Le ultime ore di un condannato a morte sono maglie larghe
un’intera vita o un battito di ciglia.
Te ne stai lì, sul ciglio del baratro che t’inghiottirà, a
contare occasioni perse, carezze mancate, opportunità inesistenti.
Ti rassicuri raccontandoti dei mille successi che avresti
potuto avere solo se…
Solo se, già: la verità è che non t’importa niente della
grandezza che non hai, perché anche un solo istante ancora di mediocrità sarebbe
almeno Vita.
Sarebbe un domani.
Harry fissa la zuppa nel piatto e si specchia negli occhi
terrorizzati del ragazzino che è – che vorrebbe restare, malgrado tutto.
Cosa significa essere il Prescelto? Oltre un pugno di pagine
sgualcite, niente.
Ora che il Torneo è alle porte, Ron ostenta l’antico rancore,
mentre Hermione, pallida e stravolta, galleggia in una dimensione che non riesce
a raggiungere.
Gli mancano entrambi, quei due: gli manca la sensazione di
protezione e d’invincibilità che ti offre sapere di non essere solo.
Sirius, però, ha stretto i denti e ce l’ha fatta.
Sirius.
Il loro è un affetto inventato, costruito sull’assenza.
Cosa sa di quell’uomo che un carcere ha danneggiato senza
rimedio? Niente.
Cosa sa Sirius dell’infelicità umiliata di un sottoscala?
Stringe i pugni, Harry, e vorrebbe che fosse tutto un incubo.
Al tavolo di Tassorosso, Cedric brilla come una stella. Cho
Chang, occhi dolci nella luna perfetta di un viso di porcellana, lo guarda con
l’amore che un Prescelto non avrà mai, perché l’epica ti rode la carne e non
restituisce niente.
Se solo Hermione mi abbracciasse…
La Granger cincischia le croste di un panino. Lei, ch’è
quella sempre vigile e attenta ai climi, sembra proprio che non riesca a
cogliere la sua paura.
Dal tavolo dei Serpeverde, nitide e feroci, giungono le
invettive dei figli di Salazar.
Sulla tua scopetta
non pari certo un grifo
sei una mammoletta
Potter fai schifo.
Zabini ha incantato una parure di spille che sfoggiano in
molti, giovani vigliacchi cui disprezzare riesce più facile di quanto non sia
accettare che no, non ha mai chiesto quella cicatrice.
Il campione di Durmstrang, scuro in viso, è forse il più
umano in un consesso di soldati spietati.
Si volge a guardarlo, Harry, ma Viktor non ricambia la sua
occhiata: quegli occhi, neri e penetranti, muoiono tra le ciocche ribelli della
secchiona di Hogwarts.
È solo davvero, il Bambino Sopravvissuto, e Solitudine è
un’amica che non apprezza nessuno.
“In bocca al lupo.”
La voce di Ginny lo sorprende all’improvviso, come quello
sguardo che non ha più nulla d’infantile, malgrado la paffuta morbidezza di due
guance da bambina.
“Grazie,” bofonchia.
La sorella di Ron lo guarda esitante, sospesa tra imbarazzo e
curiosità.
Sono amici? Conoscenti?
La carezza di quelle dita lunghe e sottili gli suggerisce
qualcosa che non ha il coraggio di esplorare fino in fondo.
“Tieni.”
A spezzare l’impasse è un gesto essenziale: Ginevra gli
depone nel palmo un grosso seme sconosciuto.
“Cos’è?”
Sorride, lei, ed è come un piccolo sole in una giornata di
tempesta.
“Vuoi la verità? Non ne ho la più pallida idea. Dovrebbe
essere un’invenzione di Fred e George. So che lo chiamano Petardo Ritardo, o
qualcosa del genere.”
“Petardo Ritardo?”
Ginny solleva un po’ le spalle. “Una delle loro invenzioni
strampalate. Ho pensato che potesse esserti d’aiuto.”
Harry sorride – di un sollievo felice. “Grazie per il
pensiero, ma…”
“Grazie di niente,” è la replica asciutta. “Non sono proprio
sicura che funzioni, però…”
“Però…”
Strizza gli occhi, Ginevra. Le sue mille efelidi si
raccolgono attorno al naso come manciate di stelline spaventate. “Dubito che
possa essere più pericoloso di quello che ti aspetta.”
Harry apre la bocca, ma non ne esce nulla di sensato.
“Che c’è? Pensi che tu e Hermione abbiate l’esclusiva sulle
passeggiate notturne?”
Le labbra di Ginevra hanno una piega sarcastica, ma non c’è
malignità nella sua voce – se mai un’offerta di complicità che sarebbe sciocco
rifiutare. “Sono sempre stata la cocca di Charlie,” puntualizza divertita.
“Vantaggi dell’essere la piccola di casa.”
Harry stira le labbra per darsi un tono, ma è quasi certo che
la guferia ospiti allocchi più dignitosi di un quattordicenne imbranato e
sorpreso.
“Sta arrivando la MacGranitt… Fatti valere. Grifondoro fa il
tifo per te.”
Io faccio il tifo per te.
Ginny ha guance da bambina e occhi da donna: se li sente
dentro, il Prescelto, e bruciano più della maledizione di Voldemort.
“Ok,” balbetta, mentre serra la presa attorno a una
pallottola irregolare dall’odore sospetto.
Petardo Ritardo: un nome tanto ridicolo che alla Morte
s’incammina sorridendo.
***
La prima prova del Torneo sta per cominciare. Squilli di
tromba e sbuffi di fumo segnano un mezzogiorno sbiadito, spazzato da un vento
mite che trascina mobili cirri.
Florian allaccia rapido gli alamari della divisa, lanciando
di quando uno sguardo al letto di Draco.
“Farò il bravo, mamma,” ironizza Malfoy. “Non è
proprio il caso che continui a preoccuparti per me.”
Io non posso farne a meno, perché tu sei l’unico che ha
bisogno di me. Senza di te, io sono inutile.
È un pensiero desolato, amaro come fiele.
“Devo recuperare la tua bacchetta,” mormora senza guardarlo,
prima di offrirgli la propria.
“Be’?”
“Nel caso in cui avessi bisogno di difenderti.”
Draco sospira un poco. “No. Non pensarci neppure.”
“Perché no? Sarai solo per…”
“Non ci sono minacce a Hogwarts. Tutto quello che farò, al
più, sarà dormire o studiare i tuoi appunti, nel caso mi ricapitasse davanti
quel galletto troppo cresciuto. Che pericoli vuoi che corra?”
Florian si morde le labbra, incerto.
“Sei tu che dovrai stare attento. Qualcosa mi dice che il mio
incontro con l’ippogrifo non è stato uno spiacevole incidente.”
“Credi che qualcuno sospetti di noi?”
“No, questo no… Ma potrebbe essere più difficile di quel che
abbiamo immaginato.”
Von Kessel annuisce.
“Raggiungi gli altri. Il Preside farà in modo che Potter
abbia comunque il drago più feroce e tu dovrai raccontarmi di come sarà fatto a
pezzi. Voglio che non dimentichi un solo dettaglio. Intesi?”
Florian sorride. “D’accordo… Prima di tutto, però, viene la
tua bacchetta.”
“Attento a quel Beccuccio. Suppongo che sarà ancora meno
amichevole dell’altra notte.”
Von Kessel scopre feroce i denti appuntiti. “Fossi in quel
Beccuccio, mi terrei alla larga.”
“Già. Lo farei anch’io.”
***
“So che non ti farà piacere ricevere simili raccomandazioni
proprio da chi dovrebbe rassicurarti, Harry, ma non avere paura di riconoscere i
tuoi limiti.”
La voce della McGranitt è incerta; la paura l’attraversa in
onde lente e raggiunge presto la superficie, schiumandogli addosso.
Ora che la prova incombe, tuttavia, c’è in lui qualcosa di
rassegnato. Non si sente più preparato degli altri campioni, né pronto, né
invincibile, ma sa che possiede un talento e che a volte vale la pena di
ringraziare per il poco che si ha, anziché sognare miracoli.
Sa volare, Harry Potter, e ha il sangue freddo di chi ha già
accarezzato la morte.
Diggory, popolare, amato, sa cosa si prova a spiare la vita
oltre un vetro?
A essere crocefissi a un destino mai cercato?
L’ha visto lui, il Basilisco, sibilare nel ventre di
Hogwarts? No.
E Fleur?
La bellezza santifica più dell’eroismo, ma non ti corazza,
perché se un bel musetto ti basta a sfuggire l’Inferno, non saprai come parare
il colpo quando la vita ti farà lo sgambetto.
Krum, che proviene da un collegio nero, dei contendenti è
forse l’unico a masticare la sua lingua.
“Ci siamo quasi,” sospira la sua guida, mentre lo conduce
sino al limitare della Foresta, là dove in luogo della radura aperta staziona
ora una grossa tenda. “I campioni ti aspettano,” è la scarna indicazione che gli
viene fornita, perché la McGranitt non è brava a maneggiare le emozioni come
l’infallibile bacchetta. “Il signor Bagman vi spiegherà lo svolgimento della
prova.”
Harry annuisce e ingoia quel poco di saliva che gli concede
una bocca impastoiata dalla tensione. L’austera Minerva esita, con
un’apprensione tanto partecipe che gliela rende ancora più cara.
“Buona fortuna, Harry,” mormora infine. Un soffiato gentile e
pieno d’affetto.
No, non sono solo.
Fleur Delacour se ne sta arricciata in un angolo.
La sua è una bellezza tanto sfacciata da pungere come una
deformità. Ha capelli che sembrano filati nell’oro e nel lino, pelle di luna e
labbra piene. Il guizzo terrorizzato che le attraversa lo sguardo, nondimeno,
tradisce la sua umanità. Non è spavalda e sicura dei propri mezzi come l’ha
sempre vista, ma inquieta e madida.
Il suo istinto gli dice che lo scontro non sarà impari,
perché un simile terrore odora di verità.
Madame Maxime ha parlato come ha parlato Hagrid: ciascuno
vuole il bene del campione scelto, ma, soprattutto, vincere.
Harry vorrebbe sapere cosa ne pensa Silente, ma il Preside è
un artista di omissioni interessate e motteggi elusivi: se anche pretendesse una
sua vittoria, non arriverebbe a scoprirsi.
Cedric cammina in tondo come una belva in gabbia. È pallido e
la sua bella bocca è contratta in una smorfia che lo sfigura del tutto. Sa anche
lui o è l’istinto che lo guida?
Krum resta in disparte, accigliato o forse solo concentrato.
Vorrebbe fidarsi delle parole di Hermione e dirsi che no, il suo abito truce non
descrive un avversario sleale, ma il cuore non è mai razionale, né sensato.
La nausea gli stringe la gola e lo avverte che sì, di tutti i
buoni, animosi propositi di un pugno d’istanti prima non resta niente. Neppure
l’ombra del sorriso di Ginny.
“Oh, eccoti qua!” cinguetta Bagman, inguainato nella sua
vecchia divisa da Vespa che un’incipiente pinguedine trasforma in calabrone.
Harry non saprebbe dire se lo vinca il fastidio per
quell’ottimismo ostentato e recitato, ovvero un po’ di sacrosanta pena per un
ometto che la Storia ha trasformato nella caricatura di se stesso.
“Entra, coraggio! Mettiti comodo, perché è arrivato il grande
momento!”
Non vedo l’ora, pensa Harry, ma si arrende con un sospiro
a una parte che mai avrebbe voluto recitare.
Ha perso Ron per cosa? Per il gusto di vederlo singhiozzare
su una tomba?
“Ora che siamo al gran completo, amici cari, posso procedere
a illustrarvi lo svolgimento della prova.”
Lo sguardo di Cedric e di Krum si è fatto più attento.
Fleur – è evidente – vorrebbe trovarsi da tutt’altra parte.
“Non appena il pubblico si sarà accomodato, vi consegnerò
questa borsa.”
Lo sguardo di Harry cade su una sacchetta di seta viola,
dall’aspetto – se non fosse per il colore –anonimo.
“Qui dentro troverete una perfetta riproduzione di quanto
dovrete affrontare e… Be’, sì: privare di un prezioso tesoro senza… Ehm… Perdere
pezzi nel frattempo.”
Il buon vecchio Ludo non è un genio delle rassicurazioni,
pensa Harry – e qualcosa gli dice che è un pensiero condiviso.
“Il tesoro, per la precisione, è l’uovo d’oro.”
Chiunque abbia organizzato le prove, senz’altro non difetta
d’umorismo: cogliere l’uovo senza diventare una frittata.
Un gioco di parole che Silente approverebbe.
***
“Oh, no!”
È uno squittio tanto acuto e indispettito che per prima ha
vergogna di se stessa: Hermione Granger, controllo e coraggio, non starnazza
d’abitudine come una gallinella terrorizzata.
Ron le rifila un’occhiataccia, sospettoso o forse solo troppo
orgoglioso per dare voce alla sua curiosità.
Le ultime settimane li hanno resi due estranei e la distanza
somiglia a una mutilazione.
È così, almeno, che Hermione chiama quel loro stare vicini
senza comunicare, senza scambio, senza complicità.
Ha l’impressione che Weasley le fiuti addosso l’odore di
un’altra storia – un odore che non è il loro.
“Che ti prende?” le chiede spiccio, mentre seguono la fila
ordinata di studenti che, eccitati e vocianti, si preparano a prendere parte
allo spettacolo.
“Non ho augurato in bocca al lupo a Harry,” mugugna
imbarazzata. “Sta per affrontare la prima prova e non ho pensato che…”
Ron sbuffa, anticipandola di un paio di passi. “Non credo che
Harry abbia davvero bisogno di noi.”
Non c’è acredine, questa volta, quanto tristezza: abbastanza
perché Hermione gli sorrida.
“Non dire sciocchezze: abbiamo sempre fatto tutto insieme e
se siamo sopravvissuti, caro mio, è proprio perché non ci siamo mai divisi. Ti
ricordi il primo anno? Chi è l’unico tra noi che sa giocare a scacchi?”
Ron distoglie lo sguardo, arrossendo un po’.
“Insomma… Mi dispiace non avergli ricordato che non sarà solo
neppure questa volta, ma ho la testa da un’altra parte e…”
Weasley si ferma. “Di questo me ne sono accorto. Sei
sfuggente, te ne stai sempre per i fatti tuoi, esci di notte…”
“Che…”
“Me l’ha detto Lavanda. E, se t’interessa saperlo, gliel’ho
chiesto io.”
“Perché?” ringhia. “Chi ti autorizza a…”
Gli occhi blu di Ron sono tanto belli che si sente ancora più
indifesa, stupida, nuda a boccheggiare, spalle al muro, davanti alla vergogna di
un segreto maldestro.
“Siamo amici, no? Secondo te, non dovrei preoccuparmi?”
Siamo amici, già. Solo quello.
“Be’, ti assicuro che io…”
Ron l’afferra per un polso. La sua è una prepotenza così
delicata che l’ossimoro la vince.
“Perché non mi racconti cosa sta succedendo, Hermione? Perché
non sono Harry? Perché non valgo quanto…”
Hermione si divincola rabbiosa – furibonda con se stessa, per
come il banco ha spazzato via tutte le carte.
Eppure doveva immaginarlo, perché Ron è uno scacchista. È
distratto, ma non stupido.
Forse le vuole bene sul serio.
“Lasciami stare! Io…”
Sul limitare della Foresta Proibita, un’ombra cattura il suo
sguardo.
“… Devo fare una cosa!”
Ron allenta la presa, ma non l’abbandona davvero, perché
l’ansito irritato che fa da contrappunto ai suoi passi è la protezione leale di
un giovane leone.
“Il Torneo è dall’altra parte,” le sibila inviperito.
“Credevo che volessi sostenere Harry!”
Hermione gli fa cenno di tacere. “Per-favore,” articola a
mezza bocca.
“Uh?”
“Sto seguendo una persona.”
Florian Von Kessel non è solo un maledetto secchione che
rischia di farla passare per una studentessa appena al di sopra della media:
Florian Von Kessel è anche il ragazzo più agile che abbia mai visto.
“Quello non è uno degli studenti di Durmstrang?” mugugna
Weasley, che, alto com’è, incespica di continuo.
“Sì, credo di sì,” sussurra in rimando.
“E cosa ci fa uno di…”
“Shhh,” tenta disperata Hermione, perché l’istinto le dice
che quel mostro dagli occhi di lupo non è un avversario alla loro portata.
“Posso anche stare zitto, se ti fa piacere, ma di sicuro non
me ne sto a guardare mentre un…”
Se la vita fosse un romanzo rosa, un bacio le basterebbe a
chiudere quella boccaccia inopportuna.
Se le tue labbra sono vergini, però, ti manca il coraggio di
provare l’umida carezza che ti trasforma in donna – e la lingua, soprattutto,
devi prima sapere dove metterla.
“Un cosa?”
La voce di Von Kessel è freddissima, mentre li squadra. Tra le dita, le bacchette sono due.
Ron la spinge spiccio alle spalle, in una grottesca
imitazione di cavaliere medioevale.
È un puro, Weasley, e questo lo rende vulnerabile davanti ai
basilischi e alle chimere crudeli.
“La Foresta Proibita non si chiama così senza un perché!”
Florian inarca ironico un sopracciglio. “Ma davvero?”
Non è Ron che guarda, però: gli occhi pallidi del tedesco la
cercano la scrutano la divorano.
Si costringe a sostenerne lo sguardo, ma è quasi sfidare
l’orrore di una gorgone.
“Un incapace e una Sanguesporco…”
Hermione boccheggia, mentre Ron estrae la bacchetta. “Adesso
vediamo chi…”
L’Expelliarmus arriva tanto rapido che Weasley quasi
non se ne accorge.
Dello Stupeficium, nondimeno, senz’altro sì.
“Come volevasi dimostrare,” ringhia Florian – e sì, è lei la
sua preda. Lei, il coniglio. “Un incapace.”
Hermione accarezza la bacchetta tra le dita, ma le sue mani
sono madide.
“Vuoi sapere come ho scoperto che sei una Sanguesporco?”
Ora sa che Von Kessel è anche cattivo. È crudele. È meschino.
“Dall’odore. Tu puzzi di Babbano.”
Li dividono pochi passi. Il disprezzo di Florian è l’alito
caldo che vela l’aria di fuochi fatui.
“E io la sento… La tua puzza.”
Hermione deglutisce. “Può darsi che ti sia posizionato
controvento. Ci hai pensato?”
Von Kessel aggrotta le sopracciglia. “Non mi sporcherò le
mani con te, perché non vali niente, ma ti do un consiglio: stai lontana da
Draco.”
Sgrana gli occhi, Hermione, e lo fissa attonita.
“Mi hai sentito bene. Per quanto tu sia stupida, non lo sarai
fino al punto di…”
“Ma non farneticare!” sibila Hermione. “Io sto con chi mi
pare! Io frequento chi mi pare e se non fosse stato per me, il tuo caro Draco,
sarebbe diventato il pastone di Fierobecco!”
Von Kessel stringe i denti – la smorfia feroce che lo sfigura
lo rende del tutto simile a una bestia.
“È anche a causa tua se ha messo in pericolo se stesso per…”
“Per cosa?”
Accade all’improvviso – una torsione leggera del busto; lo
scintillio selvaggio di occhi terribili. “Densaugeo,” ringhia Florian.
“Bella non sei mai stata, Sanguesporco. Vediamo se ora hai qualche speranza di
piacergli.”
Non è la tua giornata fortunata, piagnucola una vocina
nella sua testa, mentre i denti crescono crescono crescono trasformandola nella
grottesca imitazione di un castoro.
Ha gli occhi pieni di lacrime, Hermione, e di rabbia: è
quella delle vittime.
È quella davvero pericolosa.