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Autore: fflover89    15/06/2011    1 recensioni
«La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese.
«Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose lui.
 
“Dieci anni sono passati dallo scontro contro Trivia, otto dall’abbraccio di Gidan e Daga, e Gaya è cambiata: un abisso di cristalli alti quanto alberi nel luogo dov’era l’albero di Lifa, una nuova città tecnologica di jenoma e maghi neri, nuove razze che risorgono dalla terra. Una diciassettenne Eiko Carol Fabool che sente ancor di più la mancanza del suo amato Vivi. Un personaggio misterioso che fa ritornare alla memoria frammenti perduti di ricordi. Che cosa succederà?”
 
(Non è il seguito di “The Ultimate Weapon” ma chi già l’ha letto troverà più semplici da capire certi dettagli)  
 
Genere: Avventura, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Amarant Coral, Eiko Carol, Freya Crescent, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Un saluto dal sempre –spero– vostro The Alex! Dunque, questo capitolo è una sorta di flashback, diviso temporalmente in due pezzi. In verità avevo in mente di metterli dentro ad altri due capitoli, ma mi sono reso conto che sarebbero risultati troppo lunghi. Questo capitolo è parecchio importante, e riuscirà a mettere a posto altri pezzi del puzzle della trama. Alla lettura!
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
A largo del continente dimenticato. Il sottosuolo. Un mese fa.
 
 
 
Sotto la superficie di permafrost, Goldenteeth aveva costruito un enorme bunker che avrebbe dovuto ospitare le sue più grandi e forti creazioni: era abbastanza capiente da poter contenere l’Invicible e l’Hilda Garde III insieme, e forse ci sarebbe avanzato altro spazio. Al suo interno aveva predisposto un intricatissimo sistema di catene e carrucole metalliche, che partiva dai muri laterali e convergeva verso il basso in un vertice centrale, proprio sotto un grosso generatore di elettricità statica che tramite dei conduttori più piccoli riversava l’energia –che probabilmente avrebbe tenuto accesa da sola Lindblum per tutta una notte – sull’unico abitante dell’enorme sala. Ma non era un esperimento, e senza dubbio non era un mostro: era un uomo di mezza età con gli occhi grigi con le occhiaie ed infossati da tante ore di veglia e di  scarsa illuminazione; il torso nudo, muscoloso e ben delineato per la sua età apparente, era costellato di tatuaggi che ricordavano i disegni delle armature mitologiche dei demoni; i capelli grigiastri e neri gli occupavano la fronte spaziosa e il naso aquilino. Le catene erano collegate a delle grosse manette che lo tenevano sollevato a pochi centimetri dal suolo, e lo bloccavano ai polsi, alle braccia, alle gambe, alle caviglie e al bacino. I pochi tentativi di forzatura che aveva tentato si erano rilevati tanto inutili quanto dolorosi. Non sentiva fame, o altri bisogni fisiologici che una qualsiasi altra persona avrebbero provato stando imprigionato per diverse settimane in quella posizione. Era stremato invece dalla continua elettricità che gli impediva di evocare incantesimi e di trasformarsi. Già, perché quella non era l’unica forma che poteva assumere: egli anni prima era un essere enorme e mostruoso, simile ad un demone, seduto su un trono ed incatenato ad esso da millenni. Era rimasto per tantissimo tempo in una dimensione parallela prima di essere scoperto e battuto da un certo gruppetto variopinto di otto persone.
Dal fondo della sala entrarono i responsabili della sua prigionia. Erano due: uno era una persona di media statura che indossava una maschera rossa da cui partiva un folto mantello di pelliccia color sabbia; l’altro era una persona anziana un po’ più bassa, con un camice da scienziato e sotto una divisa da mago simile a quella del compare.
       «Allora, il nostro ospite ha intenzione di parlare?» chiese l’anziano al più giovane.
       «Non saprei Goldenteeth. A quanto pare la stanza non è di suo gradimento nonostante i comfort. Eppure dovrebbe sapere che senza la sua sapienza non possiamo né procedere, né liberarlo.»
L’uomo incatenato rizzò lentamente la testa, facendo rifluire di lato i capelli.
       «Stavate parlando di me?» chiese un po’ intontito cercando di fare un sorriso sarcastico.
       «Certo, con chi altri?»
       «Non ho intenzione di aiutarvi.» rispose riabbassando la testa.
       «Credo che dovremmo rinfrescarli la memoria, Kuja.»
       «Penso anch’io. Come hai potuto vedere dal nostro incontro, sappiamo tutto di te: Hades, ex-sacerdote di Esto Gaza, conosciuto come il fabbro fantomatico, autore di tantissimi artefatti definiti armi finali perché ponevano “fine” ai conflitti. Spesso creando casini aggiungerei.»
       «Andavo dove mi chiamavano…»
       «Certo, sei un professionista dopotutto. Uno di questi casini però ti ha fatto sparire dalla scena per un po’ di tempo, facendoti diventare una specie di mostro. Colto dalla vergogna sei fuggito in una dimensione parallela.» prese la parola Goldenteeth.
       «Come fate a saperlo?» chiese Hades sgranando gli occhi. Solo quel ristretto gruppo di persone sapeva del suo passato e della sua esistenza, ed erano le stesso che sconfiggendolo nel mondo dei ricordi dieci anni prima, lo avevano liberato dalla forma demonica in cui era imprigionato. Gli stessi poi lo richiamarono quattro anni dopo, per aiutarlo a sconfiggere il redivivo Trivia, che aveva preso possesso del corpo di uno di loro (cfr. The Ultimate Weapon, raggiungibile da questo link:http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=436097).
       «Nella biblioteca che c’è nella reggia del mio amico, abbiamo trovato molti libri proibiti che parlano di te, e della tua misteriosa scomparsa di cinquecento anni fa. Nello stesso periodo, fu rinvenuto nel villaggio di Madain Sairi una misteriosa iscrizione, sicuramente tua. Era una specie di lascito dove cercavi di mantenere la gente lontano dalle tue creazioni, soprattutto l’ultima, anzi la “Ultima”. Ed io ho l’impressione che l’hai fabbricata proprio per Trivia.»
Hades non rispondeva, aveva rialzato lo sguardo ponendo grande attenzione.
       «Non c’è voluto molto tempo per fare due più due. Così abbiamo pensato di cercarti. Vedi, vogliamo controllare un’enorme fonte di energia per il nostro piano, e quindi sempre tramite quei libri proibiti abbiamo letto di un tentativo simile fatto da una popolazione antichissima, più antica del clan degli sciamani: vollero creare una creatura magica, una golem come si dice, che catalizzasse un certo quantitativo energia pura, in grado di  fermare il decadimento che Gaya stava subendo per il tentativo di fusione di Tera. Non riuscendoci, diedero vita ad un vero e proprio “spirito dell’invocazione artificiale” che si è incarnato in un pallone da circo, ingrandendosi. Bizzarro, non trovi? Lo spirito si chiamava Ozma, e per millenni nessuno ne ha più sentito parlare. Volevamo trovarlo per studiarlo e capire come fosse fatto, ma farlo da vivo era impossibile. E poi, avevamo bisogno della tua bravura di fabbro. Immagini anche tu a che cosa, vero?»
       «Non lo immagino, me l’hai detto mille volte: vuoi che ti crei uno scettro che possa amplificare l’energia magica. Però io sono riuscito ad incontrare Ozma per avvertirlo, ricordate? Sapete, non sarò uno spirito dell’invocazione, ma certi poteri telepatici li ho.»
       «Prendemmo due piccioni con una fava invece: sapevamo dove si trovasse Ozma, ma tu eri molto recalcitrante. Il resto lo sappiamo tutti: lo spirito ti ha attaccato ed entrambi siete quasi morti nello scontro. Ma noi ti abbiamo salvato e curato, e sai perché? Perché Ozma da vivo non ci serviva a nulla. Abbiamo estratto il suo potere e l’abbiamo analizzato per creare potenti alleati, metà macchina e metà mostro. Io lo chiamo “la progenie di Ozma”. E tu, mi aiuterai a fare di questo meteorite…» disse mostrando ad Hades una pietra violacea molto luminosa grossa quanto la palla di un lampione «… lo strumento per creare la stirpe perfetta.»
 
Una settimana dopo
 
 
         «Goldenteeth, il fabbro ha deciso di aiutarci.» disse Kuja entrando nella stanza dell’anziano scienziato.
       «Dopo tutto questo tempo si è finalmente convinto…»
       «Posso capirlo: ha il potere di una semidivinità: può essere ucciso, ma fisicamente è immortale. Non trarrebbe alcun vantaggio dal rimanere in eterno in quella prigione statica in cui è intrappolato.»
       «Andiamo ad incontrarlo allora. Portiamolo all’osservatorio.»
Hades fu liberato da Kuja, ma ai polsi portava ancora quelle manette magiche infuse di elettricità statica che gli permettevano di muoversi ma che limitavano notevolmente la sua forza. Fu portato in un’altra sala, più piccola della prigione-laboratorio in cui era stato carcerato: al suo interno vi era un macchinario fantascientifico simile ai primissimi computer. Aveva diversi schermi e bottoni, ognuno con dati e scritte. Le banche-dati circondavano un telescopio fatto di metalli diversi, alto quattro metri collegato con dei tubi agli altri macchinari. Goldenteeth guardava al suo interno.
       «Ah, benvenuto Hades, fabbro fantomatico! Benvenuto, al centro del mio laboratorio: questo è lo spettro-magico, costruito con tecniche jenoma su base dell’antico telescopio ancestrale del villaggio degli sciamani.»
Hades fu curioso di sapere cosa intendesse per tecniche jenoma, ma suppose che fosse stato la persona presentatosi come Kuja a fornirgliele. Ma possibile che quell’essere abbastanza prestante e basso di statura fosse il “fratello” di Gidan redivivo? Lui, per quanto strani, aveva più gusto nello scegliere i vestiti. E poi quegli occhi gialli…
       «Non penso che vi limitiate a guardare le stelle con questo…» disse Hades osservando il macchinario.
       «Perspicace. Devi sapere che molti degli oggetti celesti che circondano Gaya hanno un potere magico al loro interno, la maggior parte catalizzatore. Certi aumentano il calore, altri come fu il gioiello ancestrale, amplificano il potere dell’invocazione. Derivano anch’essi dalla mancata fusione con Tera di millenni fa. A me serviva qualcosa che aumentasse la forza magica. Vedi, io ne sono quasi del tutto sprovvisto mentre ne ho un grande bisogno. Allora ecco l’utilità di questa macchina: essa non permette solamente l’individuazione di questo e quel meteorite magico, ma anche di capire di che tipo sia, grazie alla rifrazione della luce. Questo tipo di luce ha una certa frequenza, che sono diverse l’uno dall’altre.  Io lo chiamo “spettro magico”. E ne ho trovato uno, che aveva uno spettro altissimo maggiore di tantissimi altri che avevo tentato di ottenere.»
       «“Tentato di ottenere”?» chiese Hades alquanto interdetto. 
       «Esatto, una volta individuato… ma lascia che Kuja te lo mostri.»
E Goldenteeth pigiò un tasto che fece abbassare la parete di fronte all’apparecchio, mostrando il panorama ghiacciato di un’isola del continente isolato, con la neve che impattava sul vetro che scese al suo posto. Poi si mise al comando del telescopio e tracciò su un foglio diverse coordinate. Sul soffitto, si accese una mappa stellare che rappresentava in maniera incredibilmente precisa l’anello roccioso che circondava orizzontalmente Gaya, parte dello spazio circostante, e un pezzo delle due lune; diverse sezioni degli anelli erano indicate come “magici”, “catalizzatori”, “ghiaccio”, eccetera. Uno dei settori s’illuminò e la luce investì Kuja che la raggruppò fra le mani. Sul suolo sotto di lui, comparvero delle strane formule incastonate in un paio di cerchi rituali. Erano poche le magie che funzionavano così, ed erano quelle proibite. Poi Goldenteeth disse:
       «Settore roccioso 5. Oggetto numero 009 777 443; quindicesima fila ascendente, quarta discendente. Trovato?»
Le cifre presenti nelle formule del cerchio magico slittarono a velocità impressionante fino a fissarsi nella serie detta dall’anziano scienziato.
       «Sì. Obbiettivo, continente isolato, pianura di luogo.» pronunciò l’uomo con la maschera di Antoleon. Poi abbassò violentemente il braccio sinistro, accompagnando il movimento con la piegatura di metà corpo.
Goldenteeth indicò ad Hades il cielo. Pochi secondi dopo si vide una piccola scintilla bruciare nel blu dell’isola e impattare poco lontano.
       «Vedi, con questo potere, noi potremmo benissimo controllare il più grande masso del cielo, e scaraventarlo sul pianeta.» finì Goldenteeth.
       «Ahia, questa l’ho già sentita.» pensò Hades.
       «Ma non ho assolutamente bisogno di scatenare un disastro, per quello basta una semplice magia Meteo. Questo incantesimo proibito permette di interagire con qualsiasi frammento dell’etere, e solo chi ha un grosso potere magico, come il nostro Kuja, può usarlo. Ed ora veniamo a noi: quella che ti ho mostrato è la pietra con più capacità catalizzatrice che abbia mai trovato. Il tuo compito è, primo, aumentarne se possibile le capacità, due, modificarla in maniera che possa contenere stabilmente una potente forma di magia, tre che funzioni anche come arma. In un’altra sala ti ho munito di pietre, gemme e metalli vari. È ovvio che se solo proverai a progettare qualcosa che non rientra nei tre punti che ti ho detto, ritornerai in prigione e non esiterò ad ucciderti e ad usare il tuo, di potere.»
 
 
        «Ho bisogno di un’arma.» esordì Kuja entrando di soppiatto nella stanza in cui Hades stava lavorando notte e giorno per tentare di uscire da quella situazione.
        «Non hai sentito cosa ha detto il tuo capo? Non posso creare altre cose che non sia il contenitore di quella gemma.»
       «L-lui non è il mio capo!» rispose l’uomo mascherato sdegnosamente.
       «Va bene, va bene. Resta il fatto che non posso crearti un’arma dal nulla. I materiali Goldenteeth me li ha dati ma non potrei crearti un’arma decente. Poi per quello che mi ricordo sei un mago, no?»
       «Sì, ma devo incontrare un guerriero. Da solo. Mi basta che tu modifichi questa. Deve diventare un’estensione del mio corpo.»
E gli mostrò una scimitarra tutta bianca, fatta di diverse ramificazioni, che pulsava di potere magico. Una buona arma, ma non certo come quelle fatte da Hades.
       «L’ho trovata nella mia reggia del deserto, ma non ricordo se l’ho fabbricata io. Deve riuscire a convogliare il mio potere in modo che possa eseguire attacchi magici.» continuò Kuja.
       «Per farlo ho bisogno solo di due cose: una gemma che ti sia cara, e una goccia del tuo sangue.»
La testa mascherata di Kuja calò un secondo, poi prese dalla tasca una pietra blu, incastonata in vetro decorato a forma di rombo e gliela mostrò.
       «La famosa pietra Gulgu… non mi è mai capitato di operare con una gemma simile. La applicherò sulla lama in modo che possa essere degna di essere adoperata da te. Ma a cosa ti servirebbe?» chiese Hades.
       «Voglio vedere se riuscirò a raccogliere le mie scintille di memoria.» rispose.
      
 
 
 
 
 
 
 
Come avrete notato, in questo capitolo do finalmente un senso al titolo della fanfiction (“sparking memories”, memorie frammentate oppure scintille di memoria). Il link che ho messo porta alla mia altra fan fiction,The Ultimate Weapon, che come già vi ho detto non è necessario leggere per capire meglio questa. È solo un’aggiunta che magari se siete più curiosi sulla figura (inventata da me, ovviamente) di Hades, potrete leggere. Vi ringrazio della pazienza, e vi ricordo di commentare, commentare, commentare! Risponderò a tutti!
 
 
    

   
 
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