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Autore: rox_sole    17/06/2011    1 recensioni
Questa serie parla di un viaggio, di posti in cui vorrei andare e posti che ho già visto... del nostro mondo insomma.
Per ora la mia voglia di evadere si ferma qui, poi chissà!
Fatemi sapere cosa ne pensate, è un esperimento.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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würstel ambulante

Il würstel ambulante e gli amici svedesi: Berlin, DE

 

 

Dopo circa 2 ore dalla partenza, alle 14.00, ci venne fame e, aggiungendola al sonno accumulato il giorno prima, costrinse me e Matt a fare una pausa.  Scegliemmo un punto lungo la strada in cui ci fosse un bel prato, parcheggiammo sulla corsia d’emergenza e ci sdraiammo a una ventina di metri dalla nostra bella Twingo, addentando gli strani frutti che ci avevano regalato Laila e Fede.

Dopo esserci riposati un po’ ci rimettemmo in viaggio, e sei ore più tardi a Berlino, nella radura del campeggio. Alle 18.30 scendevamo dal treno alla stazione centrale, posto veramente agghiacciante. Devo dire però che tutta l’inquietudine che mi avevano indotto le sue strutture rigide, illuminate dalla luce fredda dei neon, si dissolse non appena misi piede in strada: Berlino era davvero quella splendida città che tutti dicevano. Stili architettonici diversi coesistevano in una continua evoluzione, mentre alti palazzi luminosi si alternavano armoniosamente agli antichi palazzi storici; il fiume che scorreva in mezzo rendeva il tutto ancora più magico.

Ci avviammo camminando lungo l’Unter Den Linden, la grande strada pedonale che attraversa il centro, un po’ come gli Chemps Élysée a Parigi, mentre io leggiucchiavo la mini-guida che avevo stampato: due paginette per ogni tappa del nostro viaggio in giro per l’Europa.

-Berlino è suddiviso in 12 distretti, che sono a loro volta suddivisi in quartieri. Il “Mitte” è il quartiere del centro storico, se vi trovate qui dovete assolutamente vedere… Ei! Achtung mit diese heisse… Kosen!*- urlai, rivolta a un ometto alto e magro che avanzava tra la folla con una specie di griglia portatile allacciata al collo, su cui arrostivano allegramente dei Brätwurst. E così, ecco uno dei famosi venditori di Würstel ambulanti! Se solo non mi avesse appena scottato una mano…

-Entschuldigung, señeorita!**- disse lui, con un accento molto spagnolo. Mentre tentavo di fargli capire che non mi ero fatta davvero male, intravidi gli occhi di Matt che luccicavano alla vista delle salsicce, così approfittai della situazione e dissi all’omino della griglia, nel mio tedesco zoppicante: -So, machen wir das. Du gibst mir ein Würstel mit Ketchup und ich gehe ohne dir töten weg. - ***

Mi sforzai di fare una faccia cattiva senza ridere (sforzo vano, naturalmente), e incredibilmente il ragazzo accettò questo “equo compromesso”. Mi consegnò il panino con un gran sorriso e poi se ne andò per la sua strada, urlando: - Würstel! Hot Dog! –

Appena si fu allontanato abbastanza scoppiai in un fragorosa risata, e consegnai il panino a Matthew, che dopo avermi abbracciato ridendo azzannò il panino. Aveva da tempo capito che era per lui: nonostante io avessi già da tempo all’epoca rinunciato a essere vegetariana, salsicce e affini non riuscivo ancora a sopportarle.

Camminammo per un po’ “sotto i tigli” , ma a un certo punto vedemmo sopra di noi una torre immensa: la torre dell’antenna TV! Con le sue luci sovrastava tutta Berlino, e sembrava avere una vista spettacolare: visto che mancava ancora un po’ all’ora di cena decidemmo di salirci a ammirare la città dall’alto. Dopo qualche minuto ci ritrovammo lassù, a godere della vista strepitosa su tutta la città che si srotolava ai nostri piedi, e rimanemmo lì per più di un’ora senza accorgercene, a scattare fotografie e a osservare meravigliati le bellezze di Berlino dall’alto, mentre la luce del giorno pieno piano sbiadiva e le luci della città si accendevano.

- Guarda! Quello lì di fianco al fiume, deve essere il duomo!

- E quell’edificio orribile? Davvero orrendo. Secondo te cos’è?-

- Mmm, qui sulla cartina dice che dovrebbe essere il Rotes Rathaus. ****-

- Ah, ecco! Ora si spiega tutto… è la casa dei ratti!- esclamò scoppiando a ridere.

- Hahah! Ma che scemo che sei. Quant’è che non fai tedesco tu? - Gli risposi, facendo la finta seria.

- Ahahahahah! Vieni qui bella topolina!- disse, abbracciandomi. Rimanemmo così ancora per un po’, a spiare la città dall’alto mentre potevo sentire il suo cuore battere attraverso la stoffa leggera della sua inseparabile camicia a quadretti.

 

 

Quando scendemmo erano le nove meno un quarto: ora di mettere qualcosa sotto i denti!

Camminammo per un po’ senza una meta, poi mi giunse un’improvvisa ispirazione: mi venne in mente il sorriso caldo del ragazzo dei Würstel e il suo accento…

- Ei Matt! Potremmo mangiare spagnolo stasera, ti va?-

- Ottima idea! -

- Dobbiamo ricordare l’uomo salsiccia bollente di oggi, per avermelo fatto venire in mente! - gli risposi ridacchiando.

Così tra una battuta e l’altra ci trovammo davanti a un bel ristorantino, che come diceva l’insegna di legno sulla porta era: “Atame, cucina spagnola” , e ancora ridendo ci infilammo insieme nel locale.

A giudicare dalla quantità di gente già riunita all’interno era un posto alla moda, e le piastrellino colorate alle pareti davano un tocco allegro e familiare all’atmosfera. Ci accolse un cameriere dal volto solare che profondendo sorrisi a destra e a manca ci fece accomodare a un tavolino nell’angolo, vicino alle vetrate.

 

-Ah, Svizzera, eh señeorita? Yo ha amigos lì. - mi disse il cameriere, mentre prendeva le ordinazioni.

-Tu mi è sympa. Yo prepara por tigo boquerones fritos.- concluse, dopo un po’ di chiacchiere in una lingua inventata tra spagnolo, tedesco e italiano. Io mi fidai e accettai quello che mi consigliava Juan, il buffo cameriere con i baffetti che si occupava di noi, anche se non avevo idea di cosa fosse; Matt si decise invece per una zuppa di pesce con fagioli che aveva sbirciato dai vicini.

Mentre aspettavamo di mangiare attaccammo un po’ bottone con loro, una coppia svedese che come noi era lì in gita per un paio di giorni. Chiacchierando un po’ insieme li trovammo simpatici, e così dovettero aver fatto anche loro, perché quando finimmo di mangiare ci invitarono a passare con loro la serata, e visto il programma non potemmo proprio rifiutare: tappa in una birreria di culto nel centro di Berlino e poi grande concerto all’aperto!

Non avendo nessun impegno per la serata accettammo volentieri e poco dopo ce ne andammo insieme dall’Atame, alla volta della notte berlinese.

 

Eravamo un bel gruppetto, noi 4.

Steven, lo svedese (che in realtà aveva un nome lungo e impronunciabile che nessuno ricordava mai) aveva una mole da body guard, lunghi capelli neri in contrasto con la fisionomia nordica e occhi verde mare; in testa portava uno splendido cappello a cilindro. La sua compagna Anthönia invece esibiva degli splendidi capelli pieni di treccine, a stento contenuti da una fascia coloratissima simile alla mia; il sorriso simpatico le illuminava il viso. Erano davvero una bella coppia: mai quanto me e Matthew chiaramente, ma era piacevole girare con loro. Quanto a noi, avevamo scelto entrambi una camicia a quadretti e facevamo pendant.

Ridendo allegri per la strada arrivammo al “cinema café” una buia birreria che, come giustamente dice il nome, era arredata a tema cinema. Quando aprimmo la porta una nuvola di fumo ci investì, ed entrammo nel buio ambiente del bar. Era davvero bellissimo, anche stracolmo di gente com’era: le vecchie foto in bianco e nero delle passate stelle del cinema sembravano osservarti benevolenti dai tavoli, dalle pareti, dal bancone, persino dal soffitto.

Marylin Monroe ammiccava da dietro il robusto barista, che ci servì immediatamente 4 birre scure, mentre Audrey Hepburn sbirciava attraverso i suoi occhialetti da un immenso poster sulla parete. Gli avventori del pub erano per lo più giovani, come noi, ma negli angoli c’erano alcuni personaggi che sembravano usciti dai poster alle pareti, con la loro aria malinconica alla James Dean. Quel locale mi piacque proprio, ma dopo una mezz’oretta passata a mettere in pratica le nostre conoscenze di inglese ci dovemmo comunque avviare verso Gendarmenmarkt, dove il Classic Open Air stava per avere inizio. Mentre camminavamo verso la Konzerthaus, di fronte alla quale si sarebbe svolto il concerto, estrassi dalla borsa la mia miniguida e cercai l’evento verso cui eravamo diretti.

“Non avete il biglietto?” lessi ad alta voce quando lo trovai, “nessun problema! Basta prendersi una birra e sistemarsi a portata d’orecchio appena fuori dal recinto!”                   -Fantastisch!- esclamò Anthönia, che un po’ di italiano lo capiva, traducendo poi per Steven.

Così, dieci minuti dopo eravamo accomodati sull’erba, e il concerto iniziava.

 

 

*Ei! Attenzione con questa calda… Kosen!

** Scusa, señeorita!

*** Allora, facciamo così. Tu mi dai una salsiccia al Ketchup e io vado via senza ucciderti.

**** Municipio rosso: così si chiama quello di Berlino.

 

 

Come al solito mi devo scusare per l’attesa, stavolta tra la scuola e il resto ne è passato dal mio ultimo aggiornamento! In parte spero però di scusarmi dicendovi che per questo capitolo ho dovuto documentarmi massicciamente, non essendo mai stata a Berlino.

Grazie di cuore comunque a tutti quelli che leggono la mia storia, con uno speciale ringraziamento a un’amica che mi ha incoraggiato nel riprendere in mano la penna. J alla prossima!

  
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