UN PATTO D'AMORE
CapIV-Epilogo: "La scelta"
Due giorni di ritardo ed entrai nel panico.
Il mio ciclo mestruale era sempre stato irregolare. Eppure
quel ritardo mi sconquassò l’anima. Ripassai ogni istante di quella
sera…Adriano era stato attento. Avevamo sempre usato il preservativo!!
Come era possibile…come CAZZO era successo!!!
Ma poi, come potevo essere così sicura, mi sbagliavo, era
il mio solito ritardo; lo stress di quei giorni aveva causato il ritardo…non il
sesso.
Avevo fatto sesso per una sola sera, usando sempre il
preservativo…tutte le volte. Era STATISTICAMENTE IMPOSSIBILE!!!
E poi, è noto che la quantità di sperma eiaculata da un
uomo, diminuisce con il numero di rapporti continuativi effettuati.
Erezione…eiaculazione. Erezione…eiaculazione. Erezione…eiaculazione!!
Sicuramente Adriano non aveva una riserva infinita di spermatozoi. Era
SCIENTIFICAMENTE IMPOSSIBILE!! Cavoli…se non le sapevo io che quelle cose le studiavo!!
Inoltre rimanere incinta è difficilissimo. Una serie
d’eventi combinati. La finestra riproduttiva, è in realtà talmente ristretta,
che se la gente sapesse non starebbe a pensarci su due volte. Ma…
Avevo paura, perché, forse, la prima volta
non avevamo usato il profilattico…
Avevo paura, perché, forse, quella notte
erano passati sette o dieci giorni dalla fine del mio ciclo. Ero nel periodo di
massima fecondità. Il follicolo ovarico era scoppiato, avevo ovulato; il mio
ovulo era nelle tube ad attendere che un solo piccolo invisibile spermatozoo,
lo ridestasse, per creare una nuova vita…
Avevo paura perché avrei dovuto scegliere tra la
mia vita e la vita di mio figlio…
Avevo paura perché già sapevo quale sarebbe stata
la mia scelta…
Avevo paura perché Adriano non me lo avrebbe mai
permesso…
Passò una settimana prima che riuscissi ad avere il
coraggio di comprare un test di gravidanza, e mi ci vollero quattro giorni per
farlo. Nel bagno dell’Università, bagnai quella piccola striscia di carta con
alcune gocce della mia urina. Chiamai Maria Rosaria, la mia migliore amica al
tempo del laboratorio. La persona che mi è stata più vicina in quella
circostanza e in tante altre!! La mia migliore amica da sempre!!
Entrò. Ci sedemmo, sul pavimento ad attendere il responso
di quell’oracolo moderno.
Una lineetta, negativo.
Due lineette, positivo.
Avevo il cuore in gola e il respiro corto; ma rammentai
una storia, che per un attimo mi fece respirare. La mia professoressa di
biologia del liceo mi narrò che un tempo, il test di gravidanza consisteva nel
fare pipì sulla testa di una rana…se la rana moriva, allora eri incinta!!!
Chissà se era vero!! Mi ritrovai a sorridere.
“Allora?” chiese la mia amica titubante
La voce di Maria Rosaria mi ridestò. Mi accinsi a controllare
la striscetta di carta.
“Fa che sia una…fa che sia una…fa che sia una…fa che
sia una” pregavo con tutta me stessa
Erano due…
…ERO INCINTA!!
Non riuscivo a parlare, mostrai la striscetta alla mia amica
“Devi fare delle analisi!!” sentenziò
“Certo” risposi, ma sapevo che era inutile; quei test
avevano dei margini di errore molto bassi
Maria Rosaria insistette per accompagnarmi. Andai dal mio
analista di fiducia, non volevo attendere troppo e soprattutto non volevo che
la cosa diventasse accessibile ad occhi indiscreti. Conoscevo il dottor Pagani,
fin da bambina; Era un amico!!
“E’ suo?” chiese preoccupato
Annuii.
Ebbi le risposte del test di gravidanza in tempi record;
ma come immaginavo il risultato non cambiò…continuavo ad essere incinta!!
“Conosco un ginecologo molto bravo, che potrebbe
seguirti…” cominciò Pagani
“Non voglio questo bambino!!” lo interruppi brusca
“Lui è un ottimo abortista…uno dei migliori”
“Lui non deve saperlo!!” commentai freddamente
Scosse la testa “non lo saprà!!”
“Spero che questo non le crei problemi!!” replicai
tendendogli la mano
“Buona fortuna, piccola” si accomiatò stringendo la mia
mano tra le sue grosse e forti
*
Cominciai a stare male!! La mattina vomitavo anche l’anima
e qualsiasi odore forte mi dava la nausea. Avevo mal di schiena e da alcuni
giorni macchiavo!! Non volevo che il bambino nascesse. Erano passati due mesi
dal giorno del concepimento, se avessi abortito spontaneamente avrei evitato
l’intervento, e mi sarei liberata di quel peso. Forse sarei stata più onesta se
avessi posto fine alle mie sofferenze e a quelle del bambino.
Il ginecologo, mi prescrisse nuove analisi. I risultati
erano chiari: avevo una deficienza ormonale. Il mio corpo luteo non produceva
sufficiente progesterone per il mantenimento dell’embrione. Ma dopo il terzo
mese, la placenta avrebbe cominciato a produrre progesterone ed il feto sarebbe
stato fuori pericolo. Dovevo prendere del progesterone esogeno per sopperire
alla mia mancanza.
“Mi raccomando…riposo assoluto!!” ordinò il dottore
Ma a dispetto di quanto ordinato continuai a lavorare, a
stancarmi e spesso…troppo spesso dimenticavo di assumere progestinici. Eppure
il bambino, nonostante tutto, continuava a resistere e ad aggrapparsi ad una
vita, che io non potevo concedergli!!
“Devi abortire” disse quasi allo scadere del terzo mese
Valeria
“Parli bene, tanto il problema non è il tuo!!” sbottai
irritata, mentre miscelavo Tris ed EDTA*.
Valeria era forte e determinata; aveva ricevuto un’educazione
completamente diversa dalla mia. Per lei abortire non significava distruggere
una vita!! Sapeva ogni cosa di me e di Adriano e sapeva che non avevo scelta!!
“Potrebbe farlo adottare” mi venne in soccorso Maria
Rosaria
“E credi che lui lo permetterebbe?” ribatté sarcastica
Valeria
“Lui non lo sa!!”
“Certo, magari la pancia non si gonfierà e nessuno si
accorgerà di niente. Poi la porteremo in un luogo segreto e la faremo partorire
e potrà nascondere il bambino nell’armadio finché non troveremo una famiglia
dall’altro capo del mondo, possibilmente”
“Non dire sciocchezze!! Potrebbe sempre andare a Siena dai
miei parenti. Ed io potrei accompagnarla”
“Tu non stai pensando a lei” s’intromise Caterina irritata
“stai solo pensando al bambino. Lei è tua amica, non il bambino”
“Io la conosco meglio di voi. Lei un giorno si pentirà.
Deve avere il bambino”
“Tu cosa vuoi?” replicò Caterina fissandomi
Cosa vuoi? Cosa voglio?
Non avevo mai esternato alle mie amiche ciò che
desideravo.
No al sesso. No all’aborto. No al
fumo. No all’alcol. No al caffè. No…No…No…!!
Prigioniera dei miei pregiudizi, ostentavo una falsa maschera di liberalità!!
“Io non sono d’accordo, ma gli altri possono fare ciò
che vogliono!!”
Quanta falsità in quella frase. Io giudice e giuria!!
Avevo condannato la mia amica Teresa per aver abortito e lei era appena una
bambina, avevo condannato sua madre che invece di fermarla, aveva assecondato i
suoi capricci accettando che lei uccidesse suo figlio. Teresa aveva sedici
anni.
Avevo condannato mia madre per aver abortito...per aver ucciso i gemelli, i
miei fratellini. Mia madre aveva trentanove anni e tre cesarei alle spalle.
Rischiava la vita!!
Ma, per me, la vita di nessuna madre era paragonabile a
quella di un bambino. Gli adulti possono scegliere, mentre i bambini no. Eppure
non vi era dubbio alcuno nel mio cuore, non vi era ombra nella mia mente.
“Io non voglio questo bambino. Voglio abortire”
“Non ti capisco” sentenziò “Se ti avesse violentato avrei
compreso, ma tu ami Adriano. Come puoi non amare tuo figlio?”
“Tu non potrai mai capire” argomentai, sedendomi su uno
scanno e appoggiando la testa tra le mani “Nessuno può capire. Si, è vero, io
amo Adriano, lo amo talmente tanto da essere terrorizzata da quello che potrei
provare per questo bambino; perché, se fermandomi scoprissi di amarlo, come amo
suo padre, non potrei più essere capace di lasciarlo andare. E alla fine mi
ritroverei in un mondo dal quale cerco di svicolare da quando sono nata” la
fissai fredda come la neve; dura come la roccia esclamai “Ho paura, Maria
Rosaria, di svegliarmi e scoprirmi felice con la mia bella casa, la mia
macchina di lusso e i miei tre vizziatissimi figli, giustificando azioni che
disprezzo. Ho paura di ritrovarmi a pensare che possa essere ucciso solo chi lo
merita, tanto le persone oneste non hanno di che temere!!! Ho paura di
cominciare a ritenere ragazzini delle medie schiavi della droga, troppo deboli
per sopravvivere e scoprirmi a considerare chi spaccia un selettore naturale.
Comico, ma sembra la descrizione di un Dio!!” sorrisi e poi abbassando lo
sguardo continuai “Ho paura di giustificare chi ruba, spaccia, uccide, perché
al sud lo stato è assente!! Io so che non è così. Sono scuse che si propinano
ai fessi, ai ricchi, a chi crede che la degradazione morale sia un peccato, ma
non-a-me!!! Conosco persone che hanno lasciato il posto fisso, perché i soldi
non gli bastavano mai. E poi ci sono persone che si spaccano la
schiena per poche lire, per nutrire i propri figli. Cosa
credi che spinga una persona a porre la propria vita, i propri figli, la
propria famiglia al di sopra delle altre? Non sono emarginati, sono solo deboli
essere umani schiavi del loro egoismo. Sono malvagi, Maria Rosaria. Se questo
bambino nascerà io mi ritroverò estranei che scavano nelle mie cose, comincerò
a sputare sulla terra su cui camminano i tutori della legge e magari, quando
lui crescerà” dissi poggiando la mano sul ventre “dovrò rincorrerlo per
impedire che faccia la fine di suo padre oppure dovrò temere per la sua vita.
Magari dovrò cominciare a temere per la vita di tutti coloro che mi stanno
accanto. So che lui vuole vivere, lo sento” piangevo, potevo sentire il sapore
salato delle lacrime “ogni cellula del mio corpo lo rifiuta, eppure lui si sta
aggrappando a questa vita con tutta la forza che ha il suo piccolo corpicino;
vorrei tanto stringerlo al petto, nutrirlo con il mio latte, scaldarlo con il
mio corpo, cullarlo tra le mie braccia e aspettare che si addormenti fissando
il suo visino minuto” chiusi gli occhi “ma per troppo tempo ho vissuto tra quelle
persone egoiste per non pensare che la mia vita è più importante di quella di
un bambino non ancora nato”
Silenzio
“Forse hai ragione” replicò la mia amica rompendo quel
pesante silenzio “Io non posso capire, ma posso provarci”
“Noi siamo qui, Marika” aggiunse Caterina abbracciandomi
Mi persi tra le lacrime, riscaldata da quell’amichevole e
confortante abbraccio
“E siamo con te” concluse Valeria
Nessuna persona mi era mai stata così vicina come loro e
nessuno lo sarebbe più stato. Non avrei mai pensato che da una cosa tanto
triste avrebbe potuto nascere qualcosa di così bello e profondo.
Valeria si offri di parlare con sua zia che lavorava in un
ospedale dell’alto avellinese. Senza perdere tempo, chiamò sua zia e prendemmo
appuntamento per il lunedì successivo, dopo il fine settimana.
Quella notte feci uno strano sogno…un sogno che turbò il
mio cuore.
Sognai di essere su una spiaggia, la sabbia era bianca e
sottile, come quella dei litorali tropicali. Stringevo il mio ventre gonfio e
guardavo l’acqua cristallina. Il rumore delle onde era ipnotico e l’odore
salmastro dell’aria era rilassante. Sentii un solletico all’altezza dei seni e
chinandomi vidi un bambino bellissimo che si nutriva del mio latte. Poi fui
improvvisamente sommersa dalle onde e vidi quel bambino annaspare nelle acque
turbinose. Nuotai cercando di raggiungerlo, ma più mi avvicinavo, più la
corrente lo allontanava da me. Udii la sua voce dentro di me…mamma…mamma…mamma…
Mi svegliai, inorridita e madida di sudore. Accarezzai
il grembo, ancora piatto, e per la prima volta dall’inizio di quella terribile
storia, pensai ad un nome da dare a mio figlio.
Valentina, se fosse stata una femmina.
Massimiliano, se fosse nato un maschietto; proprio come
mio nonno materno.
Seppur come uomo, marito e padre era stato un gran
fallimento, era stato un nonno infallibile. Di quei nonni all’antica, che ti
leggono le favolette, che ti raccontano aneddoti, che ti rimboccano le coperte
e che ti danno saggi consigli da vecchi…un nonno perfetto. Aveva vissuto una
vita intera in attesa di qualcosa che lo facesse sentire accettato, e quando lo
trovò fu finalmente felice di essere nato!!
Piansi tutte le lacrime che avevo quando morì e promisi
sul suo corpo martoriato dalla malattia, che un giorno mio figlio avrebbe
portato il suo nome…per concedergli un'altra possibilità.
Quella stessa notte decisi che mio figlio sarebbe nato.
Doveva esserci un'altra soluzione; 10…100…1000 soluzioni che non fossero il
sacrificio di mio figlio!! Potevo scappare. Potevo parlare con la mia
professoressa e convincerla a mandarmi all’estero, con una borsa di studio o un
assegno di ricerca. Lì, avrei allevato mio figlio lontano da tutta quella
miseria. Ero, ormai, risoluta.
Ma il mattino dopo, il campanello diede fine a tutta la
mia risolutezza e nuovamente vacillai.
“Tua sorella sta ancora dormendo?”
Era la voce di Adriano!!
Cosa voleva?
“Non è un po’ presto?” esclamò acida mia sorella
“Svegliala!!” ordinò
Era troppo arrabbiato!! Sapeva tutto!!!
Ma come?
“Non credo che tu possa comandare in questa casa?” replico
Emma risentita
“Emma...Svegliala!!”
Mi alzai e in pigiama andai alla porta; anche mia madre e
mio padre erano lì. Il volto di mio padre era serio e tirato e decisamente
preoccupato.
“Una riunione di famiglia” disse ironicamente Adriano “non
mi fate entrare?”
“Non sei gradito in questa casa!! Credo di avertelo già detto!!”
ribatté mio padre
“Le situazioni cambiano!!” fece lui fissando lo sguardo su
di me
Mio padre lo scrutò aggrottando le sopracciglia.
Il mio cuore sussultò.
Conoscevo Adriano, sapevo che non vedeva l’ora di
spiattellare sulla faccia integerrima di mio padre che la sua casta figlia era
in attesa di un bambino…suo!! Stava giocando al gatto col topo!! E stava
godendo di quel sottile piacere!!
“Vedo che non l’hai detto a nessuno” aggiunse scrutandomi
con i suoi gelidi occhi azzurri “Lo sanno solo le tue amiche?…”
"Come..."
"Come faccio a saperlo?" mi interruppe irritato "Credi davvero che possa sfuggirmi qualcosa?" sorrise "Sei
davvero ingenua piccola, ma io ti amo anche per questo!! Ma questa volta mi hai deluso!! Come hai potuto solo pensare
che..."
“Ti prego” lo interruppi brusca “Parliamone da soli!!”
“Da soli? Non vuoi che loro sappiano che stai per
diventare mamma?”
Mio padre sbiancò e mia madre e mia sorella si portarono
istintivamente le mani alla bocca. Chiusi gli occhi.
“Si; aspettiamo un bambino!!” continuò divertito
“Io non voglio questo bambino!!”
“Credo che dovremmo parlarne, visto che il bambino che
aspetti è anche mio!!”
“Lei non lo vuole!!” soggiunse mio padre, che sembrava
essersi ripreso dopo un primo momento di smarrimento.
“Andiamo”
“Andare? Andare, dove?” esclamai angosciata
“A casa mia!! Non vorrei che tu domani possa compiere
qualcosa di cui poi ti pentiresti!!” osservò pungente
“Non puoi fermarmi!!”
“Ti sto già fermando!!” mi afferrò la mano e accostando le
labbra al mio orecchio destro sussurrò “Ti consiglio, vivamente, di non fare
storie. Io non voglio creare problemi alla tua famiglia” mi scoccò un bacio
sulla guancia.
Si scostò.
Rimasi interdetta per alcuni secondi.
Sapevo cosa intendeva, e soprattutto sapevo che ne sarebbe
stato capace. Temevo che mio padre potesse farlo arrabbiare.
“Aspettami giù!!”
“Vedo che ora cominci a ragionare”
“DOVE CREDI DI…” irruppe mio padre
“Non sono più una bambina!! Non mi hai impedito di fare
sesso e ora non puoi impedirmi di andare con lui!!”
Adriano scese ad aspettarmi come gli avevo ordinato ed io
andai a vestirmi.
Mio padre, mia sorella e la mamma rimasero ritti
nell'ingresso, sembravano imbalsamati!! Quando uscii dalla mia stanza, erano ancora lì
"Andrà tutto bene" dissi
"Lo credo anch'io!!" esplicitò mia madre serena
L'abbracciai e raggiunsi Adriano. La sua macchina era appena fuori dal portone di
casa mia. Entrai in macchina. Chiusi la portiera.
“Io ho gia deciso!!”
“LE TUE DECISIONI NON CONTANO UN CAZZO” urlò “Nel caso tu
non avessi compreso, cercherò di spiegartelo con calma. Il bambino nascerà,
anche se dovessi tenerti legata ad un letto per i prossimi sette mesi. E ci
sposeremo, naturalmente, perché io ti amo”
Per la prima volta in vita mia ebbi paura, fissando il
volto furente di Adriano!!
La macchina partì.
**
Rimasi in quell’immenso appartamento per tutta la
giornata. Quella casa, che per gran parte della mia vita era stata come un
castello, era diventata la mia prigione. Potevo girare per casa, ma mi era
stato proibito di uscire.
“NON PUOI FARLE QUESTO” gridò disperata Loredana “SEI
IMPAZZITO!!”
“E’ LEI AD ESSERE IMPAZZITA” replicò adirato Adriano
Udivo le loro grida fino alla stanza in fondo al corridoio
in cui mi ero rifugiata.
“NON PUOI FARLE QUESTO!! NON A LEI!!”
“SONO FATTI MIEI…E POI STIAMO PARLANDO DI MIO FIGLIO!!”
Poi d’improvviso, le voci si attenuarono. Per quanto mi
sforzassi, non riuscivo a percepire più alcun suono. Alla fine esausta e
avvilita mi buttai sul letto. Mi addormentai.
Erano le sette quando i miei occhi si riaprirono. Un tenue
raggio di sole faceva capolino tra le tendine della stanza di Loredana. Mi
voltai, ma lei non dormiva nella stanza. Forse era già sveglia, forse era già
uscita, forse non aveva dormito in casa…non ne avevo la più pallida idea!!
Mi levai dal letto. Sul comodino c’era del latte con molto
caffè e del pane con la Nutella. Era la mia colazione. Appoggiai la mano al
bicchiere; era ancora caldo. Ne bevvi qualche sorso, ma non avevo fame. Non mi
piaceva l’idea di essere prigioniera.
Restai chiusa in stanza per tutto il pomeriggio, speravo
che Loredana venisse a trovarmi e mi aiutasse ad evadere; ma le mie speranze
furono vane.
Rifiutai il cibo e la compagnia di zia Amalia, che
sembrava alquanto compiaciuta per la bravata del figlio. Ero furente, per la
sua desueta condotta.
Dopo una giornata rintanata tra quattro mura, decisi che
dovevo assolutamente fare qualcosa. Arrendermi senza combattere non era
da me, inoltre era deleterio per la mia salute fisica e mentale quello stato di
apatia. Non dovevo dargliela vinta così facilmente, dovevo cercare di reagire
e, soprattutto, dovevo cercare di parlare con zio Vincenzo, l’unica persona
ragionevole di quella famiglia.
“Hai deciso di cenare?” disse ansiosa la donna, quando si accorse della mia presenza
“Voglio parlare con zio Vincenzo”
“Vuoi pietire…” cominciò freddamente Adriano
“Voglio parlagli” lo interruppi furente “perché lui è molto più ragionevole di voi”
“E cosa dovresti dirgli?”
“Che voglio andarmene”
“Per uccidere mio nipote?” replicò sprezzante zia Amalia
“Io non voglio questo bambino, se potessi lo strapperei io stessa dal mio ventre”
“Pensavo di aver fatto un lavoro migliore con te”
“Non sono tua figlia. Io ho già una madre!! E poi non hai fatto un buon lavoro nemmeno con i tuoi figli”
“Da bambina eri molto più ragionevole”
“Cosa dovrei fare per essere ragionevole. Tenere un figlio che non voglio e sposare un uomo che non…”
“Tu ami mio figlio e un giorno ci ringrazierai per averti impedito di compiere una sciocchezza” concluse perentoria
Ringraziare…
Decidevano della mia vita, come se io fossi una stupida bambola di porcellana. Serrai i pugni.
“Io voglio abortire”
“Mi sembra di averti già detto che ciò che tu vuoi non ha alcuna importanza!!” soggiunse irritato Adriano
“Vorresti davvero tenermi legata ad un letto?”
“Se mi costringerai”
“Perché mi fate questo?” chiesi implorante
“Ci dovevi pensare prima” fece zia Amalia ironica
“Hai ragione, non avrei mai dovuto concedere la mia prima volta all’uomo che amavo” replicai, fissando lo sguardo su Adriano “Perché il mio unico peccato e stato quello di amarti più di me stessa”
“Se mi amassi non tenteresti di uccidere nostro figlio!!”
“SE TU MI AMASSI NON MI FARESTI QUESTO!! COME PUOI NON CAPIRE CHE NON VOGLIO QUESTO BAMBINO E CHE NON VOGLIO TE!!!” urlai disperata, volsi lo sguardo su zia Amalia cercando nei suoi gelidi occhi azzurri, come quelli del figlio un briciolo di comprensione “VUOI FARMI DIVENTARE COME TUA MADRE?”
“Mia madre era una povera donna vittima di una società ingiusta e incapace di punire chi stuprava le donne. Lei era vittima dell’ignoranza dei suoi genitori. Tu invece sei una puttana!!” disse freddamente zia Amalia
Rimasi sorpresa da quelle parole. Lei, che mi aveva cresciuto come una figlia; lei mi aveva dato della sgualdrina.
“Ti è piaciuto fare sesso con mio figlio, ed ora figliola devi pagarne le conseguenze”
“Hai ragione, forse sono una puttana, ma sono la puttana di tuo figlio. Quindi credo di meritare rispetto!!” replicai, riprendendo il controllo.
Urlare non serviva a niente!!
Cosa dovevo fare?
“Il mio rispetto te lo devi guadagnare”
“Si desidera il rispetto di chi si rispetta!! E tu non hai fatto mai niente per meritarti il mio”
Si alzò, passandomi davanti. Sentii quel caratteristico olezzo di gelsomino che lasciava sempre quando ti passava accanto. Quell’odore che ti penetra nelle narici, che ti impregna le carni, fino a diventare anche il tuo. Quella casa era satura del suo profumo.
Le afferrai il braccio, quasi senza rendermene conto. Ero inviperita per il trattamento che mi era stato riservato; non lo trovavo giusto!! Quella sera diedi fine ad una reazione di eventi a catena cominciata oltre trent’anni prima, nella quale ero stata coinvolta inconsapevolmente.
“Dove credi di andare?” dissi con voce melensa
Potevo quasi udire un’altra vocina dentro di me che mi supplicava di non parlare, ma ormai la decisione era presa. Avevo deciso che sarei andata fino infondo e mi sarei liberata per sempre di quel dolore perfetto.
“Sono stanca di ascoltarti!!” replicò svincolandosi dalla mia stretta
“Io non ho ancora finito!!”
“Siamo tutti stanchi, forse è ora di andare a letto” fece Adriano mestamente
“E in quale letto devo dormire? Zia Amalia”
“Smettila, Marika” ordinò Adriano
“Perché? Sono ventitre anni che mi ordinate cosa fare!!” argomentai “Tua madre ha preparato il nostro talamo per oltre vent’anni. Ormai sono incinta, quale altro danno potremmo fare?" poi rivolgendo il mio sguardo freddo su sua madre proseguii "Se io sono una puttana tu sei una ruffiana; se non fossi rimasta incinta di tuo figlio mi avresti drogata e messa nel suo letto. Perché noi due, dovevamo realizzare il tuo sogno”
“Smettila” ripetè Adriano
C’era angoscia nella sua voce. Aveva sicuramente capito ciò che volevo dire. Anche zia Amalia aveva sicuramente intuito quanto stavo per esporre, perché smise di parlare e i suoi occhi si velarono.
“Io non sono la mamma e Adriano non sei tu!!”
“Non capisco di cosa parli!!” disse con voce tremante
Non farlo.
Non ferirla.
Quella voce mi pulsava intensamente nella testa come un martello pneumatico.
Non sono una persona cattiva, ma spesso nella rabbia mi capita di non riuscire a fermare ciò che si agita nella mente, che in un turbinio di rabbia fuoriesce dalla mia bocca con la stessa forza di un uragano. Senza paura di fare del male, di ferire, senza avere conto di chiunque mi stia di fronte, fosse anche Dio in persona. Maggiore è la rabbia, maggiore è il tempo d’incubazione e maggiore è la cattiveria con cui l’uragano esplode e maggiore è la calma con cui la espongo.
Quella sera diedi il meglio di me!!
“Davvero non capisci. Ho ascoltato la storia della tua amicizia con la mamma per anni, da diverse angolazioni. Dalla mamma, dalla tua, da quella della nonna, dalle sorelle e dai fratelli della mamma, da tua madre. Vuoi che ti racconti la versione senza tagli e censure della storia” illustrai melliflua e serafica
Tremava.
“Questa cosa non c’entra con noi due” esplicitò Adriano fermamente
“Invece c’entra e per quella storia che ora siamo qui” sentenziai “Non possiamo negare che tua madre abbia fomentato quest’amore dalla nascita. Forse tu non lo ricordi, ma io ricordo benissimo tutte le volte che si è parlato di matrimonio e di figli. E lo ricordo da sempre. Era ovvio che ci saremmo sposati. Noi ci amiamo, ma forse quest’amore non sarebbe mai esistito se loro non lo avessero cullato nei nostri cuori e se non lo avessero posto tutte le sere nei nostri lettini”
“Cosa credi che cambierebbe?”
“Forse nulla, ma non mi importa più!!”
Ormai per me contava solo ferirla e umiliarla.
“Le lacrime di tua madre” cominciai fissando quella donna immobile come una statua “le sue lamentele sugli uomini, su tuo padre. Non amavi gli uomini, li trovavi insulsi; vero, zia Amalia? Poi il comportamento di tua madre…quando tuo padre vi lasciò. Altri uomini sono entrati nel suo letto, altri uomini insulsi. Uomini sciocchi che vi mantenevano. Mia madre deve essere stata l’unica cosa bella che ti sia capitata, con la sua allegria, la sua luce, la sua forza. Come te, aveva avuto una vita difficile, ma non si sentiva sporca. Perché era mia madre quella forte, quella che ti ha salvata”
Zia Amalia, si accostò al tavolo e si sedette
“Tu l’amavi!! L’amavi in maniera ‘anormale’; proprio come diceva quella ‘stupida’ della nonna. Perché tu l’amavi come una donna dovrebbe amare un uomo, e non un'altra donna. Mia madre voleva darti ai suoi fratelli, voleva che sposaste due fratelli, ma a te sarebbe bastato che lei ti avesse amato!!”
Sentivo i suoi singhiozzi.
“Quando lei s’innamorò di mio padre, ti si spezzò il cuore; forse dentro di te avevi sempre sperato che col tempo lei avrebbe ricambiato il tuo amore, oppure che non si sarebbe mai innamorata di nessuno e sareste state per sempre tu e lei e nessun’altro. Ma mia madre amava mio padre e sapevi di non poter competere con quel tipo d’amore. Fu allora che incontrasti zio Vincenzo, fu allora che decidesti di scoprire cosa si provava…”
“Ti prego…smettila” esclamò tra i singhiozzi
“Anch’io ti ho supplicata!!…decidesti di provare cosa significava stare con un uomo. Ma la tua eccessiva inesperienza ti portò all’altare. Non amavi zio Vincenzo, ma col tempo ti sei affezionata a lui. Dopo il matrimonio provasti ad allontanarti dalla mamma, ma lei non ti permise nemmeno quello. Quanto era egoista, vero? Non capiva che l’amavi e che non potevi più starle accanto senza soffrire. Ma eri tu quella debole, non potevi stare senza i suoi sorrisi, senza le sue lacrime, senza le sue chiacchiere e allora, ancora una volta cedesti ai suoi desideri. Poi quello strano patto…quel patto d’amore. I nostri figli potrebbero sposarsi. Quella proposta infantile per lenire il dolore di mia madre, ma un’altra possibilità!! Il vostro amore sarebbe rinato nei nostri gesti, nei nostri baci. Il vostro sangue si sarebbe indirettamente mescolato, per dare vita ad una nuova vita. Perché no? Cosa c’era di male? Non ci sarebbe stato nulla di male se non aveste giocato con la vita di due persone, dei vostri figli”
Adriano si era avvicinato alla madre e le carezzava i lunghi capelli biondi.
“Cosa credi di aver concluso!!” sentenziò il figlio fissandomi
“Perché vorrei che capisse come mi sento!!” volsi il mio sguardo freddo su di lei “Vorrei che mio figlio vivesse in un mondo di persone libere e non schiave di sangue, soldi e polverine bianche. Mio padre ha combattuto per farci studiare e per tenerci lontane da quel mondo sporco in cui siamo immersi. Io sono stanca di tutta questa miseria, della miseria dell’anima di cui sembra essere pregno lo spirito di tuo figlio. Adriano è stupendo con me e so che sarebbe un padre fantastico, ma la sua anima è nera come la pece ed io non potrei sopravvivere accanto ad un uomo che accarezza i suoi figli con le mani sporche del sangue di gente che, magari, conosco!”
Alzò lo sguardo su di me. I suoi occhi erano gonfi e rossi e il suo volto sembrava essere invecchiato di colpo.
“Potresti crescere il bambino da sola”
Le mie labbra si contorsero in un sorriso amaro.
“Io amo Adriano, zia Lia. Lo amo con la stessa intensità con cui tu hai amato mia madre. Noi siamo la luce della speranza e voi il buio della disperazione. La luce e il buio si cercano e si anelano, come un assetato desidera l’acqua, come un ceco desidera la luce, come un sordo desidera i suoni. Questo bambino mi terrebbe legata a lui e a questo amore. Un amore che col tempo ci distruggerebbe”
Mi avvicinai e l’abbracciai
“Credimi non ti ho mai giudicato, nessuno di noi l’ha mai fatto, ma se ti fosse stato concesso di decidere; se mia madre ti avesse concesso la possibilità di allontanarti da lei; se tu avessi potuto vivere senza che il cuore ti pesasse come un macigno nel petto ogni volta che pensi di doverla vedere…cosa avresti fatto?”
Mi osservò inebetita, poi volgendo lo sguardo vacuo verso il figlio
“Tu lo sapevi?”
Adriano abbassò lo sguardo.
Mi allontanai, era una questione tra madre e figlio. Non c’era alcun ruolo per me!!!
***
Quella stessa sera, mentre supina sul letto fissavo il
soffitto bianco, Adriano entrò nella stanza.
“Potevi almeno bussare!!” esclamai irritata, girandomi su
un fianco
“Non sono qui per litigare”
Sentii il materasso cedere al peso del suo corpo.
“Io ti amo, e non ti farei mai del male, a dispetto di
quanto tutto il mondo possa credere, di quanto tu stessa possa credere; perché
tu sei l’essere più importante di tutta la mia vita”
Non risposi, non perché non volessi, ma perché non
riuscivo ad articolare alcun pensiero di senso compiuto. In quel momento nella
mia testa vorticavano un turbinio di parole e nel mio cuore si affollavano una
miriade di sensazioni, entrambe si affrettavano verso la gola, serrandola in
una morsa, ma poi mi morivano sulle labbra.
“Ti amo da sempre, e vorrei non dover rinunciare a te; ti
prego concedimi un’altra opportunità” continuò in una specie di nenia “Io
potrei…”
“…cambiare…” lo interruppi levandomi dal letto e sedendomi
accanto a lui
“Si; per te potrei cambiare!!!”
Lo guardai intenerita e accigliata.
“Lo credi davvero?”
Non rispose. Non poteva rispondere. Sapeva che non sarebbe
mai cambiato, perché sapeva che le persone non mutano la loro vita per
compiacere i desideri di coloro che amano, ma solo se lo desiderano davvero e
se lo desiderano per se stessi; ma lui desiderava il potere, il denaro, il
rispetto, cose che aveva guadagnato col terrore!! Era molto fiero di ciò che
aveva ottenuto e del modo in cui aveva raggiunto i propri fini. In lui non
c’era dubbio alcuno e senza il dubbio
non c’è cambiamento!! Solo nelle persone con il cuore incrinato dal dubbio, è
possibile l’insinuarsi del tarlo della metamorfosi, e il cuore di Adriano era
intatto e racchiuso in un drappo di amianto, che nessun cambiamento avrebbe mai
potuto scalfire.
La mia mente fu improvvisamente lambita da un vecchio e
doloroso ricordo
“Un giorno forse le cose cambieranno. Un giorno forse
mi mancherai talmente tanto che ti chiederò di amarmi ancora!! E quel giorno
forse tu non vorrai saperne e allora sarò io a piangere per te”
Quelle parole mi ritornarono alla mente, aprendo il mio
cuore e schiudendo le mie labbra
“Sarei morto cercandoti!! Almeno sarò tra i pochi fortunati che potranno dire di aver incontrato e amato l’altra metà della loro anima”
Appoggiai la testa sulla sua spalla; desideravo con tutto il cuore che il tempo si fermasse in quel momento.
“Perché non chiami quella tua amica e prendi un nuovo appuntamento!?!”
Chiusi gli occhi e respirai profondamente.
Ero libera.
Si alzò.
“Grazie” sussurrai
“Vorrei venire con te, se non è un problema!!”
Anuii
"Adriano..." lo chiamai con la voce rotta
Si voltò.
Avrei voluto chiedergli
"Sei stato tu?"
Era passato un anno dalla morte di Umberto e Nicola. E in tutto quel tempo, questa domanda, mi aveva tormentato il cuore e la mente. Era stata quella domanda martellante a spingermi a lasciarlo.
Le parole di Marco mi erano ritornate alla mente subito dopo la morte dei due fratelli
"Adriano per dimostare di essere forte prima o poi schiaccerà chi ama. E tu sei l'unica ragazza che abbia mai amato. Quando saprà di poter controllare il suo cuore, allora tornerà da te!!"
Nella mia mente si fece spazio l'idea che fosse stato lui a commettere quell'atto di ignominia nei confronti dei due fratelli. C'era stato qualcosa che li aveva divisi e resi invisi agli occhi di Adriano. Poi era stata decisa la loro eliminazione; forse era stato lui, forse gli era stato ordinato!! Ma la scelta delle date dell'esecuzione, quelle non potevano essere una pura coincidenza...il giorno del mio compleanno, il giorno del nostro anniversario!! Lui aveva scelto quei giorni...o forse qualcuno voleva colpirlo e aveva eliminato i suoi amici in giorni per lui importanti?!?!
Non sapevo quale fosse la verità.
Ma alzando lo sguardo, vidi il volto di Adriano rigato dalle lacrime.
E allora quella domanda mi morì in gola.
Avrei voluto asciugare le lacrime che colavano sul suo bellissimo viso, avrei voluto saltargli al collo e stringerlo al mio corpo per alleviare il suo dolore. Ma quel dolore era anche mio; come potevo confortare il suo cuore se anche il mio lacrimava sangue?
Decisi che non volevo conoscere quella verità.
Quella fu l’ultima volta che avrei ascoltato la voce dell’uomo più importante della mia vita.
Tre giorni dopo era tutto finito. Adriano, come aveva manifestato, mi aveva accompagnata, ma non mi rivolse la parola, né in macchina, né in ospedale. Mi aveva accompagnato solo per distruggere l’amore che ancora provava per me. Uccidere suo figlio era un buon motivo per smettere di amarmi.
Quel giorno ebbe fine la mia storia infinita con Adriano, un’amicizia durata quasi quarant’anni e quel gioco di luce e ombra che aveva da sempre caratterizzato l’amicizia tra le nostre famiglie.
****
Pensavo, dopo tutto quel dolore, che non mi sarei più
ripresa. L’aborto aveva segnato il mio cuore più di quanto non avesse fatto
Adriano. Amavo quel bambino e in cuor mio, sapevo che sarebbe nato un
maschietto. Massimiliano. Gli avevo dato un volto e un nome, per cui
quell’aborto per me fu una vera e propria esecuzione. Avevo dovuto scegliere
tra me e lui, ed egoisticamente avevo scelto me!!
La mia anima era lacerata e il mio cuore era frantumato in
mille piccoli pezzi, che più nessuno avrebbe potuto riattaccare. Non avrei più
amato nessuno come avevo amato Adriano, questa era la mia unica consapevolezza.
Perché avevo amato Adriano come non si dovrebbe amare nessun uomo!! Con la
mente e con il cuore. Bisogna sempre amare solo con il cuore, in maniera
tale che la ragione possa accusare il cuore per gli errori e le ferite. O solo
con la ragione in modo che il cuore lo possa accusare di freddezza e calcolo.
Ma quando si ama con entrambi, non si possono addossare colpe e si vive con
l’amara consapevolezza che seppur si tornasse indietro si ripercorrerebbero le
stesse vie, commettendo i medesimi errori.
Non avevo tutti i torti, non ho più amato nessuno come ho
amato lui, ma col tempo ho imparato che esistono diverse forme d’amore, e
seppure alcuni amori sono irripetibili e unici; essi non sono mai gli ultimi.
Dieci anni dopo Nello mi ha fatto riscoprire la dolcezza
di essere innamorata. Mi ha mostrato la bellezza di un amore delicato ed
equilibrato. Grazie a lui oggi ho una famiglia e posso stringere tra le braccia
il mio piccolo Massimiliano.
Sono le vicende passate che c’insegnano che dopo
un’eruzione, il terreno diventa più fertile; dopo i terremoti, le case si ricostruiscono
più belle; dopo le grandi rivoluzioni, nascono le grandi repubbliche. Anche,
sopra la scuola dei drogati del mio quartiere, l’anno in cui nacque mio figlio
venne ricostruita una nuova scuola, una nuova speranza in un quartiere di
miserie.
Perché sopra le macerie può sempre nascere qualcosa di
bello!!
*sostanze chimiche utilizzate per la produzione di TE,
un tampone impiegato per numerosi tipi di esperimenti biologici
NdA: Vorrei ringraziare Petronilla per aver letto la bozza di questa storia. E vorrei,
inoltre, ringraziarla per i suggerimenti, che mi hanno permesso di rendere maggiormente comprensibili
alcune parti di essa!! Infine vorrei ringraziare Antheameiko, per aver commentato la storia con le sue mail.
Soprattutto perchè critiche e commenti servono per migliorare. Altrimenti non ci sarebbe funzionalità in un
sito come EFP. Magari dai nostri commenti può venir fuori un grande scrittore oppure evitare che quache altro cane, faccia
scempio della nostra letteratura. Per cui cercate sempre di lasciare un commento alle storie (via mail sarebbe meglio,
perchè così c'è confronto!!).
Credo che scrivere abbia sopratutto un valore sociale, per cui ho deciso di immergere la mia storia romantica
in uno sfondo abbastanza cruento e attuale.
Spero comunque che la mia storia sia stata gradevole e grazie a tutti per averla letta...baci Lella80