18° : Perché scappi?
Passarono giorni
e giorni prima che potei vedere nuovamente il cielo con i miei occhi
direttamente e non attraverso la finestrella della mia camera d’ospedale, dove
ero rimasta per più di un paio di giorni come mi aveva detto l’infermiera.
I controlli sul mio corpo
erano stati fastidiosi e frequenti. Tutte le mattine mi alzavo molto presto e
cominciavo con il prelievo del sangue, a finire poi con la tac. Sempre la
solita routine. A causa dei controlli non mangiavo neanche
più, mi ero dimenticata il sapore di qualsiasi cibo. Mi nutrivano a suon
di flebo.
Finalmente, dopo tanti preoccupazioni, sarò messa davanti alla realtà dei
fatti. Saprò l’esito dei vari esami.
Sento i passi dell’infermiera
echeggiare nel corridoio e come per proteggermi dal pensiero della notizia che
mi porterà, mi raggomitolo tra le coperte, ma poi mi dico
che sono forte. Ferma della mai decisione di lottare per
tutto ciò che è avvenire. Vuol dire che devo
lottare anche contro questo. Alzo la
testa dalle lenzuola e mi siedo sul letto, aspettando l’ignoto.
Nella stanza entra
l’infermiera accompagnata da un agitato Ryan, che appena mi vede fa segno di
non sapere nulla.
-
signorina Momomyna- esordisce l’infermiera- dopo aver
analizzato tutto siamo lieti di constatare che lei non ha nulla di quello che
ci eravamo aspettati di trovare.
Io rimango impassibile. Mi
ero già preparata al peggio, ed invece tutto si è risolto
nel migliore dei modi.
-
tuttavia- fa la signora, allentando la mia gioia- le consiglio
personalmente, di non aver rapporti sessuali per un po’ di tempo, diciamo un
mese minimo.
La
domanda più banale che mi viene in mente è “perché?”
-
il suo collo vaginale presenta delle piccole
lacerazioni. Nulla di grave, non si preoccupi. Ma se
ulteriormente danneggiate, potrebbero avere serie conseguenze.
Per nulla rattristata da ciò, rivolgo un sorriso all’infermiera.
-
cercherò di resistere- faccio ancora con un sorriso a trentadue denti stampato in faccia, facendo rimanere
l’infermiera di sasso. La signora guardò poi, prima me e poi Ryan, sogghignando
sotto i baffi prima di darci le spalle e salutarci, socchiudendo la porta
dietro le sue spalle.
Non
vedendoci più dalla felicità abbracciai Ryan. Lui che mi era sempre stato
vicino in questi difficili giorni, a partire dal mio
primo prelievo. Chi sa che figura che avrò fatto: ho urlato come una scimmia quando ho visto l’ago dirigersi minaccioso verso il
mio braccio. Per finire in questo giorno di liberazione, dove
timori e insicurezze si sono dimostrate vane. Lui ci è
sempre stato per me e voglio che ci sia anche in futuro…
-
senti.. volevo dirti che…- la mia bocca fu tappata dalla
sua.
-
Non dire nulla…-
il suo era un dolce ordine a cui non potevo disubbidire.
Passarono alcune ora prima
che potei finalmente uscire e respirare l’aria del
mondo, guardare il cielo che stranamente era terso. Infatti, dopo aver sbrigato
le scartoffie burocratiche potei infine uscire da quel ospedale e lasciare
quella stanzetta di quel orrido verde che cominciava ormai a starmi stretta.
Aiutata da Ryan, presi le poche cose che avevo con me e uscii senza neanche
voltarmi indietro una volta superate le porte
automatiche.
-
c’è una cosa che vorrei fare prima di partire…-
esordisco io
-
cosa?- mi risponde lui curioso
-
vorrei tanto mangiarmi un cheasburger, orgoglio del regno unito, non so se te ne rendi conto,
ma è una settimana che non mangio nulla…-
-
ok…ma stai attenta- mi fa lui con fare affettuoso
-
cercherò di prendere in considerazione questo avvertimento-
gli rispondo
La giornata trascorse tranquilla. Mangiando ogni
sorta di schifezza e parlando un po’ del passato, rimembrando le nostre
avventure, i nostri battibecchi e quando facevamo pace. Che stupidi eravamo a litigare sempre come due matti. Adesso, neanche a
volerlo, non riesco
a ricordare un unico motivo importante per cui sarebbe valsa la pena litigare.
Forse è come dice Ryan. Forse siamo troppo orgogliosi per
ammettere che sbagliavamo, mettendoci anche il fatto che probabilmente
ci dimostravamo il nostro affetto a suon di insulti.
Eravamo seduti ad una panchina di Sout Kensigton
quando una mano mi afferrò per la vita.
-
si può sapere dove eri finita in tutti questi giorni?- mi spaventai non
poco a vederlo così. Mai mi era capitato di vederlo adirato e sinceramente avrei preferito vivere con questo dubbio. Il suo viso
sembrava distrutto, stanco e affaticato, senza contare il fiatone che aveva per
la corsa. I suoi occhi erano inespressivi, anzi, in loro
c’era un pizzico di rabbia. Il suo sguardo passò da me a Ryan…
-
forse ho capito…-
-
vedi che non hai capito proprio nulla- si intromise Ryan
-
me lo dovevo aspettare da te…tradirmi con il mio migliore amico…- sbuffo
leggermente prendendo a osservare il laghetto poco lontano.
-
Tradire chi?- rispose Ryan
-
Che
c’è la nostra cara Strawberry prima di venire e letto con te non ha detto che aveva fatto una sosta anche nel mio?!-
Ryan rimase di sasso. Il suo sguardo
fisso nel vuoto era tutto un programma…un brutto programma.
-
la volete finire tutti e due?!- dissi io, che riuscii a parlare solo
allora. Non volevo che uno stupido malinteso rovinasse tutto. Non sarebbe
andato tutto in frantumi un’altra volta. Non adesso.
-
Stai
zitta!- mi intimidì Josh- ed io stupido che mi sono
innamorato di una così!- dicendo così, se ne andò, non prima però di aver
assestato un pugno ad un albero.
A quel punto mi voltai verso Ryan che stringeva i pugni,
segno evidente di un moto di rabbia represso.
- fammi spiegare…ti prego, almeno
tu…- dico io appellandomi alla sua coscienza e ormai con le lacrime agli occhi.
Senza dire nulla lui se ne va, passandomi di fianco senza
dire o fare nulla. È vero che il silenzio è peggio di mille parole, me ne accorgo solo adesso.
In ultimo tentativo disperato gli corro incontro e lo afferro
per la manica della maglia.
Lui, scuro in volto dalla rabbia, mi strattona congedandomi
con un semplice e rabbioso “lasciami stare”, sussurrato, quasi impercettibile
per le orecchie di qualunque altro, ma non per le mie.
La pioggia cadeva imperterrita da due giorni ormai ed io non
facevo altro che osservarne il percorso da dietro il vetro della mia finestra. Scendeva
tranquilla. Il suo sguardo…lo sguardo di Ryan…di nuovo quello
sguardo deluso di me, in cui tutto il mondo mi crolla addosso. Non
esiste più nulla. Nella mia mente c’è l’apocalissi e
sembra che il sole non debba mai più risorgere.
Un rumore mi riporta alla realtà. Un
ticchettio flebile contro la finestra provocato da un piccolo sassolino.
Apro la finestra e vedo Ryan completamente bagnato che mi guardava, ancora non
del tutto amichevole…
-
perché continui a scapparmi?- mi chiede con espressione e voce ferma.
-
Guarda
che sei tu ad essere scappato- rispondo io, con l’immagine di
lui che mi intima di lasciarlo stare
ben impressa nella mente.
-
Perché continui a scapparmi?- mi rifà lui con la stessa aria indecifrabile. Mentre io rimango in silenzio non sapendo cosa rispondere,
completamente spiazzata.
-
…non
lo so…- gli rispondo con una voce bassa, quasi
ammettendo la mia posizione dalla parte del torto.
-
Io
invece credo di saperlo – risponde Ryan- perché non
sei pronta a lasciarti andare…non sei pronta ad amare.-
La sua dichiarazione mi centra in pieno il cuore. È
esattamente quello che penso. Non sono pronta ad amare, questa è la triste realtà. Non mi sento pronta a donarmi completamente a qualcun altro
nuovamente. Ho deciso di cambiare vita, senza ricadere negli sbagli di
questa mia precedente.
-
non sono venuto qui per colpevolizzarti o darti fretta. Voglio semplicemente
farti sapere che io ci sarò sempre, ti aspetterò per tutto il tempo
necessario.- continua Ryan.
Chiudo gli occhi e assaporo tutti gli odori che si sollevano
dalla terra a causa della pioggia. Gli riapro e faccio cenno di si con la testa sorridendogli, e ricevendo in cambio lo
stesso regalo da parte sua. Poi, dopo avermi gettato un ultimo sguardo, se ne
va .
Spinta dal mio cuore, dal sentimento che provavo per lui o dalle
sue parole, questo non lo sapevo, so solo che mi
allontanai dalla finestra e compii diverse e profonde falcate verso la porta d’ingresso che aprii. Corsi
lungo le scale e mi catapultai giù, fuori dal mio
portone, investita completamente dalla pioggia che mi bagnò tutta, ma questo
era l’ultimo dei miei problemi. Raccogliendo tutte le forze che avevo in corpo
gridai il suo nome, sperando con tutto il cuore che lui potesse sentirmi. Così
fu. Nell’udire il suo nome, Ryan si fermò e poi si voltò nella mia direzione.
Io gli corsi incontro e lo abbracciai. Lui mi strinse
forte e mi accarezzò delicatamente la schiena. Ci allontanammo leggermente e
lui mi sfiorò il viso con il polpastrello del pollice il
mento, per poi portare il mio volto al suo e sigillare la nostra unione con un
bacio.
Spero che tu abbia abbastanza
pazienza per aspettarmi...
Innanzitutto volevo scusarmi con voi
tutti per questi capitoli dialogati. Sapete sicuramente che non è nel mio
genere farli, ma cosa avrei dovuto fare?! Certamente i
prossimi saranno migliori…almeno lo spero, tuttavia, devo ammettere che anche
se personalmente li odio questi capitoli sono molti importanti per il tutto e
spero di averli resi il meno terribili possibile.
Grazie dell’ascolto a tutti!!!!
Vostra Baby Dark