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Autore: SasuSakuForever    09/06/2011    2 recensioni
Melanie e' la classica ragazza che non sa descriversi. Non ha un aspetto fisico, non lei. E' dannatamente insignificante come l'ultimo satellite situato nel punto di confine tra un'orbita e l'altra. Si lascia trascinare, la piccola Mel. Così minuta e insignificante non è in grado di prendere una decisione, non da sola.
Non è nemmeno in grado di amare, non lei. O meglio, sa amare, ma non come vorrebbero gli altri.
Ama per convenienza, ama come è capace, ama.
E intanto gli altri si allontanano da lei, scappano. Perché si sentono straniti, si sentono in pericolo di fianco a quella ragazza che è capace di farti dubitare anche di te stesso.
Tu hai una convinzione e lei te la porta via, ti fa credere a tutt'altro. Mel è così.
Però intanto su ciò che sente lei sa sempre tutto. Lei pensa che in una cosa ci devi credere, per essere convinto. Perché se non ne sei convinto non puoi amarla. E se non puoi amarla non puoi credere in lei, semplice.
Inoltre lei ama Nat. Forse.
Genere: Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cazzo, era proprio bella quella sera. S'era messa quella maglia che tanto mi piaceva, nera, come le sue lacrime silenziose. La matita le contornava leggermente gli occhi, mentre una corona di ciglia finemente piegate in su le incorniciavano gli occhi. Marroni, come i miei; lei diceva che erano marroni perché avevano sempre guardato in basso, avevano preso il colore della terra dal tanto che guardava in basso. Aveva sempre paura di essere giudicata, di essere guardata male, di non essere capita. Si era tolta qualunque espressione dalla faccia, cosicché la gente non potesse dirle che sembrava triste, o incazzata, o felice. Aveva semplicemente deciso di prendere il colore della terra lei; preferiva farsi calpestare da tutti, diceva. E io le rispondevo che non andava bene, che doveva farsi rispettare, non doveva essere terra, doveva essere fuoco. Lei era fuoco dentro me. Ci pensavo mentre la vedevo avvicinarsi sotto alle luci arancioni dei lampioni, mentre mi sentivo il cuore che cominciava a ticchettare talmente forte da rischiare un corto-circuito. Si era disegnata un piccolo neo sotto all'occhio, a destra. Diceva che la faceva sentire più importante, quel piccolo puntino sul viso. La faceva sentire diversa. Come me, del resto; la facevo sentire diversa, migliore. Cercammo un posto dove sederci, dove stare soli. Mi accesi una sigaretta, ormai lo sapeva che non riuscivo a non fumare. E intanto, come sempre, la strinsi forte a me, il suo viso accanto al mio, schiacciati insieme, come per annusarci. Sapeva di miele, doveva aver fatto la doccia prima di uscire. Cominciai ad accarezzarle le guance come facevo sempre, mentre sotto alla mia mano la sua pelle diveniva fuoco. Mi piaceva renderla fuoco, mi piaceva darle il mio carattere per completare il suo, inespressivo. Scorrevo le dita lentamente su quella pelle morbida, cercando di assaporarne il più possibile prima di andarmene via. Lei cominciò ad accarezzarmi i capelli, diceva che le piacevano un sacco, così corti e morbidi. Quella sera lei se li era piastrati, così i suoi capelli solitamente lisci e rigidi, avevano preso la forma di ricci ribelli, come se si fosse nascosta una tempesta fra i capelli e li avesse accartocciati senza logica. Me l'assaporai tutto, quel sapore di nuovo nei suoi capelli, come stavo facendo con quella fottuta sigaretta. Guardavo il mozzicone bruciare a terra e poi spegnersi, mentre lei faceva lo stesso. Si stava perdendo ancora una volta in quel dannato mozzicone, come faceva quando pensava a qualcosa di assurdamente bello da dire, ma troppo complicato da pronunciare. Notavo il suo sguardo in penombra che pian piano si accendeva ma, come un accendino quando c'è vento, si spense subito smorzando i pensieri. Tutti. Ripresi ad accarezzarle il volto, a baciarlo, mentre le nostre dita si intrecciavano armonicamente, completandosi. Un giorno, mentre guardava le nostre mani, mi disse: "Nat, ti sei mai accorto che siamo come i Ringo? Tu fai il cacao ed io la vaniglia. Ognuno completa il gusto dell'altro" E in quel momento mi venne da ripensarci, che eravamo come i Ringo. Io completavo i suoi pensieri, troppo piatti, senza quel fuoco che ogni tanto li faceva avvampare e saltare velocemente, come improvvisi monti sul paesaggio. Le corde della sua anima vibravano con le mie, mentre nelle nostre casse toraciche allo stesso ritmo, suonavano due batteristi impazziti. La musica di noi risuonava vorticosamente tutt'intorno, mentre per un attimo abbandonavamo gli occhi terra per sorvolare la notte scura ed atterrare nelle sue gelide lacrime. Nere.
  
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