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Autore: bababortola    07/06/2011    3 recensioni
Fanfiction ambientata fra la 2x15 e la 2x16
(Klaine)
Era come se Blaine si fosse presentato come un libro aperto. Era spontaneo, gentile e tutto questo pareva non costargli la minima fatica. Era come se lo conoscesse da sempre.
Ma ora, poteva dire di essere al fianco di quello stesso ragazzo?
Era vero, si conoscevano relativamente da poco.
Forse non aveva mai veramente conosciuto Blaine. Ma Kurt ancora non sapeva che mai, come in quel momento, era in grado di poter conoscere a fondo il suo amico come non aveva mai fatto.
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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5.

Quando Joseph Anderson varcò la soglia della porta era mezzogiorno, lo stesso orario di ogni mese.
Sara era andata ad aprirgli, i due ex-coniugi si erano salutati con un ampio sorriso sulle labbra e con un abbraccio amichevole.
“Ma ciao Sara! Stai benissimo!”
“Anche tu, lascia che ti aiuti con i bagagli.”
“Non ci pensare neanche, faccio io. Oh, questo posto non cambia proprio mai eh?”

I soliti convenevoli che permisero a Joe Anderson di ritornare nelle loro vite.

 

-

Blaine era tornato a scuola, la Dalton aveva continuato a marciare senza di lui riuscendo a non farsi sfuggire la questione della sua breve scomparsa. Lui, d’altra parte, era riuscito a spacciare la causa delle sue assenze per una banale influenza, perché non avrebbero dovuto credergli?

Blaine sembrava essere tornato alla vita di tutti i giorni. Sorrideva come sempre. Sembrava molto lontano da quel Blaine sull’orlo di una crisi, che Kurt aveva visto pochi giorni prima. Ma Blaine andava a scuola, si comportava normalmente, studiava, non c’erano state più scene alle riunioni dei Warblers come quella della settimana prima –che sembrava esser stata totalmente dimenticata dagli altri membri-  tutte cose che per Kurt erano sufficienti ad affermare che, sì, forse Blaine stava bene.

-

Blaine ebbe un groppo alla gola quando si accorse che, mentre percorreva il sentiero che portava a casa sua, le luci erano tutte spente.
Varcò la soglia della porta e il rumore delle chiavi, buttate nel piattino di ceramica posto all’ingresso, rieccheggiò per tutto l’ingresso. Accese la luce e fece un giro della stanza per vedere se effetivamente era solo.
“Mamma?” disse a voce alta. “Mamma? Sei qui?”
Salì le scale per controllare camera sua, ma Nelly non c’era e neanche la sua borsa. Doveva essersi trattenuta a scuola o probabilmente era andata a bighellonare in giro.
Scese di nuovo le scale, per vedere se sua madre aveva lasciato qualcosa da mangiare.
A metà strada, però, un rumore metallico proveniente dalla cantina gli fece perdere un battito al cuore. Non era solo. Sentì l’adrenalina montare e con un respiro forte scese le scale che portavano allo scantinato. Allora lo vide, vide chi si aspettava di vedere. Era un po’ più magro e i capelli erano più grigi, se lo ricordava con i capelli neri e più lunghi, ricci come i suoi e come quelli di sua sorella. Spaventosamente simile a lui, odiava somigliarli così tanto di aspetto e inorridiva ogni mattina nel guardarsi allo specchio, così tentava di nascondere quel tratto che li accomunava con pettine e una discreta quantità di gel, in modo da eliminarlo completamente dalla sua persona.
Ora però se lo ritrovava davanti, ancora una volta.
Stava controllando il motore della macchina, un lavoro da uomini, si sa.
Grazie a lui ora conosceva tutte le parti di un auto, motore, telaio, sospensioni, trasmissione, impianto frenante, ruote, frizione, cambio, carrozzeria,…
“Ciao” disse l’uomo vedendolo da lontano.
“Cosa ci fai qui?” la sola vista di quell’uomo gli scatenava una rabbia incontrollata dentro di sé.
“Come cosa ci faccio qui?” fece calmo e accennando una mezza risata. “Tua madre mi ha ospitato qui, non ti ricordi?” e riprese a lavorare.
Blaine spinto da un istinto di cui non conosceva bene l’identità, si fece più vicino a lui.
“Si ma soltanto perchè non ti conosce bene.”
L’uomo posò la chiave inglese in un tavolo e guardo il figlio con espressione incredula. “Ma come? Pretendi di conoscermi meglio di come mi conosce lei?”
“Di gran lunga” fece a denti stretti.
“Provamelo.”  Abbassò la voce in segno di sfida.
“Puzzi d’alcol da far schifo.”  Fece ancora un passo verso di lui, oramai si trovava quasi sotto il suo mento ma riusciva ancora a trovare la forza di guardarlo negli occhi. “Tu fai schifo!”
“Non sono certo io quello che lo va a prendere dietro dagli amici” si fece grosso sul ragazzo per provocarlo. “Si sente da un chilometro lo sai?”
“Che cosa?”

L’uomo si abbassò, in modo da poter guardare il figlio negli occhi. Il ragazzo era nauseato dall’alito pesante e forte che sentiva mentre l’altro respirava. L’uomo misurò il tono della voce, cercando di scandire ogni singola parola.

“Puzzi di sborro da far schifo.”

In quell’attimo tutta la rabbia che Blaine aveva montato dentro di sé esplose, arrivando fino alle sue mani. Con una forza che non sapeva di avere tirò un pugno dritto in faccia al suo vecchio, che essendosi abbassato, cadde a terra in un secondo.

Appena l'uomo si rialzò, Blaine si ritrovò sospeso in aria, sollevato dalle braccia del vecchio che lo sbatteva al muro del garage con forza inaudita. Una volta, ancora un’altra, sempre più forte. Sentiva la sua schiena bruciare sotto tutti quegli impatti, che diventavano sempre più veloci e dolorosi.
Non era la prima volta che quei due ricorrevano alla violenza, anzi, Blaine non ricordava neanche un momento recente passato con suo padre in cui non se le fossero date di santa ragione.
Dopo essere stato sbattuto a terra Blaine trovò la forza di rialzarsi e tirare un altro pugno in faccia a suo padre, questa volta però fu meno potente e sbagliò la mira, infatti prese lo stomaco.

Dopo quell’attimo non sentì davvero più niente, solo un flash, un attimo, e poi, come uno scontro momentaneo che gli procurò un dolore indescrivibile al viso. Poi qualche luce soffusa, e poi il nulla.

Buio.

-

Per Nelly lo sciopero dei mezzi era davvero una maledizione inviata dalla dea Fortuna. Tornare a casa a piedi e raggiungere la campagna per quell’ora e quaranta minuti che distava dalla città era davvero troppo. Almeno avesse avuto un amico con cui chiaccherare durante il tragitto.
Finalmente giunse a casa, era in ritardo massimo, ma sua madre l’avrebbe perdonata.
Scaraventò la borsa all’ingresso e si diresse in cucina in cerca di qualcosa da mangiare. Vide un biglietto sul frigo.

Ragazzi sono a un pranzo di lavoro, tornerò stasera. 
In frigo c’è il pranzo
Un bacio
Mamma

Nelly rabbrividì. Sua madre non c’era questo voleva dire che aveva lasciato Blaine da solo.
“Blaine” chiamò a squarciagola “Blaaaineee! Dove sei?” fece il giro della casa e delle camere da letto. Nessuno.

Esaminò l’ipotesi che si trovasse in giro per il centro commerciale con i suoi amici ma avrebbe senza dubbio lasciato anche lui un biglietto. Ma allora perché tutte le luci erano spente?

Mossa da un’ultima speranza prima di cercarlo al cellulare scese le scale verso lo scantinato.

“Oh…Merda!”

Corse verso il corpo del suo fratello minore ancora privo di sensi. Spinta dal primo dei suoi istinti lo prese di peso –non era poi questa gran fatica-  salì i due piani che la separavano dalla loro stanza e lo gettò sul letto.

“Merda,…merda…merda merda merda!”

 

-

Kurt era come sempre alle prese con la pulizia della sua camera. Vivere con Finn aveva reso quell’operazione più lunga e faticosa. Mentre era alle prese con il pavimento, sentì l’aspirapolvere toccare qualcosa per terra in un angolo della stanza. Kurt si chinò e raccolse quello che pareva essere un orologio da polso, un bellissimo orologio da polso, che a giudicare dall’aspetto doveva essere costato un po’.

Se lo rigirò fra le mani, non era di certo suo, e neanche di Finn, date le sue difficoltà a leggere l’orario cardinale.
Fece una rapida analisi delle condizioni della sua stanza nei giorni scorsi; il numero di persone che avrebbero potuto possedere un così bell’orologio e allo stesso tempo essere stati nella sua camera si riduceva a... uno: Blaine.

Volle cogliere quell’occasione.
Sarebbe stato uno spreco ridarglielo a scuola, no, quello era un qualcosa di speciale, speciale come l’occasione di poter rivedere Blaine a casa sua e vedere lui ringraziarlo di cuore.
Un po’ come la storia di Cenerentola ma tutta al maschile. Non fece in tempo a finire di elaborare quel pensiero che aveva già afferrato la sua giacca ed era montato in macchina.

Rimase deluso quando invece, una volta arrivato, vide che la casa sembrava vuota. Le tapparelle erano abbassate e le luci spente. Non doveva esserci nessuno. Provò comunque a suonare il campanello, ma niente.

Sconfitto e amareggiato mise l’orologio dentro la cassetta della posta.

 

-

Kurt tornò di nuovo sui suoi passi, il flusso di pensieri dentro la sua testa fu interrotto da un ‘pss’ proveniente da dietro la sua macchina. Kurt andò a controllare e vide Nelly acovacciata per terra.
“Abbassati. Veloce!”
Kurt obbedì confuso malgrado temesse di sporcare i suoi pantaloni sul terreno bagnato del cortile.
La ragazza prese fiato, si avvicinò al ragazzo e pronunciò quelle parole con la voce più flebile e bassa che potesse fare.
“Ascolta… so che è probabilmente la cosa più sfacciata che possa chiederti e che noi due ci conosciamo poco, ma… E’ ancora valida la tua offerta di ospitare mio fratello per qualche tempo?” era strano sentire quella ragazza, malgrado la conoscesse da poco, pronunciare quelle parole in un tono così umile e supplichevole.
Kurt la guardò proccupato. “E’ successo qualcosa?”
“Credo sia troppo lungo da spiegare” fece accennando un sorriso. “Ma davvero, credo che sia meglio che non stia qui”
Sentì il rumore, per un attimo fece uno scatto guardandosi alle spalle, ma vide soltanto un gatto farsi strada fra i cespugli.
“Ti prego Kurt.” Disse ancora più umilmente.
Kurt la guardava confuso, non aveva la minima idea di che cosa dire.
“E… che cosa diresti a tua madre?” chiese.
“Una bugia, no?”
“Non lo so Nelly, non dipende da me.”
“Devo andare adesso.” Disse mettendosi a carponi “Pensaci, ok?” e corse via.

-


Kurt non riusciva a smettere di pensare alle parole che Nelly gli aveva detto il giorno prima.
Davvero non riusciva a capire che pericolo incombente ci fosse a casa sua. Provò a cercare quella risposta negli occhi di Blaine mentre lo vedeva passare nei corridoi, salutarlo e sfoggiare il suo sorriso di sempre. A lui sembrava che la solita routine fosse tornata. Possibile che Nelly fosse matta?

“Caffetteria? Oggi pago io.” Disse Blaine una volta uscito da scuola.
“Come mai paghi tu? E’ il mio turno oggi.”
“Così.” Disse con un sorriso. In realtà non voleva dire che voleva in qualche modo ‘sdebitarsi’ per averlo ospitato a casa sua, ovviamente uno stupido caffè non era sufficiente ma non poteva pensare di lasciar pagare il suo amico.

Si sedettero al solito tavolo, oramai erano clienti abituali.
“Non hai preso neanche un biscotto.”
“Blaine, guarda che non sono un bambino” disse Kurt con la sua faccia da finto arrabbiato “Non volevo farti spendere troppo, e poi è meglio che la smetta con tutti questi biscotti, non mi fanno bene.”
Blaine sorrise. Kurt sorrise di rimando, perché Blaine era così bello quando sorrideva, l’avrebbe guardato per ore. Spostò l’attenzione sulle sue guance, e si accorse che quel giorno il suo viso aveva qualcosa di diverso.

“Blaine…Ma hai messo il fondotinta?”
“Co-come?” fece l’altro con un’espressione da finto incredulo.
“Si, hai messo il fondotinta, e hai anche usato il tono sbagliato. Sembri un fantasma.”
“Ehm…”
“Oh andiamo non ti devi vergognare! Però sei un disastro, vieni in bagno con me che te lo tolgo.”
Kurt lo prese per un braccio e lo trascinò nella toilette degli uomini. Blaine si accorse dopo un attimo di spaesamento di quello che stava per succederere.
“NO! No… perfavore…”
“Guarda che non ti faccio niente!”
Senza poter fare più nulla, Blaine si arrese. Kurt tirò fuori dalla sua cartella una salvietta struccante e la passò delicatamente sul viso dell’altro.
“Ma quanto ne hai messo?” fece mentre lo puliva. Finì in poco meno di un minuto metà del viso, poi tirò fuori un’altra salvietta e si mise a struccare l’altra metà. Mentre passava la salvietta sullo zigomo sinistro agrottò le sopracciglia e rallentò il ritmo.
“Ma che…”
Sotto quella gran quantità di prodotto Blaine aveva un gran segno più scuro che si protendeva su tutta la guancia. Un livido enorme.
“Blaine…”
L’altro gli prese la mano che teneva la salvietta e la tenne stretta alla sua. “Ti prego…non…”
“Blaine, chi è stato?”
“Un incidente.”
Kurt scosse la testa. “Non è vero.”
“Si invece, te lo giuro.”

In quell’attimo Kurt capì tre cose: che Blaine era un pessimo bugiardo, che Nelly non era matta e che lui doveva fare qualcosa.

 

-

“Ha davvero detto così?”
“Si, mio caro. Kurt e suo fratello ci hanno invitati a cena da loro.”
“E perché lo ha detto a te e non a me direttamente?”
“Ha chiamato ieri sera e tu stavi facendo la doccia. Preparati su, non vorrai mica andarci in pigiama.” disse Nelly lanciando al fratello una manciata di vestiti che stavano sparsi per terra. La loro stanza era davvero una discarica alle volte.

“Vado bene così?” chiese Blaine dopo un po’ mentre si guardava nello specchio. Indossava dei jeans scoloriti con una maglia marrone semplice. “Troppo casual?”
“Perché ti preoccupi tanto?”
“Beh, Kurt è una specie di super esperto della moda e dell’eleganza. Non voglio sfigurare.”
Nelly rispose con una sonora risata. “Allora non so proprio come aiutarti.” Disse mentre posava la spazzola dopo un vano tentativo di pettinarsi i ricciolini. “Non riuscirò mai ad allisciarli.”

 

“Guido io.” Fece Nelly entrando nella macchina di sua madre.
“Sono un po’ ansioso. Avrò scelto bene cosa mettermi?”
“Tesoro, credimi, non è tanto importante adesso.”
“Perché dici così?”
“Oh… nulla.”

La macchina parcheggiò nel vialetto di casa Hummel-Hudson. I due fratelli scesero dall’auto, Nelly si portò più avanti del fratello e suonò alla porta.
Fu Kurt ad aprire.
“Ciao ragazzi, prego entrate pure.” fece sorridente dalla soglia.
Era impeccabile come sempre. Indossava una camicia grigia sotto un gilet scuro e dei semplici pantaloni neri, semplice, ma allo stesso tempo quell’immagine fece pentire amaramente Blaine di non aver speso qualche minuto in più per curare il suo abbigliamento quella sera.

I due fratelli entrarono in quella casa che avevano già conosciuto qualche giorno prima. Il profumo di caffè era stato sostituito, e ora al suo posto c’era…
“Ma cos’è quest’odore?” chiese Blaine.
“Una lasagna.” Rispose pronto Kurt.
“Ah, l’hai comprata?”
“No, non mi fido di quello che potrebbero metterci. L’ho fatta io.”
“Oh… waw” disse sorpreso “Cioè… hai preparato tutti gli ingredienti tu e l’hai…fatta?”
“Certo.” Disse come se fosse la cosa più naturale del mondo. In verità gli piaceva ricevere complimenti per la cucina, anche se il suo piatto non era stato ancora assaggiato. Non importava: Blaine lo stava ammirando. “Spero che mi esca bene, ho passato anni vivendo di cibo da asporto e di ciambelle. Per fortuna ora abbiamo Carole ma non posso lasciarla da sola, no?”
Blaine annuì e si sentì il re degli inetti a pensare che lui e sua sorella, senza la loro mamma in casa, non erano capaci di cucinare neanche un misero toast.
“Ah, a proposito.” Chiese Blaine “Dove sono i tuoi?”
“Fuori.” Si intromise prontamente Nelly  “Siamo soli.”
Blaine guardò stranito sua sorella, che a sua volta lanciò un’occhiata complice al padrone di casa.
“Blaine, il motivo per cui siamo qui oggi è un altro.”
Il moro guardò Kurt dal basso del divano, chiedendo una possibile spiegazione con lo sguardo.
“Blaine, tu, da oggi, rimani qua.” Disse la ragazza.
“Che vuoi dire?”
“Hai capito bene.”
“Cos’è questa storia? Credevo che tutto si fosse chiarito.”
“No Blaine, qui nulla è chiaro.” fece più autoritaria.
“Ma com-“
“No.”
Il ragazzo prese fiato con un sospiro. “Perché?”
Nelly guardò un attimo in basso e guardò Kurt con uno sguardo umile.
“Puoi lasciarci un minuto soli per favore?” Il suo tono di voce cambiò in un secondo, come se stesse davvero facendo fatica nel pronunciare quelle parole.
“Certo” fece Kurt allontanandosi verso la cucina.

Quando Nelly sentì la porta chiudersi ebbe la certezza di poter parlare senza che l’altro ragazzo potesse sentirli. Si avvicinò all’orecchio del fratello e bisbigliò:

“Ho visto cosa ti ha fatto l’altro giorno.”

Blaine capì tutto. Deglutì e chiuse gli occhi. “Succede ogni volta. Non ti devi preoccupare.”
“Credevo l’avreste smessa.”
“Ho cominciato io. E’ colpa mia.”
“Non provare a prenderti la colpa.”
“Posso cavarmela.”
“Eri privo di sensi Blaine!”
“Mamma si preoccuperebbe se andassi via di nuovo.”
“Non se sa che sei qui.”
“Nelly lo capisci che non posso approfittarmi di queste persone?”

La ragazza perse la pazienza e si mise in piedi, imperiosa guardò dall’alto in basso suo fratello, seccata per così tanta resistenza.
“Ok! Mettiamola così. Mettiamo che ricapita un’altra rissa come quella. Tu svieni, io non ci sono per coprirti e la mamma ti vede. Come la vedi? Io la vedo molto brutta.”
Blaine non seppe cosa dire per contrastare quella risposta e Nelly, convinta di averlo messo a tacere, bussò alla porta della cucina, segno per Kurt di rientrare nel soggiorno.

“Io ora vado via.” Disse ai due ragazzi. “Non voglio essere di troppo. Ah… e Blaine, semmai te lo stessi chiedendo, sì, ho chiesto il permesso a questa famiglia perché tu possa rimanere e.. sì, la tua roba è nel portabagagli e.. sì, te la devi portare da solo.”
Uscì dalla porta d’ingresso facendo cenno agli altri due di seguirla. Aprì l’auto e montò al posto di guida mentre guardava suo fratello dallo specchietto retrovisore prendere tre grosse sacche dal portabagagli che lei si era preoccupata di preparare e riempire.

“E poi hanno anche il coraggio di venirmi a dire che non mi so organizzare. Pfui!”

 

-

Kurt e Blaine erano rimasti soli.
Guardarono la macchina allontanarsi e farsi piccola man mano che procedeva sulla strada per uscire da Lima e, silenziosamente, rientrarono in casa.

Kurt riusciva a percepire la tensione dell’altro accrescersi sempre più ad ogni passo che facevano fianco a fianco. Davvero, non avrebbe mai detto che sarebbe riuscito a scorgere, così da vicino, un lato timoroso e insicuro di Blaine, che non aveva mai visto prima di quella settimana.

Timoroso e insicuro, proprio come lo era stato lui, come il primo giorno che si erano incontrati, o come il suo primo giorno alla Dalton, oppure quando avevano provato ad affrontare l’argomento ‘sesso’, e Blaine era sempre stato in grado di confortarlo, di dargli sicurezza e fargli coraggio, con il suo sorriso, con le sue parole.

In un primo momento, non era stato in grado di classificare con un nome la sensazione che provava ogni volta parlava con quel ragazzo, conosciuto relativamente da poco. Era totalmente diverso da tutto quello che avesse mai provato prima.

Era come se Blaine si fosse presentato come un libro aperto. Era spontaneo, gentile e tutto questo pareva non costargli la minima fatica. Era come se lo conoscesse da sempre.

L’aria che respirava intorno a lui, era diversa. Era nuova, magica.
E lui l’aveva lasciata entrare dentro di sé. L’aveva respirata, inalata e in un secondo ne era diventato completamente dipendente.
Il resto, davvero, non contava più, perché, appena ebbe il tempo di chiudere gli occhi, lasciare che il resto di quello che era, con il suo passato e le sue speranze, rimanesse oscurato per un attimo, lo vide: il suo presente.
E sentì di nuovo quell’aria pizzicargli le narici e infiltrarsi nel suo petto, sprigionando un vortice di calore che non aveva mai provato prima, e che sembrava non volersi spegnere per nessun motivo al mondo.

Quando ebbe aperto gli occhi lo capì. Ne era innamorato.

 

-

Ma ora, poteva dire di essere al fianco di quello stesso ragazzo?
“Ha…davvero…” tentò di dire Blaine impacciato. “Ha davvero chiesto il tuo consenso per questa cosa?”

Era vero, si conoscevano relativamente da poco.

“Personalmente” rispose pronto.

Forse non aveva mai veramente conosciuto Blaine.

“E i tuoi? Cosa diranno? Sono d’accordo?”

Era chiaro che quella volta, era lui a fare la parte del ‘benefattore’ e questa situazione metteva chiaramente Blaine a disagio. Era meglio forse non farglielo pesare.

“Carole sì. Mio padre a dire il vero non lo sa, ma Carole troverà il modo di convincerlo. Stai tranquillo.”

Ma Kurt ancora non sapeva che mai, come in quel momento, era in grado di poter conoscere a fondo il suo amico come non aveva mai fatto.

“Grazie Kurt.”

  
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