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Autore: shellnosoul    08/06/2011    2 recensioni
Nessuno è in grado di giudicare una persona, se non quella persona stessa.
Perchè solo quel qualcuno conosce le sue esperienze e le sue emozioni, solo lui può dare motivazioni sensate alle
sue scelte, anche quando non lo sono. In ogni caso, è un dato di fatto anche che non avrà mai il coraggio e la sincerità
di giudicarsi. Passiamo tutti la nostra vita a giudicare qualcuno che non possiamo permetterci
di giudicare e ad evitare di criticare la vera persona che possiamo criticare: noi.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un dato di fatto : Nessuno è in grado di giudicare una persona, se non quella persona stessa.
Perchè solo quel qualcuno conosce le sue esperienze e le sue emozioni, solo lui può dare motivazioni sensate alle sue scelte, anche quando non lo sono. In ogni caso, è un dato di fatto anche che non avrà mai il coraggio e la sincerità di giudicarsi. Passiamo tutti la nostra vita a giudicare qualcuno che non possiamo permetterci di giudicare e ad evitare di criticare la vera persona che possiamo criticare: noi. 
 
 

Credo che sia molto probabile che capirete, quando descrivo la sensazione che si prova quando si è costretti ad ascoltare una canzone che non è affatto di nostro gradimento. Chi ama la musica lo sa, essere costretti a sentire qualcosa che non ti entra dentro è piuttosto irritante. Proprio per questo odiava le discoteche, il chiasso di quei luoghi per lei era quasi paragonabile a quello del suono che può produrre qualcuno che prende due padelle e inizia a sbatterle l'una contro l'altra, senza alcuna ragione.
Non sempre però, raramente capitava che si divertisse : la musica era decente e, in fondo, era con le sue amiche. Insomma, si tratta delle solite eccezioni che confermano le regole.
Potremmo dire che, nel momento in cui inzia questa piccola storia, non stava vivendo una di quelle piacevoli eccezioni.  Tutti sanno che per un buon amico saremmo disposti a sacrificarci; nonostante lui non lo sia per noi e ne siamo anche consapevoli. Le debolezze dei soliti sciocchi che non vogliono vedere la realtà e continuano spudoratamente a mentire a sè stessi. La sua cara amica l'aveva trascinata in 
quella discoteca solo perchè aveva voglia di andare a ballare e, probabilmente, di rimorchiare qualche ragazzo. Sicuramente non lo aveva fatto per divertirsi insieme a lei, preso in considerazione il fatto che da circa mezz'ora ormai stava gentilmente usando come palo un tipo alto e biondo. Ad esser sinceri il ballo intorno a lui era  forse uno dei migliori che Melissa le avesse mai visto fare, aveva davvero superato sè stessa nel tentativo di essere sempre più sfacciata. Pensandoci sorrise  amaramente : odiava vedere l'amica farsi usare, ma visto sotto quel particolare punto di vista era quasi divertente che questa facesse invece di tutto per farlo. Dopo aver osservato per un po' la scenetta con le braccia incrociate pensò di uscire, una boccata d'aria non le avrebbe fatto male e di certo non aveva nulla di meglio da fare. La musica diventava sempre più assordante, un frastuono che niente avrebbe potuto eguagliare. Non arrivò nemmeno all'uscita della discoteca, che si sentì prendere il polso; si voltò di scatto.
"Che vuoi?", gridò Melissa con aria abbastanza scocciata. Non voleva sembrare acida, ma il fatto che la sua amica si fosse ricordata di lei solo in quel momento  avrebbe giustificato qualsiasi sua reazione.
"Dove stai andando?", rispose Emilia scuotendo la testa senza capire la reazione della ragazza.
"Sto uscendo, ciao.", si voltò e avviò verso l'uscita.
Non appena fuori fece un profondo respiro, contenta di essere finalmente fuori da quello che per lei era un passatempo non affatto piacevole.
"Mi abbandoni così?"
Sentì la voce gridare alla sue spalle, così si girò.
"Non c'è bisogno che urli, qui non c'è musica."
"Devi spiegarmi che hai, non puoi andartene e lasciarmi da sola.", rispose la bionda continuando a scuotere la testa.
"Ah, da sola", Melissa sorrise lievemente per poi aggiungere : "Vuoi dire da sola come mi hai lasciata tu per ballare con uno che neanche conosci?"
"Te la sei presa per quello? Dai, siamo qui... Si balla per questo! Vieni!", si avvicinò per prenderle la mano e provare a trascinarla dentro.
"No, non sto parlando di quello e lo sai. Sto parlando di tutte le volte che vuoi venire qui e io come una stupida non ti dico mai di no! Sto parlando di tutte le volte che ti fai usare e non mi prendi in considerazione..."
"Basta. Dobbiamo parlarne proprio adesso?", la bloccò Emilia abbassando lo sguardo dopo aver notato che un gruppo di ragazze e ragazzi le stavano osservando. Melissa la guardò in un modo strano, più che altro si poteva dire che era delusa. Un bambino che scopre che Babbo Natale non esiste? 
Definizione che rende perfettamente l'idea di quale fosse la sua espressione in quel preciso istante.
"Il tuo problema è che ti importa troppo di quello che gli altri pensano di te, è per questo che...", si bloccò per un attimo e abbassò anche lei lo sguardo per decidere se era il caso di dire davvero ciò che pensava.
Alla fine continuò : "è per questo che ti sei sistemata così bene oggi, per fare colpo su qualcuno che dopo stasera non ti darà la minima considerazione. Come sempre. Per fare in modo che l'attenzione ricada su di te. Perchè sei così insicura che basta che un niente ti sfiori, per distruggerti. E io, per quanto bene possa volerti, sono stanca che tu mi metta da parte in queste situazioni perchè non vuoi accettare la verità."
"Basta, fermati.", disse l'altra con gli occhi lucidi e con il viso ancora abbassato. "Ti conosco, so quello che vuoi dire ancora e io non voglio sentirti."
Melissa annuì. "Fantastico, non vuoi sentire la verità."
Emilia rialzò lo sguardo e lo puntò dritto nel suo.
"Con quale coraggio pretendi di sapere la verità?"
L'amica scrollò le spalle. "Non pretendo di sapere una grande verità, ognuno ha la sua verità. Pensavo che la mia ti interessasse in quanto tua amica, ma a quanto pare non è così."
"No, non è così. Vai pure, io torno dentro."
Dette questa parole rientrò in fretta e la lasciò lì fuori da sola.
Melissa la osservò, si sentì gli occhi pizzicare e per giunta cadde senza alcun motivo mentre cercava di fare un semplice passo. Era così impacciata, in più in quel momento era piuttosto scossa. Molto scossa; era come se dentro di sè sentisse il rumore di un'onda che si scontra violentemente con uno scoglio.
Questo la influenzava anche se probabilmente, pur essendo tranquilla, sarebbe caduta lo stesso.
Straordinario come, per quanto una persona possa sembrare così perfetta, è tutto il contrario. In quella sera era piuttosto bella, sistemata alla perfezione si potrebbe dire, ma la natura di una persona non ha molto a che vedere con l'aspetto. Anzi, spesso quando vedi una persona e ti sembra raffinata, elegante, educata...Puoi star certo che sarà anche rozza.
Si rialzò subito e si appoggiò al muro, per poi scivolarci lentamente la schiena e finire seduta per terra.
Non poteva vedersi, ma sicuramente aveva gli occhi lucidi.
Quelle parole erano uscite dalla sua bocca senza che lei volesse, ma non se ne pentiva. Molto probabilmente se non fosse così successo, si sarebbe pentita di non averle dette.
Si mise le mani sulla testa e poi si portò dietro i capelli, non sapeva davvero cosa fare. Iniziò a fissare il vuoto, un punto non ben definito, scuotendo la testa.
Ormai erano entrati tutti a ballare, erano rimasti in pochi lì fuori, quando vide una figura avanzare velocemente verso la discoteca. "Lo so che sono in ritardo, ho avuto da fare, scusami!", era una voce maschile. Una bella voce maschile. 
Le opzioni erano due : o si trattava di qualche pazzo che si intratteneva discutendo da solo (in tal caso poteva iniziare a preoccuparsi), oppure di qualcuno che  stava semplicemente parlando al cellulare. 
Capì che si trattava della seconda opzione, ma non ebbe nè la voglia nè la curiosità sufficiente per alzare lo sguardo ed osservare di chi si trattasse. Fu però, a suo malgrado, costretta a farlo, quando vide che la figura si fermò e si sentì osservata. Alzò lo sguardo, che incrociò quello dell 'altra persona. Era un ragazzo, sui 24 anni forse, occhi scuri e capelli neri. Alto, magro, vestito bene : il classico, insomma.
Iniziò a fissarla senza muoversi per qualche secondo.
 
"Normalmente è maleducazione fissare le persone", il silenzio fu interrotto da lei, che cercava inutilmente di accenare un lievo sorriso.
Lui sussultò e rimase a bocca mezza aperta.
"Sì.. Scusa, è che... Tutto bene?"
"Sì, grazie.", rispose lei tornando a guardare per terra.
Lui annuì e fece per entrare nel locale, ma tornò subito indietro in modo goffo, di fronte a lei.
"Una ragazza che piange, seduta per terra, di fronte ad una discoteca... Non stai bene."
"Che intuito.", rispose lei sorridendo.
"Sì, sono proprio un genio.", disse lui, quasi come se stesse parlando da solo.
Lei lo guardò con aria interrogativa. Si alzò e cercò di pulirsi il vestito dalla polvere.
"Bene, genio... Grazie per esserti interessato, ora puoi andare."
Lui non si mosse e la cosa la stranì.
"Ti ho sentito parlare al telefono, involontariamente... Credo che ti stiano aspettando.", continuò lei in maniera non proprio gentile.
"Sì, stanno aspettando che io entri... Ma se devo dire la verità non ne ho voglia."
"Non pensi che sia un po' egoista da parte tua? Potresti almeno avvisare."
"No, non è da egoista. Non mi hanno nemmeno chiesto se volevo venire, mi hanno praticamente obbligato."
Lei sorrise senza accorgersene e sciovolando nuovamente la schiena sul muro si sedette per terra.
"Mi è capitata la stessa cosa, non è finita bene.", lo disse con aria spenta, continuando a fissare il vuoto.
"Ecco perchè piangevi.", rispose lui. Continuava a guardarla, sembrava così concentrato su di lei che sicuramente si sarebbe seduto al suo fianco e le avrebbe chiesto di più se non fossero stati interrotti.
Lo sguardo di lei era così profondo, strano. Furono interrotti da una ragazza alta, magra, con i capelli neri. Indossava un vestinino rosso cortissimo e dei tacchi decisamente esagerati. Non era bellissima, ma era carina. Si avventò su lui e lo prese per mano, ignorando completamente la presenza di Melissa. 
"Ah, eccoti! Finalmente, andiamo.", detto questo lo trascinò via e lui fece come se niente fosse.
La seguì senza salutare la persona con cui stava precedentemente avendo una conversazione.
La ragazza li vide entrare poi sospirò. Era stato il solo momento gradevole della serata, terminato con un evidente segno di maleducazione.
"Che strano", pensò, "Fa nulla, poco importa.", si alzò e si avviò verso la macchina. Emilia avrebbe sicuramente trovato qualche altro modo per tornare a casa. Magari un passaggio dal "tipo biondo sexy"
 
Erano circa le 3, quando tornò a casa. 
Si chiedeva quando e soprattutto se, sarebbe tornata Emilia. Vivevano insieme da quasi 2 anni ormai, avevano la stessa età ed entrambe avevano deciso di studiare nella stessa università; così, quando avevano circa 18 anni, ecco la brillante idea : "Andiamo a vivere insieme, così non dobbiamo dividere
la casa con sconosciuti." Fu una proposta sua, erano così contente e sembrava perfetto. Mai se ne era pentita come in quel momento. Forse non esattamente pentita, in fondo erano davvero felici quattro anni prima, ma più che altro desiderò di non vederla tornare, almeno stavolta. Non era sempre stata così ai suoi occhi, ma è risaputo che la concezione che abbiamo delle cose cambia con il passare del tempo.  "Forse non è stata lei a cambiare, sono stata io.", pensò Melissa posando la borsetta e le chiave sul tavolino accanto alla porta, andando di corsa a buttarsi sul letto. Affondò la testa sul cuscino, era stanca. Respirò profondamente e chiuse gli occhi, quando sentì il suo cellulare squillare.  Suonò più volte, lei pensò che per nessuno al mondo si sarebbe mai alzata da quel letto. Come al solito, era una contraddizione vivente. Si proponeva fermamente qualcosa, ma poi faceva spesso il contrario. Si alzò, prese la borsetta e cercò il cellulare. Lo prese in mano e lesse : "Due chiamate senza risposta. Un nuovo messaggio."
Una chiamata era di Melissa, delle 2.59; l'altra chiamata di suo padre delle 3.17.
Anche il messaggio, era di suo padre. La stranì il fatto che fosse stato mandato alle 3.23 del mattino, anche se, conoscendolo bene, non era poi così strano.
 
Papà :
"Lo so che te l'ho scritto tante volte, ma davvero ho bisogno di vederti adesso... Non ce la faccio, spero che tu non stia dormendo."
 
"Fantastico, adesso ha anche imparato a mandare messaggi.", mormorò sarcasticamente. Forse potrà sembrare crudele come cosa, ma questo suo pensierio non avrebbe potuto mai eguagliare il male che quell'uomo poteva averle fatto.  Continuò a rifletterci nella sua mente, chiedendosi cosa poteva aver combinato quella volta, quanto davvero fosse pentito e se era il caso di andare da lui. Dopo qualche secondo, instintivamente prese le chiavi della macchina, decisa a precipirtarsi in strada e correre da lui. Non appena mise la mano sulla maniglia della porta si fermò, si irrigidì e sentì i suoi occhi come congelarsi. Sua madre, l'immagine di sua madre le aveva trappasato gli occhi e paralizzata. "No, non questa volta.", pensò. Stavolta non sarebbe andata di nuovo da lui, da lui che aveva distrutto le loro vite perchè non riusciva a  sentirsi completamente appaggato dalla sua. Prese una decisione : quella volta non sarebbe andata da lui e la mattina seguente avrebbe chiamato la madre.
 
Riuscì per poco a sentirsi leggermente sollevata da un peso che le stava spezzando la schiena. Ma ci sono notti in cui il sollievo che troviamo dopo aver risolto il problema, viene spazzato via dal proporsi di altre complicazioni.  Sentì quella stupida canzoncina e vide il display del suo cellulare lampeggiare; voleva ignorarlo, lo voleva davvero, ma non ci riuscì. Il nome sullo schermo era quello di Emilia. Sospirò, e rispose.
"Sì?", si limitò a dire.
"Mel, ti prego. Vienimi a prendere, scusami, ti prego".
Melissa si bloccò, la voce di Emilia era tremante, come se stesse piangendo.
"Arrivo subito."
Adesso sì che prese le chiavi, e uscì in fretta dall'appartamento per raggiungere l'amica. Per fortuna nessun ricordo, senso di colpa o altro la bloccò dal farlo. Dopo 5 minuti arrivò di fronte alla discoteca e trovò l'amica con gli occhi lucidi, appoggiata allo stesso muro sul quale poche ore fa si trovava lei.
Si precipitò di corsa da lei.
"Cosa è successo?"
"Io.. Quel ragazzo...Ha cercato di...", indicò lo stesso tizio con cui aveva ballato quella sera mentre stava quasi per piangere. 
Non ci volle molto per capire cosa era successo e un'ondata di rabbia prese possesso di Melissa che si precipitò dritta verso di lui. Era intento a discutere con un altro ragazzo, alto circa quanto lui e con i capelli neri, voltato di spalle.  Si mise davanti al biondo, ignorando completamente l'altro.
"Cosa hai fatto alla mia amica?", lo disse cercando di rimanere calma.
"Nulla purtroppo, sembrava che ci stava quindi ci ho provato ma non ci stava. Fa niente, non era neanche un granchè.", disse mettendosi a ridere istrericamente.
Inutile dire che questo contribuì ad ingradire la sua rabbia, nonostante dal tono della voce si capisse che il ragazzo fosse completamente ubriaco. Non riuscendo a trattenersi, un ceffone partì dalla ragazza verso di lui. Il rumore fu abbastanza forte.  Anche il viso del ragazzo si incupì e sembro quasi che stesse per rispondere quando qualcuno non si mise in mezzo a loro.
"Ehi, ehi, calma." Era lo stesso ragazzo che aveva incontrato prima di andarsene.
La guardò negli occhi e aggiunse : "Non vedi che è ubriaco?", detto questo la prese per un braccio e cercò di allontarla da lui.
"Non mi interessa se è ubriaco! Come posso calmarmi vedendo questo?", indicò Emilia, ancora appoggiata su quel maledetto muro.
Lui scosse la testa. "Lo so, mi dispiace, ma non è solo colpa di Simone! Lui è un bravo ragazzo, solo che è ubriaco e la tua amica lo provocava."
"Ah, sei suo amico? Mi sembra logico che lo difendi."
"Come tu difendi lei.", disse lui. Iniziavano entrambi ad arrabbiarsi, ma i loro occhi rimanevano incollati.
"Non si può giustificare qualsiasi cosa abbia fatto!"
"No infatti, ha sbagliato. Ma ha sbagliato anche la tua adorata amica, forse non eri presente, ma ha un tantino esagerato! Mi sembra normale che un ragazzo ubriaco vedendosela disponibile provi a fare certe cose!"
"Ah, adesso una ragazza non può neanche ballare che questo viene prese come un invito."
"Per un ragazzo ubriaco come lo era lui, sì. Lei poteva anche controllarsi, non eri presente per poterlo giudicare in questo modo!"
Lei sospirò e chiuse gli occhi per un secondo, era stanca, troppo.
"Capisco che sei arrabbiata, ma non si può fare nulla. Il mio amico se ne pentirà domani mattina, così come lei capirà. In fondo tu non puoi fare nulla a lui, non è successo nulla che non si possa riparare."
"Ma è successo qualcosa che lei non potrà dimenticare, mentre lui non ricorderà nulla domani!"
Lui scosse la testa. "Non lo conosci, fidati, se ne ricorderà. Adesso calmati per favore, si vede che sei stanca e sicuramente io non voglio peggiorare la situazione."
Lei accennò un sorriso ironico e indicò Emilia. "Nemmeno tu conosci lei e non sai quello che sta passando. La mia amica è lì che piange, sconvolta, come posso calmarmi?"
Lui rimase immobile, lei si girò e torno dall'altra; solo in quel momento i loro occhi si staccarono. Quelli di lui però seguirono la sua figura allontanarsi per poi entrare in macchina.
 
 
Pensò che durante il tragitto un pò di musica avrebbe allentato la tensione tra lei e l'amica, così accese la radio.
"Don't worry, be happy", le prime parole che si sentirono e che la infastidirono anche.
Spense velocemente la radio, pentendosi di aver pensato che accenderla fosse una buona idea.
Qualcuno doveva proprio avercela con lei, quella notte.








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Posterò ogni settimana, se qualcuno mi seguirà. Fatemi sapere che ne pensate, Sinceri mi raccomando :D


Capitolo revisionato il 22/09/11, la storia continua :)
  
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