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Autore: Fairy Black    04/03/2006    0 recensioni
ciao a tutti!! tengo a precisare che questa non una classica fic tinta di rosa dove regnano sovrane ragazzine timide con problemi di ragazzi, amicizie, segreti, piccole bugie e, soprattutto, una super-mega-iper-migliore amica del cuore alla quale dire tutto, compreso il codice fiscale.E anche se forse qualche componente fra quelle citate probabilmente non mancherà veniamo alla storia: insomma, è la storia di una ragazzina, più o meno della stessa età dell’autrice della fic, che è al di sopra di tutto ciò ed ha altri problemi a cui pensare: come l’averle attribuito senza che lei facesse nulla di male un nome non proprio convenzionale… oppure una famiglia adottiva che non si può proprio definire “famiglia vera e calorosa” ; oppure ancora, se vogliamo, la cattiva reputazione da parte di tutto il vicinato e, il brusco trasferimento in un’altra città che, come vedrete, le cambierà la vita. Tutte cose che manderebbero in analisi per vent’anni consecutivi chiunque, ma lei no. Il motivo?...leggere per sapere!!ihihihi!! >_< e recensire!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Heineken! Heineken, come la birra!

Ogni volta che era arrabbiata per qualcosa, a Heineken Anderson le veniva in mente un’altra cosa che la faceva innervosire parecchio: il suo nome.

Non avrebbe mai perdonato la madre naturale per averle dato questo nome assurdo e tanto meno  quella adottiva – che era la sorella di quest’ultima, cioè sua zia-, per non averglielo cambiato.

Le sarebbe andato bene tutto: Sue, Mary, Hannah… qualunque nome le sarebbe andato a genio, bastava che fosse NORMALE! Ma quando mai si è vista

l’etichetta  di una multinazionale messa per nome ad una innocente ragazzina che non ha mai fatto male a nessuno?

Non era in questo modo che la reputava la gente che la vedeva in giro, comunque.

Nel quartiere non era famosa neanche per il suo bislacco nome, ma più che altro per la sua apparenza da ragazzaccia che in realtà non era, ed era nota come “quella delinquente che hanno preso gli Anderson 13 anni fa.”

La ragazza aveva quindici anni. E nel buio della sua stanza stava a pensare alla brutta giornata che aveva avuto sino a quel momento.

A scuola non veniva trattata troppo bene né dai professori, che cercavano sempre una buona scusa per metterle brutti voti perché non andava troppo a genio a loro, né dai compagni, che facevano spesso di tutto per farla innervosire e quel giorno erano stati particolarmente rompi balle…

Non che non avere amici le pesasse, anzi, era ben contenta di starsene per gli affari suoi, ma che diamine, che almeno ci potesse stare in pace! No, quel giorno, tra le solite frecciatine acide delle compagne si era dovuta subire anche tre compiti andati uno peggio dell’altro. E quell’insopportabile sorriso da venditore di auto del professore di matematica.

Heineken non poteva contare sull’appoggio di nessuno in questi casi. Se vi si pone la domanda: “A che cosa serve una famiglia?” sono sicura che la maggior parte di voi risponderebbe: “ A darti affetto, farti crescere, aiutarti nei momenti di sconforto, prepararti alla vita…”

Beh, la famiglia di Heineken era tutto l’opposto: se ne fregava totalmente. L’unica cosa per la quale la ragazza li apprezzava era proprio perché veniva lasciata stare, e non le si diceva niente se faceva vela a scuola o restava fuori tutta la notte a bighellonare dove voleva. Ma questi non perdevano occasione per rinfacciarle che se non fosse stato per loro lei sarebbe in uno schifosissimo istituto, che aveva rovinato l’armonia di questa bellissima famiglia, che era una disgraziata ecc…

Non si poteva certo dire che tra la ragazza adottata e gli Anderson ci fosse un buon rapporto; il sentimento di odio era reciproco. Anche perché all’interno della famiglia di sua zia non veniva trattata troppo bene rispetto ai suoi due cugini.

Quando la ragazza era giù di corda pensava a tutto ciò.

Ma i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da una signora alta, bionda, con seno rifatto e almeno tre chili di trucco sul viso che entrò nella stanza.

- porca… Heineken, ti ho chiamato un milione di volte, sei sorda? La cena è pronta. Scendi. Che qui non abbiamo tempo da perdere con ragazzine con problemi d’udito…-

La ragazza non disse niente, si passò una mano tra i capelli neri eseguì la zia.

I pasti in casa erano il momento peggiore della giornata. Doveva trovarsi faccia a faccia con tutti gli odiati membri della sua famiglia. A cominciare dai suoi due cugini: Ben e Chelsea.

Ben era un ragazzo grasso e piuttosto stupido, ma era abbastanza rispettato tra i compagni perché era campione di pesi leggeri nel club di boxe della scuola. Chelsea invece era una ragazzina frivola, bionda e con ancora l’apparecchio per i denti; a scuola era una delle cheerleader e anche lei era circondata da un branco di amiche tutte cretine come lei.

Non appena Heineken prese posto a tavola Chelsea cominciò a strillare:- lo sai, papà che sono stata nominata capo delle cheerleader e che adesso balliamo tutta una nuova canzone con un balletto che abbiamo inventato noi che è davvero bellissimo?- poi, rivolgendosi alla cugina:- oh, Hanny, scusa se te l’ ho ricordato…, tu non potresti mai essere tra noi… - Quella ragazzina con poco cervello si era convinta da circa due anni che a Heineken sarebbe piaciuto fare la ragazza pom-pom. Ma ormai Heineken si era arresa è la faceva parlare a ruota libera, senza darle ascolto.

- oh, tesoro, siamo molto fieri di te!- disse la madre.

- e il mio ragazzo, cosa ha fatto oggi?- disse lo zio, il signor Robert  Anderson, un uomo grasso e alto, sempre rosso in viso dando una grottesca e affettuosa pacca sulla schiena del figlio.

- io oggi ne ho pestato due…- disse con aria assente Ben.

- E a te come è andata, caro?- Disse la signora versandosi una seconda porzione di insalata.

-Ah, bene; benissimo! Sono riuscito a far sputare sangue a quel cliente che non paga le rate dell’auto che gli ho venduto sei mesi fa…-

Per lo zio di Heineken l’espressione “sputare sangue” significava mandare qualcuno sul lastrico.

 

 

La conversazione proseguì con questo tono da persone con gravi handicap mentali, finché cadde su una telenovela molto seguita dalla signora Anderson, che la definiva “commovente e appassionante” ; mentre invece era la solita soap- opera per gente poco intellettuale, con attori cani e trame strappalacrime e poco credibili. La zia raccontava cosa era successo nelle ultime otto puntate che criminalmente il resto della famiglia si era permessa di perdere.

- … quindi quella brava ragazza di Grace scappa di casa e molla l’università per fuggire via dalla vita da fondamentalisti cristiani che sono i genitori. Però, ritrovata senza soldi e senza un tetto comincia a fare la prostituta… e insomma fa la prostituta ventiquattro ore, cioè tutto il giorno e tutta la notte. Ma logicamente non ce la fa a reggere e quindi comincia a bere e farsi…-

- Farsi di cosa?- chiese Ben.

- Non so, caro… - rispose Rose dando il colpo di grazia alla terza porzione di insalata rimasta nel piatto.

- Una puttana cocainomane… forte!…- commentò Ben, inventandosi di sana pianta l’esempio della cocaina.

A quelle parole Heineken smise di mangiare e serrò le labbra. Quando era più piccola era venuta a scoprire in maniera poco ortodossa (anche se no ricordava bene come) che sua madre era stata una prostituta tossicomane e che lei era nata da uno dei suoi innumerevoli clienti. Le avevano anche detto che probabilmente sua madre era morta. Di certo lo sapeva anche la zia, ma molto probabilmente non ci pensava.

Era arrabbiata con sua madre, e ricordarsi anche questo in uno dei momenti “No” non le avrebbe certo fatto bene.

Heineken aveva la pericolosa sensazione di essere vicino alle lacrime. Si alzò e senza dire niente si avviò verso la porta.

- Ehi, dove stai andando?- chiese lo zio.

- Esco. - rispose lei con aria assente.

Fuori era buio pesto. E visto che suo zio Robert si era rifiutato di pagare la bellezza di 130 dollari per riparare il lampioncino che illuminava il giardino sul davanti, la ragazza dovette cercare il cancelletto che andava sulla strada a tentoni.

Si avviò per la strada verso i quartieri di periferia. Li stava bene, erano posti ideali per passare una notte venuta dopo una giornate estenuante. I suoi posti preferiti.

C’era in particolare un posto che le piaceva: la piscina comunale. Bastava forzare un po’ la porta e ci si infiltrava con facilità.

Quella notte, come tante altre precedenti, andò li. Si tolse i vestiti e si buttò in acqua. Sentii l’acqua tiepida che si posava sul suo corpo nudo come una carezza; andò sotto per assaporare fino in fondo quella sensazione magica che aveva dato un senso alla sua giornata.

Certa gente sostiene che andando sott’acqua si entra nell’inconscio perché quella dimensione ricorda l’immersione nel liquido amniotico nell’utero materno. Ma in molti casi da anche sensazioni di benessere ed è un po’ come estraniarsi dalla realtà. (quest’ultima  secondo l’autrice del libro, non prendetelo come oro colato N.d.R.)

Questo era proprio l’effetto che faceva ad Heineken; che non usciva almeno dopo una nuotata di circa quarantacinque minuti.

Infatti dopo quel tempo determinato uscì dall’acqua e si rivestì. Anche se ormai erano era un po’ tardi non aveva l’intenzione di tornare a casa. Quindi si mise a vagare per la piscina vuota. Poi trovò un materassino e si addormentò su di esso.

Decise che il giorno dopo non sarebbe andate a scuola: odiava quel posto e tutti gli idioti che ci andavano.

 Questi pensieri a poco a poco si sbiadirono, lasciando spazio al buio dentro di lei e al sonno che le riempiva corpo e mente.

  
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