Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Florelle    17/06/2011    1 recensioni
Luca é un giovane architetto venticinquenne, la cui vita é scandita dal lavoro in ufficio, le serate in solitaria e le notti brave a Torre del Lago, in cerca di sesso senza impegno, nel quale dimenticare una vita che gli sembra fatta solo di doveri. Ha pochi amici e non sente il bisogno di averne altri, non cerca una relazione e forse neppure ci spera più fino al giorno in cui conosce Nicola, brillante editore e insegnante di teatro. La storia sembra partire col piede giusto, ma non tutto é perfetto e Luca si troverà a fare i conti con le proprie paure.
Luca é un adolescente alle prese col diventare adulto, con lo scoprire la propria omosessualità. Bravo a scuola, serioso, timido ai limiti dell'asociale, sportivo, creativo. E come molti adolescenti, tiene un diario.
Luca ha una sorella, Marianna, meno fortunata di lui su cui si concentrano le attenzioni e le preoccupazioni dei genitori. É davvero facile crescere senza punti di riferimento?
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
3 Marzo 1996

Caro D(i)ario,
Oggi la nonna è venuta a trovarci. Odorava di borotalco, acqua di rose e caramelle Rossana. Ci ha portato in regalo due quaderni belli, di rilegatoria, con la copertina in carta pergamena. Uno per me e uno per Marianna.
È strano che ci permettano di avere qualcosa di uguale, ma forse perché la nonna è una persona anziana e a queste cose non ci pensa. E poi non so, a volte ho l’impressione che la nonna sia un po’ dalla mia parte, che mi voglia un bene speciale.
Prima di rinchiudersi nello studio con la mamma, come tutti i sabati, mi ha dato una carezza vigorosa sulla testa e mi ha detto di fare buon uso di quel quaderno e che sa che non la deluderò.
Per fortuna Marianna era uscita con il babbo per andare a danza, sennò sai quante storie avrebbe fatto per quella carezza squilibrata.
Allora ho deciso che userò questo quaderno per scrivere qualcosa di me, per diventare il mio amico speciale.
Per questo l’ho chiamato Dario, come il condottiero persiano e come il ragazzo di prima liceo che ha quei begli occhi verdi e che non mi considera mai.
Lui è nel club di pallavolo, ma io sono troppo basso per giocare a pallavolo. E ho sempre paura che la palla mi venga addosso e mi faccia male.

4 Marzo 1996

Dario, non ho una foto di me da farti vedere e appiccicare qui, magari uno di questi giorni mi fermerò alla macchina automatica dopo la scuola e ne scatterò una. Per ora accontentati di quello che ti dico.
Non sono un bel tipo, mi dispiace. Sono basso di statura, anche se mio padre mi ripete sempre che crescerò ancora perché “anche lui è cresciuto molto dopo i sedici anni” (anche se rimane basso) e sono mingherlino (la scorsa settimana sono arrivato a cinquanta chili per la prima volta nella mia vita).
Ho i capelli neri con riflessi rossi, ricciuti e per quanto cerchi di curarli rimangono ostinatamente ricci. Non mi piacciono.
Vado orgoglioso del mio naso che è sottile e piccolo e ho sempre paura che la palla ci caschi sopra e lo rovini.
Ho le efelidi che si confondono con i brufoli.
Insomma, una schifezza, ecco.
Pagherei qualsiasi cosa per essere non dico un Achille, ma almeno un Patroclo e non un Tersite. Alessandra, la mia migliore amica, dice che devo essere scemo a pensarla così.
Mia madre dice che io e Marianna ci assomigliamo tantissimo, che abbiamo gli stessi riccioli ribelli, lo stesso taglio degli occhi, la stessa espressione un po’ corrucciata.
Solo che lei è più alta di me, è robusta e ha un bel seno, infatti tutti i maschi della scuola le fanno la ronza e lei torna a casa ogni sabato sera accompagnata da uno diverso.
Lei fa il liceo scientifico, ma quello falso, agli Scolopi, io il liceo classico statale.
In classe non mi trovo poi tanto male.
Premesso che non mi si nota subito, ecco. Non mi piace chiacchierare, preferisco starmene in silenzio e pensare ai fatti miei, studiare e prendere dieci nelle materie importanti (lo prendo anche in quelle meno importanti, ma senza prestare attenzione).
Quando ero alle elementari, una volta le maestre hanno detto a mia madre con un misto di orgoglio e di preoccupazione che ero una specie di genietto perché in seconda elementare già leggevo libri per quelli di quinta. Solo che non parlavo con gli altri bambini.
A parte Alessandra. Era un segreto fra me e lei la mia voce – anche se a dir la verità io la adoro perché lei parla sempre.
Ah, non mi ricordo se te l’ho detto Dario, Alessandra è la mia migliore amica. Ti piacerà. È alta e robusta – le dicono che è grassa ed è sempre a dieta, ma secondo me è bella giunonica com’è – porta un paio di occhiali spessi dalla montatura di marca, ha lunghi capelli castano chiaro, lisci come spaghetti, e occhi nocciola. La conosco dall’asilo.
Alessandra ha una voce melliflua, un po’ impostata dal canto – facciamo entrambi parte del coro della scuola – e soprattutto è instancabile. Nei lunghi pomeriggi d’inverno nella mia stanza oppure d’estate al mare, quando infuria il caldo, lei riempie le mie ore parlando. Di quello che ha letto, di qualche prof. antipatico, dei compiti, del ragazzo per cui ha preso una cotta, di un libro che ha letto o di un film che magari abbiamo visto insieme. Parla sempre in qualche modo di sé.
Il suo tono mi dà pace e mi tranquillizza quando sono triste.

5 Marzo 1996

Sai, Dario, mi capita spesso di essere un po’ triste, di una tristezza strana, quasi nauseante. Credo sia il 'disagio dell’età', perché alla fine nella mia vita non c’è niente che proprio non vada.
Mia madre mi ripete sempre che non ho ancora una ragazza, ma non sono sicuro che la cosa mi interessi.
Il babbo, da quando Marianna ha cominciato a uscire la sera sempre con uno diverso, dice che è meglio così, che almeno io ho giudizio.
Ieri notte Marianna ha avuto una delle sue crisi, contro i nostri genitori stavolta. Che strano, di solito se la prende con me.
Io stavo già dormendo perché vado a scuola anche il sabato – mica come lei! – quando mi sono svegliato per gli urli.
Mi sa che mia sorella non avesse preso le sue medicine. Volevo restarmene al caldo nel letto – mi fa paura quando mia sorella fa così – ma alla fine non ce l’ho fatta, perché Marianna gridava forte e mio padre di più. Quando sono andato in salotto la mamma aveva la faccia rossa e piangeva. Mi ha fatto impressione.
Babbo la teneva stretta per le braccia e allora ho capito. Mi ha fatto un cenno e sono andato in camera loro, dove tengono le medicine. Mi sembrava di essere un robot tante volte ho fatto questa cosa. Quando sono tornato in salotto ho teso le medicine a mamma, ma lei ha fatto finta di non vedermi. Non reagiva. Allora mi sono avvicinato io a mia sorella, per fargliele prendere.
Lei è diventata tutta viola in volto e ha cominciato a gridarmi “Piccolo verme schifoso!” e “Ladro maniaco!”e ad accusarmi di aver rubato la sua maglietta col pizzo.
Io non avevo toccato niente! Le avrei voluto gridare “Stronza”, ma so che non mi è permesso gridarle contro, però mi sono messo a tremare dalla rabbia. Ho fatto cadere le medicine, per fortuna la boccetta non si è rotta. Mia madre alla fine si è mossa a raccoglierle, mi ha detto che non sono buono a niente.
L’ho delusa. Ancora. Lo so che dovrei badare io a mia sorella. Sono scappato in camera mia, senza fiato.
Ma non è per questo che sono triste. Forse, non lo so. È che mi sembra di non fare mai abbastanza, di essere il cane che insegue l’osso, ma non riesce mai ad afferrarlo.
Sono uno stupido, ecco cosa sono.

8 Marzo 1996

Alessandra mi ha visto star male stamattina a scuola. Si è accorta che faticavo a reggermi in piedi, che avevo sonno. Le ho solo detto che Marianna era stata di nuovo male, lei ha messo su un sorriso di compassione e l’argomento si è chiuso lì.
A ricreazione mi ha parlato di questo tipo che le piace, su cui devo dare il mio giudizio. Lei chiede sempre il mio parere in fatto di maschi. Non lo so, mi sa che ci capisco più di lei, anche se non le ho parlato della simpatia che ho per Dario – quello vero, non tu.
Mi ha anche chiesto se mi va di uscire con questo tipo e una sua amica e lei, ma non ne ho tanta voglia. Ha cominciato a pregarmi, a fare gli occhi tristi e a dirmi che non sono un buon amico se la lascio sola con un tipo che le potrebbe pure saltarle addosso al primo appuntamento per quanto ne sa. Che la devo difendere.
Mi sono lasciato convincere facilmente.

8 Marzo 1996 (ma forse é già il 9?)

L’uscita è stata a dir poco fallimentare. Il tipo che piace ad Alessandra è uno stronzo di prima categoria e Alessandra non gli piace nemmeno, continuava a guardare altre ragazze. Ad un certo punto si sono appartati, credo che abbia chiesto ad Alessandra di scopare e lei gli abbia detto di no, perché poi è venuta a tirarmi via per un braccio.
Però l’amica dello stronzo, Marisa, era simpatica, soprattutto perché ha messo subito in chiaro che io non gli interessavo. La cosa è stata un sollievo per me.
Abbiamo parlato di letteratura e di manga – incredibile, ci piacciono gli stessi!- mi ha lasciato il suo numero e ha detto che magari uno di questi giorni mi viene a cercare a scuola a ricreazione.

14 Marzo 1996

Oggi, quando sono tornato a casa, mio padre mi aspettava fuori in giardino, cosa strana dato che non mi aspetta mai nessuno. Ha detto che voleva portarmi a fare un giro, a mangiare qualcosa fuori. Aveva un’espressione grottesca, di chi cerca di nascondere le cose.
“Che è successo, babbo?” gli ho chiesto, già immaginandomi chissà quale tragedia.
“Tua sorella si è trovata in un guaio. Ha avuto una delle sue crisi a scuola, ha aggredito un compagno che le si era avvicinato in maniera troppo esplicita.” Mi ha raccontato che a scuola è successo un gran casino, che li hanno chiamati e che forse Marianna non ci potrà più tornare.
“Ormai sei grande, vorrei che tu sapessi le cose come stanno” mi ha detto quando ci siamo seduti fuori ad un tavolo del bar a due isolati da casa. Io mi sentivo teso come una corda di violino.
“Tu e tua sorella state crescendo... e per quanto io e tua madre abbiamo provato a farvi crescere al meglio e a non fare pesare le differenze tra di voi, non ci siamo riusciti.” Finalmente, ho pensato dentro di me, adesso mi faranno fare quello che voglio. Sono stufo di non poter fare le cose che voglio perché le fa Marianna. Come la danza. Come il pianoforte. Come mille altre cose. Invece non era questo il discorso che mio padre voleva farmi.
“Marianna è sfortunata, non è intelligente come te, ha... ha un problema psichiatrico, lo capisci?”
“Non ho cinque anni, babbo” risposi un po’ offeso.
“Vedi, tua sorella.. tua sorella non crescerà mai del tutto. Il suo cervello non si svilupperà mai come il tuo o come il mio. Questo non vuol dire che sia stupida, ma solo diversa. Solo che la gente non lo capisce e cercherà sempre di farle del male e di approfittarsi di lei. Tu devi essere paziente con lei, non devi risponderle male come fai di solito, devi cercare di proteggerla. E di volerle bene.”
“Io le voglio bene” ho protestato. “Però è fastidiosa! E poi è violenta. Mi fa paura.”
“È tua sorella, devi capire che non ti farebbe mai del male” mi ha detto lui serio ed io avrei voluto piangere e urlare: “Non è vero!” perché lei mi ha spesso fatto male, fin da bambini. È per questo che a volte la odio.
“Devi capire che lei vede in te quello che vorrebbe essere lei. Tu potrai fare quello che vorrai nella vita e lei no. Lei pensa che vogliamo più bene a te perché sei più intelligente, perché riesci bene in tutto, dobbiamo farle capire che non è vero. Che anche lei si merita amore. E tu per primo devi cercare di dimostrarglielo. Me lo prometti?”
“Ma non è giusto!” avrei voluto urlare, ma mi sono sentito in colpa anche solo di aver pensato una cosa del genere. Marianna è mia sorella, devo volerle bene, è giusto che sia così.
“Sì, babbo.”
“Sapevo che avresti capito, Luca, sei un ragazzo molto maturo per la tua età.” Beh, almeno per questo i miei mi vogliono bene, perché dicono che sono 'maturo'. Anche se a volte vedo gli altri ragazzi coi loro piccoli problemi, il motorino che vorrebbero cambiare, un paio di scarpe che vorrebbero ed i loro genitori non vogliono comprare e mi sembrano infinitamente più felici. Più spensierati.
Io la spensieratezza non so cosa sia. A volte mi sembra di essere in una gabbia. La notte mi sveglio col cuore in gola, il timore che Marianna si sveglierà e verrà ad urlarmi contro. Mio padre ha continuato a farmi un discorso lungo su quanto la mamma soffra per Marianna al punto tale di starcisi quasi ammalando e che quindi devo cercare di fare il bravo anche con lei, di aiutarla e di non risponderle male. Perché la situazione è delicata.
E che se mamma si arrabbia tanto e mi tratta male – è successo qualche giorno fa, non l’ho scritto perché dopo non mi sentivo nemmeno le forze per scrivere, caro Dario, mi sono attardato una mezz'oretta al rientro da scuola e lei è andata su tutte le furie, mi ha urlato contro e mi ha detto che sono un figlio snaturato e poi mi ha tirato uno schiaffo – insomma, babbo ha detto che devo cercare di capirla. Che a volte ha reazioni esagerate.
Io mi sono sentito ancora più solo quando me ne parlava. Mi sono sempre sentito solo, fin da quando ho cominciato a essere abbastanza grande da poter provare la solitudine. A volte guardavo le famiglie della televisione, quelle col padre amorevole e la mamma che prepara le torte, e mi mettevo a piangere.
Perché io non ho il diritto ad una famiglia normale?
Ma alla fine quelle sono solo illusioni, immagino che le famiglie siano tutte come la mia.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Florelle