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Autore: S a r e t t a    16/06/2011    1 recensioni
Le mie dita accarezzavano le sue labbra. I nostri nasi si sfioravano. Il suo respiro si infrangeva contro il mio. I nostri cuori battevano insieme, allo stesso ritmo, per l’ultima volta. Non pensavo a niente. Non volevo pensare a niente. Ci parlavamo con gli occhi, ci facevamo promesse inpronunciate, promesse che volevamo mantenere in un modo o nell’altro. Non resistetti più quando lei si avvicinò al mio orecchio. Sentivo il suo respiro sul collo.
Con un filo di voce roca mi sussurrò un piccola e semplice frase che mi mandò in tilt.
Genere: Romantico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Alien
9. Occasione

Dai, è un passo avanti! Comunque possiamo continuare la nostra discussione. Ti va?

 

Inviai sperando che la risposta fosse positiva.
Mi sdraiai sul letto aspettando.
Non poteva essere vero.

Rilessi il testo che avevo scritto e poi chiusi tutto per sigillare il quaderno all’interno del mio comodino, Tom l’avrebbe letta più tardi.
Il cellulare vibrò nuovamente e un sorriso si fece spazio tra le mie labbra.
L’ennesimo sorriso.

Certo! Allora, pensi di sfondare nel mondo della musica?

Sfondare nel mondo della musica? Era il mio obiettivo. Dovevo riuscirci a tutti i costi per scappare da quel paesino che mi opprimeva. Non c’era niente. Io non ero fatto per la monotonia, non riesco a sopportarla neanche un po’. Ovviamente per certe cose mi piace, ma per altre no. Cosa c’è di divertente a essere picchiati quasi tutti i giorni? Cosa c’è di divertente nel cercare di non cadere ancora di più in profondità?

Lo spero. Però è difficile. Nessun produttore musicale passerà mai per Loitsche.
E’ più probabile che passi per Amburgo, ma non ne sono così sicuro.
Però provo a fare del mio meglio.

Inviai. Non sapevo cos’altro dire. Ero troppo felice. Stava parlando con me e si stava interessando di una cosa, tra le più importanti, della mia vita. Non potevo non pensarci. Non mi veniva in mente nient’altro. Iniziai a immaginare il giorno dopo.
Tutto sarebbe iniziato alla fermata. Parlare, parlare, parlare e parlare fino a scuola. La scuola. Che cosa avrei fatto?

Non è impossibile che passi per Amburgo. Per Loitsche … La vedo dura.
Ti vorrei dire che sicuramente si avvererà tutto ciò che desideri,
ma non ti ho mai sentito. Anzi, non vi ho mai sentito.

Che amore. L’ennesimo sorriso mi spuntò sul volto. Cercava in qualche modo di rassicurarmi, ma voleva essere realista. Non mi aveva mai sentito. Allora ciò che mi venne spontaneo fu chiederle solamente una piccola, insignificante cosa.

Hai ragione. Allora facciamo una cosa, sabato siamo al Du Nord.
Iniziamo alle otto. Vuoi venire?

Deglutii prima di premere il tasto "Invia".
Speravo in un sì, in maledettissimo sì.
Dovevo ancora trovare una soluzione sul come avrei potuto parlare con lei a scuola; dovevo ancora risolvere l’enigma Daniel, però sapevo di non riuscirci, non se la risposta tardava ad arrivare.
Mi rigirai nel letto un paio di volte preoccupato. Dovevo anche parlare con Tom. Non sapevo come prendere il tutto, era una cosa oscena. Problemi su problemi e se ne aggiungevano sempre nuovi e questa consapevolezza mi arrivò tutta in insieme quando aprii il suo messaggio.
Come potevo spiegare che lei stesse con me?
Come potevo non essere massacrato ancora di più sotto i suoi occhi?
Gli avrebbero fatto capire che non sapevo reagire, che non valeva la pena stare con me.
Idiota.
Coglione.
Stronzo.
Scemo.
Dannatissimo bastardo.
Perché cazzo ero dovuto crescere in quel modo?
Rilessi nuovamente il messaggio.

D’accordo! Immagino che tu debba andare prima per
sistemare gli strumenti, per cui ci vediamo lì. Ma sai una cosa?
Forse ti posso aiutare nel tuo intento, ma non chiedermi come.

Spalancai gli occhi e risposi.
Parlammo fino alle undici di sera, io avrei continuato anche per una settimana intera se non di più, ma lei era stanca. Non riuscivo a capire come Dio avesse potuto privarsi di un angelo come lei.
Fino alle undici le mie domande erano ancora senza risposta. Non sapevo come fare, ma non ci pensai più di tanto, avevo un problema più grande.
Tom.
Mi alzai dal letto e corsi in camera sua, aprii senza bussare e, per questo, mi beccai una brutta occhiataccia.
Era seduto a terra con la sua chitarra, probabilmente l’aveva appena presa in mano perché io non avevo sentito niente. In casa c’era stato il silenzio più totale, o forse ero io che mi ero estraniato dal mondo. Era probabile, ma il suono di una chitarra avrei dovuto comunque sentirlo.
«Lo so.» mi disse non appena mi accomodai di fianco a lui.
Non c’era bisogno di comunicare, ero davvero consapevole che io e lui pensavamo le stesse cose, ci capivamo anche senza parlare. Solo poche volte chiedevamo conferma domandando qualcosa, ma per il resto era una cosa superflua.
Non volevo prolungare il tutto, era meglio andare dritti al punto.
«Prima mi dici cos’hai?» chiesi guardandolo.
Si girò verso di me inarcando il sopracciglio.
Okay, quella era una domanda cretina, avevo una mezza idea di quello che aveva.
Pensava.
Pensava a quello che pensavo io ovviamente, o così credevo.
«Ci sto pensando da prima di te a domani.» rispose poggiando la chitarra contro il muro.
Lo sapevo.
Lui aveva avuto più tempo, forse era arrivato a una conclusione logica.
Lo speravo davvero.
Potevo inventarmi qualcosa al momento, ma non avrebbe mai funzionato. Tutti gli insulti iniziavano sul pullman e lei non doveva sentire niente di tutto ciò, niente.
Ormai nulla poteva ferirmi, soprattutto se ci sarebbe stata lei accanto a me, ma qualcosa mi diceva che a lei avrebbe dato fastidio.
«Per il pullman passo prima io, poi lei e infine tu.» disse sedendosi nuovamente accanto a me.
Giusto.
Se Tom saliva prima avrebbe fatto stare zitti tutti, aveva picchiato quasi tutti i passeggeri che andavano diretti a scuola. Questi si divertivano ancora a prendermi in giro se lui non c’era.
Poi sarebbe passata lei perché così avrebbero capito che stava con noi ed io … Io per ultimo perché altrimenti si sarebbe potuto scatenare il pandemonio.
«Ha senso.» commentai pensandoci su.
«Ovviamente.» rispose ridendo per poi continuare il suo piano. «Ecco, poi scuola. Scendiamo e ci sediamo al solito tavolo. Naturalmente io sarò un po’ lontano da voi.»
Aveva già risposto al mio dubbio.
Non sapevo se lei volesse parlare di sé davanti a Tom, non sapevo se si vergognasse di lui, anche se, poiché ci aveva parlato, era un po’ improbabile ma non volevo correre il rischio. Non si poteva mai sapere.
«Poi l’accompagniamo in classe. All’uscita non ci dovrebbero essere problemi. E’ l’intervallo che mi preoccupa.»
Era un problema.
Tom prima dell’intervallo aveva chimica, scienze oppure laboratorio di ascolto. Era sempre ai laboratori in ogni caso, per questo ci incontravamo sempre fuori. Se tornava indietro per prendere me metà intervallo sarebbe andato in fumo, e non volevo che succedesse.
I miei prof erano sempre lenti, ci facevano uscire sempre qualche minuto dopo e solitamente tutti erano già usciti.
Daniel mi aspettava sempre, per questo non c’era via di scampo. C’erano le eccezioni in cui anche i suoi professori lo tenevano dentro, oppure io uscivo stranamente in orario e riuscivo a scappare. Lui era al piano di sopra, doveva fare le scale, io no.
«Troverò il modo.» dissi scettico.
«Lei esce sempre in orario e si siede sempre alla solita panchina.»
Entrambi cercavamo di trovare una soluzione, ma ci voleva solo un colpo di genio. Secondo me Daniel non si sarebbe fatto scrupoli pur di dimostrare che io ero il debole, mi avrebbe acchiappato, anche se lei era presente.
Dovevo cercare di reagire o dovevo cercare di parlare con ... lui? Sì, era la soluzione migliore, parlare.
Dovevo sembrare superiore a lui, anche se non avevo speranze, non mi potevo prendere in giro più di tanto.
Era impossibile.
«Tanto non mi vorrà mai, anche se sabato viene a sentirci suonare.»
Tom si alzò di colpo battendo le mani, lo guardai perplesso. Che diamine stava facendo?
«Sabato è la tua grande occasione! Devi lavorartela durante la settimana. Bill, se ha detto si qualcosa c’è.»
Chiusi gli occhi.
Perché ero così pessimista?
Tom aveva ragione, anche se in parte. Magari voleva solo fare amicizia con il primo che gli passava davanti, forse gli facevo pena o magari era solo gentile con tutti.
Le braccia di Tom mi avvolsero le spalle.
Ero un fallito.
Poggiai la testa sulla sua spalla e iniziai a piangere.
Stavo per rovinare la vita di un’altra persona, non bastava rovinare la mia, quella di mio fratello e di mia madre no, anche la sua vita sarebbe stata contaminata e lei non si meritava niente del genere.
Non combinavo mai niente di buono.
Perché dovevo essere così?
Se Tom fosse stato figlio unico quei problemi non sarebbero mai esistiti, io non sarei mai esistito e ciò avrebbe fatto in modo che la vita di tutti fosse stata più serena. Non servivo a niente, niente di niente. Non riuscivo a finire niente.
Che cosa avevo che non andava?
Tutti contro di me.
Perché dovevo andare così contro corrente?
Perché avevo fatto in modo che i loro insulti mi colpissero talmente tanto da cadere in un pozzo senza fondo?
Perché adesso che avevo trovato la mia salvezza tutto sembrava più difficile di prima?
Tom mi stringeva forte cercando di farmi capire quanto tenesse a me.
Lui., avevo lui.
Mi dimenticavo sempre, negli ultimi tempi, che lui non poteva essere niente senza di me.
Io non potevo essere niente senza di lui.
Il mio respiro era sempre più affannato, stavo bagnando tutta la maglia di Tom. Il mio viso era velato di un fine strato di acqua eppure mi sembrava così poco per descrivere il mio dolore.
«Non hai niente che non va. Sono gli altri sbagliati.» mi sussurrò accarezzandomi i capelli.
Cercai di convincermi grazie alla sua frase.
Quale uomo piangeva?
Perché non riuscivo a resistere quando le sue braccia mi avvolgevano?
Perché capiva sempre quando ne avevo bisogno?
Per chiunque quel pianto poteva essere improvviso, ma per lui no.
Lui era pronto, più forte di me, sapeva controllarsi, io no. Non capivo con quale forza andasse avanti.
La mia gola iniziò a inaridirsi, mandai giù un po’ di saliva.
Non dovevo deludere mio fratello, quella notte nessuna bottiglia sarebbe stata schiava delle mie paure.
«Ti voglio bene.» sussurrai non appena le lacrime cessarono di scendere dai miei occhi.
«Anch’io fratellino.» disse scostando le braccia «Avrai tutto ciò che desideri senza di loro.» continuò dandomi un leggero bacio sulla fronte.
Lo guardai negli occhi, era serio.
Mi morsi il labbro e andai in bagno, lavai la faccia e mi guardai allo specchio. Avevo gli occhi arrossati, stanchi; il trucco era andato via completamente, le occhiaie erano più marcate del solito.
Il mio viso era smagrito, lo toccai appena e uscii.
Infilai il pigiama e andai a letto.
Mi facevo schifo.
Tom aprì un po’ la porta della camera, notai il suo viso fare capolino dalla porta.
Stava andando a letto anche lui, era senza cappellino e fascia.
«Notte Bill.» mi disse per poi richiudere la porta.
«Notte.» sussurrai fissando il soffitto.
Ero sicuro che qualcosa sarebbe cambiato, non sapevo se in positivo o in negativo.
Avevo paura.
Presi il cellulare e rilessi i messaggi che mi aveva mandato e notai una cosa : Era tardi, ma dovevo augurarle comunque la buonanotte.
Avrei voluto essergli accanto per poter vegliare su di lei, ma non era possibile.
Volevo custodire i suoi sogni, entrare a farne parte come lei ormai era parte dei miei.
Spostai lo sguardo fuori dalla finestra. Avevamo esattamente tre cose in comune che mi rassicuravano.
Vivevamo nello stesso paese.
Vivevamo sotto lo stesso enorme e immenso cielo.
Guardavamo esattamente le stesse stelle, anche se probabilmente in modo diverso.
Io speravo che esse avverassero i miei desideri, speravo che portassero il mio messaggio direttamente a lei, che gli raccontassero ciò che mi aveva fatto provare in un giorno soltanto, che gli svelassero ciò che tutti gli altri avevano paura di sapere.
Sospirai e iniziai a scrivere il messaggio di buonanotte, non rilessi neanche una riga.
Ero sicuro che altrimenti non sarebbe mai stato inviato.

Oggi mi è stato concesso di conoscere una persona che già reputo speciale.
Mi è stato concesso di parlare sinceramente di me stesso come non ho mai fatto. Grazie.
Grazie per esserti interessata a me, per avermi ascoltato. Solo Grazie. Buonanotte.

Mi addormentai con la paura addosso.
Poteva non esistere.
Tutto poteva essere un sogno, poteva scomparire, ed io avevo paura di svegliarmi nuovamente in quell’incubo che temevo vivere ogni giorno.
La vita reale.

I Bla Bla Dell'Autrice*

Ciao Ragazze :)
Vorrei davvero scusarmi in una maniera allucinante!
Ho avuto molti problemi sia con la linea internet che con il computer, ma grazie alla scuola mi è stato concesso un pc nuovo e per cui conto di poter davvero continuare con questa storia.
Vorrei ringraziare tutti coloro che leggeranno e spero davvero vi piaccia. :)
Un bacione e, a presto!

  
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