Heineken! Heineken, come la birra!
Ogni
volta che era arrabbiata per qualcosa, a Heineken Anderson le veniva in mente
un’altra cosa che la faceva innervosire parecchio: il suo nome.
Non
avrebbe mai perdonato la madre naturale per averle dato questo nome assurdo e
tanto meno quella adottiva – che era la
sorella di quest’ultima, cioè sua zia-, per non averglielo cambiato.
Le
sarebbe andato bene tutto: Sue, Mary, Hannah… qualunque nome le sarebbe andato
a genio, bastava che fosse NORMALE! Ma quando mai si è vista
l’etichetta di una multinazionale messa per nome ad una
innocente ragazzina che non ha mai fatto male a nessuno?
Non
era in questo modo che la reputava la gente che la vedeva in giro, comunque.
Nel
quartiere non era famosa neanche per il suo bislacco nome, ma più che altro per
la sua apparenza da ragazzaccia che in realtà non era, ed era nota come “quella
delinquente che hanno preso gli Anderson 13 anni fa.”
La
ragazza aveva quindici anni. E nel buio della sua stanza stava a pensare alla
brutta giornata che aveva avuto sino a quel momento.
A
scuola non veniva trattata troppo bene né dai professori, che cercavano sempre
una buona scusa per metterle brutti voti perché non andava troppo a genio a
loro, né dai compagni, che facevano spesso di tutto per farla innervosire e
quel giorno erano stati particolarmente rompi balle…
Non
che non avere amici le pesasse, anzi, era ben contenta di starsene per gli
affari suoi, ma che diamine, che almeno ci potesse stare in pace! No, quel
giorno, tra le solite frecciatine acide delle compagne si era dovuta subire
anche tre compiti andati uno peggio dell’altro. E quell’insopportabile sorriso
da venditore di auto del professore di matematica.
Heineken
non poteva contare sull’appoggio di nessuno in questi casi. Se vi si pone la
domanda: “A che cosa serve una famiglia?” sono sicura che la maggior parte di
voi risponderebbe: “ A darti affetto, farti crescere, aiutarti nei momenti di
sconforto, prepararti alla vita…”
Beh,
la famiglia di Heineken era tutto l’opposto: se ne fregava totalmente. L’unica
cosa per la quale la ragazza li apprezzava era proprio perché veniva lasciata
stare, e non le si diceva niente se faceva vela a scuola o restava fuori tutta
la notte a bighellonare dove voleva. Ma questi non perdevano occasione per
rinfacciarle che se non fosse stato per loro lei sarebbe in uno schifosissimo
istituto, che aveva rovinato l’armonia di questa bellissima famiglia, che era
una disgraziata ecc…
Non
si poteva certo dire che tra la ragazza adottata e gli Anderson ci fosse un
buon rapporto; il sentimento di odio era reciproco. Anche perché all’interno
della famiglia di sua zia non veniva trattata troppo bene rispetto ai suoi due
cugini.
Quando
la ragazza era giù di corda pensava a tutto ciò.
Ma
i suoi pensieri furono bruscamente interrotti da una signora alta, bionda, con
seno rifatto e almeno tre chili di trucco sul viso che entrò nella stanza.
- porca…
Heineken, ti ho chiamato un milione di volte, sei sorda? La cena è pronta.
Scendi. Che qui non abbiamo tempo da perdere con ragazzine con problemi
d’udito…-
La ragazza non
disse niente, si passò una mano tra i capelli neri eseguì la zia.
I pasti in casa
erano il momento peggiore della giornata. Doveva trovarsi faccia a faccia con
tutti gli odiati membri della sua famiglia. A cominciare dai suoi due cugini:
Ben e Chelsea.
Ben era un
ragazzo grasso e piuttosto stupido, ma era abbastanza rispettato tra i compagni
perché era campione di pesi leggeri nel club di boxe della scuola. Chelsea
invece era una ragazzina frivola, bionda e con ancora l’apparecchio per i
denti; a scuola era una delle cheerleader e anche lei era circondata da un
branco di amiche tutte cretine come lei.
Non appena
Heineken prese posto a tavola Chelsea cominciò a strillare:- lo sai, papà che
sono stata nominata capo delle cheerleader e che adesso balliamo tutta una
nuova canzone con un balletto che abbiamo inventato noi che è davvero
bellissimo?- poi, rivolgendosi alla cugina:- oh, Hanny, scusa se te l’ ho
ricordato…, tu non potresti mai essere tra noi… - Quella ragazzina con poco
cervello si era convinta da circa due anni che a Heineken sarebbe piaciuto fare
la ragazza pom-pom. Ma ormai Heineken si era arresa è la faceva parlare a ruota
libera, senza darle ascolto.
- oh, tesoro,
siamo molto fieri di te!- disse la madre.
- e il mio
ragazzo, cosa ha fatto oggi?- disse lo zio, il signor Robert Anderson, un uomo grasso e alto, sempre
rosso in viso dando una grottesca e affettuosa pacca sulla schiena del figlio.
- io oggi ne ho
pestato due…- disse con aria assente Ben.
- E a te come è
andata, caro?- Disse la signora versandosi una seconda porzione di insalata.
-Ah, bene;
benissimo! Sono riuscito a far sputare sangue a quel cliente che non paga le
rate dell’auto che gli ho venduto sei mesi fa…-
Per lo zio di
Heineken l’espressione “sputare sangue” significava mandare qualcuno sul
lastrico.
La conversazione
proseguì con questo tono da persone con gravi handicap mentali, finché cadde su
una telenovela molto seguita dalla signora Anderson, che la definiva
“commovente e appassionante” ; mentre invece era la solita soap- opera per
gente poco intellettuale, con attori cani e trame strappalacrime e poco
credibili. La zia raccontava cosa era successo nelle ultime otto puntate che
criminalmente il resto della famiglia si era permessa di perdere.
- … quindi quella
brava ragazza di Grace scappa di casa e molla l’università per fuggire via
dalla vita da fondamentalisti cristiani che sono i genitori. Però, ritrovata
senza soldi e senza un tetto comincia a fare la prostituta… e insomma fa la
prostituta ventiquattro ore, cioè tutto il giorno e tutta la notte. Ma
logicamente non ce la fa a reggere e quindi comincia a bere e farsi…-
- Farsi di cosa?-
chiese Ben.
- Non so, caro… -
rispose Rose dando il colpo di grazia alla terza porzione di insalata rimasta
nel piatto.
- Una puttana
cocainomane… forte!…- commentò Ben, inventandosi di sana pianta l’esempio della
cocaina.
A quelle parole
Heineken smise di mangiare e serrò le labbra. Quando era più piccola era venuta
a scoprire in maniera poco ortodossa (anche se no ricordava bene come) che sua
madre era stata una prostituta tossicomane e che lei era nata da uno dei suoi
innumerevoli clienti. Le avevano anche detto che probabilmente sua madre era
morta. Di certo lo sapeva anche la zia, ma molto probabilmente non ci pensava.
Era arrabbiata
con sua madre, e ricordarsi anche questo in uno dei momenti “No” non le avrebbe
certo fatto bene.
Heineken aveva la
pericolosa sensazione di essere vicino alle lacrime. Si alzò e senza dire
niente si avviò verso la porta.
- Ehi, dove stai
andando?- chiese lo zio.
- Esco. - rispose
lei con aria assente.
Fuori era buio
pesto. E visto che suo zio Robert si era rifiutato di pagare la bellezza di 130
dollari per riparare il lampioncino che illuminava il giardino sul davanti, la
ragazza dovette cercare il cancelletto che andava sulla strada a tentoni.
Si avviò per la
strada verso i quartieri di periferia. Li stava bene, erano posti ideali per
passare una notte venuta dopo una giornate estenuante. I suoi posti preferiti.
C’era in
particolare un posto che le piaceva: la piscina comunale. Bastava forzare un
po’ la porta e ci si infiltrava con facilità.
Quella notte,
come tante altre precedenti, andò li. Si tolse i vestiti e si buttò in acqua. Sentii
l’acqua tiepida che si posava sul suo corpo nudo come una carezza; andò sotto
per assaporare fino in fondo quella sensazione magica che aveva dato un senso
alla sua giornata.
Certa gente
sostiene che andando sott’acqua si entra nell’inconscio perché quella
dimensione ricorda l’immersione nel liquido amniotico nell’utero materno. Ma in
molti casi da anche sensazioni di benessere ed è un po’ come estraniarsi dalla
realtà. (quest’ultima secondo l’autrice
del libro, non prendetelo come oro colato N.d.R.)
Questo era
proprio l’effetto che faceva ad Heineken; che non usciva almeno dopo una
nuotata di circa quarantacinque minuti.
Infatti dopo quel
tempo determinato uscì dall’acqua e si rivestì. Anche se ormai erano era un po’
tardi non aveva l’intenzione di tornare a casa. Quindi si mise a vagare per la
piscina vuota. Poi trovò un materassino e si addormentò su di esso.
Decise che il
giorno dopo non sarebbe andate a scuola: odiava quel posto e tutti gli idioti
che ci andavano.
Questi pensieri a poco a poco si sbiadirono,
lasciando spazio al buio dentro di lei e al sonno che le riempiva corpo e
mente.