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Autore: Defyingravity    15/06/2011    3 recensioni
E se Kurt non fosse disposto ad aspettare Blaine per sempre?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti!
Qui è DG che vi parla, l’autrice di questa Fanfic.
Parlo con lo scusarmi profondamente per il ritardo di questo capitolo, mi spiace per tutto il tempo che vi ho fatto passare.
Ora che è estate comunque dovrei affrettarmi con i tempi, spero di riuscirci e proseguire questa storia al vostro fianco.
Fatemi sapere cosa ne pensate!
Spero in una buona lettura.
Con affetto,
DG
p.s. Non possiedo Glee, sfortunatamente altrimenti sarei ad usufruire di qualche attore in questo momento *w*

*****

Chapter 3: We’re marchin’ on
*****

«Qui signore e signori è King Lawrence in collegamento diretto dalla Dalton Academy. Vi mostrerò cosa accade in questa struttura di prima mattina, in quali disavventure si imbatteranno i nostri protagonisti.» il ragazzo, con la sua fedele telecamera in mano, iniziò a correre lungo il corridoio. Chiuse rumorosamente la porta della sua stanza, senza badare al suo compagno che gli urlò alle spalle di fare più piano.
Pochi passi dopo trovò davanti a sé David, vestito perfettamente in uniforme eccetto per la mancante scarpa sinistra.
«Ragazzi, qualcuno ha visto – Oh. Ehi, King! Non ti avevo visto!» esclamò il ragazzo color cioccolata, voltandosi verso la telecamera.
«Figurati!» rispose l’altro, scrollando leggermente le spalle.
«Hai perso qualcosa?» chiese, ed inquadrò il piede coperto solo dal calzino nero.
«Sì! Non trovo più la mia scarpa! L’hai vista per caso?» domandò, mentre si avvicinava alla porta accanto, dalla quale uscì Al in accappatoio.
«Ragazzi, dove sono finite le mie mutande?»
David inarcò un sopracciglio:
«Hai perso le mutande?»
«Sì!»
«E prenderne delle altre?»
«Sono sparite! Cioè, no… alcune sono a lavare. Erano le uniche pulite!»
In quel momento una porta più distante si aprì, ed appoggiato alla maniglia stava Riker, che iniziò a sbattere le ciglia velocemente.
«Yuhuu!» chiamò in un urlo stridulo «Cercavi forse queste, bel maschione?» con la mano libera sventolava come un fazzoletto dei boxer neri.
«RIKER!» urlò Al, andandogli incontro.
«Attento che ti si alza il vestito!» urlò questo di rimando iniziando a scappare.
«Si può sapere quanto puzza il tuo piede?» dalla stessa stanza uscì Nick, con una mano teneva lontano da sé una scarpa nera, mentre con l’altra si tappava il naso. «David, dovresti lavarti più spesso, sai?» si voltò verso il ragazzo con una smorfia schifata.
«Dammi la scarpa, Nick!» urlò, avvicinandosi verso di lui a grandi passi. Il ragazzo dalla falda mora scoppiò in una risata e andò alla ringhiera per far penzolare la scarpa verso la stanza del piano di sotto.
«Ah-ah-ah! Attento a ciò che fai!»
King, con la telecamera in mano, inquadrò la stanza da dove erano usciti Riker e Nick.
«Ecco a voi il nuovo arrivato alla Dalton, Kurt Hummel. Buongiorno Kurt!» salutò con tono professionale.
«B-buongiorno.» sorrise leggermente confuso, terminando di mettersi la giacca della divisa. Come faceva quel ragazzo a sapere il suo nome?
«Com’è stato la tua prima serata con Nick e Riker?» Kurt, inquadrato in primo piano, sospirò roteando gli occhi. Una serata di quasi totale insonnia non era stata per niente semplice.
«Riker, dammi i boxer!» urlò la voce di Al dal corridoio.
«Cosa succede lì fuori?» chiese Kurt allarmato poiché non era a conoscenza di quello che stava accadendo.
«Oh, il solito… Riker e Nick fanno casino. Uno ha rubato la scarpa di David, l’altro i boxer di Al.»
Kurt rimase colpito dalla tranquillità con cui il ragazzo parlò, sembrava essere una cosa di normalità quotidiana.
«Oh.» riuscì a rispondere sorpreso.
«Scusa Kurt, devo riprendere. Vieni!» il ragazzo nipponico sparì dalla camera, fiondandosi in corridoio.
Riker teneva lontani i boxer dal loro proprietario.
«Riker, dammi i boxer!» il biondo spalancò la bocca, fingendosi offeso.
«Dopo tutto quello che abbiamo passato, preferisci dei boxer a me?» si avvicinò alla ringhiera, ed anche lui, come il suo amico, sporse l’indumento verso il piano inferiore. «Non ci provare!» sibilò David.
Sul viso di Riker e Nick comparve un ghigno.
«Perché non dovremmo?» chiese Nick abbassando la scarpa.
«Non ci provare.» ringhiò David.
«Ti prego, Riker. Lascia stare le mie mutande.»
«In questi momenti mi sento tremendamente potente.» disse il biondo rivolto al suo compare.
In un secondo David ed Al stavano correndo verso di loro a grandi passi, gli altri due sorpresi sorrisero l’uno all’altro e lasciarono cadere gli indumenti al piano inferiore.
«NO!» urlarono i due proprietari, sporgendosi dalla ringhiera. Si voltarono sconvolti verso la coppia di amici che, un passo dietro di loro, erano piegati in due dalle risate.
«Non ci credo che l’abbiate fatto.» disse sconvolto Al.
«Oddio! Gran colpo, Nick!» disse Riker, alzando un cinque che fu ricambiato all’istante. Entrambi poi si voltarono i due ragazzi alla ringhiera.
«Vendetta.» disse il moro, scrollando le spalle.
«La scorsa settimana ci avete rigirato i letti.» finì la frase il biondo.
«Perché avevate trasformato il mio budino in sbobba verde!» replicò Al.
Gli altri due si scambiarono uno sguardo:
«Non abbiamo mai fatto una cosa del genere.» rispose Riker. «Anche se effettivamente non è male.»
«Allora chi sarebbe stato?»
Dalla folla di ragazzi che si era creata in corridoio, si sentì una fragorosa risata.
«WES?» domandò stupito David. Il ragazzo dai tratti asiatici cercò di trattenersi.
«Scusami, non ho resistito.»
«Non ci credo.» disse esasperato Al, sollevando le braccia al cielo.
«Grande Wes!» urlarono in coro Riker e Nick.
David stava per aprire bocca, quando intervenne Francis, come sempre impeccabile. «Smettetela voi e muovetevi o farete tardi alle lezioni.»
«Ma…» stava per replicare il ragazzo color cioccolata.
«Niente storie, andate a riprendere le vostre cose ed andate a vestirvi.» ordinò indicando le scale curve di marmo che portavano alla stanza circolare sotto dormitori.
«Questa ce la pagherete…» minacciò Al puntando due dita all’altezza degli occhi verso gli altri due.
«Attento al vestito!» gli urlò dietro Nick ridacchiando.
«Possibile che voi due dobbiate fare una cosa del genere ogni giorno?» domandò Blaine, avvicinandosi a loro.
«Prendilo come un marchio di fabbrica.» rispose Riker con un ghigno.
King inquadrò l’ultima scena, seguendo con la telecamera Riker e Nick che se ne andavano assieme.
«Cosa ne pensa di questa storia, signor Anderson?» chiese, facendo un primo piano sul ragazzo, il quale sorrise, scuotendo la testa.
«Come al solito, King.» rispose, per poi andarsene, seguito dall’obbiettivo della telecamera grigia.
«E con questo è tutto.» disse il ragazzo asiatico «Qui King Lawrence, che vi lascia la linea dalla Dalton Academy.»
*****

Kurt mise l’ultimo libro nella sua borsa quando sentì bussare alla porta alle sue spalle. «Sì?» Il ragazzo castano si voltò di scatto, mentre la porta si aprì.
«Ehi, Kurt.» Blaine stava fermo sulla soglia con una mano stretta alla cinghia della borsa e l’altra alla maniglia.
Kurt fu piacevolmente sorpreso da tale visita:
«Ciao.» salutò, formando un leggero sorriso.
«Allora sei pronto?» domandò il moro, facendo un passo nella stanza.
La camera in cui Kurt dormiva era piuttosto grande e comprendeva tre letti singoli. I due disposti alle pareti laterali erano completamente sommersi da vestiti e libri, a differenza di quello di fronte alla porta che era perfettamente libero e rifatto.
La stanza era illuminata da un’alta finestra posta all’angolo destro semicircolare della stanza, preceduto da un piccolo balcone.
Accanto ad ogni letto stava un armadio, i due laterali erano aperti, colmi di vestiti in disordine, mentre quello accanto al letto di Kurt era chiuso, con un’enorme valigia aperta che straripava vestiti.
«Ho saputo che abbiamo entrambi letteratura alla prima ora.» disse Blaine, sfoderando un sorriso «Pensavo potessimo andare in classe insieme.»
Kurt rimase senza parole a bocca semiaperta:
«E-ehm oh, sì certo.» sul suo viso si formò un leggero sorriso. Blaine era venuto a prenderlo in camera sua… per quale attimo gli sembrò mancare il fiato.
Si riprese dopo poco chiudendo velocemente la borsa, per avvicinarsi all’altro ragazzo, che gli sorrise e con un gesto della testa lo invitò ad uscire.
«Allora che tipo è questo professor Peterson?» chiese Kurt al suono della campana.
Assieme a Blaine entrò nell’aula di letteratura, era una stanza ampia, come tutte le classi del resto, occupata da due lunghe file di banchi posti a coppie di due. Lungo la parete sinistra dell’aula stavano tre alte finestre che illuminavano l’intera stanza, dalla parte opposta la porta di ingresso davanti alla quale si trovava la larga cattedra.
«Diciamo piuttosto particolare... Si fa facilmente prendere dalla lezione, ma è un buon professore.» rispose il moro, posando i libri in una delle file.
«Capisco.» Kurt si fermò accanto a Blaine «Ti... dispiace se mi metto...?» cercò di chiedere indicando il posto accanto al suo amico.
«Oh no, certo che no. Non abbiamo posti prestabiliti, tranquillo.» sorrise l’altro, invitandolo a sedersi con un gesto della mano.
Il ragazzo castano posò sul banco la sua piccola pila di libri, notandone quello che stava in cima. Era più piccolo degli altri ma spesso, aveva la copertina color verde bottiglia e nel centro una raffigurazione di una donna su un balcone ed un uomo, subito sotto, rivolto verso di lei.
Kurt realizzò subito di cosa si trattava.
«Romeo e Giulietta!? State facendo Romero e Giulietta!?» Blaine sorrise all’esaltazione del ragazzo.
«Sì, ti piace?» chiese sorridente, mettendosi a sedere.
«Oh sì, certo che sì! È una storia d’amore meravigliosa! Chi disprezza quest’opera è un pazzo.»
Il ragazzo moro stava in silenzio ad ascoltare il suo amico con un sorriso stampato sul viso. «Mi avrai preso per matto.» borbottò Kurt, notando il suo sguardo.
«Oh no, no!» si corresse subito l’altro «Veramente anche a me piace molto, ma trovo sempre divertente ascoltare qualcuno che la apprezzi così tanto.»
Kurt sorrise con leggero imbarazzo, voltandosi verso l’altro ragazzo che non solo aveva i suoi stessi gusti ma soprattutto lo accettava per chi era. Avrebbe potuto trovare qualcuno migliore?
«Questa roba la reputo ufficialmente una palla!» urlò Nick entrando in classe con le braccia al cielo.
«Non l’hai neanche letta!» rispose dietro di lui David.
«Vuoi che non conosca l’andare della storia? Devi sapere che non sono così ignorante sai?» «Oddio, quante scemate tirerai fuori in un giorno...!» questa volta fu Wes a parlare, il quale era appena entrato.
«Ragazzi, scusate il ritardo.» un uomo dai capelli e barda argentati, magro e vestito con un lunga maglia panna, entrò nella stanza, posando la sua pila di libri sulla grande cattedra. «Oh sì, è sempre in ritardo.» disse Blaine all’orecchio del suo compagno.
«Allora...» disse il professore voltandosi verso la classe «Ho saputo che abbiamo un nuovo ragazzo tra noi.» l’uomo sorrise, cercando con lo sguardo la figura nuova. «Benvenuto Kurt.» salutò infine, formando delle piccole rughe attorno ad un sorriso che era appena spuntato.
«Grazie.» rispose il ragazzo. Blaine accanto a lui sorrideva, mentre sfogliava silenzioso il libro della tragedia Shakespeariana.
«Noi con il programma siamo a Shakespeare. Stiamo leggendo l’epica storia di Romeo e Giulietta. La tragica storia d’amore tra la giovane Capuleti ed il romantico Montecchi, ai quali viene negata la loro passionale storia d’amore dalle loro famiglie nemiche da generazioni!»Il professore iniziò a gesticolare con ampi movimenti delle braccia, camminando da una parte all’altra dell’aula con il viso rivolto verso l’alto.
Kurt tentò in ogni modo di nascondere un sorriso divertito, il quale però fu inevitabile con Blaine che gli si avvicinò all’orecchio:
«Te lo avevo detto che era un tipo.» sussurrò ridacchiando.
Kurt si voltò verso di lui con un sorriso, mantenendo poi lo sguardo per qualche attimo con quello dell’altro ragazzo.
«Ecco, Kurt. Spero sia chiaro.» disse il professore rivolgendosi al nuovo arrivato. Il ragazzo castano tornò alla realtà, rivolgendosi nuovamente al professore.
«Sì, signor Peterson.»
*****

Kurt uscì dall’ultima lezione prima di pranzo in una volata, portò elegantemente la borsa sulla spalla, iniziando ad avviarsi verso la mensa tra la folla degli altri ragazzi in uniforme.
Si sentiva così strano a essere perfettamente ugualeagli altri, si guardava attorno e non vedeva altro che cloni, tutti con la stessa divisa, tutti con lo stessi libri, che camminavano a coppie o in gruppi di tre. Quanto gli mancava tutta la diversità di colori che trovava nei corridoi del McKinley...
In quel momento sentì il cellulare suonare nella sua borsa a tracolla, sullo schermo c’era una parola che fece formare sul viso tondo del ragazzo un largo sorriso.
«Pronto!» disse in tono armonico Kurt.
«Chi sentono le mie orecchie!» esclamò felice l’inconfondibile voce della sua amica dall’altro capo del telefono.
«Ciao Mercedes.» sul volto del ragazzo comparve un tenero sorriso, incontenibile al sentire quella voce dopo tempo.
«Ciao, tesoro. È troppo che non ci sentiamo, dovresti saperlo! Che modi sono questi di non chiamare, eh?»
«Perdonami, Mercedes. In questi giorni è stato un puro caos. Mi... dispiace.»
«Stai tranquillo. Non ci sono problemi, lo sai che stavo scherzando.» La ragazza sorrise, fermandosi dall’armeggiare rumorosamente dentro il suo armadietto nel rumoroso corridoio del McKinley. A quelle parole anche Kurt sorrise, solo in quel momento, sentendo la voce dell’amica dopo giorni, si era reso conto di quanto in realtà gli mancasse. «Piuttosto dimmi.» Mercedes spezzò il silenzio che si era creato «Come va lì?» Chiuse l’armadietto, prendendo al volo il libro che gli sarebbe servito per l’ora successiva al pranzo.
«Tutto bene direi, la scuola è come sembrava, l’opposto del McKinley. I professori sembrano essere a posto, nonostante qualche personaggio fuori dalla norma, i ragazzi beh... sì, dai a posto anche loro. Tutto nella norma.» Kurt scrollò le spalle, mentre si mise a sedere ad un tavolo vuoto della mensa.
«Bene direi, l’importante è che tu ti trova bene.» ripose l’altra «Sono contenta di sentirti più rilassato. Lo sai, quando hai bisogno di una mano basta tu faccia una chiamata. Non esitare. » sottolineò l’amica ridacchiando.
«Non lo farò, tranquilla. Sarai la prima a sapere le cose.» Ed un sorriso colpevole si formò sul viso di Kurt quando disse quelle parole, ripensando a come non avesse detto niente del suo trasferimento alla sua amica, come fosse stato tutto così immediato e senza preavviso. Quello sguardo non l’avrebbe mai dimenticato.
«A proposito di notizie... Come va lì con Blaine?» La ragazza si stava avviando verso la mensa con un sacchetto di carta in mano ed il cellulare nell’altra «Non credere che non ci pensi a queste cose.» disse in un sorriso.
In quel momento Blaine si sedette di fronte a Kurt con un largo sorriso, posando il suo vassoio di fronte a sé, salutò il suo amico con un gesto della mano, facendogli capire che avrebbe aspettato la fine della telefonata per parlare con lui. Il ragazzo castano sorrise annuendo in risposta.
«Tutto come al solito. Si aspetta.» rispose Kurt con un ghigno, senza distogliere gli occhi dalla figura di fronte a sé che stava esaminando il suo piatto di pasta. Blaine poteva dire quello che voleva, ma quel cibo confronto alla mensa del McKinley era pura ristorazione di alta classe. «Dobbiamo incontrarci un giorno di questi comunque.»
«Questo è certo, caro mio!» replicò quasi sconcertata la ragazza color cioccolata «Sto aspettando il weekend proprio per vederti, se tu non lo sapessi. Sabato da Breadstix, niente scuse.» Kurt sentì un’altra voce femminile venire dall’altro capo del telefono. «--E' Kurt? Allora digli che ci vediamo là, vengo anch’io.--»
«Rachel dice che ti vuole vedere, ci vediamo sabato. Non dimenticare.»
«Salutamela, e sì, ci vediamo là. Non me ne dimenticherò.» sorrise il ragazzo, prendendo un sorso d’acqua. «Ti saluto, Mercedes. Ti racconterò tutto per bene Sabato.» aggiunse guardando Blaine di fronte a sé masticare il boccone con la bocca piena.
«Ok... Salutami Blaine, lo so che è lì tanto.» disse ridacchiando «Uh, ti saluta Rachel. Un bacio, Kurt. Ti aspetto Sabato!» Mercedes non diede neanche tempo di rispondere al ragazzo o di capire come avesse fatto la sua amica ad intuire che Blaine fosse lì con lui, che attaccò. «C-ciao.» salutò, chiudendo la telefonata, stranito osservò l’oggetto per poi rivolgersi al ragazzo moro «Ti saluta Mercedes.»
«Grazie! Salutamela anche tu quando la risenti. Spero non si sia annoiata troppo al nostro appuntamento la volta scorsa.»
A Kurt mancò il fiato... lo aveva appena chiamato “appuntamento”?
«Oh.. n- no per niente, tranquillo.» rispose il ragazzo.
«Bene, sono contento.» Il ragazzo moro sorrise, prendendo un altro boccone del suo pasto.
Tra i due nacque un momento di silenzio, riempito solo dallo sguardo in contemplazione di Kurt verso l’altro, improvvisamente al suo fianco comparve Nick.
«Ehilà, gente!» con un largo sorriso si mise a sedere, preparandosi a mangiare, Kurt non fece in tempo a rispondere che accanto a Blaine comparve l’immancabile Riker.
«Che fai Kurt, mangi senza cibo?» domandò quest’ultimo con un ghigno sul viso. «Come fai?»
«Riker, non hai visto che Kurt era impegnato in altro?» Sul viso di Nick comparve un enorme ghigno, che fu ricambiato senza nessuna esitazione.
«Oh sì, era al telefono e non ha fatto in tempo a prendere da mangiare.» rispose ingenuamente Blaine, il quale non si era minimamente accorto dell’espressione dei due nuovi arrivati.
Kurt, a differenza di quest’ultimo, sentì il fiato mozzarsi, era davvero così evidente? «Sì, mi ha chiamato un’amica che non sentivo da parecchio. Ed ora scusatemi, vado a prendermi il pranzo. Non parlatemi alle spalle.» sottolineò prima di alzarsi ed andarsene dal tavolo.
Riker e Nick lo guardarono allontanarsi con aria innocente, mentre Blaine confuso e completamente ignaro di ciò che l’altro intendesse, prese un altro boccone.
«Di che sta parlando?» domandò, indicandolo con la forchetta. Gli altri due fecero spallucce:
«Non dobbiamo parlare di lui alle sue spalle.»
*****

«Oh, oh, oh quindi aspettate... non si è reso conto che lo stava fissando?» domandò incredulo Wes, posando il suo bicchiere di carta sul tavolino.
«Per niente! Sono quasi sempre più convinto che abbia qualche problema alla vista.» disse Nick, sbuffando.
«Non è possibile con quegli occhioni che si ritrova sarebbe contro natura.» rispose tranquillo David, portandosi il suo caffè alla bocca «Deve solo decidersi a svegliarsi.»
«Da quello che sembra però sembra gli serva un bella botta!» esclamò Riker sollevando entrambe le sopracciglia.
I quattro ragazzi si trovavano al Caffè vicino scuola, seduti attorno al tavolo, ognuno con il proprio bicchiere in mano. Dato che avevano l’ora libera e un attimo di respiro prima delle prove con gli Warbles, avevano deciso di venire a fare una bevuta.
David scrollò le spalle:
«Sapete com’è Blaine, prima o poi si rinverrà.»
«In un futuro lontano dove le mucche voleranno e gli alberi parleranno.» disse Nick guardando in alto con aria sognante.
«Oppure... gli diamo noi la botta.» disse in un ghigno Wes.
«E come vorresti fare? Conoscendoti, saresti capace di tirargli una botta con una mazza da baseball.» rispose David, inarcando un sopracciglio.
«Sarebbe comunque utile, ma non so... un modo si troverà, no? Voglio dire, basta solo fargli capire che--»
«Credo la cosa migliore sia lasciare le cose come stanno, se deve accadere accadrà. Non dobbiamo interferire noi.» spiegò semplicemente David, bevendo un altro sorso di caffè.
«Sarà il destino a decidere per noi!» esclamò con tonalità bassa Nick.
«Nonostante potesse evitare questo tono da conquistatore del mondo, sì, Nick ha ragione.»
«Davvero?» domandò sorpreso Wes.
«Sì, non possiamo interferire così tanto nella vita altrui. Se veramente deve accadere qualcosa, accadrà. Oltretutto è possibile che interferendo, combineremmo qualche guaio.»
«Odio quando ti prendono questi momenti di serietà. Sei troppo... saggio.» disse Riker, fingendo di rabbrividire.
«Lo chiamano dono.» sghignazzò bevendo un altro sorso.
Accanto a lui, Wes lo osservava in silenzio con labbra serrate. Sapeva che quel discorso derivava dalla sua recentissima esperienza con la sua, ormai, ex, Emma. La troppa gelosia e la “mancanza di fiducia”, avevano portato i due a rompere, fortunatamente non in maniera brusca, ma il ragazzo ancora ne soffriva.
Wes aveva rotto qualche tempo prima, ma a differenza del suo amico, non ne risentiva, anche perché il suo era stata una rottura “concordataria” per una questione di “incompatibilità”.
Il ragazzo color cioccolata si voltò verso di lui, abbozzando un piccolo sorriso che fu ricambiato da uno sguardo del suo amico.
«David ha ragione.» disse Wes, voltandosi verso gli altri due «è meglio non creare dei danni, mettiamoci il naso solo quanto necessario, se le cose devono accadere, accadranno.»
Riker e Nick davanti a loro si scambiarono un veloce sguardo, il moro storse leggermente le labbra, per poi tornare a guardare gli altri due:
«Per quanto ci possa dispiacere... Ci stiamo, avete ragione.» disse Nick.
«Chiedo comunque il permesso di aiutarlo... non posso starmene con le mani in mano tutte le volte. Quando ci vuole, ci vuole.» Riker si appoggiò al tavolino, bevendo un sorso del suo caffè.
«Ragazzi, non vogliamo dire che dobbiamo starcene con le mani in mano, da amici che siamo dobbiamo agire tali, ma non prendere il controllo della sua vita.» spiegò Wes. Riker spalancò gli occhi verso quest’ultimo:
«Anche tu Wes? Ma c’è qualcosa nel caffè per caso che vi rende così saggi?» chiese Riker terrorizzato, guardando dentro il suo bicchiere.
«Idiota.» sbottò Wes, inarcando un sopracciglio.
«Piuttosto diteci.» iniziò David ridacchiando «Com’è questo Kurt? Io e Wes non abbiamo mai avuto occasione di conoscerlo, com’è stato passare la notte in camera con lui? Che tipo sembra?»
I due ragazzi si scambiarono uno sguardo:
«Pignolo.» risposero all’unisono.
«Per non dire poi acidello.» disse il biondo.
«E assai diretto.» disse l’altro.
«E' un fanatico della moda.»
«Fissato con la detersione del viso.»
«Per non parlare della pulizia in generale.»
«Meno male.» disse David in un sorriso «Vi servirà un tipo così. Per poter vivere in quella discarica che voi chiamate camera.»
«Addirittura discarica questa volta!?» domandò incredulo Nick.
«Tra discarica, porcile, pollaio, giungla di sporcizia... proprio ci detesti!» esclamò Riker.
«Non è colpa mia se le cose sono come stanno. Provate a renderla vivibile e non la chiamerò in quel modo!»
«Quante storie per un po’ di confusione!» sbuffò Nick.
«Ragazzi, credo sia l’ora di tornare verso scuola.» intervenne Wes guardando l’orologio appeso al muro «Tra poco ci saranno le prove.»
I ragazzi annuirono, e nel mentre si alzavano Riker si voltò verso David:
«Ti tengo d’occhio, amico.» disse puntandogli due occhi all’altezza degli occhi, al quale gesto scoppiarono a ridere, uscendo dal Caffè.
*****

Kurt chiuse delicatamente la porta della camera, ora che Nick e Riker non c’erano era riuscito a mettere un po’ di ordine, e fiero di sé, iniziò ad avviarsi verso le prove degli Warblers. Velocemente scese le scale dei dormitori, ritrovandosi nella sala comune, prima di uscire dall’anta delle camere decise di passare dalla cucina per prendere un bicchier d’acqua.
Il ragazzo non trovò nessuno durante il tragitto, entrò nella cucina e prese dell’acqua, ovviamente potabile, dal rubinetto. In quel momento un rumore catturò la sua attenzione ed alle sue spalle Kurt trovò un ragazzo moro seduto al tavolo divorare qualcosa da dentro una scatole poggiata di fronte a lui.
«Al?» domandò il ragazzo castano cercando di capire se fosse veramente lui. Questo alzò la testa e guardo l’altro con il viso completamente coperto di panna montata:
«Ti prego, non dire niente a Nelson.»
«Co- cosa dovrei dire? Perché sei coperto di panna?»
«Queste sarebbero le sue ciambelle... Ma avevo fame ed era l’unica cosa che avevo trovato in frigo e lui mi aveva detto che li aveva comprati per questioni di urgenza, se tipo a mezzanotte gli veniva fame. Mi era venuta fame e le ho trovate, e mi andavano... Non dire niente a Nelson, ti prego!» Al abbassò la testa, strizzando gli occhi. Kurt rimase immobile di fronte a lui con il bicchiere in mano, incapace di dire una parola.
«Non pensi che lo scoprirà in ogni caso?» chiese «Insomma, le sue ciambelle non possono sparire così dal nulla, se capisci quello che intendo.»
«Quindi...» il ragazzo moro sollevò la testa con aria afflitta «glielo dirai?»
Kurt sospirò, scuotendo la testa, si avvicinò al suo compagno porgendogli un tovagliolo di carta.
«No, non dirò niente... ma sto solo dicendo che lo verrà comunque a sapere se vede la scatola delle ciambelle vuota.»
Al prese l’oggetto offertogli sorridente:
«Quello non è un problema, appena finite le prove andrò a comprarne altre. Mi ricordo quale prende, sono sempre i soliti: cioccolata, panna montana, quello giallo con lo smile e poi quest’ultimo alle fragole ancora intatto.» indicò il piccolo dolcetto con decorazioni rosse. «Lo vuoi?» chiese a Kurt porgendoglielo. Questo osservò il dolce per qualche istante, esitante sul prenderlo per le calorie che aveva, poi sollevò lo sguardo sull’altro ragazzo che sorrideva dietro la scatola di cartone. «Non fare complimenti! Tanto vado a ricomprarli tutti.» A quel punto il ragazzo castano sorrise:
«Facciamo a metà dai.»
Non ci sarebbe mai riuscito da solo.
*****

«Come ti sembra per adesso la Dalton? Ti piace?» domandò Al al ragazzo che camminava accanto a lui.
«Oh sì, è piuttosto diversa dalla mia vecchia scuola, ma è sicuramente meglio.» rispose Kurt, abbozzando un piccolo sorriso. Per quanto cercasse di non pensarci, gli mancavano i suoi amici delle New Directions, non vedeva l’ora che arrivasse sabato per rivederli, tutti o almeno alcuni.
«Sono sicuro ti piacerà la Dalton, sotto sotto è figa come scuola, basta solo prenderci l’abitudine.» Al rivolse un enorme sorriso all’altro, il quale rispose a sua volta con un piccolo sorriso, quando la sua attenzione fu catturata da dei forti rumori e il suono di un piano. Venivano dall’aula di canto.
«Hanno già iniziato le prove? Senza neanche aspettarci?» Al affrettò il passo, aprì leggermente la porta e si intrufolò dentro la stanza, sparendo dalla visuale di Kurt. Quest’ultimo fece lo stesso, una volta entrato nell’aula trovò infondo alla stanza Francis intento a suonare il pianoforte a corda, formando una melodia familiare alle orecchie di Kurt, e nel frattempo i ragazzi, disposti in ordine sparso nella stanza, battevano a tempo le mani su i tavoli.
For those days we felt like a mistake,
Those times when loves what you hate,
Somehow,
We keep marching on.

Blaine si avvicinò al centro della stanza, iniziando a cantare sul coro che formavano gli altri ragazzi, con un dito puntato verso l’alto ruotava lentamente attorno a sé stesso, fermandosi poi sorridente verso di Kurt.
There’s so many wars we fought,
There’s so many things we’re not,
But with what we have,
I promise you that,
We’re marching on,

Il ragazzo castano sorrise debolmente, abbassando la testa. In un secondo istante fu strappato da dove si trovava, e portato in mezzo agli altri ragazzi che lo incoraggiarono a cantare con loro.
Il coro alle sue spalle continuò a cantare:
We’re marching on
We’re marching on.

Blaine annuì a ritmo di musica, voltandosi poi verso gli altri suoi compagni. Lo sguardo di Kurt stava fermo sulla figura solitaria che si muoveva con tanta grazia quanta sicurezza davanti a lui.
For those doubts that swirl all around us,
For those lives that tear at the seams,
We know,
Were not what we’ve seen.

Il cantante solista si mise a ballare facendo dei cerchi su sé stesso, mentre il coro dietro di lui si formava attorno a lui.
For this dance well move with each other.
There ain’t no other step than one foot,
Right in front of the other.

In quel momento gli sguardi di Kurt e Blaine si incrociarono ed i due ragazzi sorrisero l’uno all’altro. Quello moro con un gesto della mano invitò l’altro a prendere parte del suo assolo, quale non fu assolutamente rifiutato.
Blaine attaccò, guardando negli occhi di Kurt con aria apprensiva:
There’s so many wars we fought,

Kurt sorrise amaramente ripensando a tutto ciò che aveva vissuto, ma l’idea di trovarsi a sicuro in quel momento accanto a lui, lo rassicurava come mai prima.
There’s so many things we’re not,
Le loro voci si mischiarono in perfetta armonia formando il nuovo duetto.
But with what we have,
I promise you that,
We're marching on.

Gli amici di Blaine, notando il tutto, sorrisero l’uno all’altro, forse non c’era necessità di questa botta divina per svegliare il cantante.
We’re marching on
We’re marching on.
Well have the days we break,
And well have the scars to prove it,
Well have the bonds that we save,
But well have the heart not to lose it.

Silenzio. Nella sala calò un secondo totale di silenzio, colmato dagli sguardi consapevoli e comprensivi dell’altro tra i due cantanti solisti. I quali sorrisero e Blaine annuendo a ritmo riprese a cantare, seguito poi da Kurt.
For all of the times we’ve stopped,
For all of the things I’m not.

I due iniziarono a camminare l’uno incontro all’altro, non guardando altro che lo sguardo del ragazzo che avevano di fronte.
We put one foot in front of the other,
We move like we ain’t got no other,
We go when we go,
We’re marching on.

Gli occhi di Blaine si illuminarono mentre un altro enorme sorriso si formò sul suo viso, dopo di che si voltò, andando da solo al centro della stanza per cantare.
There’s so many wars we fought,
There’s so many things were not,
But with what we have,
I promise you that,
We're marching on,
We're marching on
We're marching on.

Tutto il gruppo iniziò a spostarsi passetto per passetto da destra a sinistra, seguendo le parole del testo.
Right, right, right, right left right,
Right, right, right, left, right,
Right, right,
We're marching on.

La canzone terminò e con essa la coreografia del club, il quale scoppiò nell'ennesimo boato di gioia.
  
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