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Autore: Haruakira    06/06/2011    4 recensioni
Yamamoto Takeshi non era lo stupido idiota del baseball. Questo Hayato lo aveva capito bene. Non era uno stupido, Yamamoto, anche se rideva tanto e forse troppo. Chi del resto poteva dire di averlo visto arrabbiato? Chi poteva dire sinceramente di avere visto uno Yamamoto diverso senza dovere per forza associare il suo nome a una faccia allegra e a una risata spensierata, a un paio di occhi che sorridevano essi stessi di serenità e di gioia? Nessuno.
Tranne me.- mormorò una voce stanca ma decisa.
Il confronto di due ragazzi con i propri errori, i rimpianti e le amarezze. Il tentativo di capire il perchè dei loro fallimenti e quello più arduo di tantare di rialzarsi, magari insieme.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Hayato Gokudera, Takeshi Yamamoto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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cap. 1 pioggia sulla pelle
-La pioggia sulla pelle-







Capitolo 1
Il silenzio della mia voce

Y
amamoto Takeshi non era lo stupido idiota del baseball. Questo Hayato lo aveva capito bene. Non era uno stupido, Yamamoto, anche se rideva tanto e forse troppo. Chi del resto poteva dire di averlo visto arrabbiato? Chi poteva dire sinceramente di avere visto uno Yamamoto diverso senza dovere per forza associare il suo nome a una faccia allegra e a una risata spensierata, a un paio di occhi che sorridevano essi stessi di serenità e di gioia? Nessuno.

Tranne me.- mormorò una voce stanca ma decisa.
Ho visto in quegli occhi la lama brillante della sua spada, quella spada che taglia e divelte, che sfida fiera e superba i suoi avversari. Ho visto quegli occhi gridare di testarda cocciutaggine davanti ai più fieri avversari, deciso a non morire e a non dover soffrire a sua volta per la perdita dei suoi amici, i denti digrignati per non cadere. Il dolore non era per lui.
Ho visto il sorriso di quelle labbra serrarsi in una linea dura, le sopracciglia distese in una linea morbida aggrottarsi.
E io stesso a volte sono stato causa di tali cambiamenti.
Lo odiai, lo sfidai, lo invidia, quell' idiota, con tutto me stesso senza sapere che quella sfida aveva un solo concorrente e quello ero io.

Gokudera chiuse gli occhi aspirando l' ultima boccata di fumo prima di alzarsi stordito dal letto, in una stanza troppo buia, troppo vuota, dove l' aria viziata sembrava essersi fermata, ristagnando in un silenzio immobile e pesante.
Non c' era posto per la luce, non ce ne sarebbe stato più, nemmeno il più timido raggio di sole filtrava dalle persiane abbassate. Era forse fuggito il sole?
-Non me ne stupirei.- E le labbra del ragazzo che aveva pronunciato questi pensieri si distesero in un sorriso ironico e amaro.
Gokudera cercò di alzarsi dal letto buttando di lato le lenzuala leggere già arrotolate su stesse per i suoi sonni inquieti, annaspò cercando qualcosa sul comodino. Una sveglia? Ottenendo l' unico risultato invece di far cadere qualcosa che si ruppe in mille pezzi ai suoi piedi. Hayato fece un passo mettendo le mani avanti per raccogliere distrattamente quanto caduto: Una cornice e una foto, una stupida foto.
-Cazzo!- Una scheggia lo ferì alla mano ma Hayato fissò per un momento la ferita bruciante fin quando  lo sgurado fu attirato dalla foto sul pavimento.
Una stupida foto. Una maledettissima foto. Io nemmeno volevo farla, idiota! Questo taglio è come te... brucia, dannato. Brucia e fa male. Avevi detto che non te ne saresti andato.
Bugiardo!
Idiota!
Lo hai fatto alla prima occasione. Non sei un santo Yamamoto, non sei altruista. Sei un babbeo egoista.
-
Fottiti!- gridò con tutto il fiato che aveva in gola, gridò al nulla, al silenzio della sua stanza. Gridò alla sua solitudine, a Yamamoto che non poteva sentirlo.
Strappò la foto che li ritraeva insime. Una delle ultime scattate durante una gita in montagna con tutti gli altri al ritorno da quello stupido viaggio nel futuro. Li fece in mille pezzi con rabbia buttandoseli alla fine alle spalle diretto verso il bagno.

Tre mesi, dodici giorni, ventidue ore e quattordici minuti. Questo è il lasso di tempo in cui sono tornato a dannarmi l' anima. A marcire nella mia solitudine e nella mia rabbia. Non lo sai tu cosa è successo in questo tempo. Non lo sai perchè non ci sei.
Credevo che mi avresti salvato, credevo di potere diventare indispensabile per te come tu lo eri per me. Evidentemente mi sbagliavo. Mi hai lasciato anche tu. O forse è stata solo colpa mia. Ma io non riesco ad essere come te, a sorridere, a dire ti amo come se ti chiedessi di passarmi lo zucchero.
-Riesci solo a darmi dell' idiota e a tenermi il muso. Perchè Gokudera?- mi hai chiesto quel giorno sul terrazzo. Eri serio, maledettamente serio. E incazzato.
-Non capisci un cazzo- sbottai dopo un attimo in cui rimasi in silenzio spiazzato. Ma in fondo che volevo pretendere. Avevi ragione tu.
-Sono senza certezze- mi hai detto laconico alzando i tacchi.

E' l' inferno.
E' iniziato.

Riempì la vasca da bagno. Chiusa la porta dietro di sè il vapore invadeva la stanza, pesante. Gli girava la testa, ma in fondo che importava? Si immerse nella vasca piena d' acqua e rimase lì in attesa, consapevole che quell' acqua, così pura, delicata, non avrebbe lavato via i suoi affanni, non si sarebbe portata via nè i suoi pensieri nè le sue angoscie come fa invece il corso lento di un fiume che lava via il fango e i suoi vermi.
Non era possibile Hayato, perchè solo quell' acqua in cui eri immerso ti ricordava lui. Così placido e calmo, così opposto a te.  Yamamoto è la pioggia, è la pioggia che lava via tutto.  Tu sei la tempesta, la tempesta che tutto distrugge.
Respirò profondamente uscendo un braccio dall' acqua e portando la mano in alto proprio davanti ai suoi occhi. Si osservò vedendo la pelle bagnata di mille goccioline delicate. Erano come la pioggia.

Il mio braccio bagnato in quel momento si confuse con la pelle bagnata dalla pioggia incessante. Quella che mi feriva la pelle non era una di quelle dolci pioggerelline, no, era quella furiosa di un temporale. Non sarei dovuto uscire, non con quel tempo almeno ma avvertivo l' urgente bisogno di vederlo. Non ne potevo fare a meno, era più forte di me. Mi resi conto che era difficile stargli lontano, così  difficile che mi ritrovai davanti alla porta della sua casa per qualche minuto buono indeciso se suonare o meno. Poi quella porta si aprì e Yamamoto si ritrovò di fronte la mia faccia accigliata e di pessimo umore, come sempre.
-Dove vai?- chiesi indifferente
-Da te- fu la risposta sorridendo
-Sono qui- feci entrando e superandolo all' ingresso intimamente felice perchè anche lui non poteva fare a meno di me. Sarebbe venuto in barba al temporale, io lo avevo solo preceduto.
Quella volta facemmo sesso -l' amore- per la prima volta e mentre lui mi spogliava dei vestiti zuppi la mia pelle accoglieva una pioggia ben più dolce. E la tempesta fuori sfumava lentamente in pioggia quieta.*





ANGOLO AUTRICE: Questa doveva essere una semplice shot. Evidentemente non lo sarà. Mi scuso per il linguaggio poco... aehm... poco. Punto.
*L' ultima parte, appunto segnata con l' asterisco si ispira alla mia shot "Sotto il cielo scuro" ed effettivamente questa long nasce propria a partire da lì.
Ripeto per la millemillesima volta che non sono molto avvezza a confrontarmi con KHR e i suoi personaggi, dunque critiche e consigli saranno ben accetti, al di là del fatto che mi piacerebbe sapere il vostro parere, soprattutto se la storia vi piace perchè è anche più piacevole per me lavorarci su, di sicuro con maggiore solerzia. Mi auguro che i personaggi non risultino OOC nel qual caso perdonatemi, eventualmente provvederò a correggere il tiro o a mettere l' avvertimento. Un saluto,
Haru.


DISCLAIMER: I personaggi di Katekyo Hitman Reborn non mi appartengono ma sono degli aventi diritto. La storia non è scritta a scopo di lucro.
   
 
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