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Autore: AmberRei    18/06/2011    1 recensioni
Cozart ha deciso di andare via da Giotto, per sempre, per non diventare il suo punto debole, e proteggerlo. Ma per quanto si faccia forza, è una scelta troppo dolorosa per lui.
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro Personaggio, Giotto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Uno spazio buio, come sottacqueo. Di una tenebra intima, che viene dall'animo. L'unica luminosità stava nel candore dei due corpi nudi, l'uno proteso verso l'altro. Attorno al corpo del ragazzo dai capelli rossi, catene su catene, infrangibili anelli che lo immobilizzavano.

"Non ti farò del male."

Una luce nelle tenebre, due fiamme unite in una. Le mani di Giotto si unirono su un polso di Cozart, incatenato. L'espressione del biondo era concentrata sul metallo, cercando di fonderlo senza bruciare la pelle dell'altro. Il rosso guardò l'altro, con espressione impietosita e stanca.

"Lo so che non lo farai. Ma non scioglierle, ti prego."

Giotto sollevò lo sguardo, sbalordito, e studiò il volto dell'altro. Lo stupore si mutò in dolore, mentre gli diceva, incredulo:

"Ma non riesco a sopportare di vederti così...!"

La fiamma a quel punto diventò più intensa. Cozart sentì il calore dolce della fiamma dell'armonia avvolgerlo, e venne man mano liberato dalle catene. A opera compiuta Giotto lo accolse teneramente tra le sue braccia, con un sorriso dolce.

"Hai visto... sei libero...!

Huh...?"

L'espressione di Giotto si fece sorpresa, prima, addolorata poi. Si osservò l'addome, da cui proveniva un dolore acuto, lancinante. Dalle carni di Cozart partivano delle catene che andavano al suo stesso corpo, legandoli in modo indissolubile quanto orrendo.

"...ti avevo detto di non scioglierle."



...nel mondo reale, ironicamente luminoso, Giotto vedeva chiaramente adesso il corpo di Cozart, tramutato in mostro dai suoi stessi sentimenti. Le sue mani tenevano una mano dell'altro, quella che portava sul medio il Simon Ring, dalla gemma esagonale un tempo di un magnifico cremisi, ora invasa da orrendi tentacoli che penetravano lenti ma inarrestabili il corpo minuto del ragazzo biondo, a partire dai dorsi delle mani che avevano fatto loro da ingresso. Il dolore era qualcosa di assolutamente allucinante, ma Giotto non tentava, nè pensava minimamente di lasciare la mano di Cozart, nel loro tentativo disperato di liberarlo dall'anello. Doveva essere quel maledetto affare la causa prima di tutto, e lui lo avrebbe distrutto se necessario, fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto. Non avrebbe permesso a nulla di distruggere il suo migliore amico, l'unica persona che lo comprendeva davvero, nella sua devastante solitudine di Principe del Nulla in cui si era isolato da quando era diventato Boss dei Vongola.

Lo era diventato "perchè solo lui poteva", a detta di Cozart. Chissà che intendeva, non lo aveva nemmeno ancora capito e non gli interessava. Si era limitato a seguire docilmente la via tracciata da lui.

Sì, solitudine. Amava i suoi guardiani, e i suoi guardiani amavano e sostenevano lui, ma nessuno di loro sembrava davvero potesse...

...capirlo.

Comprensione, una cosa così banale eppure così rara, e così basilare per sentirsi DAVVERO amati.

Cozart lo amava...

...lo amava?

Improvvisamente, delle luci fatue, puntiformi, lo circondarono, come stelle, e gli portarono in dono i pensieri più intimi e dolorosi di Cozart, quelli che lo avevano dilaniato dall'interno, quelli che nemmeno lui aveva intenzione di accettare, forse.

Non voglio andarmene. Non voglio separarmi da te. Non voglio perderti. Non voglio essere di nuovo solo, e stavolta in eterno.

Giotto sentì rimbombare la voce dell'altro nella sua testa, mentre le piccole stelle gli esplodevano intorno, in fiammate sconnesse, e gli salirono le lacrime agli occhi.

Cozart, sei come me...

Quante volte l'aveva pensato negli anni, e per quanti motivi diversi.

Urlò disperato, in un misto di dolore fisico e dell'animo, mentre faceva del suo meglio per non esplodere in stupide, convulse lacrime che avrebbero reso incomprensibili le sue parole.

"Cozart, ma allora perchè giurare... troviamo un altro modo, c'è di sicuro un altro modo. Combattiamo, rischiamo, te ne prego, ma non distruggerti così..."

...Cozart non capiva? Non sembrava aver nemmeno recepito le parole di Giotto, che ogni tanto si lasciava sfuggire dei lamenti. Sentiva uno strano calore nelle zone invase dai tentacoli di quel malefico, infernale anello. Ma che cosa voleva dire? Cosa stava cercando di fare Cozart?

Giotto ebbe l'illuminazione all'improvviso, quando percepì la mano dell'altro intrecciare le dita con la sua, con quelle dita nodose, rovinate da quegli strani artigli, mentre delle lacrime amare gli uscivano dagli occhi bianchi, mostruosi, cerchiati di occhiaie, che tuttavia riuscivano a sembrargli dolci anche a quel modo.

Voleva unirsi a lui,

diventare una cosa sola con lui.

Giotto lo assecondò, baciandogli gli occhi, forzandolo a serrare le palpebre, e avvicinando il corpo al suo, pronto a donarsi all'altro, anche se con quel gesto sarebbe potuto morire.

Quando Cozart riaprì gli occhi, le sue iridi cremisi erano tornate al loro posto, umide di lacrime disperate, luminose di consapevolezza e terrore. Si soffermarono sul corpo, violato, di Giotto, sul suo viso sofferente, pieno d'amore, e poi, persa la loro espressione disorientata, si rivolsero a G, che aveva assistito all'intera scena, fiammeggianti, carichi di determinazione.

Tre urla si incontrarono nell'aria, onde sonore cariche di disperazioni diverse eppure uguali.

Un attimo dopo G stava immobile, terrorizzato, con l'arco che Giotto gli aveva regalato teso tra le mani, e con cui aveva appena ucciso il suo migliore amico, per salvarlo da lui.
  
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