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Autore: Shainareth    01/03/2006    1 recensioni
Dopo One Piece, la prospettiva del Piece Main riuscirà a riunire sotto lo stesso Jolly Roger la ciurma di Monkey D. Rufy, con una consistente aggiunta! Non si tratta solo di una storia avventurosa o d'amore, è più che altro un mix di umorismo, avventura e azione... ehm... sì, l'azione c'è, per quel poco che sono stata capace di fare... ç______ç Ma in verità, "Piece Main" racchiude un po' tutti i generi (eccetto il fantasy e il porno, credo! ^^'), quindi, come si suol dire, ce n'è per tutti i gusti! ^___-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo XCVI – Un segreto lungo sedici anni

 

Capitolo XCVI – Un segreto lungo sedici anni

 

            Non appena si accorse che la caravella era ormai riuscita a fuggire, e dando per scontato che era lì che la principessa di Alabasta veniva tenuta prigioniera, Tuna urlò lasciando trasparire tutta la sua rabbia.

 - FUOCO!!! – fu l’ordine che diede ai suoi uomini che, pronti come sempre, lasciarono partire la prima scarica di cannoni. Le palle di ferro schizzarono in alto e poi cominciarono a perdere quota, disegnando nell’aria un largo arco che andò a morire a pochi metri dal galeone nemico.

Shu imprecò ritrovandosi sbalzato a terra, Gary -che in assenza di Usop aveva preso il comando dei cannoni- ordinò la contromossa, mentre già le prime file di soldati al servizio del governo erano intenti a metterli sotto tiro imbracciando le loro carabine. A sbarazzarsi di loro cominciò a pensarci Ryu, con le sue flintrock, abbarbicato su una delle sartie dell’albero maestro, scaricando addosso al nemico una pioggia di proiettili e disarmando così gli avversari prima ancora che questi potessero premere il grilletto.

La seconda scarica di cannoni della Marina, però, andò parzialmente a segno, sfondando parte della fiancata sinistra della Going Merry II e tranciandone di netto l’albero di mezzana. Stanco di restare con le mani in mano, e infuriato per i danni subiti, Rufy levò un urlo disumano, superando di gran lunga il boato dei colpi d’artiglieria. Infine, senza pensarci due volte si lanciò sulla nave avversaria con il suo solito Gom Gom Rocket, dimenticandosi però di portarsi dietro i rinforzi.

 - RUFY!!! – chiamarono i suoi a pieni polmoni, vedendolo scattare in alto come una molla.

Quello, frattanto, era rimbalzato contro la gabbia volante della nave avversaria, per poi ricadere a testa in giù sul ponte dopo esser rotolato sulle vele di straglio. Nel preciso istante in cui riaprì gli occhi, si ritrovò una ventina di lame puntate contro.

 - Idiota! – ringhiò Zoro trattenendo a stento una bestemmia. – Si è fatto catturare in un secondo!

 - Cosa?! – stentò a crederci Shu, ricaricando il fucile. – Andiamo, vedrai che ora lo libero in un lampo! – promise fiducioso.

Prese la mira, ma Gary, risalito in coperta a rotta di collo, binocolo alla mano, lo fermò.

 - E’ la centosettantacinquesima flotta!

 - E allora?! – sbottò l’altro nervoso per l’esser stato deconcentrato mentre, esattamente come Ryu, teneva ancora sotto tiro i marines.

 - E’ sotto il comando del capitano Tuna! E so per certo che lui ha mangiato un Frutto del Diavolo! – spiegò il ragazzo.

 - E chi se ne frega! Lo faccio secco lo stesso! – replicò l’altro, sputando in terra.

Ma prima ancora che il cartografo potesse ribattere, un colpo inaspettato partì da uno dei loro cannoni. La traiettoria compiuta dall’enorme arpione fu disegnato dalla lunga fune alla quale esso era legato, e nel preciso istante in cui l’artiglio di ferro sfondò lo scafo del veliero su cui trovava Rufy, si sentì un’esclamazione gioiosa, poi Keep da sotto coperta che vociava verso la nave avversaria.

 - Usop, sei un genio! – sentenziò, cominciando a tessere lodi al vicecapitano assente, lo stesso che gli aveva dato quell’ingegnosa idea su Isyoo Island.

Di lì, poi, l’arrembaggio fu semplice e in men che non si dica i calci di Sanji, le pallottole di Ryu, le spade di Zoro e altre cannonate e i colpi inferti dalla ciurma del cosiddetto Re dei Pirati, ebbero la meglio sull’equipaggio avversario. Ma proprio quando i nostri stavano per cantar vittoria, i poteri del frutto del diavolo ingerito dal capitano Tuna, bloccarono tutti: i suoi arti avevano infatti la capacità di trasformarsi in vero e proprio cordame, e in men che non si dica, prendendoli alla sprovvista, riuscì ad imprigionare o a far perdere l’equilibrio ai membri pirata che si erano catapultati sulla sua nave, Rufy compreso.

E nel momento stesso in cui Tuna, convinto di avere ormai la vittoria in pugno, stava per compiacersi della propria vittoria, un altro inaspettato colpo di cannone mancò di poco le due imbarcazioni: un’altra nave pirata si dirigeva verso di loro a tutta velocità, così come i nuvoli carichi di pioggia che avevano preso ad oscurare il cielo già striato di grigio.

Lo scontro divenne molto più cruento in quella carambola di duelli senza sosta. Il capitano della Marina si vide costretto ad allentare la sua presa, cosa che gli costò cara: le spade di Roronoa non perdonavano nessuno, e il non approfittare di quella distrazione sarebbe potuto esser fatale per tutti dal momento che i nuovi arrivati si erano precipitati immediatamente all’arrembaggio di entrambe le navi.

E fu nel tumulto della battaglia che Rufy fu improvvisamente sbalzato in terra da un colpo secco sferratogli alle spalle, provocandogli un dolore pungente e costringendolo ad inarcare la schiena all’indietro. Si voltò verso il suo assalitore, più che intenzionato a fargliela pagare, ma nell’incrociare quegli occhi di fuoco, la sua ira si spense, lasciando posto allo stupore, all’imbarazzo, alla paura.

La bella donna, la cui pelle liscia e perfetta non aveva avvertito lo scorrere del tempo, continuando così a regalarle quell’aspetto eternamente giovane, gli si parò davanti con aria decisa, lo sguardo accigliato, la pioggia che da poco aveva preso a scendere pesantemente le bagnava il viso e gli abiti, rendendo questi ultimi aderenti al corpo dalle armoniche proporzioni.

Il pirata di gomma deglutì: era l’ultima persona che si sarebbe mai aspettata di trovarsi davanti in quel momento…

 - Rufy… - cominciò lei quasi fra i denti, segno che covava ancora parecchio rancore nei suoi riguardi. - …dovrei odiarti per quello che mi hai fatto…

L’altro continuava a tacere, incapace quasi di respirare.

 - Mi hai illusa e poi abbandonata senza pietà…

 - No!! – l’interruppe furioso, tornando a reggersi sulle proprie gambe. – Sei stata tu ad ingannare me!!

Quella perse la pazienza. – Non sono stata io a metterti per prima le braccia al collo!!

A quelle parole, Rufy perse la propria sicurezza, tornando a provare un grande imbarazzo al ricordo di quella notte. – E… ero ubriaco!! – urlò paonazzo, diventando aggressivo per vincere la vergogna che si portava dietro da sedici anni. – Sei riuscita ad averla vinta solo perché non ero in me!! E sei stata sempre tu a mettere quella robaccia nella mia bottiglia!!

Albida sorrise. – Una donna innamorata è capace di qualunque cosa pur di conquistare l’uomo che ama…

L’altro stava per ribattere all’apice dell’imbarazzo, ma lei tornò ad un tono quasi minaccioso.

 - Ma non mi sarei mai aspettata che mi giocassi quel tragico scherzo!

Rufy rimase spiazzato. A che si riferiva? Al fatto che prima ancora del sorgere del sole, tornato finalmente in sé e scoprendosi reo di un atto che mai avrebbe commesso a mente lucida, l’aveva abbandonata in quella squallida locanda che aveva ospitato il loro nido d’amore, se così poteva chiamarsi l’istinto nato dalla passione di lei e dallo stato di ebbrezza e dall’offuscamento della ragione dovuto a quella boccetta di afrodisiaco della quale lui era stato vittima?

 - Mi hai rovinato la vita, Rufy… - sibilò greve la donna.

 - Ma di che diavolo stai parlando?!

 - Del figlio che concepimmo quella notte!

Rufy rimase impietrito, e credendo di aver capito fischi per fiaschi, le chiese di ripetere quel che ella aveva affermato a voce tanto alta da vincere lo scrosciare della pioggia ed il cozzare delle armi, facendo arrestare tutti.

 - Non immagini nemmeno cosa voglia dire crescere un figlio che non ami e che non hai mai voluto! – urlò ancora lei, confermando così la sua intenzione di voler Rufy esclusivamente come amante, senza perciò disturbarsi a metter su famiglia. – Ma nonostante questo decisi di tenerlo con me finché non fosse stato abbastanza grande da cavarsela da solo… - continuò poi, cercando di controllarsi. – E sai qual è stata la mia vendetta? L’avergli insegnato ad odiarti.

L’uomo continuava a fissarla tra l’allibito e il disgustato: come diavolo poteva, una madre, parlare in quel modo della sua creatura, per quanto si fosse trattato di un “incidente”?!

 - Dov’è, lui, ora?

 - Non ne ho idea, e poco mi importa. – fu la risposta glaciale che ricevette. – Anzi, se proprio ci tieni a saperlo, - riprese con un sorriso malevolo. – spero proprio di non ritrovarmelo mai più fra i piedi…

 - MAMMA! – si sentì chiamare a gran voce proprio in quell’istante.

Fu come un fulmine a ciel sereno, e sia Albida che Rufy si volsero di scatto verso il ragazzo che, uscito da sotto coperta dov’era rimasto fino a quel momento a maneggiare micce e palle di ferro, si era arrampicato su uno dei pennoni dell’albero di mezzana caduto del galeone.

Nessuno riuscì a credere alle proprie orecchie quando, il bel viso sorridente, Keep tornò a parlare.

 - Mamma, che ci fai qui?

 

            - Toh! – proruppe Silk scrutando le coste dell’isolotto verso il quale la caravella si dirigeva. – Un’altra isola disabitata, a quanto sembra…

 - Pensavo che usando un eternal pose, anziché il solito logpose, si arrivasse direttamente ad Alabasta, senza incrociare altre isole… - rifletteva Kari accanto a lei, riuscendo a stento ad affacciarsi dalla cimasa a causa della bassa statura.

 - Oh, no! – prese a spiegarle la ragazza. – Anche se facciamo direttamente rotta per Alabasta, questo non significa che il nostro cammino sia libero…

 - Silk! – vociò sua madre uscendo dal boccaporto per chiamarla. – Puoi scendere un attimo di sotto con me? – le chiese con espressione ridente.

 - Certo, arrivo! – rispose l’altra muovendosi all’istante per raggiungerla.

E quando furono entrambe di sotto, Nami le mostrò un abitino corto e svasato sui fianchi, di color azzurro mare. Silk si illuminò tutta.

 - Ma perché? Come mai questo regalo? – domandò mentre, senza perder tempo, già si sfilava la maglietta e i pantaloncini per provare il vestito.

 - Perché, non posso viziare la mia bambina senza un motivo particolare? – la prese in giro la donna, riordinando gli indumenti che quella aveva appena sparpagliato sul pavimento. – Tanto più che… uh? – si interruppe osservando la figura della figlia allo specchio. – Dove hai preso quel ciondolo?

La ragazza fece una mezza piroetta e, voltandosi verso di lei, rispose contenta: - Me l’ha regalato Sota! E’ bello, vero?

Il sorriso che si dipinse sul viso della navigatrice la lasciò sorpresa.

 - E’ molto più bello rivederti di buon umore… - le disse semplicemente la donna, guardandola con amore. – Sei stata giù parecchio, ultimamente…

 - Sì, è vero… - confessò lei abbassando lo sguardo e portando le mani al ciondolo a forma di sole. – E’ che mi mancherà non poco… Però… è giusto che rincorra i suoi sogni, è per questo che non l’ho fermato. – spiegò tornando a specchiarsi in modo vanesio.

Nami sospirò. – Tuo padre ha ragione: sei tale e quale a me.

 - Perché?

 - Perché anch’io ho agito esattamente come te…

Silk fece nuovamente retro front. – In che senso? – domandò con sguardo perplesso.

L’altra sogghignò maligna. – Te lo dirò solo se prometti di non farne parola con tuo padre…

A quelle parole, la ragazza ammutolì di colpo. Le avrebbe raccontato la verità circa la sua nascita?? Si gettò letteralmente in ginocchio davanti a lei e, sforzandosi di contenere l’emozione dietro un’espressione seriosa, annuì con fare solenne.

 - Sì, ma smettila di fare quella faccia da scema… - commentò la donna sedendosi stancamente sul letto. – Se non sei capace di contenere le emozioni, non farlo, è meglio.

La spadaccina sbuffò indispettita. – Va bene, va bene! Ma ora racconta! – s’incapricciò divertendo sua madre.

E questa prese a raccontarle per davvero ogni cosa… (che voi non saprete perché sono bastarda geneticamente! ù_ù)

 

            Felice di poterla riabbracciare, per mezzo dell’arpione da lui stesso sparato contro lo scafo della Marina, il ragazzo si precipitò dalla donna, aggrappandosi energicamente al suo braccio.

 - Mamma, sono contento di rivederti! – esclamò con un sorriso che gli occupava per intero il bel visetto vivace.

Gary e Shu non credettero ai propri occhi: quella venere dal viso e dal fisico più che perfetti, una bellezza senza pari, era la madre di Keep?! Ancor più sorpresi furono Mike e Ryu nel recepire al volo che il ragazzino era in realtà il figlio del loro capitano… Ma chi DAVVERO credeva o sperava di non avere ASSOLUTAMENTE compreso la situazione, erano Zoro e Sanji che guardavano la scena con tanto d’occhi: no, non poteva esser vero… non poteva aver combinato niente del genere… non Rufy!

 - Mollami subito, stupido moccioso! – gridò Albida strattonandolo in terra.

E quando stava per rivolgersi a lui con fare accigliato, non potendo afferrarla per un braccio per via della sua pelle resa ancor più scivolosa dalla pioggia, Rufy la bloccò per la manica della lunga giacca fradicia d’acqua. La donna si voltò a fissarlo in cagnesco, ma il pirata le riservò lo stesso trattamento che lei aveva appena avuto per il ragazzo, rovesciandola così sul ponte.

 - Mamma! – chiamò il mozzo preoccupato, non capendo la reazione dell’uomo, abituato evidentemente a quelle maniere sin da piccino, fino ad apparirgli ormai cosa consueta. – Rufy, ma che ti prende?! – chiese adirato.

Ma quando ne incrociò lo sguardo, ammutolì.

 - E’ vero quel che mi hai detto prima?

Il forte rumore della pioggia continuava a coprire tutti gli altri, sebbene nessuno più era impegnato in battaglia.

 - RISPONDIMI!

Ancora in terra, Albida chinò il capo, pur continuando a tenere gli occhi fissi su di lui.

 - Sì, Rufy… Keep è tuo figlio.

Il ragazzo cascò dalle nuvole, e si limitò a fissare il vuoto senza riuscire ad ascoltare più nulla: Rufy era suo padre…?

 

            Stretta fra le braccia della madre, al colmo della gioia, il cuore che le batteva forte in petto, Silk avvertiva ora di amare i suoi genitori come non mai, e di essere sempre stata amata da loro più d’ogni altra cosa.

 

 

 

 

  
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