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Autore: rui    15/06/2011    4 recensioni
"Le grida sovrastavano la musica. Ansimavo leggermente e sulla mi fronte vi era un velo di sudore: quel tipo si era rivelato piuttosto duro da battere. Diedi una rapida occhiata in giro... e lo vidi. Appoggiato al muro, un tavoletta di cioccolato fondente in mano e gli occhi di ghiaccio che mi trapassavano. Per un attimo fui catapultata indietro di alcuni anni: un passato che avrei voluto dimenticare per il troppo dolore patito. Perché 'lui' era qui?"
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri personaggi, Mello, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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_Pioggia

Dovevamo svolgere una commissione per Joe in una città vicina: avrebbe impegnato tutto il pomeriggio e per questo spronai tutti a mantenere i 90 km/h costanti. Per sbrigare l'incombenza bastava una sola persona, ma noi facevamo tutto insieme: era una specie di consuetudine, che sfruttavamo tutte le volte possibili. Mi strinsi a Boris, il vento mi faceva svolazzare i capelli castani. Ero una persona un po' strana: avevo paura di guidare una moto, ma, contrariamente, adoravo andarci come passeggera. Cinque moto, cinque ragazzi. Mi guardai indietro e vidi Peter: robusto di corporatura e con una zazzera mora in testa, adorava la tecnologia e inventava congegni di ogni genere. Dietro di lui sopraggiunse Jack, suo fratello gemello, appassionato di enduro. Ed ecco il punto nero della famiglia, almeno (anzi, solo) per me: Simon. Alto, muscoloso, forte nel combattimento e terribilmente infantile: mi odiava (e io odiavo lui) perché ero più brava di lui e non faceva che importunarmi in ogni modo. Sean ci si affiancò: attraverso la visiera vidi che mi faceva l'occhiolino. Quanto gli volevo bene.

Sulla strada del ritorno cominciò a piovere. Io tenevo la scatola sigillata da dare a Joe e una busta di plastica per Matt. Mi guardavo intorno, assorta nel paesaggio delle campagne sotto l'acqua, per cui non ero pronta quando Boris frenò, così gli sbattei addosso. Posai lo sguardo sulla strada: al centro di essa, c'era ferma una moto.  Il conducente scese, con movimenti lenti ed esibizionisti, si tolse il casco e rimase immobile: i capelli neri gli contornavano il viso giovane su cui era stampato un sorriso strafottente. Sospirai: non avevo tempo da perdere, con Roger e tutto il resto. Battei la mano sulla schiena di Boris. Questi fece un cenno con la testa agli altri e ripartimmo, sorpassando il ragazzo. Eravamo ancora abbastanza vicini quando avvertii un rumore metallico. Mi voltai giusto in tempo per vedere lo sconosciuto con in mano un revolver, sparare alla volta di Peter. Colpì ripetutamente la ruota posteriore e la moto sterzò bruscamente, complice la strada bagnata, per poi finire rovinosamente a terra. Appena Boris si fermò, scesi per aiutare Peter, che aveva una gamba sotto il veicolo.
-Mi fareste la cortesia di darmi quella scatola?- chiese il ragazzo, ancora con il revolver in mano, avvicinandosi.
Mi alzai, sostenendo Peter. Lo caricai sulla moto di Jack e consegnai gli oggetti a Boris. Poi tornai a fissare torva il ragazzo.
-Mmh.. devo prenderlo per un no?-
Alto, muscoloso, avrà circa vent'anni... sa maneggiare la pistola e sembra essere perfettamente a suo agio a minacciare con quella, riflettei inoltre, se proviamo ad andarcene di nuovo, sparerà. Che diamine!
Sbuffai: -Ti dispiace se spostiamo la conversazione a lato della strada?-
Rise, ma tornò indietro, sempre tenendoci sotto tiro, e spostò la moto. Anche noi ci muovemmo nel campo vicino.
Simon sgasò, facendo percepire tutta la sua impazienza: -Cerca di non metterci troppo.-
Aspettai avesse posizionato la moto, poi mi misi in posizione: -Sei pronto?-
Rise di nuovo: -Rinunci all'effetto sorpresa.-
-Non sono una vigliacca. Allora?-
-Certo.-  si mise la pistola alla cintura e attese.
Iniziai a correre verso di lui, elaborando tutte le possibili contromosse e strategie. Ero a pochi passi da lui quando feci per colpirgli le caviglie. Come previsto, saltò e io non mi feci attendere: lo afferrai per la nuca e lo schiacciai a terra. Feci un balzo in modo da osservare la reazione. Stranamente, rideva. Abbassai per un secondo la guardia e lui ne approfittò, scattando verso di me e afferrandomi per un braccio e tirandomi nel fango. Repentinamente, gli tirai un calcio sul mento e con l'altro piede colpì il basso ventre. Si piegò in avanti e ne approfittai, per scavalcarlo, a mo' di cavallina. Si girò e partì una raffica di calci e pugni. Non era male, ma non avevo il tempo di restare ad ammirarne la tecnica. Dopo avergli colpito il mento con il palmo rigido della mano e averlo fatto indietreggiare, gli afferrai la pistola dalla cintura e gliela puntai contro. Si immobilizzò, consapevole che la lotta era finita e che aveva perso. Era tutto sporco di terra e il sangue gli usciva dal naso. Io non dovevo essere messa meglio, a eccezione che, al posto del naso rotto, sentivo il labbro pulsare. Mi allontanai, andando verso gli altri e mi accinsi a montare in sella. Prima, però, sparai alla moto del ragazzo e gli resi inutilizzabili le ruote. Senza una parola, ce ne andammo. Dall'altra parte del campo, però, sentii imprecare.

-Oh diavolo ma che ti è successo?!-
Dire che Matt era sconcertato era dire poco: se ne stava ferma davanti a me, con la bocca aperta, gli occhi a palla e le mani nei capelli.
-Ehm... Lotta nel fango.- sorrisi, porgendogli la busta -Se qualcuno te lo chiede, sono inciampata e caduta per terra.-
Matt prese meccanicamente la busta, contenente sigarette e giornali... per adulti.
-Vado a farmi una doccia: se Roger mi vede così è la volta buona che mi espelle.-

Il getto di acqua calda fu come un morbido abbraccio: mi liberò dallo sporco e dal sangue e mi regalò un po' di tranquillità. Mi concessi mezz'ora, poi uscii, coprendomi con un asciugamano. Mi osservai allo specchio: il labbro gonfio aveva un piccolo taglio superficiale e le braccia erano rigate da alcuni graffietti. Era bravo. constatai con riluttanza.
Avevamo portato la scatola a Joe e avevamo concordato di aprirla tutti insieme il giorno dopo. Joe, come al solito, si era arrabbiato e mi aveva ricordato che dovevo fare più attenzione se non lo volevo vedere stramazzare al suolo di crepacuore. Come se le persone morte di arresto cardiaco fossero poche... c'era quell'assassino, Kira, che si credeva dio e decideva la vita altrui. Per fortuna L aveva preso le direttive del caso: di sicuro l'avrebbe risolto.
Mancava poco a cena, così mi preparai in fretta. I capelli castani erano lisci e arrivavano poco prima delle spalle, e gli occhi erano marroni. Il più anonimo possibile! Avevo un fisico niente male: alta, magra, seno non esageratamente prosperoso. Non che mi piacessi, ma mi reputavo una ragazza dalla bellezza passabile.
Stavo uscendo dalla mia stanza, quando sentii un forte dolore al petto, all'altezza del cuore. Le gambe mi cedettero e caddi a terra, semi cosciente. Le immagini erano sfocate, ma riuscii a vedere una chioma bionda correre verso di me. Mello. Aveva la camera in fondo al corridoio ed era probabile che stesse andando a cena pure lui.
-Rui!- mi sollevò la schiena da terra e aspettò che mi riprendessi.
-Che cos'è successo?- mi chiese poi, con la solita voce ferma e fredda. Incontrai i suoi occhi azzurri, glaciali, ma velati dalla preoccupazione.
-Ho avvertito un forte dolore al petto, come se qualcuno me lo trapassasse, e non sono riuscita a reggermi in piedi. Dev'essere stato un dolore intercostale.-
-Non credo.-
-Beh, fa lo stesso: adesso sto bene.- feci per alzarmi, ma lui mi trattenne per un braccio e mi inchiodò a terra con lo sguardo. 
-Dobbiamo andare a mangiare- ribattei.
Come risposta ricevetti uno sguardo inflessibile.
-Mello...- feci più dolcemente -Sto bene, davvero...-
Il biondo sbuffò e mi lasciò alzare, ma rimase attento ad ogni mio segno di cedimento.
-Che hai fatto al labbro?- chiese mentre scendevamo le scale.
-Sono caduta e ho sbattuto la faccia.-
La sensazione di freddo provata prima non accennava ad andarsene: mi sentivo a disagio, respiravo lentamente e tremavo. Avevo l'impressione che sarebbe successo qualcosa di brutto. Molto brutto.
-Ehi, dove vai?- mi chiese Mello. Mi accorsi di aver superato la mensa.
-Scusa... ero sovrappensiero.-
Il biondo mi dedicò un'occhiata sospettosa, che mi fece rabbrividire ulteriormente.
Stavo per entrare nella sala quando Mello parlò di nuovo: -Un giorno, voglio venire con te.-
-Al Phantom?-
Annuì.
-Come vuoi.- replicai.
Tanto non durerai un secondo...
Non avevo nulla contro di lui, ma quell'aria sicura e strafottente suscitò in me una strana emozione, ma non seppi dire quale. E non sapere le cose mi dava davvero fastidio. Così questa emozione venne chiamata "fastidio". Poteva almeno chiedere per favore oppure dire...
-Grazie.-
Gli bastò una parola per abbattere il mio bellissimo castello in aria e per farmi sentire in colpa. Astuto.

-Ragazzi separate i banchi. Verifica a sorpresa.- disse il professore, il giorno dopo.
Imprecai fra i denti: non avevo aperto il libro dall'ultima verifica e non sapevo da dove iniziare il saggio breve. Fui, però, fortunata: nello spostamento, capitai di fianco a Near. Alla Wammy's house nessuno sapeva della mia capacità, anzi nessuno lo sapeva punto, eccetto Joe, Sean e Boris, così decisi di approfittarne. Di sottecchi guardai i movimenti fluidi della sua mano e scrissi ogni sua stessa virgola. Come avevo previsto, Near finì prima dello scadere del tempo e questo mi concesse di modificare il testo, inserendo più sinonimi possibili, e fare una piccola aggiunta, come per provare a me stessa che almeno una cosa la sapevo. La campanella suonò e io consegnai il compito con gli altri: nessuno si era accorto di nulla.

Stavo per uscire quando fui convocata da Roger.
-Vorrei che facessi qualcosa per me.- cominciò.
-Veramente avr...-
Alzò una mano per zittirmi: -Ho bisogno di un elenco dei libri che sono nella sezione 3.-
-Ma mi occuperà tutto il pomeriggio!-
Mi fulminò con lo sguardo: -Allora inizia subito. Manderò qualcuno a controllarti ogni mezz'ora e, nel caso tu manchi all'appello, reputerò che tu sia  andata al Phantom.-
Me ne andai sbattendo la porta.
"Che rabbia! Si è vendicato alla fine! Dannato..."
Presi il cellulare e composi rabbiosamente il numero.
-Boris? Sono bloccata alla Wammy's... Non riesco oggi.-
-Fa niente...-
-Per via della scatola, va bene se rimandiamo a domani?-
-Non ti ricordi? Stasera Joe parte e sarà fuori città per due settimane!-
-Oh no! Allora non rimandate: fate pure senza di me!- sentii un'altra voce, probabilmente Joe.
-No, Joe ha appena detto che lo guarderemo quando tornerà. Nel mentre la scatola resterà chiusa in cassaforte.-
"Cosa conterrà di così prezioso?"
-Sei arrabbiato?- chiesi.
-No, assolutamente.-
-Simon mi tirerà addosso chissà quanti cancheri.-
-Già e tu gli risponderai per le rime, dopo di che inizierete a menarvi a vicenda e Sean si farà un occhio nero nel tentare di separarvi.-
Non potei trattenere una risatina: -Povero Sean! Ci rimette sempre lui!-
-Sei più tranquilla ora?-
-Sì, grazie. Ora devo andare: mi aspetta un pomeriggio di tortura. Salutami tanto Joe!-
Feci un profondo respiro e con esso chiamai a raccolta tutta la mia buona volontà e pazienza. Così mi avviai di buon passo verso la biblioteca.

Appena l'insegnante mandato da Roger se ne andò, mi accasciai su uno dei tavoli. Avevo riempito tredici interi fogli in cui avevo annotato titolo e autore di ogni singolo libro. La mano mi doleva e così pure la testa: quanto volevo dormire... Così pian piano gli occhi mi si chiusero.

Mi trovavo in uno dei corridoi della Wammy's house: le finestre erano chiuse e non c'era nessuno di giro a parte me. Le porte si innalzavano fino al soffitto, che era parecchie volte più alto che nella realtà: mi sentivo piccola e schiacciata. Doveva essere un sogno. Addosso ad una parete, c'era uno specchio: riflessa, vidi una bambina di tredici anni, dallo sguardo impaurito. Ero io due anni fa.
-Coraggio, non avere paura: da questa parte.- accanto a me era spuntato un vecchio signore vestito con un elegante completo nero. Vedendo quei capelli e quei baffi bianchi e quel sorriso bonario fui presa da un moto di nostalgia.
-Watari...- mi tenni stretta al suo braccio: era stato troppo il tempo in cui non lo avevo visto. Nonostante mi avesse portata via dalla mia casa e dalla mia famiglia, gli volevo molto bene.
-Va tutto bene.- mi spinse dolcemente verso una porta -Ti sta aspettando.-
Aprii titubante e finii per sprofondare ancora di più nell'oscurità. L'angolo più lontano era il più tenebroso. La porta si richiuse dentro di me, separandomi di nuovo da Watari.
-Tu sei Rui, giusto?- dall'angolo più lontano emerse parzialmente una figura. Portava un paio di jeans scoloriti e una maglia bianca. Il volto era avvolto dalle tenebre, anche se riuscivo a scorgere alcuni ciuffi di capelli neri.
-Sì...- mormorai. Tutto quell'ambiente, l'intero sogno mi metteva in soggezione: uno stato di ansia che mi pietrificava. Feci dei respiri più profondi e mi imposi di calmarmi.
-Piangi ancora?-
-Cosa?-
-La prima volta che Watari ti portò alla Wammy's house, precisamente in questa stanza, tu stavi piangendo. Me lo ricordo bene: ti osservavo dalla webcam del...-
-Computer che era sulla scrivania...- completai la frase.
Ed ecco comparire il mobile, su cui vi era un portatile aperto: sullo sfondo, una grande L gotica. Feci rapidamente i calcoli. Ma certo! Stavo vivendo una specie di flash back: Watari, la scrivania... tutto.
-È stato qui che ti ho dato il tuo nome* e ti ho assegnato la lettera R.-
Ovviamente Rui non era il mio vero nome: quando me lo avevano assegnato tutti si erano sforzati di chiamarmi in quel modo. Perfino Boris e gli altri.
-Quindi tu sei...-
-Sì, io sono L.- fece un passo verso di me. Presto la luce del computer mi avrebbe permesso di vederne il volto. Sì, ecco...

...Qualcuno mi scosse: istintivamente gli torsi il braccio dietro la schiena e lo placcai a terra.
-Ahi!- ululò Matt.
-Te l'avevo detto di essere più cauto.- disse spezzante Mello.
Mi ripresi dal sonno e dal sogno e pian piano ricordai: -Dannazione Matt! Proprio al momento meno opportuno dovevi  svegliarmi!- lo lasciai alzare.
-Che stavi sognando?-
Raccontai in breve il sogno: -Mi mancava così poco per vedere L...- sospirai -Come mai siete qui?-
-Roger ci ha chiesto di passare per vedere come procedeva l'inventario.-
-L'ho finito: adesso glielo porto.-
Afferrai i fogli e mi diressi verso l'ufficio.

*Il nome "Rui" in giapponese è scritto con lo stesso carattere di lacrima.

****spazio autrice****
al contrario del precedente, questo capitolo è bello lungo! xD ringrazio tutti coloro che hanno letto la storia e in particolare:
- nania1011 che ha inserito la storia fra le preferite,
-nenezebubba che l'ha inserita fra le seguite,
-_Blue_Guitar_ , taby piccola star, starhunter, uadjet per aver recensito la storia.
Un sincero ringraziamento a tutti! sappiate che ho apprezzato molto! :)
                                                                                                                                                                                                                rui

 

 

 

 

     

  
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