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Autore: _Key    17/06/2011    2 recensioni
Quanto potrebbe valere un determinato respiro?
Qualcosa per cui vivere, e per cui morire.
La lacerante paura di dire la verità; la necissità di nasconderla a tutti i costi. Sì, paura. La paura di non essere creduta, e di essere abbandonata. Di rimanere sola. Di nuovo.
Lui era qualcosa che riusciva a scaldarle l'anima ormai gelida col passare degli anni, e le mani.
Qualcosa di vero, e di estremamente puro.
Lui riusciva a vederle il fuoco negli occhi.
I battiti del suo cuore seguivano i respiri di lui.
-
Tutto iniziato, dove un inizio vero e proprio non c'era mai stato.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Tom ed Hayley erano in macchina, ed erano appena arrivati a casa di quest'ultima. 
Stava quasi per scendere dalla macchina fin quando Tom la fermò.
«Ci si rivede.» mormorò quello.
«Certo, a scuola tra più o meno qualche settimana.» rispose. «Ah, e anche se in anticipo, passa un buon Natale.» continuò la ragazza.
«Grazie, anche tu.» sussurrò Tom. «E non cacciarti in altri casini.»  sorrise.
«Sicuramente.» affermò lei. «Ciao!» continuò, stavolta uscendo del tutto dalla macchina.
A passo veloce si diresse verso casa, anche perché non vedeva l'ora di arrivare a casa per abbandonarsi in un lungo bagno caldo.
Proseguiva verso casa, e aveva in mano già le chiavi con le quali avrebbe aperto il cancello che portava all'interno del quartiere, e la porta, quella di casa sua.
Aprì il cancello e si avviò verso casa.
Aveva i capelli raccolti in una coda e appena aperta la porta sfilò il codino e lasciò la borsa blu cadere a terra. Quando si ritrovò dentro casa, non ci pensò due volte: si spogliò di quei vestiti che non poteva più tenere a dosso e che pensò anche di buttare, e si preparò un bagno. Aspettò per un bel po' che si riempisse la vasca, spostando la maniglia del rubinetto tutta sul rosso, e dopo aver lasciato a terra tutti i vestiti, si cimentò al suo interno, ovviamente una volta riempita; l'acqua era calda, esageratamente calda, esattamente come le piaceva, e oltre a scivolarle l'acqua sulla pelle, le scivolarono via tutti i pensieri che potesse avere per la testa in quel momento. 
Dopo tutto quello che poteva ormai definirsi passato, era proprio quello che le ci voleva.
 
Tom invece, a differenza di Hayley, avrebbe avuto una giornata piena; diciamo che avrebbe avuto vari impegni.
Dopo aver accompagnato Hayley a casa, aveva pensato di andare a casa dei genitori, e così fece. 
In un batti baleno si ritrovò a casa di quest'ultimi, e come suo solito, fuori al cancello di casa dei genitori e senza aver bisogno di bussare alcun tipo di citofono, suonò tre volte il clacson della sua Audi, che tra l'altro era di un bianco da far paura. 
La madre si affacciò alla finestra, sorrise felice come fosse la prima volta dopo dieci anni che non vedeva il figlio, e aprì naturalmente il cancello.
Tom era sicuramente meno felice della madre, non perché non lo fosse, ma dimostrare felicità e tutti gli altri possibili sentimenti che un essere umano poteva provare, non era proprio nel suo carattere.
Lasciò la macchina lì in giardino, e si diresse subito in casa anche perché faceva un freddo cane. La madre non lo fece nemmeno respirare un po' d'aria calda una volta entrato in casa, ma al contrario, lo strinse in un caloroso abbraccio com’era sempre stato suo solito. 
«Mamma, sempre la stessa storia. Mi lasci, o no?» mormorò sorridendo.
«Scusami tanto.» sorrise la madre. «Non ti vedo da tanto tempo Tom, permetti almeno che ti abbracci? Tra un po', non potrò nemmeno più farlo, visto che stai diventando più alto del dovuto.» continuò.
«Da tanto tempo, mamma? Saranno al massimo due giorni.» 
«Stai zitto và. Per il resto, invece? Che mi dici?» gli chiese Simone.
«Niente di ché.» rispose il figlio.
«Ragazze?» riprese la madre con le sue solite domande, cui Tom era solito rispondere sempre con le stesse ed identiche frasi. La madre sembrava non accorgersene mai. In effetti, conoscendo il carattere dell'unico genito, era sempre felice di vederlo anche per un secondo.
«Nessuna.» mentì Tom; nel senso che l'ultima ragazza se l'era scopata tipo tre giorni prima.
«A scuola?»
«Ci sono le vacanze natalizie.» sorrise il ragazzo sedendosi sul divano. «Papà?» domandò subito dopo.
«E' di sopra nel suo ufficio, non si dà pace, sta lavorando da ieri a certe fatture.» rispose la madre avvicinandosi al lavello dove già stava lavando qualche piatto. «Vai tu da lui, o lo chiamo?» continuò.
Tom guardava fisso la televisione spenta e scura davanti a sé ancora seduto sul divano, e con i gomiti era appoggiato alle ginocchia.
«Allora?» chiese la madre non avendo avuto ancora risposta.
«No, no.» mormorò Tom, alzandosi. «Si è anche fatto tardi. Devo andare.» continuò guardando quella specie di bussola che aveva sul polso destro.
«Tom.» disse la madre. «Ci vediamo in questi giorni, no?»
«Sì. Ci vediamo, mamma.» mormorò il ragazzo.
«Ciao, amore.» sussurrò la madre stampando un forte bacio sulla guancia del figlio.
 
Hayley dopo due ore di bagno caldo si decise, e uscì dall'acqua. C'era talmente di quel vapore causato dall'acqua terribilmente calda, che quasi non si riusciva a vedere niente. Come suo solito scrisse il suo nome allo specchio, o meglio, l'iniziale, come faceva già da quando era piccola.
 L'accappatoio l'avvolgeva tutta.
Una volta uscita dal bagno che sembrava una sauna, era indecisa tra il rimanere a casa o andare a fare un giro, ma ben presto decise che stare su un letto non sarebbe stata una delle cose migliori da fare, e quindi decise di uscire.
Scelse un paio di jeans abbastanza scuri, una maglia a maniche lunghe bianca, una sciarpa con disegnati dei teschi sul grigio, un paio di scarpe da ginnastica nere, e un giubbotto dello stesso colore delle scarpe. Si vestì velocemente e scese prendendo l'ascensore.
Non voleva usare la macchina, ma voleva fare quattro passi a piedi, da sola e senza pensieri. Aveva le mani nelle tasche del giubbotto e camminava anche a passo lento.
Vicino casa sua c'era un ponte. Un ponte dove spesso dalla finestra vedeva passeggiare le persone, da una parte c'erano le macchine che sfrecciavano sempre più veloci, mentre dall'altra se vi si affacciava, ci s’imbatteva nel verde di un prato di un parco, e varie panchine. Decise dunque, di volerci salire. 
Non sapeva come si arrivasse lassù, ma intravide da dietro un albero delle scale. Ci si avvicinò subito, e furono proprio quelle scale a portarla sul ponte. 
La vista era bellissima, e con la mano appoggiata al bordo del ponte, cominciò a camminarci anche abbastanza stupita.
Il freddo si faceva sentire sempre di più, e sembrava anche che volesse piovere, ma fortunatamente il tempo mantenne per tutto il resto della giornata.
Non poteva credere che per tutto quel tempo in cui vedeva gente passeggiare su quel ponte, non aveva mai provato a salirci; le erano sempre piaciute le cose così, in qualche modo anche le cose più semplice l'affascinavano fortemente. 
Tra l'altro era ad un passo da casa sua e ci sarebbe potuta andare in qualsiasi momento lei avrebbe voluto. 
 
Andy era stesa sul letto nella sua stanza a leggere un libro, quando la madre aprì la porta.
«Posso, tesoro?» sussurrò quest'ultima.
«Certo mamma, entra» mormorò Andy chiudendo il libro, e appoggiandolo sul letto di fianco a lei.
«Che fai?» domandò Johanna sedendosi vicino alla figlia.
«Niente, leggevo.» 
«Devi dirmi qualcosa, piccola?» fece subito dopo senza aprire un ben che minimo di scorso. Così, di punto in bianco.
«No, perché?» 
La ragazza, in quel preciso momento, non aveva per niente capito di cosa stesse parlando la madre, e di certo non credeva che fosse per il suo comportamento poiché non fece capire niente del suo precedente litigio, con strani atteggiamenti e cose del genere.
«Sicura?» ribatté la madre.
«Sì mamma, sicura.»
«Ho trovato una maglietta nuova, ancora con il cartellino, nella spazzatura.» mormorò, poi. '«Non credo ci sia finita da sola lì dentro.» continuò.
Era la maglietta che Andy comprò al centro con Hayley, una la comprò per questa, ed una la comprò per lei. E sì, fu lei a buttarla. 
«Ehm.. sì.» quasi balbettò la ragazza, abbastanza pensierosa come se per trovarsi una scusa più o meno convincente. 
«Allora? Cos'è successo?» riprese la madre.
Andy guardò la madre negli occhi, per poi spostare nuovamente lo sguardo, cosa che faceva continuamente durante la stessa conversazione.
«La comprai con una mia..» tossì. «Con una mia amica.» si ricompose. «Ma quando l'ho provata, non mi piaceva, ero pure nervosa, e l'ho buttata.» continuò mentendo.
«Sicura che sia andata proprio così, Ander?» insisté nuovamente la madre.
«Sì, mamma. Non preoccuparti.» disse la ragazza fingendo anche un lieve sorriso.
«E va bene. Se hai qualche problema, lo sai no?» 
«Sì, mamma, lo so.» sussurrò con stampato in faccia un sorriso. Un falso sorriso.
«Vado a dare un'occhiata alle altre pesti di là.» sorrise la madre alzandosi.
«Ok.» sussurrò Andy riprendendo il libro che stava leggendo.
La madre si avviò verso la porta, ed Andy cominciò a leggere silenziosamente qualche frase su una pagina presa a caso.
«Ah, e tra poco è pronto il pranzo.» le ricordò la madre.
In questo preciso istante si sentirono delle urla di litigio provenienti da qualche altra parte della casa.
«Scappo! Stanno litigando, di nuovo.» fece subito dopo la madre, aprendo la porta e definitivamente andando via.
Andy sospirò.
«Joseph!» sentì nuovamente la voce della madre, nonostante questa fosse ormai fuori dalla sua stanza.
Chiuse nuovamente il libro e fece un altro respiro profondo come sollievo. 
Non sapeva nemmeno lei come aveva fatto ad inventarsi quella futile scusa.
  
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