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Autore: Ofelia di Danimarca    07/06/2011    0 recensioni
Due persone, due mondi lontani un abisso...ma, forse, lo stesso sguardo disincantato verso il mondo...e una strana pressante voglia di far parte della vita dell'altro. Claudio Rizzo e Monica Morucci
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Non ricordo di aver mai visto i miei compagni così inquieti ed eccitati come oggi.
 
Mi metto comoda…stendo le braccia sul banco, le mani una sopra l’altra, e poi ci appoggio il mento. La mia postazione in prima fila mi permette di godere di un’ottima visuale: Cavicchioli che, evidentemente ignaro di tutto, sfoglia il libro di latino come se dovesse urgentemente trovare una versione da farci analizzare e tradurre.
 
Il mio gomito destro viene urtato da qualcosa…o meglio, da qualcuno che si è avvicinato al mio banco.
Qualcuno che non sembra condividere granchè la felicità generale.
- Che ti sei portata da leggere?
Cook fa un cenno con la testa al mio zaino semiaperto, senza alzare gli occhi su di me.
 
- Pirandello.
Mi guarda con scarsa convinzione.
- Pirandello? Ma se neanche l’abbiamo fatto…a momenti siamo ancora a Leopardi…
 
Si passa una mano tra i ricci, e aggrotta le sopracciglia.
Cavicchioli, intanto, cerca di riportare l’ordine.
- Ma che centra scusa? Mica lo leggo per fare un favore a Cicerino…
- E allora perché?
Non ci voglio credere.  A volte mi verrebbe voglia di gettargli un secchio d’acqua dritto addosso.
- Lo leggo perché ne ho voglia, no?
 
Dall’ultima fila di banchi, il timbro inconfondibile di Pregoni intima al prof di “non dare ordini che oggi ci sta il torneo, prof, non lo sa? No? E mi sa che allora solo lei non lo sapeva….”
 
Cavicchioli sembra cadere dalle nuvole, e non mi stupisco… mi tiro su dal banco e cerco di riassumere una posizione quantomeno dignitosa.
Alzo gli occhi su Cook.
Si è messo a giocherellare con la zip della felpa, e ha l’aria di uno che vorrebbe trovarsi su qualsiasi parte della terra meno che lì dove sta.
 
- Che hai oggi? C’hai una faccia…
Ci ho provato, ma già so che il mio sarà un tentativo a vuoto.
Quando Daniele non vuole parlare di qualcosa, neanche con una minaccia riesci a carpirgli qualche informazione. Esattamente l’opposto di quando invece non vede l’ora di discutere di una cosa e allora ti tormenta.
 
Per un attimo smette di torturare la cerniera e mi guarda dritto negli occhi.
Ha una faccia così seria che quasi non lo riconosco.
- Boh… c’ho un po’ di cose per la testa…sto un po’ così.. e poi proprio stamattina ‘sto torneo a rompere…
Lo vedo girare gli occhi sulla classe e osservare con aria infastidita.
- Vabbè - fa per voltarsi e tornare al suo banco, ma poi si blocca – ah Monica, dopo… ti siedi con me in palestra a seguire la partita? Ti va per caso?
 
Aggrotto la fronte per un attimo.
Dopo Cavicchioli, credo di essere la persona meno informata dell’intera scuola su questo cavolo di torneo. Che partita c’è?
 
- Sarebbe?
- La partita di pallavolo femminile…seconde contro terze… quella…
 
Sbuffo.
Non ho mai amato le partite di pallavolo, anzi, la pallavolo come sport mi ha sempre discretamente annoiato, fin da quando da bambina mia madre mi metteva davanti a Mila e Shiro e io appena potevo cambiavo di nascosto canale.
E poi, ad essere sinceri di questa sfida tra annate non me ne importa nulla.
 
Il problema è che la faccia di Cook oggi non ammette risposte negative… credo che si chiuderebbe in un mutismo forzato per l’intera mattinata, se gli dicessi di no.
- E vabbè….comunque mi porto il libro…
 
Un lampo di sollievo sembra attraversargli gli occhi per un attimo.
Anche Cavicchioli pare aver compreso che per oggi sarà impossibile fare lezione. Dopo una discreta dose di lamentele, sembra pure lui quasi soddisfatto.
 
- E mi pare ovvio– dietro di me, Schifani si lancia in azzardate previsoni col suo solito tono d’ordinanza – così può tranquillamente trascorrere la mattinata attaccato al culo della Desmoulins…
 
Non riesco a trattenere un sospiro.
Ma Schifani non ha ancora finito.
 
- A Valè… che oggi allora gareggi?
 
Lo vedo allungarsi con il braccio e tirare Valerio per il polsino della camicia.
- Eh? Gareggi?
 
Nessuna risposta.
- Oh, a Valè! Ci stai?
 
Mio malgrado mi ritrovo a guardare in direzione del mio compagno di banco, e lo vedo fissare placidamente il vuoto, completamente estraneo ai richiami di Schifani… a occhio e croce, non gliene importa molto neppure a lui di ‘sto torneo.
O forse, gli importa troppo.
 
- Valè ma lo sai che oggi probabile che ti tocca affronta’ Claudio?
 
Senza volerlo e senza neppure accorgermene, un secondo dopo ho gli occhi incollati alla faccia di Schifani.
Affrontare Claudio?
 
Avverto un bisogno irrefrenabile di colmare il mio vuoto di conoscenza.
Mi volto verso Valerio.
- Scusa… in cosa dovresti gareggiare tu oggi?
 
- Ma insomma ma che cazzo volete stamattina tutti, eh? Mo’ pure te rompi il cazzo! Ma tu guàrdate questa!
 
Lo vedo alzarsi di scatto dalla sedia, e a denti stretti chiedere al prof di poter andare in bagno.
 
Inizio profondamente a desiderare di essere su un’altra parte della terra anche io.
 
 
 
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Erano solo le nove, ma quella mattina gli spalti della palestra del Colonna si ritrovarono già piuttosto gremiti. Si vedeva subito che non era una giornata qualunque.
 
Sul campo, la partita di pallavolo aveva appena preso il via, tra svariate urla di incoraggiamento e qualche applauso, che puntuale arrivava in concomitanza delle giocate più interessanti.
 
La prima cosa che aveva fatto Claudio era stata gettare uno sguardo sulla formazione schierata dalle terze. I suoi occhi si erano dedicati per un attimo a scorrere le varie giocatrici della squadra…per essere completamente sicuro, aveva controllato pure tra le riserve sedute a bordo campo, in quella che teoricamente doveva essere la panchina.
Ma non gli era andata bene: nessuna traccia di Monica.
 
- Ok, Claudio, inizia ad andare a cambiarti.
 
La voce decisa della professoressa di ginnastica non lo distolse minimamente dal flusso dei suoi pensieri.
 
Evidentemente, Monica non doveva essere una pallavolista provetta.
O forse le altre ragazze semplicemente non le avevano permesso di scendere in campo con loro a rappresentare la classe – sarebbero potute arrivare a tanto?
 
Lanciò di nuovo un’occhiata al terreno di gioco, proprio mentre le seconde, la “sua” squadra, mettevano a segno un punto.
Nell’altra metà del campo riconobbe alcune sue ex compagne… Jasmine stava sottorete e urlava a più non posso consigli su come disporsi alle altre ragazze… c’era anche Valentina al suo fianco, e dietro, in ricezione, stava Lucia. In panchina, invece, intravide solo Margherita.
 
Schioccò la lingua contro il palato, aggrottando la fronte… la IIIA era presente e anche con un drappello di donne piuttosto fornito, ma Monica non c’era.
 
- Claudio, dai, va’ a cambiarti che tra poco tocca a voi.
 
Si passò entrambe le mani tra i capelli… odiava quando gli si intimavano le cose più di una volta, non lo sopportava, gli faceva sorgere la tentazione di fare tutto il contrario di quanto gli veniva detto – doveva essere un regalino rimastogli in eredità dagli anni passati con suo padre.
Ma non poteva ignorare oltre l’esortazione della prof…borsone in spalla, mollò il match e si diresse lentamente negli spogliatoi.
 
Ad accoglierlo trovò i due ragazzi del secondo B cui avrebbe dovuto far da spalla. Uno era già in tenuta da schermidore… o almeno, ci provava. Aveva giubbotto e calzoni entrambi troppo larghi per la propria taglia, e a occhio e croce doveva essere sprovvisto di guanti.
 
- Ah ciao Rizzo… non è che ci daresti una mano con ’sta attrezzatura? I calzettoni devono arrivare fino al ginocchio o sopra?
 
Claudio riuscì a fatica trattenere un sorriso… i suoi compagni di classe avevano ragione quando gli avevano descritto quei due come dei neofiti o quasi.
 
Mentre gli dava qualche dritta su come infilare i vari pezzi della tenuta di gara, si rese conto che una parte del suo cervello, quella che non riposava mai, continuava a concentrarsi vivamente su quant’era accaduto giovedì scorso… era come se gli eventi vissuti giovedì si ripetessero nella sua mente con insistenza, senza che potesse farci nulla.
 
L’attacco subìto di sorpresa ad opera del ragazzo di Gaia ancora lo faceva incazzare al solo pensarci. Certo, anche lui aveva fatto lo stronzo, in passato, e gli era capitato di colpire in faccia della gente… ma mai di spalle.
Se lo aveva fatto, era stato viso a viso, in maniera aperta, con un certo qual grado di lealtà. Con un senso di rispetto (seppur minimo) per l’avversario.
Ma quale rispetto aveva mostrato in quell’occasione quel tipo, quale onorabilità? Nessuna.
 
Lanciò il suo paio di guanti di riserva in direzione dell’altro ragazzo, senza smettere di pensare.
Il desiderio di vendicarsi era martellante, ci pensava da giorni… ma a che pro? A che sarebbe servito? Gaia gli aveva tenuto nascosta l’esistenza di un fidanzato che avrebbe potuto incazzarsi. Non ne aveva mai fatto parola, neanche durante quella serata in discoteca.
Forse lui avrebbe pure dovuto immaginarselo, che una com’era Gaia non poteva davvero essere sola.
Ma avrebbe dovuto essere lei a dirlo.
 
Si tastò con le dita il livido, ormai nerastro, rimastogli in bella vista sulla guancia.
 
No – si disse. Era Gaia ad aver sbagliato, e quell’energumeno del liceo Visconti avrebbe dovuto pensare di meno a Claudio Rizzo e di più ai motivi che avevano spinto la sua ragazza ad iniziare a vedere e sentire un altro, per i cazzi suoi.
 
- Tu vai per ultimo, vero Rizzo? Così se facciamo casini puoi rimediare…
 
Si infilò i calzoni con un gesto secco ed esperto.
Avrebbe tanto voluto veder comparire proprio in quel frangente, dalla porta degli spogliatoi, un casco scomposto di ricci biondi.
 
 
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Non capisco perché nessuno di questi posti sembri andare bene per Daniele.
- Scusa, eh, ma perché non ci sediamo qua? C’è un po’ di spazio…
- No qui no, ci son troppe persone davanti, e poi non senti come manca l’aria? Andiamo là.
 
Continuiamo lo slalom tra gli studenti seduti sugli spalti…quasi tutti sono completamente assorbiti da ciò che accade sul campo. A quanto pare, c’è mezza scuola a vedere ‘sta partita.
 
Finalmente Cook decide di fermarsi e mettersi a sedere.
- Qui va bene, è perfetto.
Si volta a guardarmi e abbozza un sorriso che sembra sincero. E’ la prima volta da stamattina che lo vedo sorridere… anche se dal modo in cui tamburella ritmicamente le dita sulle gambe incrociate, non dev’essere poi così tranquillo.
 
Lo vedo strizzare gli occhi per riuscire a leggere dal tabellone chi è in vantaggio.
- Ah, ottimo, vincono le seconde…
Lo fisso per qualche secondo, riuscendo a stento a reprimere un sorriso.
- C’è Elena che gioca… quindi mi sembra normale che tifi per lei, no? Anche se non si è manco accorta che sto qui…
- Quanto sei tenero Cook – dico, con inclinazione volutamente sarcastica.
Anche se in effetti lo penso veramente.
 
Ci rifletto un secondo, mentre un applauso fragoroso scoppia dalle gradinate alle mie spalle per un muro andato a buon fine.
Il bello di Cook è che è sincero, quello che fa non è mai calcolato o costruito. Le sue dimostrazioni di attaccamento sono vere, anche se possono sembrare infantili a volte.
- Tu che fai, ti metti a leggere?
 
Me ne ero quasi dimenticata. Nella mano ho ancora stretto “Il fu Mattia Pascal”, con la copertina un po’ logora e qualche orecchio di troppo tra le pagine…era di mia madre.
 
Annuisco. Tanto la partita è quasi finita, e non credo che le nostre compagne di classe riusciranno a ribaltare il risultato… sono più grandi di un anno, ma le seconde sembrano una spanna più forti. Per quanto ce ne possa capire io, almeno.
 
Al mio fianco Cook continua a sbracciarsi per farsi notare dalla sua ragazza… ma i tentativi sembrano andare a vuoto.
- Uffa, non mi vede…che palle…- poi porta lo sguardo su di me – Monica ma alla fine te farai quell’esame per entrare all’Università quest’anno? Quello lì con cui è fissato il prof…
 
Ma che…anche lui ci si mette? E’ l’ossessione dei più, in questa scuola.
- Sì, purtroppo ho dovuto promettere al prof che lo farò… e comunque è solo una preselezione, non è nulla di definitivo – rimango in sospeso per un attimo, senza volerlo – vuoi farlo anche te?
 
Lui scuote la testa facendo una smorfia di rigetto.
- No…non è cosa per me quella…non credo che continuerò a studiare, sono stufo di dover ogni giorno contare i soldi che posso spendere…mi cercherò un lavoro a tempo pieno con uno stipendio un po’ meno penoso di quello d’adesso… potrei diventare pizzaiolo o rilevare l’attività da Macrì.Tu dici che me la lascerebbe?
 
Alzo le sopracciglia… non mi va di fare la guastafeste, così mi impongo di starmene zitta.
Nel frattempo, la partita finisce, tra il grande entusiasmo degli studenti delle seconde e il malcontento di quelli delle terze. Jasmine e le altre mie compagne sembrano abbastanza abbattute.
 
Vedo che alcuni ragazzi stanno togliendo la rete dal campo, in tutta fretta.
- Che c’è adesso? Partita di che?
- Basket credo. O basket o scherma.
- E noi chi c’abbiamo?
Cook alza le spalle con fare annoiato.
- Basket boh….quel coglione di Schifani probabile. Forse Petrucci. Scherma Valerio di sicuro.
 
Mi mordo il labbro… quindi Claudio gareggerà nella scherma pure lui.
Chiudo gli occhi per un attimo e me lo immagino. Come cavolo si vestono gli schermidori? Hanno una specie di tuta bianca. Istintivamente mi viene da chiudere il libro.
Pirandello può aspettare… ho voglia di vedere Claudio.
 
- Spero per Valerio che non gli capiti Rizzo…davvero.
Il tono di Cook è secco.
- Perché? Rizzo è così bravo?
Cenno di marcato dissenso.
- Non è per quello. Bravo o non bravo, Rizzo gioca sempre sporco. Sempre. Non è in grado di fare le cose pulite.
 
Vorrei fare finta di niente, ma non riesco a restare indifferente. Mi metto a fissare Cook.
Perché quel tono così aspro tutto d’un tratto? Cosa lo porta a dire cose così negative su Claudio?
Ok, già so che non scoppia particolarmente di simpatia per lui. Tuttavia…
…non sembra parlare per sentito dire…la sua faccia è troppo contratta.
 
- Perché dici così?
 
Ma lui continua a tamburellarsi sulle ginocchia, imperterrito, con lo sguardo rivolto da qualche parte sul campo.
 
- Ora non mi va di parlarne.
 
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Claudio iniziava a sentire l’adrenalina della gara diffondersi in tutto il suo corpo.
Adorava quei momenti…gli sembrava che ogni singolo muscolo, ogni fibra, ogni nervo si caricassero al massimo, pronti per dare il meglio di sé una volta in azione.
 
Stavano facendo stretching, lui e i suoi due compagni di sventura…prima un braccio, poi l’altro…i quadricipiti…
 
- Oh mi raccomando ragazzi, vi voglio svegli in pedana eh? Marco tu sei il primo. Federico tu segui, e poi Claudio finisce, intesi?
Cenni di assenso convinti.
 
Claudio si chinò per allacciare meglio le stringhe di una delle sue scarpe, candide e leggere come il resto della tenuta.
La prof è parecchio convinta, si disse.
Eppure, i tre che si sarebbero trovati di fronte non erano affatto male. Due erano della IIIB, e li conosceva solo di vista… l’altro lo conosceva anche troppo bene.
 
Valerio non era un fuoriclasse, ma di certo sapeva quello che faceva quando si ritrovava con il fioretto in mano. Per un po’ era anche venuto nella palestra di Claudio e aveva studiato lì… ma poi aveva mollato.
 
- In bocca al lupo ragazzi!
 
Vide la prof fare un gesto con la mano a indicare che sarebbe andata a preparare la pedana per la gara. Poi la vide allontanarsi.
Si rituffò in pieno nello stretching. Voleva farsi trovare pronto, voleva evitare strappi…voleva che filasse tutto liscio.
 
Quando alzò di nuovo gli occhi, Claudio si accorse che una persona si stava dirigendo a piccoli passi verso di lui e i suoi compagni… non potè fare a meno di restare di sasso.
 
Era Elena Cicerino.
 
Rimase impietrito per qualche secondo di troppo. D’istinto, cercò di mettersi le mani nelle tasche, scordandosi però di essere in tenuta da scherma.
La vide salutare con confidenza gli altri due, evidentemente suoi compagni di classe.
 
Poi si avvicinò a lui. Era ancora con la divisa di pallavolo…doveva appena aver finito di giocare.
- Ciao – disse lei, in tono neutro e cordiale – senti, potrei chiederti un favore?
 
Claudio si limitò a fissarla per qualche istante, senza rispondere. Si trovava spiazzato come non gli capitava da un pezzo. Poi si decise ad aprir bocca.
 
- Com’è finita la partita?
 
Elena si portò dietro l’orecchio un immaginario ciuffo di capelli.
- Bene, abbiamo vinto! Era proprio di questo che volevo parlarti…
 
Si sforzò di indovinare che cosa potesse volere Elena Cicerino da lui.
Riflettè per un secondo.
Non si parlavano dal giorno del funerale di suo fratello.
Anzi, a dire la verità, neppure quel giorno si erano propriamente parlati. Lei era venuta alla cerimonia, con tutti gli altri…con suo padre, anche.
Gli aveva fatto le sue condoglianze, e questo era stato tutto.
Non si erano detti altro… di tutto ciò che era successo, non avevano fatto parola.
Era una pagina di sé che Claudio era stato ben felice di archiviare il più in fretta possibile.
 
- Tu lo sai che… l’annata che vince il torneo, va a farsi quattro giorni a Barcellona a fine anno?
 
Claudio cercò di non far trasparire lo stupore.
- No, non lo sapevo…e tu come…
- Mio padre a volte parla troppo, e si tradisce – fece un leggero sorriso.
 
A volte? No, non è a volte….quello sta sempre a parlar troppo.
 
La vide mettersi a braccia conserte, spostando il peso del corpo avanti e indietro alternativamente.
Si notava che essere lì le costava un certo sforzo.
E come biasimarla?
 
- Comunque, se vinciamo noi seconde, in gita ci andiamo noi… - si guardò per un attimo indietro – il problema è che la staffetta e la partita di basket sicuro le perdiamo… quindi l’unica nostra chance di vincere sarebbe avere la meglio nella scherma.
 
Claudio annuì.
Non ne sapeva nulla della gita a Barcellona in palio per i vincenti.
Lei si avvicinò ancora di più, e il tono divenne più attento.
 
- I miei due compagni di classe…beh…a essere sinceri non è che siano proprio il massimo. Quindi credo che l’esito della sfida dipenda da te.
 
Elena lo guardava seria. Era evidente che a questa storia ci teneva.
 
- Sono anni che noi della B non ci facciamo una gita come si deve…e poi in Spagna la maggior parte di noi non ci è mai stata…quindi…ecco… - di nuovo fece per sistemarsi i capelli – se tu potessi dare il massimo per…
 
- Ok, ok, ho capito.
 
Claudio si era sentito strano non appena lei aveva nominato la parola “gita”… brutti ricordi erano riaffiorati, roba che aveva ormai sepolto nella mente e cercato di dimenticare… aveva tentato di scordare tutto quanto avesse relazione con le cose fatte alla persona che gli stava davanti in quel momento.
Ma le cose, e lui lo sapeva, è impossibile cancellarle definitivamente dal cervello.
Solo in quello strano film con Kate Winslet ci si riusciva – e manco del tutto.
Prima o poi, l’occasione per tornare a galla, se la trovano da sole, le cose.
 
- Comunque ce la metterò tutta. Non ti preoccupare.
 
Un sorriso le illuminò il volto.
- Ci conto allora.
 
Fece dietro- front, ma poi si voltò di nuovo.
 
- Ah Claudio!
 
- Cosa?
 
- Grazie.
 
 
   
 
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