, come sua madre. Era l’unica cosa che sapeva -che aveva sempre saputo- della sua vita.

Seppellì sua madre da sola, graffiandosi le piccole mani, stringendo i denti per non cedere alla disperazione, e giurò sulla sua tomba che non l’avrebbe delusa. Sentiva chiara dentro di sé la voglia crescente di avventura, uno spirito combattivo che non le dava pace e che non le permetteva più di vivere in quella casa abbandonata da tutti.

Così un giorno prese la vecchia divisa da Guerriera di sua madre. Indossò i calzoncini bianchi, che le stavano un po’ larghi, e la maglietta rossa, semplice, senza maniche. Poi infilò gli stivali, bianchi anch’essi. Infine il mantello, ancora candido come se fosse nuovo. Dyna lo appuntò al collo con il fermaglio a forma di fiore, simbolo del regno di Breza e si guardò allo specchio. Era pronta. Il suo destino si sarebbe compiuto. Sua madre sarebbe stata fiera di lei guardandola dall’alto, ma Dyna sapeva in fondo al cuore che non lo stava facendo solo in sua memoria. Lo stava facendo perché era il suo desiderio, perché era nata per essere una Guerriera di Shidal.

Prese la sacca in cui aveva riposto le poche cose necessarie per il breve viaggio e stava per uscire di casa, quando si ricordò di una cosa. Tornò al baule e iniziò a rovistare fra le varie cianfrusaglie, finché non estrasse uno strano paio di occhiali. Erano molto grandi, rivestiti di gomma e spessi parecchi centimetri. Erano anche dotati di un laccetto in modo da poterli legare dietro la nuca: un oggetto piuttosto bizzarro. Dyna non li aveva mai usati, ma sapeva che erano appartenuti a suo padre. Li ripose nella sacca. Così avrebbe avuto vicino entrambi i suoi genitori. Poi fece un sospiro profondo e finalmente uscì.

Si lasciò la sua casa alle spalle, insieme alla sua vita, e non si guardò indietro nemmeno una volta.

 

* * *

Il sole era ormai quasi tramontato del tutto e il re sedeva sul suo trono con la faccia appoggiata pigramente sul palmo dello mano. Non si era presentato nessuno. D’altronde lo aveva previsto. Troppi anni in pace, la gente non era più preparata all’avventura, né ne aveva voglia.

« Dovrò chiamare l’esercito » decise, sollevando il capo.

Il consigliere, un nano tutto vestito di nero fino al cappuccio, con le guance rosse e gli occhi perennemente spalancati in un’espressione timorosa, si azzardò ad esprimere la sua opinione. Che poi era il compito di un consigliere. « M-mi perdoni, Sua A-a-altezza… ma contro chi dovrà scontrarsi l’esercito…? Noi n-non conosciamo il nostro  nemico… »

Il sovrano lo guardò con disprezzo e sbraitò facendo vibrare i fitti baffoni: « Behhh e secondo te per quale motivo li chiamo, per andare a fare una gita, forse? Devono appunto scoprire chi è stato quel maledetto che ha rapito la mia amata figliola…! »

Dopo un minuto di silenzio, il consigliere di nuovo parlò: « M-ma… Sua Maestà… se bisogna mettersi sulle tracce di qualcuno… sarebbe più saggio non mettersi troppo in vista… per il bene della principessa… e un intero esercito non passa certo inosservato… oh! »

« Chiudi il becco, stolto impiccione! Non capisci nulla di strategie » sbottò il re, riassumendo la sua posizione di attesa, con il gomito sul bracciolo dorato del trono.

Nonostante il caratteraccio del vecchio reggente, il consigliere trovava quella decisione tanto sballata, che non ce la faceva a stare zitto, anche se aveva paura di una sua ulteriore reazione. « M-ma… mio sovrano… l’esercito non ha mai combattuto… non è pronto per una missione così delicata… finiranno per peggiorare la situazione… »

Stavolta il re perse completamente la pazienza. « Adesso basta, piccolo ficcanaso! Sei forse un Veggente, per caso? No, quindi non ti mettere a prevedere il futuro! Ora, prima che ti licenzi, vai a convocare l’esercito, anzi, portami qui il generale. E muoviti! Che fai ancora qui? Vai! »

Il consigliere corse verso l’ingresso principale, per quanto i  suoi minuscoli piedi gli consentissero di correre, ma mentre alzò la mano per girare la maniglia, il grande portone di quercia gli finì sul naso pronunciato, mandandolo a gambe all’aria.

« Sire! Sire! Aspettatemi, voglio partire anch’io! »

Un giovane dai capelli neri, leggermente lunghi e spettinati, entrò come un ciclone, calpestando inavvertitamente il nano.

Il re non si mosse dalla sua posizione, ma il suo sguardo era divenuto perplesso e teneva la bocca aperta, confuso di fronte a quella scena anomala. Intanto il ragazzo era arrivato davanti al trono e sembrava più preoccupato che mai. “ Oh no… non ditemi che sono già andati via. La prego, Mio Signore, mi lasci partire lo stesso, li raggiungerò sulla strada. »

« Ma di cosa stai parlando?... Chi sei tu? » chiese il re, scrutandolo come se fosse una strana creatura di terre lontane.

« Oh, mi perdoni… ». Il ragazzo si inginocchiò, lasciando che il mantello fluisse in aria. « Sono Oliver Galir, Guerriero Semplice di Shidal. » Detto questo il mantello gli cadde sulla testa, coprendolo tutto.

Il re si grattò la fronte, sentiva che stava arrivando un gran mal di testa.

« Signore, io voglio partire con gli altri a cercare la principessa, lo so che sono arrivato tardi, ma la prego di lasciarmi andare ugualmente » disse Oliver, una volta liberatosi del manto.

« Figliolo, non capisco perché ti scaldi tanto… puoi partire a cercare la principessa » concesse il re.

Oliver si rialzò di scatto. « Ah! Davvero?! Bene, allora vado subito… dove si sono diretti, perché io avrei un’idea di chi… »

« Figliolo, ho paura che dovrai partire da solo, perché vedi, sei il primo che si fa vedere oggi. E anche l’ultimo, ho ragione di pensare. »

L’entusiasmo negli occhi del cavaliere si spense. « C-come l’ultimo? Non capisco… nessuno ha risposto alla chiamata? »

« Nessuno » ripeté stancamente il sovrano, addossando stavolta tutto il corpo allo schienale della poltrona. Dopo un po’ aggiunse: « Se sei un Guerriero, allora torna con i tuoi compagni, perché stavo per mandarvi a chiamare. Partirete stanotte. »

Oliver si sfregò la testa, deluso. Stava per seguire il suggerimento del re, quando gli venne in mente qualcosa. “ Mio Signore, aspetti un attimo. Questo non è un compito adatto all’esercito… Dobbiamo prima scoprire il colpevole e se l’intera armata si mette sulle sue tracce lo saprà anche una formica delle Cime Innevate… E se il nemico decidesse di andare ancora più lontano di dov’è, impaurito? O peggio ancora, preso dal panico, potrebbe decidere di uccidere la principessa… Senza contare che l’esercito non è per niente preparato ad affrontare una simile impresa. Sono pochi quelli che si addestrano a dovere per ogni circostanza. Ma io sono uno di quelli! »

Il monarca registrava lentamente le parole del giovane. Andare più lontano… uccidere la principessa… uccidere…

« Oh, per tutti i Trippiti, hai ragione! Consigliere! Non si permetta di andare a chiamare il generale, altrimenti la licenzio in tronco! »

Il nano, riavutosi dalla botta, borbottò: « Ma Mio Signore, perché non avete dato ascolto a me, prima… ho detto le stesse cos… »

« Silenzio una buona volta! E ora dimmi, mio giovane amico… cosa credi che sia più opportuno fare? »

« Beh, io credo che potrei partire da solo, ma un aiuto mi farebbe comodo » rifletté Oliver.

Il sovrano rise e gli assicurò che gli avrebbe affiancato sicuramente qualcuno.

« Bene, allora io ho già un piano » disse Oliver, riacquistando l’entusiasmo di prima. « Credo che il colpevole sia il Mostro del Piccolo Fiore. Insomma, lo so che forse è una leggenda, però non sarà del tutto priva di fondamento visto che la gente da lì è scappata davvero qualche anno fa, non crede? Io credo che la principessa sia più vicina di quanto pensiamo. »

« Vuoi dire che potrebbe trovarsi al Piccolo Fiore? » domandò il sovrano, sfiorandosi il mento irsuto. « Beh, sì… Ma perché questo ipotetico mostro non si è mai fatto vedere in questi anni… Bah, la gente qui ha perso completamente la ragione e i mostri non sono da meno… Soprattutto quelli inesistenti. Però visto che è l’unica pista che abbiamo… Ma sarai capace di arrivare lassù? La strada è impervia. Dovrai passare per la foresta di Querciasecca, non sarà facile. »

« Maestà! » esclamò Oliver, ergendosi in tutta la sua altezza « Io sono un Guerriero di Shidal! »

« Sì, anche gli altri lo sono e non sono capaci nemmeno di allacciarsi le scarpe. La povera Shidal morirebbe di vergogna se fosse ancora viva » borbottò il re. « Va bene, ora devo solo trovare qualcuno che ti accompagni, magari uno con un po’ più di esperienza. Quanti anni hai, ragazzo? »

« Ventiquattro, Signore. »

« Ventiquattro… Sei solo un ragazzino. Va bene, ma sta’ sicuro che lo troverò un pelandrone disposto a partire, ah! Se lo troverò! »

In quel momento il portone di ingresso si aprì per la seconda volta, ma per fortuna il consigliere si trovava fuori portata. Entrò una ragazzina di circa quindici anni, con un’enorme chioma rossa che incorniciava il piccolo volto. Si avviò con passo spedito in direzione del trono, senza salutare nessuno, poi disse scandendo bene le parole: « Maestà, sono qui per diventare una Guerriera di Shidal. »

« Benedetta figliola! » esclamò il re, che non aveva mai passato un giorno peggiore di quello « Dovresti essere a casa con tua madre a bere il latte e poi correre a letto a quest’ora! »

« Mia madre è morta e il latte non mi è mai piaciuto, Sire! Io sono qui per diventare cavaliere » ribatté la giovane.

Il sovrano si portò una mano alla testa e si afflosciò di nuovo sulla poltrona. « Santa pazienza, ma coma ha fatto a entrare? »

Oliver alzò le spalle e il consigliere si guardò disperatamente intorno, convinto che la colpa andasse ancora una volta a lui.

« Non mi meraviglia che stanotte la principessa sia stata rapita! Se questa ragazzina è riuscita a eludere la sorveglianza, figuriamoci un malvivente esperto! » brontolò il re.

« La principessa è stata rapita? » domandò la ragazza.

« Lo sanno tutti » disse Oliver.

Dyna gli rivolse uno sguardo omicida, poi si presentò: « Maestà, io mi chiamo Dyna e sono qui per diventare cavaliere. »

« Sì, questo l’abbiamo capito » mormorò il sovrano.

« Perciò andrò a cercare la principessa, e poi vi riporterò sia vostra figlia che la testa di chi l’ha rapita » affermò Dyna.

Oliver deglutì, il re invece non sembrò particolarmente colpito e disse: « Ascolta, benedetta bambina, ho già trovato chi porterà a termine la missione, vale a dire questo giovanotto qui, Gliver Olir. »

« Ehm… Oliver Galir, Signore… »

« Sì, e io che ho detto? Ora troverò un altro Guerriero disposto ad accompagnarlo e partiranno solo loro due, tu torna qui fra una decina d’anni. »

Dyna strinse i pugni, offesa a morte. « Ma… posso accompagnarlo io! Se ne nessuno vuole andarci, andrò io con lui! So maneggiare la spada, so andare a cavallo, ma la cavo benissimo in ogni situazione, darò un prezioso aiuto e… »

« Figliola » la interruppe il re « Io temo per le sorti di mia figlia e sarei disposto a fare tutto per riaverla qui con me. Ma se c’è una cosa che non farò, sarà mettere a repentaglio la vita di una bambina smaniosa di crescere e farsi male. Ora torna a casa, Pyna. »

« Mi chiamo Dyna » borbottò la giovane, amareggiata. Uscì dalla stanza senza più proferire parola.

« Oh, Santa pazienza, che giornata » esclamò il re.

Non fu impresa facile trovare un cavaliere abbastanza giovane e capace disposto a partecipare all’impresa. Anzi, in verità non si trovò. Il re fu costretto a minacciare di portarlo nelle Miniere Perdute, solo così il povero Josh Norton acconsentì ad accompagnare Oliver.

« Forza, non perdete altro tempo, ormai è l’alba, sareste dovuti partire stanotte, se solo tu, maledetto codardo, non mi avessi fatto perdere tempo! » strepitò il sovrano, mentre i due Guerrieri montavano a cavallo.

Josh aveva trent’anni, era  un bel giovane dai capelli castani, e come tutti gli abitanti di Breza dell’epoca era irrimediabilmente pigro e un’avventura come quella che si stava preparando ad affrontare era proprio il genere di cosa che meno lo rendeva felice.

Finalmente partirono, lasciandosi il sicuro castello alle spalle, e si avviarono verso il villaggio. Certo, anche quello era un luogo sicuro, ma ciò che preoccupava Josh era la foresta di Querciasecca. Aveva sentito dire che nessuno vi entrava da anni, perché era un posto tetro e irto di rischi. Potevano abitarci animali feroci, o potevano esserci piante velenose. Il Guerriero rabbrividì. E la sua paura aumentò al pensiero del famigerato mostro, ammesso che esistesse davvero. Chissà com’era fatto un mostro? Suo padre gli aveva raccontato qualche storia che a sua volta gli aveva narrato suo nonno, e così via fino a  ripercorrere le più antiche generazioni. Qualche suo antenato aveva sicuramente affrontato dei mostri, ma quelli erano altri tempi… Tempi bui e pericolosi. Ringraziava il Fato tutti i giorni per averlo fatto nascere in quel periodo di pace, e ora si trovava in quella assurda situazione. Si voltò verso il suo compagno di viaggio, che conosceva solo di vista. « Allora… Anche tu sei stato costretto dal re a imbarcarti in questa avventura? »

Oliver sobbalzò, perché era soprappensiero. Gli capitava spesse volte di perdersi a meditare e sognare ad occhi aperti. « Eh? Come? Ah, no, io mi sono offerto volontario. »

« Volontario? Però… O sei estremamente coraggioso o estremamente stupido » commentò Josh. « Che cosa ti ha spinto, scusa? Non potevi stare per i fatti tuoi, senza problemi? In fondo a te cosa importa? »

« Come sarebbe? » esclamò Oliver « E’ la principessa del nostro regno, certo che mi importa! Noi siamo i Guerrieri, è nostro dovere salvarla! »

Per tutta risposta, Josh scrollò le spalle. « Se lo dici tu. »

Il viaggio proseguì in silenzio, ma abbastanza velocemente, tanto che alla sera erano già giunti alla Foresta. Si accamparono prima di addentrarsi all’interno, rimanendo nella zona più esterna e mangiarono qualcosa. Poi decisero di fare dei turni di guardia perché non conoscevano  la foresta e non volevano correre rischi inutili. Il primo a vegliare fu Josh. Oliver, stanco per la cavalcata, si addormentò quasi subito.

Non erano nel fitto del bosco, ma già gli alberi oscuravano la maggior parte del cielo senza stelle. Non si vedeva neanche la luna quella sera. Josh si appoggiò al tronco di un faggio, con le mani dietro la nuca e una foglia tra le labbra, sperando che le due ore passassero in fretta, così avrebbe potuto fare un bel sonno ristoratore. Mentre pensava a quest’ idea confortante, non si accorse che qualcuno, dai cespugli selvatici, stava avvicinandosi. E come avrebbe potuto? Chiunque fosse era più silenzioso di un serpente su un pavimento di vetro. Ormai era vicinissimo, prese un bastone e colpì con forza la fronte di Oliver. Solo allora Josh si accorse della sua presenza, afferrò velocemente la torcia per vedere che fosse, ma non fece in tempo a urlare: « Chi è là? » che la figura nera gli fu addosso, gli mollò un calcio negli stinchi e poi un pugno sul viso. Infine usò di nuovo il bastone e Josh prese a russare rumorosamente.

 

   
 
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