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Autore: macchese    17/06/2011    1 recensioni
L'amore, è un bambino di cinque anni che fa quello che gli pare. T'incasina tutto, fa i capricci per ore, e le sue lacrime ti svegliano la notte. E non ti puoi chiedere cosa hai sbagliato... è un bambino! Ha cinque anni! E, indovina un po'...?
Genere: Comico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Posso 5 _Grazie ragazzi. Per aver pensato prima a me. Siete grandi._

Foby non c'era, questa mattina. Ma ha lasciato questo, sullo schermo del mio cellulare, in un messaggio che mi ha davvero sollevato. Alla fine, ho dovuto dirglielo. Con le giuste precauzioni, con i tempi necessari, perché la sua curiosità era divenuta troppa perché l'amico tacesse. E l'amico in questione sono io. Sono contento che l'abbia presa bene, sono felice che non stia spaccando qualcosa, sono soddisfatto del suo comportamento. C'è una cosa però, che non è in sintonia con il resto. Perché "siete" grandi? Perché ringraziare anche Lurda? Non ha fatto un cazzo! Cioè, ho gestito io tutte le incombenze morali. Io, mi sono trascinato in quella terra di nessuno che è il dubbio, evitando tutte quelle mine chiamate rabbia, delusione, tristezza, sfiducia... Perchè ringraziare anche Lurda? Che si trovava lì solo perché non era al cesso come al suo solito? Foby è un bravo ragazzo. Ecco perché. Se gli rimane una sola caramella in mano e tu gliela chiedi, lui te la dà. E a dire grazie una volta in più non si fa mai del male. Però, ci tenevo a chiarire il concetto con Lurda, che come al solito ha riso, si è rollato una canna sul libretto, ed ha proseguito con la sua vita, come io con la mia.
Alla fine, gli amici sono questo. Sono quelli che rimangono anche dopo. Ed io ve lo posso dire. Il mio migliore amico ha interrotto (Qual è il termine giusto? Distrutto? Liquidato? Mandato a puttane?) la nostra amicizia a causa di una ragazza. Succede, direte. No. Non deve succedere. Non così. Per una ragazza che non mi piaceva, alla quale non piacevo, con cui non c'è stato niente, come si poteva dedurre. Ma questo è quanto. E poi? Solo della gelosia immotivata, qualche velata minaccia di violenza (che mi ha fatto ridere) ed una inevitabile discesa verso il baratro. Forse non era quel grande amico che pensavo, dopotutto. Con questo, non voglio dire che prima o poi la fiducia nei vostri amici, o viceversa, finirà con lo sgretolarsi. Non deve succedere per forza. Ma basta meno di quello che pensate. Non tutti rimangono. 


Ed ora mi trovo qui. Dopo le lezioni. Quel corso di matematica che ho in tutti i modi cercato di abrogare. Ma forse la gente convinta di esprimersi a favore, ha votato per il no. Due e mezza. 14.30. Un orario del cazzo. Troppo presto per andare a casa a mangiare, troppo tardi da aspettare senza annoiarsi. E non è nemmeno attesa con gioia, come ora.
Le lancette si sono già posate su quell'ora, ma io ci tengo a fare un po' di ritardo, perciò passeggio come uno studentello di prima che si è preso tra i corridoi.  Osservo cosa offrono i distributori automatici. Prendo un caffè dalla macchinetta, che sa più di macchinetta che di caffè. Mi chiedo cosa abbia fatto di spiacevole per meritare tanta  attenzione da chi ti odia. Non perché, solo cosa. Ed in effetti, l'essere definito un "cretino" durante un colloquio genitore/insegnante, penso abbia il suo peso. Da parte dell'insegnante, se ve lo stavate chiedendo. Da quella volta, mia madre non ha più messo piede nella mia scuola. Ah... com'è strana la vita. Mi ricordo le interminabili chiaccherate con i bidelli durante le ore di matematica, sbattuto fuori dalla classe come un ospite indesiderato. Ma nessuno ci pensa a me? Come se io lo desiderassi, stare dentro. Vittima di un pregiudizio così plateale che ormai sedeva al mio posto. Io ho fatto i miei errori, ma se ti vuoi arrendere, non darti all'insegnamento.
Per questo, mi sento di indugiare ancora un po'.
La cosa brutta nell'arrivare in ritardo, è che non puoi scegliere il tuo posto. Com'è successo al mio esame di maturità, ma non è per quello che mi hanno bocciato. E' un po' quello che temo, varcando la porta, ormai un quarto d'ora distante dalle tre. Non è il caso. Siamo in pochi, e stiamo tutti intorno ad un tavolo piuttosto massiccio in un'aula accanto alla presidenza. Che essendo a dieci centimetri dall'ingresso, non giustifica il mio gironzolare scaturito in ritardo. Comunque, ci provo.

    -Sono in ritardo?- esordisco, fingendo più che posso innocenza.

    -Ti abbiamo aspettato, non preoccuparti. Se serve, staremo qui dieci minuti in più.-

Stronzissimo surrogato di una docenza frustrata. Ecco, come entrare in una stanza di semi sconosciuti ed essere odiato all'unanimità. Pensava forse di offendermi? Non è mica la prima volta che succede e comunque, ferisce più la spada.
Siamo tre ragazzi, due ragazze, un posto vuoto, che occupo immantinente. E' accanto ad una delle ragazze (Foby sarà orgoglioso di me) ed è meglio del resto della stanza. Ma soprattutto, è il più distante dalla prof. Non che "più lontano" significhi necessariamente "lontano", ma la stanza è all'incirca la metà di un'aula ed in battaglia, bisogna godere di ogni piccola vittoria. In questo caso, la seconda. La ragazza è veramente carina. Lo so, perché non mi degna del minimo sguardo, come di solito fanno le belle ragazze col sottoscritto, ma soprattutto perché una volta seduto, la inquadro meglio. Bella. Di uno sguardo, e nemmeno di uno di quelli migliori, mi degna invece l'altra ragazza accanto, probabilmente una sua amica, guardandomi come se fossi una merda con le gambe. Se lo cercassi nel dizionario, quello sguardo, lo troverei alla voce "disprezzo". Non è facile essere odiati da così tante persone in uno spazio così piccolo.
Facciamo una panoramica. In realtà ci sono due persone in più, rispetto a quanto vi ho detto. Ma esulano dalla conta di chi è li per "recuperare" e di chi è lì perché è stato costretto (qui forse ci sono solo io). Un tipo occhialuto e corpulento, armato di calcolatrice sfoggiata neanche fosse la Walther P38 del famoso ladro Arsenio, ed un altro secco, pettinato come un divano. Questo dipende da che divano avete in casa. Quindi, gli altri tre anonimi ragazzi, le due amiche ed io, a chiudere lo schieramento. E la prof. Il tutto dovrebbe durare un'ora e mezza. Spero, con abbondanti pause all'interno.

La lezione inizia condotta dalla prof, ma la palla passa poi all'occhialuto. Di questo passo, la parola andrà anche al divano. Non si aspetteranno davvero che io li ascolti, o che li prenda minimamente sul serio. Ma devo farlo e con grande sforzo, ci proverò.
Sciolinano un paio di cose che sento per la prima volta. L'occhialuto sembra guardarmi storto. Uno sguardo del tipo "come fai a non saperlo?". Beh... allora. Intanto, la mia calcolatrice è più bella e poi, avere il cervello pieno di matematica, non vuol dire avere il cervello pieno. So anche io cose che non sai. 5,5x12.5x25 cm: le dimensioni del mattone standard che ti tirei in testa. Il mio quaderno sta diventando una fotocopia del dettato, sotto la mia crescente disperazione. Poi, la ragazza accanto si rivolge a me. Mi chiede di soppiatto una cosa al quale mi sorpendo di saper rispondere. Oh... a volte, ti va di culo. Arranco così per altri tre quarti d'ora, finché al detenuto viene concessa l'ora d'aria. Anche se non è d'aria, e saranno al massimo cinque minuti.
Sto per chiedere a qualcuno se vuole un caffè, ma desisto. I tre anonimi parlano, giacché si conoscono già ed io non mi voglio infilare, le ragazze smanettano al cellulare (la numero due evita il mio sguardo per paura), ed ai due nerd... non li voglio. Sicché, vado da solo.
Non è che odio i secchioni. Io lo sono stato, per quanto incredibile e  strano suoni, anche alle mie orecchie, ma non ero così. Io ero un crociato del bene. Elargivo la mia conoscenza. Ma questi, non ti tenderebbero la mano neanche se foste appesi ad un cornicione,  se nell'altra stessero stringendo un compito in classe. Le cose le vogliono sapere solo loro. E non odio le persone che già si conoscono, ci mancherebbe. Non voglio infilarmi nei discorsi altrui. Per quello c'è sempre tempo. Ma questa mia forma di rispetto viene sempre fraintesa. E non odio le amiche che mi guardano storto. Io sorrido! E l'amica dell'amica che mi guarda storto, oggi ha vinto. E' davvero una bella ragazza. Ed io non odio le belle persone.
E' di fianco a me e sarei un bugiardo se non ammettessi che il mio sguardo si sposta volentieri sulla sua figura. Che sbircia con la coda dell'occhio. Ha dei lunghi capelli biondi, occhi castani, carnagione chiara. Magra. E profuma. Profuma di morbido. Non voglio sembrare un animale, ma ha un buon odore. E così. Sono abbastanza gentiluomo da descriverla senza fare gesti. Si chiama Giorgia. Ho dato una veloce occhiata all'appello, cercando la corrispondenza col cognome. Non mi sono fiondato a chiederle le generalità. Forse non mi rivolgerà mai la parola, ma se dovesse succedere, è meglio farsi trovare pronti.
Non so a voi, ma quando mi si presenta una persona, sono più attento al pronunciare giusto il mio nome, piuttosto che ad ascoltare quello dell'altra persona. E' capitato. Già troppo spesso ho aguzzato l'orecchio nel tentativo di captare nuovamente il nome del soggetto ex-novo. Ma non sempre succede di ripescarlo. E questo non vuol dire che odio chi ha un nome.  
Io non odio nessuno. Odio è una parola troppo forte perchè possa esistere all'interno delle persone senza distruggerle. Cioè, si pensa ad odio come al contrario di amore, ma io non la vedo così. Amore non ha un vero opposto. Il suo contrario è "non Amore".
L'ora è giunta, infine. Il mio ritardo è costato quasi otto minuti di recupero. Non mi guardate male, siete solo vittime collaterali. Danni residui di una guerra più grande. Prima o poi tutti quanti veniamo colpiti da un proiettile vagante...
Quelli che rimangono...
  
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