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Autore: baby dark    27/02/2006    1 recensioni
Baby Dark...a grande richiesta è tronata con una nuova fiction...ovviamente i protagonisti saranno come al solito le mie cavie per cattierie preferite: Strawberry (alias "la tonta") e Ryan ( il figaccio da pura)...allora...Strawberry partirà per Londra con il suo amato (al quanto schifoso aggiungerei) MArk...lasciando Ryan a Tokyo...ma la vita a LOndra non sarà come Strawberry se l'era immaginata, e la rossa perderà le redini della propria vita... che dire di più...LEGGETE E LO SAPRETE!!!!!! commentati in nuomerosi miei cari (scusate ma ho manie da diva di HOllywood)...
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ichigo Momomiya/Strawberry, Ryo Shirogane/Ryan
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
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Mi risvegliai come da un lungo sonno

17°: All’ospedale

Mi risvegliai come da un lungo sonno. Pian piano aprii le palpebre e la prima cosa che vidi fu il soffitto bianco, con una piccola crepa che guastava il suo candore. Dopo un po’ anche il paesaggio circostante mi fu più chiaro. Ero su di un letto con una coperta verde smeraldo e indossavo una camicia da notte bianca. Per tutta la piccola stanza aleggiava un odore alquanto fastidioso di disinfettante e dal corridoio fuori dalla porta si udiva il rumore delle ruote dei carrelli trascinati da infermiere che di tanto in tanto parlavano ad alta voce. Capii subito che mi trovavo in un ospedale ma non riuscivo a ricordarmi il perché. Poi, improvvisamente, come un fulmine a ciel sereno, rammentai tutto quello che era successo la sera precedente: la mia confessione, la reazione di Ryan e il mio brusco svenimento. Fiaccamente mi rimisi a letto. Forse se facevo finta di dormire ancora, nessuno mi avrebbe fatto domande, nessun avrebbe potuto aggredirmi. Se mi fossi raggomitolata tra le coperte nessuno mi avrebbe fatto più del male. Poi una voce dentro di me si sveglio come in preda ad un impeto e mi disse che non avrei risolto nulla nascondendomi, fingendo di essere ancora moribonda. Ed aveva ragione la voce del mio inconscio. Non potevo passare tutta la vita a vivere come un parassita a celarmi dietro al mondo.

Piano alzo la coperta in cui mi ero avvolta e poggio la punta dei miei piedi nudi a terra. Rimango stupita, seduta da un lato del lettino ad osservarlo, non l’avevo notato prima, forse perché impegnata a capire dove mi trovassi. Eppure lui era sempre stato qui a vegliare su di me, il mio amato angelo biondo, che in questo momento sta dormendo beatamente, con la testa china da un lato, su di una sedia vicina al mio letto.

Rimango ad osservare il suo viso colpito dai raggi del primo sole e penso a quanto forse l’ho fatto soffrire. Sicuramente sapere tutto è stata una gran batosta. Credo che da me una cosa del genere non se la sarebbe mai aspettata. I suoi occhi mentre mi rimproverava, rimarranno per sempre stampati nella mia mente a simboleggiare il mio enorme sbaglio.

Scendo dal letto e mi avvicino a Ryan ancora dormiente. Mi chino sul suo viso e, spostandogli i capelli davanti alle palpebre chiuse, poggio le mie labbra su le sue, unendole, senza la sua autorizzazione, in un bacio casto e ingenuo, quasi infantile.

La voglia di approfondire quel contatto è grande, ma con determinazione, separo le mie labbra dalle sue e mi rialzo. Non voglio sporcare lui, tanto puro, non voglio trascinarlo nella mia vita infernale. Ho sbagliato tutto con te. Ho agito da sciocca, preoccupandomi solo di me stessa, senza contare che davanti a me non ho un automa, ma una persona umana  che pensa, gioisce e soffre. Gli ho già recato troppo dolore e di questo me ne pento amaramente. Ho contribuito alla tua infelicità Ryan, e di questo non finirò mai di pentirmi. Potrei svegliarti e chiederti scusa, forse potrebbe tornare tutto come prima, ma so che ti ferirei ancora. Forse ti faccio così male, perché in realtà ti voglio troppo bene. Me ne accorgo giorno dopo giorno. Da quando sei arrivato qui, ho una marcia in più. Non sento più quel velo di tristezza che mi accompagna, il solo pensarti mi da allegria. Ho fatto chiarezza e credo di provare qualcosa, ma non sono ancora pronta per fartelo presente, probabilmente perché faccio fatica a crederci io stessa. Sento che potresti davvero rendermi felice, ma rinuncio alla mia di felicità per la tua. So che con me soffriresti e non sopporterei ancora di vedere i tuoi occhi velati dalla tristezza.

Ti accarezzo il viso e con i polpastrelli percorro tutte le sue incavature come se le stessi scoprendo per la prima volta. Ricordo tre anni fa, quando all’aeroporto ti dissi che anche tu avresti trovato la tua anima gemella. Ebbene sono ancora di questa idea. Sei la persona più speciale che abbia mai  conosciuto e sicuramente qualcun’altra meno stupida e cieca di me saprà darti ciò di cui hai bisogno cioè l’amore.

È inutile perdersi tra i “se” e i “ma”, ho sbagliato a partire con Mark tre anni fa invece di rimanere con te, ma quello che è fatto è fatto. E adesso non posso dire semplicemente “scusami, ho sbagliato” per far ritornare tutto come prima. E forse non voglio neanche stare con nessuno in questo momento…voglio solo ritornarmene a casa e ricominciare, dedicandomi solo ed esclusivamente a me. Ho deciso di crescere e non fare più la parte della bambina. Voglio avere anche io un futuro e lottare per costruirmelo.

Decido di sgranchirmi un po’ le gambe e, allontanandomi pian piano dalla sedia su cui giaceva supino Ryan, mi dirigo verso la porta della camera, giro piano la maniglia e comincio a camminare per il lungo corridoio tappezzato da carta da parati verde, in alcuni punti anche rovinata.

La mia attenzione viene catturata dai rumori che provocava un gruppo di quattro infermiere che portavano avanti e indietro coperte, cuscini e altre cianfrusaglie, in poche parole stavano disfacendo la stanza. Ne intuii subito il motivo: la persona doveva essersene andata.  Non sapendo neanche io il motivo, mi avvicinai ad una delle infermiere e chiesi il motivo della loro attività. Non so spiegare il perché, ma avvertivo una strana sensazione, come se la persona della stanza avesse a che fare con me.

-          la ragazza è morta- mi risponde senza neanche degnarmi di uno sguardo l’infermiera- brutta storia…davvero una brutta storia…- continua, adesso guardandomi con occhi sinceramente tristi- era molto giovane…davvero un peccato-

-          come si chiamava?

-          Marylin…Marylin Grey se non mi sbaglio-

Ecco il perché di quella sensazione.  Perché proprio lei. Come può Dio, che si fa indicare come il sommo benefattore, prendere la vita di una ragazza così giovane e preziosa. Ricordo il suo sorriso radioso, la sua incredibile voglia di vivere e sognare. Proprio questo mi aveva colpita la prima volta che la conobbi: la sua voglia, nonostante tutto, di voler sognare e fare di tutto per realizzare i suoi sogni. E proprio per quello stramaledetto sogno si è messa nei casini. Lei e quella sua stupida ambizione di diventare una modella. Lei e la sua dipendenza dalla droga. Adesso mi domando a cosa l’ha portata seguire i suoi sogni? A nulla all’infuori della morte. Alla fine è morta e nessuno dei suoi sogni potrà riportarla indietro.

Ricordo che diceva sempre “un giorno o l’altro me ne andrò da questa merda di città”. Invece ci è rimasta in questa città. Adesso sarà il suo riposo per sempre. Io l’ho sempre detto che questa maledetta vita ci avrebbe inghiottiti tutti quanti…Marylin è stata solo la prima, nulla di più. A lungo andare, se rimarrò, sono sicura che anche io farò la sua stessa fine.

Cominciai a piangere silenziosamente, mentre volavo le spalle all’infermiera e ripercorrevo al contrario quel corridoio che sembrava essere lungo il doppio di prima.

Aprii la porta e trovai Ryan, ormai sveglio, davanti che stava per aprire la maniglia della parte opposto della porta, se non fossi stata più veloce.

Lui mi guardò con aria interrogativa ed io ovviamente, non seppi rispondergli, lo abbracciai semplicemente  e mi abbandonai tra la presa forte delle sue braccia. Appoggiai la testa sul suo petto e presi a piangere più forte, tanto che ad ogni singhiozzo il mio corpo vibrava tutto.

Lui non disse nulla, oltre che abbracciarmi sempre più forte quasi stesse dicendo “hei, io sono qui. Non preoccuparti”, lisciandomi pian piano i capelli e il capo.

-          me ne voglio andare di qui. Voglio tornarmene a casa!- dissi di punto in bianco io, con la voce ancora alterata dal pianto

-          sono qui per questo- mi rispose semplicemente lui con foce profonda e rassicurante, regalandomi quello che più mi occorreva in quel momento: un meraviglioso e dolcissimo sorriso.

Io rimasi attonita a guardarlo, come una bambina, stupendomi ancora di più di quanto quel ragazzo significasse per me. Ogni suo gesto, ogni sua parola, rafforzava in me, questa convinzione, facendomi chiedere, di tanto in tanto, come ho fatto a vivere senza di lui affianco in questi anni.

Non so se la morte di Marylin centri qualcosa con me. So solo che grazie a lei ho finalmente scelto. Per la prima volta non ho paura del domani. Anzi, sono pronta a sfidarlo, perché ormai sono fiera e sicura della mia decisione. E questo lo dedico tutto a te, cara amica mia. Grazie per avermi guidato verso la chiarezza. Riposa in pace piccolo angelo…

 

[…]

Mentre ce ne stavamo abbracciati sull’uscio della porta, un colpo di tosse, evidentemente volontario, ci interruppe. Un’infermiera tarchiata e grassoccia , con un’aria leggermente austera, ci chiese con i suoi occhietti da topo incavati all’interno del suo viso di smettere e ascoltarla.

-la signorina Momomyna?-

-si…- rispose Strawberry con un espressione preoccupata

- le ho parlato- domanda, questa volta rivolta a me.

Mi ero completamente dimenticato di tutto.

-          no…non ancora…non ho avuto tempo…- faccio io visibilmente imbarazzato

-          cosa avresti dovuto dirmi?- mi fa Strawberry mentre si passa una mano sul viso con l’intento di asciugare la lacrime dal viso.

-          Che dovrà rimanere qui, sotto osservazione, per un altro paio di giorni- dice la signora intromettendosi

-          E perché?-

-          Senta…forse deve essere operata, ma i medici vogliono esserne sicuri- ribadisce l’infermiera visibilmente contrariata.

-          Vedrai che non sarà nulla- dico io a Strawberry, prendendole le mani e cercando di rassicurarla, mentre con la coda dell’occhio vedo la buffa infermiera uscire e sbattere la porta alle sue spalle, lasciandoci soli.

-          Ho paura- mi dici Strawberry, guardandomi come un cucciolo abbandonato.

-          Tra un po’ sarà tutto finito- cerco di sollevarle il morale

-          Lo spero- dici lei ormai rassegnata, staccandosi da me e andando verso il letto dove si siede.

-          Una mia amica è morta…l’ho saputo proprio adesso-

-          Mi dispiace-

-          È che anche lei era finita nel giro…non voglio fare la sua stessa fine…non voglio…non voglio morire- ricomincia a piangere e si copre il viso con le mani.

Io mi siedo affianco a lei e le scosto le mani. Le racchiudo nelle mie e guardandola dico

-          Non ti ho cercata per poi vederti andare via un’altra volta- mi piego per darle un bacio sulla guancia, ma lei si sposta all’ultimo momento e le mie labbra vanno ad unirsi con le sue, in un bacio sempre meno pudico e più approfondito.

 

 

Già immagino le vostre facce soddisfatte a urlare un sonoro “finalmente”…ebbene, io stessa mi ero scocciata di questa situazione stile convento…adesso diamoci una mossa e andiamo al sodo…

Spero che questo capitoluccio vi sia piaciuto, anche se un po’ troppo dialoghi. Credo di aver reso, usando tutte le mie dubbie capacità descrittive, la scena e dei vari baci…quindi, come sempre, a voi l’ardua sentenza. Vi avviso solo di una cosa, che dal prossimo la faccenda si farà un po’ più complicata…rimanete sintonizzanti ( ma che stiamo a Mediaste?! Nd tutti)

Ciao ciao dalla vostra Baby dark

  
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