Capitolo sette
Allo squillo della campanella Erika si fiondò fuori dalla classe in un paio di secondi, Lucia la seguì di corsa e quando la raggiunse la bloccò afferrandola per un braccio.
“Non andarci.” mormorò quasi severa.
La ragazza si voltò di scatto, quasi sorpresa e incredula, “E perchè non dovrei?” le lanciò uno sguardo profondo, quasi tradito.
“Ci sei andata tutti i giorni in questa settimana... tutti i giorni...” sospirò allentando la presa, “Non ti fa affatto bene.” Mentre pronunciava quelle parole, Lucia quasi se ne pentiva poichè il volto dell'amica si faceva sempre più scuro e severo. Ma lei non voleva ferirla, voleva solo evitare che si facesse del male.
Sospirò ancora, sostendendo a fatica il suo sguardo.
“Forse no, ma forse fa bene a lui.” sentenziò rapida Erika, voltandosi verso la parete ocra accanto a lei. Rimasero entrambe in silenzio per alcuni interminabili secondi, ognuna seguendo il proprio flusso di pensieri.
“Non ne sono così certa...” mormorò infine Lucia, con tono tremante ma quasi materno, nella speranza che anche l'amica rinunciasse aggrappandosi a quell'idea.
Erika però la ignorò, cercò nuovamente i suoi occhi, con decisione vi puntò i suoi, scuri e profondi, così diversi da quelli limpidi e cristallini. “Se quando si sveglierà non mi vorrà accanto a lui, me ne andrò...”
“Ricordi la prima volta che ho bossato? Eravamo insieme... e i miei mi hanno subito scoperto! Non volevano che ti vedessi per un bel po'... Ma noi abbiamo trovato comunque una soluzione...” Sorrise ripensando ai baci e le carezze di quel giorno, nascosti per paura che qualcuno potesse riconoscerli.
“E quando mi sono portata via una bottiglia di sabbia solo perchè il nostro mesiversario lo avevamo passato al mare?” Sorrise malinconica, accarezzando dolcemente la mano immobile di lui. “Dovremo tornarci in quella spiaggia, prima o poi...” guardò il suo volto illuminato dal sole, si concentrò su ogni piccolo dettaglio: per ognuno c'era un ricordo. “Se lo vorrai, ovvio... Oppure vorrai portarci qualcun'altra...”
Mise il volto sul cuscino avvicinandolo al suo, ne respirò il profumo, così lieve, soffocato dall'odore intenso di ospedale, si fermò a osservare la barba incolta e quell'aria di tranquillità che riusciva a trasmettergli anche se involontariamente.
“Sei un ragazzo fantastico, sai? Forse sono io che sono fatta male ma... sono fatta così, lo sai...” sorrise ancora, più triste, “Sono piena di difetti... ma credevo mi amassi per questo...” deglutì, cercando di sciogliere il nodo che le stringeva la gola.
Passò piano l'indice sul suo volto, disegnandone il profilo, soffermandosi sulla piccola cicatrice sotto il mento, quasi nascosta da qualche ciuffo di barba. “Io ti amavo e odiavo allo stesso tempo, sai? Eri l'unico che riuscisse a farmi incazzare a quel modo... ma eri anche l'unico con cui valesse la pena fare pace...”
Si infilò il casco pronta ad uscire, sua madre la fermò sull'uscio. “So che hai saltato scuola ieri...” le disse, piano, non con tono accusatorio, ma quasi rassegnato.
Erika fece uno strano sorriso, stanco. “Ero da Marco...” rispose mentre si chiudeva la porta alle spalle.