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Autore: alby4ever    16/06/2011    1 recensioni
marco se n'è andato e non ritorna più...le frasi di una canzone che tutti abbiamo ascoltato. ma perchè marco non ritorna più? scopritelo in questa piccola storia di cinque capitoli!!!
buona lettura :-)
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Cap. 01 Urlo interiore

Il caldo avvolgeva la città misteriosamente deserta, mischiandosi all’umidità lasciata sospesa dall’aria immobile. Sentivo la pelle tutta appicicaticcia, con i capelli che si incollavano alla nuca e lungo la schiena. Fortunatamente ero riparata da uno dei viali ricoperti di portici in stile neoclassico, piacevoli alla vista con i capitelli decorati da riccioli bianchi e le volte a cupola. Improvvisamente, mi venne voglia di cambiare direzione e mi infilai in un via laterale. Camminavo al centro della strasa, sicura che non sarebbero passate automobili. Il caldo cominciava a darmi alla testa. Quanto avrei desiderato un po’ di vento! Una brezza leggera avrebbe che avrebbe mosso quella massa di umidità palpabile spazzandola via…
Non so come ma dalla strada mi ritrovai su un’isola pedonale, poco lontano dalla mole. Quanto è bella la mole! Un susseguirsi di marmi e colonne, riccioli e linee dritte. Poi via via che sale si restringe fino ad avere sulla punta in alto la stella. Che sembra toccare il cielo. Come diceva? Ah si “la seconda stella a destra e poi dritti fino al mattino…”
La stella a cui si esprime ogni desiderio e che ti ascolta sempre realizzandoli quando meno te li aspetti.
-ehi Laura!-
Una piccola brezza, come evocata, mi scostò all’improvviso i capelli, come una carezza di mani fresche, delicate come petali di fiori. L’umidità andò via e il mio sguardo si posò alla base della mole.

-Laura!!!-
I mie occhi si aprirono di scatto e mi ritrovai nel letto, con il braccio destro teso verso l’alto come per raggiungere qualcosa. O per meglio dire qualcuno.
-oh, tesoro, stavi dormendo. Volevo sapere cosa desideri per cena-
Mia madre apparve alla porta con il mestolo in mano e il grembiule alla vita
-niente di particolare mamma. Prepara quello che vuoi-
-ok!- e se ne andò via
Sbuffando, mi misi a sedere sulle coperte e vidi fuori dalla finestra che aveva cominciato a nevicare. Strano, già a fine novembre?
Uscii in giardino dalla porta-finestra e mi misi sotto quei fiocchi leggeri quasi impalpabili. Con gli occhi rivolti a quel cielo grigio perla, osservavo il lento cadere della neve.
Neve che cadeva, che copriva, che uniformizzava. Quella era la neve del richiamo alla semplicità che il mio cuore non vedeva più da tempo. Era leggermente fredda, ma me lo scaldava dolcemente.
I dubbi lentamente presero forma in una decisione concreta che non mi avrebbe fatto indugiare. Io amavo Marco e avrei combattuto per far si che il mio sentimento trovasse la luce.
Corsi in camera mia e presi subito il cellulare. Le dita mi tremavano per l’emozione ma riuscii comunque a comporre il numero che ormai conoscevo a memoria. Mentre la chiamata partì, le mie gambe non riuscivano a rimanere ferme e percorsi l’intero perimetro calpestabile del pavimento. Ma gli squilli continuavano a cadere nel vuoto finchè non partì la segreteria telefonica. Chiusi di scatto e lanciai il telefono sul letto
-e che cavolo! Proprio ora che volevo dirtelo non mi rispondi?-
Sentii la suoneria del cellulare accendersi e vidi il display. Mi stava chiamando! Con il pollice tremante schiaccia il pulsante verde. Oddio, cosa gli avrei risposto? Come glielo avrei detto? Quali parole avrei usato?
-p…pronto Marco?-
-ciao Laura, sono la mamma di Marco-
La sua voce era frammentata, quasi ruvida
-oh…ehm...salve signora. Marco ha lasciato il cellulare a casa?-
A quel punto la madre di Marco cominciò a piangere e mi preoccupai all’istante. Cosa poteva essere successo? Marco non stava bene?
-signora, è successo qualcosa?-
Continuò a piangere ancora un po’ e non la interuppi, anche se morivo dalla voglia di sapere.
-Laura…sono appena tornata dall’ospedale. Stamattina Marco ha preso l’auto perché voleva venire da te e farti una sorpresa e…e…- ormai non riuscivo quasi più a comprendere
ciò che diceva –ha avuto un frontale con un camion-
A quelle parole saltai
-ma come sta Marco? È grave? Dov’è ricoverato? La prego me lo dica!-
Come se non avessi parlato, ignorò le mie domande e continuò a parlare
-l’hanno ricoverato d’urgenza ma durante il botto il colpo di frusta…gli…gli ha lacerato i legamenti nervosi del collo-
Dalla mia bocca non riusciva ad uscire un filo d’aria. Con coraggio, inspirai e le mie labbra si mossero automaticamente. Avevo paura a chiederlo
-e…quindi adesso starà sulla sedia a rotelle?-
-no Laura… quindi adesso è soltanto troppo tardi-
Niente. Il nulla. Salutai velocemente la madre di Marco e chiusi la chiamata. Il mio corpo, anche se ancora in piedi,aveva perso la forza per mantenersi e lentamente scivolai su un lato per ritrovarmi con la schiena contro l’armadio e le ginocchia strette al petto. Avvertivo i miei occhi sbarrati che reclamavano liquido dalle ghiandole salivari ma non riuscivo a sbattere le palpebre.
Non poteva essere successo. Non quel giorno. Non in quel momento. Non quando avevo preso la mia decisione. Rividi per un attimo il suo viso quell’estate, i suoi occhi seri mentre mi diede della stupida per non aver creduto mai creduto all’amore.
E mi sentii morire a mia volta perché non avevo fatto altro che perdere tempo. Un tempo che non sarebbe più tornato e che avrebbe lasciato un vuoto incolmabile.
Sentii il mio cellulare vibrare e automaticamente, senza forza di volontà, andai a vedere chi mai poteva essere. Di certo non Marco…
“ehi Laura, tutto ok?”
il messaggio di Helen mi apparve così, nero su bianco, quasi schiacciandomi più della notizia che avevo appena ricevuto. Senza che me ne accorgessi, cominciarono ad uscirmi lacrime dagli occhi che scendevano lungo le guance fino a fine sul display. Erano lacrime calme, quasi ustionanti, che si creavano dei solchi sulla pelle. A quel punto urlai e cominciai a piangere disperatamente perché non c’era nient’altro che potessi fare.
e la mente mi riportò tra i ricordi una maledetta canzone che avrei voluto non venisse mai scritta, perché in quel momento era troppo vera.
Marco se n’era andato, e non sarebbe tornato più…
   
 
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