Di
caramello e zucchero filato- quando i sogni diventano realtà
Sbandata
La placida quiete della sera riempiva la casa. Bella era
al piano di sopra, a finire un tema di storia da consegnare come compito per le
vacanze. Aveva appena piegato il foglio e scritto il nome, quando il campanello
suonò. La pizza doveva essere arrivata. Suo padre l’aveva chiamata nel
pomeriggio per avvertirla che sarebbe tornato il mattino dopo. “ Lavoro urgente
da sbrigare ”, aveva borbottato, un po’ incerto. Bella credette di aver sentito
la flebile voce di una donna che rideva in sottofondo. Che Charlie avesse un
appuntamento galante?
Di certo aveva tutti i diritti di rifarsi una vita e lei
non se la sentiva di condannarlo. Non si era più legato a nessuna dopo la
separazione e aveva il sospetto che non avesse mai smesso di amare Renée. Ora sembrava
arrivato il momento giusto e poteva solo esserne contenta, Ma perché non gliene
aveva parlato?! Un momento... Lui gliene aveva parlato! Erano giorni che
tentava di dirle di Teresa Chase, la nuova psicologa criminale venuta da New
York. Che fosse lei la misteriosa donna? La mattina dopo avrebbe affrontato
l’argomento direttamente con Charlie, aveva troppa fame.
Scesa in cucina, prese i soldi dal barattolo di latta
sulla credenza e pagò il fattorino. Il celestiale profumo di salame conquistò
tutto il primo piano della modesta abitazione e Bella corse al tavolo. Mangiò
con calma, gustando ogni morso da vera intenditrice. Se c’era una cosa che a
Forks sapevano fare, questa era la pizza. Sazia e soddisfatta, si alzò e lavò
il piatto e le posate, poi accese la TV e si buttò stancamente sul letto, con
tanto di coperta e pop corn.
Aveva tutta la casa a sua totale disposizione e, dopo lo
stress emotivo del giorno precedente, pensò che rilassarsi un po’ fosse una
grande idea. Si era svegliata a ora di pranzo e per tutto il pomeriggio non si
era fermata un attimo. Era andata a fare la spesa, a ritirare in lavanderia il
cappotto di Charlie, aveva persino pagato le bollette all’ufficio postale. Finalmente
tornata a casa, con nessunissima voglia di cucinare, suo padre l’aveva
telefonata. Molto sollevata e in preda a uno strano desiderio di pizza, aveva
recuperato il numero della pizzeria di Manny, la migliore della città.
Sulle note della canzoncina della pubblicità di una
catena di supermercati improvvisamente si rese conto di non aver avuto nemmeno
un minuto di tempo per pensare a Jasper. Chissà cosa aveva fatto tutto il
giorno... Forse gli mancava Alice. Bella non poteva saperlo con certezza ma una
mano gelida, che non aveva niente a che fare con le temperature rigide di
Forks, le strinse le viscere.
Non doveva pensare lei. Era del tutto inutile e nemmeno
lei era così masochista. Profondamente irritata, si alzò e spense la
televisione con un gesto secco. Passeggiò su e giù per il salotto, nervosa.
Doveva calmarsi. Se non era capace di reggere la sola ipotesi che Jasper
pensasse ad Alice, avrebbe avuto seri problemi a sostenere la sua recita in
futuro. Si bloccò, urtando contro il tavolino.
Non avrebbe mai creduto di trovarsi in una circostanza
del genere. Lei, la dolce e ingenua Isabella, che mentiva sui suoi sentimenti.
Stava con Edward ed era innamorata di Jasper. Nessuno spazio per i sensi di colpa.
La natura di vampiri dei due ragazzi rendeva la sua situazione spaventosamente
definitiva. Era molto probabile che un giorno Edward l’avrebbe sposata e
trasformata. In quel caso avrebbe dovuto affinare di parecchio le sue doti
recitative. Sorrise. Sua madre avrebbe avuto molto da ridire se avesse saputo
il casino in cui si era cacciata.
Senza realmente rendersi conto di cosa stava facendo,
controllò il cellulare. Non c’erano messaggi. Si era sempre preoccupata quando
Edward andava a caccia e comunque era in ansia di risentirlo. Sapeva che in un
momento così delicato come quello non avrebbe avuto la razionalità di usare un
telefono ma aspettava, impaziente e agitata. Adesso però ne era sollevata.
Doveva allenarsi, e lui stava diventando quasi fastidioso. Evitando di porre
l’accento su quest’ultimo scioccante pensiero, compose il numero di Angela. La
sera prima doveva uscire con Ben. Di recente le cose non andavano bene tra di
loro e volevano provare a recuperare. Le aveva promesso che l’avrebbe chiamata
per sapere com’era andata, ma era stata impegnatissima per tutto il pomeriggio
e non ne aveva avuto il tempo.
Angela rispose al quarto squillo, rideva. Le chiese scusa
per non averla telefonata prima ma, a quanto pareva, almeno per lei la serata
era stata perfetta. Bella era davvero contenta, le voleva bene e si trovava
molto d’accordo con lei. Se questa fosse stata normale, le avrebbe parlato
senz’altro della sua posizione ma purtroppo lei sembrava l’unica a essere
immune allo scomodo potere di Edward. Fra una chiacchiera e l’altra si era
senza accorgersene ritrovata in camera sua. Si tolse le pantofole e si sdraiò
sul letto. La settimana successiva avrebbero finalmente inaugurato il luna-park
di Port Angeles. Bella pensò che sarebbe stato divertente andarci. Ancora nel
pieno dei preparativi di un’entusiasmante uscita di gruppo, Angela le chiese
come andassero le cose con Edward, spiazzandola completamente.
Deglutì. Era l’occasione perfetta per testare le sue
capacità. Il suo carattere riservato segnava un punto a suo favore, ma anche
attraverso il telefono lei sapeva che la missione sarebbe stata assai ardua.
Chiuse gli occhi per rilassarsi e concentrarsi, e cominciò. Il risultato fu
sorprendente. Angela credette a ogni sua parola. Con i sensi amplificati
dall’adrenalina dell’insperato successo, avvertì una gelida carezza sul viso.
Allarmata, gettò un rapido sguardo alla sua stanza.
Quando realizzò cosa ci fosse di strano scattò a sedere e interruppe
bruscamente la comunicazione con la sua amica. Il cuore le batteva forte. La
finestra, che avrebbe giurato di aver chiuso prima di scendere a mangiare, era
spalancata e le tende di pizzo ingiallito volavano seguendo i capricci del
vento. Immerso nella semioscurità, seduto sulla vecchia sedia a dondolo di quando
era bambina, bellissimo nel suo maglione blu, c’era Jasper.
Proteso in avanti con i gomiti sulle gambe e gli occhi
fissi su di lei, Bella avrebbe creduto che fosse uno scherzo della sua mente se
non avesse visto con chiarezza un ricciolo d’oro ondeggiare mollemente, mosso
dalla brezza. Lui non si mosse, non sorrideva.
“ Mi chiedevo quando ti saresti accorta della mia
presenza ”.
Non era stato intenzionale ma la frase nascondeva un
doppio senso. Lei non doveva saperlo.
Il freddo pungente era un prezioso alleato ma dovette
schiarirsi la gola prima di rispondere.
“ Che ci fai tu qui? ”.
Bella non si preoccupò nemmeno di sembrare amichevole.
Cosa poteva mai volere Jasper da lei a quell’ora? Erano molto amici ma non era
mai andato a casa sua, tantomeno di sera tardi. Al massimo si telefonavano. Lei
stessa non era mai stata pratica di quelle cose eppure aveva uno strano
presentimento. Lui era palesemente venuto per un motivo che doveva essere
grave. Tuttavia una parte di lei osava sperare che fosse lì per lei. Non pensò
che riguardasse quello che era successo al cinema fino a quando Jasper non
rispose, la solita voce dolce intrisa di freddezza.
“ Dobbiamo parlare... Di ieri sera ”.
Bella desiderò che la terra aprisse una voragine ai suoi
piedi e le permettesse di sprofondare. Era stata una stupida. Si era preparata
psicologicamente, aveva gettato le basi per la sua eterna recita, aveva messo a
tacere ogni possibile replica, razionale o morale, ma non aveva fatto i conti
con il potere di Jasper. Era certa di riuscire a ingannare tutti ma aveva
dimenticato un particolare fondamentale. Lui avrebbe saputo inevitabilmente.
Si limitò ad asciugare le mani sudate sul pigiama. Jasper non avrebbe avuto
bisogno di una risposta.
Lentamente, si raddrizzò sulla sedia, senza smettere di
guardarla. L’acerba luce di luna calante lo rendeva stranamente irreale,
spettrale quasi. Uno straniero venuto dal Tempo. Aprì la bocca e Bella si
preparò a ricevere il colpo.
“ So che cosa pensi di aver scoperto e so a quale
conclusione sei arrivata ”.
Diretto e conciso, come sempre. Lo stomaco di Bella si
contrasse come se avesse ingoiato un enorme cubetto di ghiaccio. Ebbe appena il
tempo di tornare a respirare che altre parole vennero a distruggere
completamente il pericolante castello di carte del suo cuore.
“ Ma, credimi, è sbagliata. Conosco bene i tuoi...
sentimenti e ti posso garantire che tu non sei innamorata di me ”.
Se l’avessero colpita con uno schiaffo in pieno viso
avrebbe fatto certamente meno male ma, per qualche strana ragione, taceva.
“ Tu ami Edward ed io... Io sto con Alice. Quello che
credi di provare per me è solo una banale cotta. Pura attrazione fisica. Ti
passerà presto, vedrai ”.
Bella non era sicura di aver capito con esattezza quello
che Jasper le aveva detto ma non era importante. Quello che lo era invece, era
il dolore lancinante che sentiva al petto.
Combattendo contro l’istinto di alzarsi da quella dannata
sedia e di stringerla forte a sé, Jasper continuò. Voleva solo fare in fretta.
Calpestare il dorato futuro di amore e felicità che avevano immaginato e
scappare il più possibile lontano da lei. Da lei che non capiva. Da lei che non
parlava. Da lei che avrebbe aspettato di essere sola per piangere e urlare. Da
lei che avrebbe dato qualunque cosa per farle dimenticare tutto, se solo avesse
potuto.
“ E’ Edward che ami davvero, che vuoi per sempre accanto
a te. Io sono solo la sbandata di un momento ”
Jasper parlava e Bella teneva lo sguardo fisso su di lui,
ma on lo vedeva. Aveva il respiro accelerato e l’eco smorzata delle sue parole
le arrivava come se le ascoltasse dal fondo di una piscina. Ognuna di esse
scavava profondi solchi nella sua anima.
“ Dovevo dirtelo. Non potevo lasciarti credere una cosa
sbagliata. Avresti cambiato i tuoi atteggiamenti e messo in pericolo il tuo
rapporto con lui, per un errore di valutazione ”.
Jasper sospirò. Poteva bastare. Le aveva già fatto troppo
male, non sarebbe andato oltre. Il suo volto era una maschera indecifrabile ma
non pensò di camuffare le sue vere emozioni. Il suo dolore era quello di Bella.
Lei non ci avrebbe nemmeno fatto caso. Inaspettatamente si alzò. Lei lo seguì
con gli occhi. Erano a meno di due metri ma non erano mai stati più distanti. Jasper
voleva toccarla, ma non poteva rovinare tutto. Non adesso che mancava così
poco. La guardò. Era semplicemente distrutta. Doveva andare via. Non avrebbe
resistito ancora a lungo senza fare niente. Si girò, dandole le spalle, e salì
sul davanzale. Bella sussultò come se solo in quel momento si rendesse conto di
quanto fosse successo.
“ Mi dispiace, davvero ”, sussurrò e con un salto sparì
alla sua vista.
Lei corse alla finestra ma lui era già lontano. Si voltò
solo quando fu sicuro di non vederla più e affidò al vento le parole che
avrebbe voluto dire a lei.
“ Perdonami, amore ”.
La luna scivolò dietro una nuvola e si nascose, senza
capire perché.