II
Robert
sorrise lentamente e diede le spalle al nobile uomo che teneva la testa bassa,
le dita delle mani intrecciate tra loro e i pensieri ancorati a un tempo che
non gli apparteneva più.
«Costringete
vostra moglie a fare frequenti visite al palazzo» consigliò il servo,
strascicando le scarpe di cuoio lungo il pavimento e descrivendo un percorso
senza senso.
«Questo
è assicurato» esclamò l'altro balzando in piedi e assumendo un'aria più serena
di quanto in realtà non fosse «Sono pur sempre un principe» e fece una
giravolta ridendo, sotto lo sguardo lontano del povero.
«Certo
che lo siete» sorrise, e solo allora Jude prese cognizione di quanto tempo era
passato dall'ultima volta che lo aveva visto sorridere così, di soppiatto,
nella sua camera.
Si
avvicinò a lui e gli afferrò i polsi con impeto, come
faceva spesso quando alla sua mente balzavano idee geniali e generalmente prive
di fondamento «Voi sarete con me alla cerimonia» sussurrò, e i suoi occhi
balenarono di una luce caleidoscopica.
Robert
rise e si chiese perché. Perché era
egli stesso colui a cui toccava stare coi piedi per
terra e riportare i discorsi a una valenza reale. Chi aveva stabilito i loro
ruoli? Gli piaceva pensare che fosse la sua natura povera e materialistica a
prevalere sul suo carattere, contrapposta all'aria sognatrice del suo compagno,
perso in elucubrazioni intellettualistiche e irrazionali per la maggior parte
del tempo sospeso in cui viveva, senza doveri e rinunce. Ma in fondo sapeva che
erano stati loro a stabilire i loro ruoli, inconsciamente, quando le loro vite necessitavano di punti fermi
e loro erano soli in mezzo al nulla, tra il lusso estremo e vuoto e la
povertà che spogliava di tutto.
«Be',
certo» assicurò con voce calma, assaporando quegli attimi in cui lo sentiva
tanto vicino da poterne odorare il profumo di sali da bagno.
«Ma
non dietro le quinte» il nobile lo lasciò libero dalla
morsa e sorrise «Con me»
Se
il servo non avesse saputo con chi stava avendo a che fare, avrebbe riso di
gusto e avrebbe liquidato la discussione con un gesto noncurante. Ma poiché
egli conosceva i suoi polli, e conosceva bene quel pollo in particolare, non rise affatto
e assunse un'espressione seria «Oh, vi prego, non è il momento di -»
«Dovranno
almeno concedermi di invitare chi voglio» borbotto Jude, assumendo un'aria
altezzosa.
«Non
credo proprio»
«Voi
non credete mai a nulla» ribatté l'altro distogliendo lo sguardo.
«E
voi non credete mai a me»
«Soltanto
perché voi non credete a me»
«Solo
perché io non credo a nulla, lo avete detto voi»
«Siete
sempre stato così insopportabilmente astuto?» Jude sorrise e quel sorriso
sembrò illuminare la camera per qualche secondo, prima che ombre di varia
natura racchiudessero nuovamente il suo sguardo.
«Lo
prenderò come un complimento» Era di nuovo ricomparso il suo tipico sorriso, a
metà tra lo scherno e l'ironia meno celata. Non si sarebbe mai sognato di
rivolgersi in quel modo a qualcun altro, e Jude lo sapeva benissimo. E ne era
fiero. Era fiero di essere l'unico uomo all'interno di quelle mura che
conoscesse la vera natura del rude e schivo servo.
«Con
chi parlerò in futuro?» chiese, il tono semiserio e le
dita intrecciate tra loro.
«Con
vostra moglie» fu la risposta banale e dal sapore vagamente sarcastico che riuscì a fornire l'altro.
Jude
storse il naso «Una donna» dichiarò «Non si può parlare con le donne»
«Su
questo sono d'accordo» affermò Robert. Ricordava le rare discussioni con la
sorella, che per lo più si basavano su scambi di battute poco piacevoli.
Intanto
i loro corpi si erano inconsciamente mossi in modo incontrollato, e le loro
figure erano oramai ferme accanto alla finestra da cui trapelava un'aria
fresca, tipica della Londra primaverile.
«Resta il fatto che durante la cerimonia vi vedrò per la
prima volta ballare con una donna» esultò il Principe, già perso nell'emozione
di progetti di cui aveva decretato la riuscita a priori.
Il
servo lo fissò come si fissano gli ubriachi, con un misto di compassione e
aberrazione «Voi siete assolutamente privo di senno se anche solo immaginate di
…»
«Avete
già deciso chi portare?» lo interruppe, probabilmente nemmeno sentiva le
obiezioni dell'altro, preso com'era dalle fantasticherie «Non posso mica
invitare tutta la servitù, a mio padre potrebbe prendere un colpo»
«Credo
che vostro padre sarà contrariato in ogni caso» Robert parlò alla svelta,
cercando di non permettere all'altro di interromperlo ancora «E comunque non ho
nessuna intenzione di partecipare al ballo, e non potete costringermi»
«Sì
che posso»
«No,
non potete»
«Su,
ché morite dalla voglia» lo istigò il giovane
Principe, con un sorriso sornione.
Robert
aprì le braccia in un gesto di amara consapevolezza della propria impotenza di
fronte alla pazzia dilagante del giovane «Ma chi ve le ha messe queste idee in
testa?»
«Certamente
non voi» affermò l'altro con aria ottusa.
«Certamente!»
«Qual
è il problema?» chiese il Principe con aria giovale «La francesina porterà uno
stuolo di dame, potrete scegliere una di loro»
Robert
guardò la finestra e sorrise sarcastico «Tutto questo non può essere reale»
dichiarò alla luna «E poi, non era belga?» domandò cercando di sviare la
discussione.
«Fa
lo stesso» assentì l'altro «E non cercate di cambiare argomento»
«Non
parlo il francese, non capirò nulla di quello che diranno»
tentò il servo, titubante.
«A
dire il vero, spero anch'io che sappiano parlare l'inglese» Jude guardò in
alto, subito imitato dall'altro. Non c'era un bel niente da vedere, e Robert
tornò a guardare innanzi a sé. Stava iniziando a preoccuparsi per la salute del
suo padrone. Le troppe preoccupazioni gli avevano forse dato alla testa.
«Tutto
ciò rasenta la pazzia» dichiarò, infatti, qualche secondo dopo.
Jude
lo guardò, raggiante «Ho capito!» esclamò rischiando di farsi udire da mezzo
palazzo.
Il
servo si spaventò «Cosa?» domandò timoroso.
«Non
sapete farlo!»
Robert
portò le mani al viso «Spiegatevi in una lingua corrente, per favore» supplicò
stancamente.
«Oh, ma non dovete preoccuparvi, è
normale! D'altronde, non avete mai fatto nulla di simile in vita vostra» continuò l'altro, sempre più raggiante.
Robert
continuava a non capire nulla, e qualcosa trapelò dalla sua espressione, poiché
il Principe si decise finalmente a esprimersi in maniera meno –come dire– oscura.
«Suvvia,
ballare è forse la cosa più semplice del mondo» sorrise felice come una Pasqua.
Robert
rise, e si arrese.
«Io
penso che vi serva una bella dormita»
Ma l'altro era serissimo mentre si
avvicinava e afferrava la sua mano destra.
«Che
cosa state facendo?» la sua voce sembrò esprimere la rassegnazione dei
condannati alla forca, quando con un sospiro quasi annoiato il giovane dispose
il braccio intorno al collo del servo.
«Jude»
esclamò Robert, con una grande voglia di urlare soffocata dall'ultimo residuo di istinto di sopravvivenza ancora presente in lui
«Toglietemi le mani di dosso!»
Per
tutta risposta il Principe sbuffò e prese il braccio dell'altro portandoselo al
fianco «Volete smetterla di comportarvi come una donna?» chiese con aria
esasperata «Sto cercando di ricordare la melodia!»
«Donna? Io?» si guardò intorno «Mi state … »
«Insegnando
a ballare, se solo vi steste zitto e mi permetteste di ricordare la musica»
«Jude,
se qualcuno …»
Jude
rise e lo guardò negli occhi. Forse fu quello il secondo in cui Robert realizzò
veramente di tenere il suo Principe tra le braccia.
«Robert,
abbiamo fatto cose più imbarazzanti»
Il
servo sentì ancora quel dolore strano allo stomaco «Ma
eravamo piccoli … e poi cosa c'entra? Voglio dire, voi avevate tredici anni e …» sussurrò.
L'altro
si distanziò leggermente e fissò ancora di più lo sguardo sul servo «E?» aveva gli occhi un po' lucidi e le guance arrossate.
«E
…» zero, nisba, bianco, vuoto totale. Dimenticò in un istante tutto quello che
stava per dire –anzi, dimenticò proprio tutto. Qualcosa si era spento,
all'altezza del suo cervello. Riusciva solo a percepire il viso del nobile che
lo guardava, a pochi centimetri dal suo naso.
In
un paio di secondi, il volto del Principe s'illuminò «No,
silenzio! Ho ricordato» mormorò con fare ispirato,
prima di disporsi meglio tra le braccia dell'altro.
Robert
scuoteva la testa «Jude, vi prego …»
Ma l'altro non vi badò, e iniziò a
canticchiare dei tatà
a ritmo di valzer.
Dopo
un paio di tatà
appena sussurrati, Jude annuì, chissà a cosa, rizzò la schiena e sorrise
«Pronto?»
Robert
scosse la testa «Se dicessi di no, mi lascereste in pace?»
«No»
sorrisetto. Sadico, abbastanza sadico.
«Allora
sì» sbottò.
Si
lasciò trascinare.
Non
sapeva nemmeno come diamine si era fatto convincere.
Si
muoveva goffamente e a ogni passo sentiva sempre più il desiderio di
sprofondare sotto il pavimento della camera.
«Robert»
lo chiamò il Principe. Il suo viso era quasi più luminoso del solito. I suoi
occhi emanavano bagliori mitici, fantastici, leggendari. E Robert era quasi
abbandonato tra le sue braccia, e non sapeva che l'altro stava soltanto
pensando a quel tocco che somigliava tanto a un abbraccio.
«Sì?»
«Non
guardate in basso, guardate me» gli ordinò.
«La
mia dama dovrà essere più bassa di me» ribatté il servo, incapace di alzare il
viso.
«Allora
faticheremo a trovarne una» rise l'altro.
E
il suono della sua risata infranse quel ritmo soave che guidava i loro passi, e
in cui Robert avrebbe volentieri voluto annegare, pur di non cedere alla
tentazione di stringere il Principe così forte da soffocarlo, e vederlo vivo
per un'ultima volta tra le proprie braccia pur di non lasciarlo andare via, pur
di non permettergli di abbandonarlo.
Si
accorse di ciò a cui stava pensando solo quando il suo
cuore si era infranto contro le costole con violenza inaudita e il gelo si era
impadronito delle sue membra, ghiacciate come il suo cervello che sembrava
stretto in una morsa infernale, omicida.
«Jude
…» sussurrò con voce tremante. Lasciami.
Lasciami, o impazzirò.
L'altro
abbassò il viso e si impose alla vista del servo.
«Visto?»
cinguettò «È … semplice»
Robert
cercò di sfuggire a quell'uomo, ma il suo corpo non rispondeva ai suoi comandi.
Cercò di riprendersi almeno la propria identità mentale «È come camminare da
idioti» sussurrò, ma il suo timbro non aveva nulla d'ironico.
«No. È …» il
Principe sapeva che c'era qualcosa in sospeso, da anni, tra loro. Cercava di
decifrare ciò che qualcosa gli sussurrava nella mente, ma non capiva. Provava
quel senso di irrequietezza che si percepisce quando
si sta per intraprendere un lungo viaggio, e pochi minuti prima della partenza,
si insinua nella mente il dubbio di aver dimenticato qualcosa. Si sentiva
vuoto. Si sentiva mancante di
qualcosa.
«…
È seguirsi a vicenda» disse a voce bassa, come confidando un segreto.
Ci
fu solo un brevissimo sguardo rubato alla notte, prima che Robert
indietreggiasse a occhi bassi, maledicendosi, e si privasse del calore
dell'altro nascondendosi nel buio freddo.
**
Note: Buonasera e
benvenuti al festival della pazzia. Pazzia di Jude (in
senso buono, almeno credo. Volevo un personaggio poco prevedibile, ma
probabilmente è uscito fuori qualcosa di orribile),
pazzia di Robert perché asseconda la pazzia di Jude e pazzia mia per aver
ideato questa cosa. Io l'ho detto sin dall'inizio che questa storia sarebbe
stata idiota, peggio per voi che non mi avete creduta
v.v Non so se sono riuscita a trasmettere un po' di fiabescicità
(parola appena coniata, tutti i diritti riservati u_u),
ma spero di avervi riempito un po' il cuoricino di speranza... <3<3
Speranza di che? Che ne so u.u
Ho sonno, (alle 3 del pomeriggio, sì) ho fame, ho caldo, e non ho niente
da dire, quindi vi saluto sperando di non avervi annoiato/orripilato/provocato
istinti suicidi.
E prima di dileguarmi, voglio solo ringraziarvi ancora, tutti quanti. GRAZIE
per il vostro sostegno.
Vi adoro ♥ Pace e amore a todos!