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Autore: raimoldatolda    18/06/2011    0 recensioni
Questa storia è il seguito di "un'estate al mare". (Quindi per capire qualcosa sarebbe bene leggere anche quella!!)
E' ora per Allyson di tornare in città e subire insieme alle sue fedelissime compagne Meg e Cassietutte le disavventure nel corso dell'anno scolastico al liceo di Princeton, tra finti ex, nuovi pretendenti, notizie sconvolgenti ecc. ecc.
dal 5°capitolo:
- Cassie, ma veramente non capisci niente di funzioni? – chiedo stupita.
- sì che le capisco, ma cercavo un modo per... – risponde Cassie ma non riesce a finire la frase che Meg spalanca gli occhi e comincia a farfugliare qualcosa tossendo:
- shhhh, che c’è Skkrchhrllrplyaassbicciasicc....
- chi? Secci? Chi è Secci? – chiede Cassie stranita. – cosa stai cercando di dire Megan?!
- ciao – sentiamo una voce dietro di noi.
che dire....LEGGETE!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Surfin' USA'
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eh?


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C.1  When the cats come out the bats come out to play Yeah In the morning after The dawn is here, be gone be on your way Yeah In the morning after dark





 Il mio ritorno a casa è a dir poco imbarazzante. Eppure ho mangiato un gelato e bevuto dal bicchiere corretto di Cassie. L’alcol è illegale, torno a pensare, e soprattutto lo è darlo a una come me, a cui inizia a girare la testa subito. Attraverso il vialetto nel giardino fino alla porta di casa, e cautamente giro la chiave in silenzio per non farmi sentire. Entro in casa togliendomi le scarpe e chiudo la porta con estrema accuratezza.
- avevi detto mezzanotte – mi spaventa una voce davanti all’oscurità del salone. Lascio scivolare dalle mani le scarpe presa dallo spavento e accendo la luce di scatto. Mio padre è sulle scale con un’aria che non prometteva niente di buono.
- è mezzanotte e dieci. – commento scorgendo con la coda dell’occhio l’orologio a muro.
- se mi dici un orario, deve essere quello. Con chi sei uscita?
- te l’avevo detto. Con Cassie, Meg e Helen – rispondo titubante, ma fingendo una voce ferma, per dimostrare che non è una bugia.
- beh la prossima volta allora dimmi mezzanotte e dieci – brontola in disappunto.
- io non capisco perché per dieci minuti devi fare tante storie – dico mentre mi accingo a salire le scale, trattenendomi saldamente alla ringhiera.
- perché hai sedici anni e sai cosa...
- sì lo so cosa. A sedici anni tu e la mamma avete fatto me. – commento continuando a salire a rallentatore.
- ecco visto che lo sai, stai attenta a quello che fai, soprattutto da quando quel James è in città – mormora nuovamente, da padre protettivo. Chissà se ci fosse stata ancora la mamma. Chissà se gli avrebbe dato ragione o gli avrebbe detto di lasciarmi in pace e mandarmi a dormire.
- non sono uscita con Jimmy ti ho detto!
- lo so, ho controllato dalla finestra – ridacchia lui. Ehi! Questo è scorretto! Mi volto verso di lui con una faccia scioccata. – se fossi arrivata dieci minuti prima, non sarei venuto a controllare...
- e va bene! – rispondo seccata. – la prossima volta ti darò un orario preciso e accurato.
- brava bambina, buonanotte. – mi dice ancora ridacchiando. Ma che ti ridi?! Mi verrebbe da dire in condizioni normali.
- notte. – saluto salendo un gradino. Ma poi mi fermo e mi giro di nuovo – comunque diciassette.
- cosa? – chiede lui distratto.
- diciassette, è da dieci minuti che ho diciassette anni.




Il giorno del mio compleanno non mi è mai piaciuto particolarmente. Sì, beh certo, oggi si ricevono i regali, ma non è questo l’importante. Anzi, in realtà non ci vedo niente d’importante nei compleanni, soprattutto nel mio. Il giorno più speciale dell’anno per me è un giorno come un altro, non cambia niente, non mi sento più importante perché ho un anno in più, solo una scocciatura per quanto riguarda rispondere al telefono perché è il giorno in cui chiamano tutti me, e rispondere ai messaggi al cellulare. Il mio compleanno non è mai un bel giorno, ricorda sempre la fine dell'estate e l’inizio della scuola. Sempre, perché ovviamente ricorre sempre in quel periodo dell’anno. Sfiga. Se ci penso bene, non ricordo un compleanno passato nel miglior modo possibile, forse quello del mio primo anno, che ovviamente non ricordo. Neanche questo è cominciato nel migliore dei modi: io brilla, mio padre che strilla, io che rischio di inciampare sulle scale di casa, io che ricordo a mio padre che è il mio compleanno perché lui impegnato a strillare se ne è dimenticato. E probabilmente non se ne ricorda nessun altro, visto che siamo ancora in estate e nessuno tiene il conto dei giorni da Giugno. Perfino io mi sono ricordata del mio compleanno due giorni fa. Che bella giornata che mi aspetta, penso mentre mi alzo dal letto ancora tramortita dalla serata precedente. Scendo le scale e...
- buongiorno – mi saluta Jimmy seduto sul divano di casa mia. Jimmy. Casa. Compleanno. Sono veramente tutte collegate queste parole tra loro? No, mi rispondo da sola, perché ci manca la parola che fa da anello mancante. Papà. Dov’è finito e come ha accettato di fare entrare Jimmy in casa, mi chiedo ancora perplessa, mentre sto impalata sulle scale. – ho detto Buongiorno, non so se hai sentito – mi dice alzandosi in piedi. – e dovrei dire anche Buon compleanno – continua facendo l’occhiolino. Lo guardo ancora con uno sguardo perso nel vuoto. – Ally – mi chiama toccandomi una mano, stavolta perplesso – pronto? Mondo chiama Allyson. Rispondi Allyson!
- tu cosa ci fai a casa mia? – chiedo ripresa dal terribile momento di defaillance.
- l’ho chiamato io, Allyson, buon compleanno! – esclama mio padre spuntando dalla cucina. Io certe cose proprio non le posso capire. Fino a mezzanotte Jimmy era la persona più spregevole di questa terra, e stamattina è nella stessa camera con mio padre, che per lo più ha invitato a venire lui stesso fin qui. Forse è successo un miracolo! La mia venuta al mondo di diciassette anni fa ha potuto realizzare il capovolgimento della dimensione temporale del mondo e ora siamo tutti cambiati tranne me che sono rimasta immune da questa sorta di big bang! È così! Oppure è tutto uno scherzo e fra un po' uscirà un tecnico del suono e un telecamera-man e mio padre e Jimmy si abbracceranno complici e urleranno “sei su Candid Camera!”. Ma anche questo sarebbe legato al nuovo big bang, perché figurarsi se mio padre e Jimmy si abbracciano felici come compagni di squadra che hanno appena vinto una partita di calcio. Ok. Decido di non rispondere per vedere se in realtà è tutto un sogno, e oggi non è il mio compleanno e in soggiorno non c’è in realtà Jimmy ma solo una scopa e un secchio che mi aspettano per fare i lavori di casa. Questa è la spiegazione più plausibile.
- senti ora vado, ma se vuoi, ci vediamo tra un po' al bar in fondo alla strada – mi dice Jimmy con fare imbarazzato e poi sparisce dietro la porta d’entrata. Mi guardo intorno, in cerca del secchio, ma non lo vedo. C’è solo mio padre che gironzola avanti e indietro con un ghigno terrificante e pieno di rammarico.
- cosa c’è? – chiedo seccata. – perché hai chiamato Jimmy a casa nostra? Cos’avevi in mente?
- pensavo ti facesse piacere vedere il tuo fidanzato il giorno del tuo compleanno.
- ok. Chi sei tu e cosa ne hai fatto di mio padre. Mostrami i documenti, scommetto che ti chiami Jon senza H in mezzo. – lo minaccio con il dito puntato contro il suo naso. Lui si mette a ridere.
- va bene, mi è dispiaciuto ieri sera farti una scenata e non essermi ricordato che è il tuo compleanno, nel senso che non me lo sono ricordato ieri sera, io non avevo in mente che a mezzanotte iniziasse un nuovo giorno...
- lo sanno anche i bambini di tre anni, e tu hai trent’anni più di loro.
- oggi puoi fare quello che vuoi, anche tornare più tardi! – mi dice con un sorriso raggiante, cambiando il discorso. Si sente in colpa e fa così, ma io non voglio stare al suo gioco.
- allora ciao! – urlo già fuori dalla porta. Lo so, è inaccettabile, ma... Posso stare fuori quanto voglio! Corro in fondo alla strada al bar dove in teoria mi sta aspettando Jimmy. Entro con entusiasmo per cogliere Jimmy di sorpresa e...
- sorpresa!!!! – urla un coro di voci davanti a me. Li guardo perplessa per un secondo: c’è Cassie con un sorriso a 32 denti, Meg che ride coprendosi la bocca con la mano, George che fa facce stupide, Helen con la faccia felice e accanto lei c’è... Jimmy che ride. Tutti ridono. Forse per la mia faccia stupita.
- cos’è quella faccia stupida? – mi chiede infatti Cassie, la prima che mi viene accanto. Allora è per quello che ridono.
- niente, niente sul serio – rispondo distratta.
- finalmente è il tuo turno! – esclama Meg con un sorriso smagliante. Finalmente hai smesso di ridere con la mano davanti alla bocca vorrai dire mia cara! Sorrido, incerta. Stanno bramando. – oggi tu sei nostra! È il giorno del tuo compleanno!
- cosa comporta questo? – chiedo stranita, notando sia la faccia di Meg che quella di Cassie: facce che non promettono nulla di buono.
- scommesse, scherzi, penitenze, non ti ricordi? – dice Cassie, con tono vendicativo. – oggi tocca a te!
- e chi l’ha inventata sta scemenza? – chiedo preoccupata. Non intendo fare nessuna penitenza, quando loro ci si mettono sono perfide.
- TU! – rispondono in coro Meg e Cassie. – per il mio compleanno – continua Cassie – mi hai fatto girare per la piazza con un cartello gigante “mi chiama Cassandra Elenoire Brenda Watson e oggi compio 17 anni, sono disponibile per qualsiasi ragazzo voglia farsi avanti, anche di età superiore ai 50!” e dovevo urlare “leggi il cartello!” a tutti quelli che mi passavano d’avanti! Anche a Sam! – mi rinfaccia mentre scoppio a ridere ricordando la scena. Le foto sono ancora salvate sul computer, nonostante mi abbia detto di toglierle. Ah già, Sam, il ragazzo che le piaceva a quel tempo. Che cattiva che sono. Ora so che si vendicheranno di me. A Meg ho fatto mettere al centro del parco a dare da mangiare alle oche, esseri che lei odia. E non solo quello. Sì perché non mi sono mai limitata ad un solo scherzo per compleanno, quindi è più che sicuro che loro se la prendano con me.
- quindi cosa dovrei fare? – chiedo impaurita. Tutte e due si guardano con un ghigno malefico, allora capisco. Me la faranno pagare. Dovrò fare quello che vogliono loro.


- non posso farlo! – esclamo mentre mi trascinano in piazza. – Jimmy cosa dirà?
- non lo saprà mai! E poi ci prenderemmo la colpa noi dai! – risponde Cassie ridendo.
- no! Mi rifiuto! – mi impunto bloccandomi in mezzo alla strada.
- ricordati di quanto sei stata cattiva con noi! Il cartello, le colombe.... – ripete Meg, con un lampo di genio.
- chiedo umilmente perdono! Mi inginocchio!
- no adesso tu lo fai! – esclama Cassie spingendomi al centro della piazza. Si guarda intorno e poi si fissa su un punto con un sorriso infido. – quello! – dice assatanata. Guardo dove sta indicando. Un ragazzo seduto su una panchina, che da lontano non sembra neanche brutto. Sospiro.
- ripetetemi cosa devo fare... – dico arresa.
- vai da lui, gli chiedi perché ieri non ti ha chiamato, e poi gli dici che è impossibile che non si ricordi di te e se ti capita magari dagli anche un bacio. Insomma usa la tua arte della dialettica – spiega Cassie, mentre Meg è nascosta dietro di lei già a ridere. So che questo scherzo è stato ideato da Cassie, è lei che ha la mente contorta più di me.
Mi allontano da loro continuando a girarmi sperando cambino idea e mi chiamino mentre mi avvicino al tizio, ma loro o ridono o mi guardano con aria di sfida. Bastarde. Più mi avvicino più noto che questo non è carino quanto pensavo. Anzi, non lo è per niente.  Oh ma, fa veramente schifo. Oddio, ma ha gli occhi da pesce lesso. Non posso fare una penitenza con sto rospo.
- ciao! – saluto con enfasi. Questo mi prenderà per cretina, lo so.
- ehi... – risponde lui con un guizzo negli occhi. Cosa c’è? Cos’ha visto?
- come va? – chiedo imbarazzata.
- bene. Tu come va? – chiede lui a sua volta.
- benissimo. – rispondo annuendo con la testa. No, mi vergogno a chiedergli perché non mi ha chiamato, è da cretini, non lo posso fare, non posso chiederglielo. Ora saluto e me ne vado.
- scusami, non ti ho fatta neanche sedere – mi coglie di sorpresa. Ci sta? Mi giro indietro per vedere se sta veramente parlando con me oppure è arrivato qualcuno dietro di me. No, non c’è nessuno. Allora non lo saluto e me ne vado. Rimango! Mi siedo ancora imbarazzata, notando che Cassie e Meg sono sparite da quel posto. Forse se ne sono andate. Allora posso evitare la scenata. Mi guardo intorno per un micro secondo e sento tossire dal cespuglio dietro alla panchina. Con la coda dell’occhio cerco di individuare se i sospetti che mi sono balenati in testa siano veri, e ne ho la conferma per un cucuzzolo biondo che spunta. Furbe.
- allora? Perché ieri non mi hai neanche telefonata?
- cosa?
- ho detto “perché ieri non mi hai neanche telefonata?” – ripeto con fermezza. Sono io?!
- io?
- ah, ecco. Come al solito, voi uomini siete tutti uguali, fate promesse e poi non le mantenete... pensavo fossi serio quando me l’hai detto ieri sera. Non credevo te ne fossi già dimenticato.
- scusa cosa ti avrei detto io? – chiede perplesso. Posso sparire dopo questa, prendere un biglietto di sola andata per la Nuova Zelanda, così che nessuno mi possa rintracciare e vedermi mai più.
- non te lo ricordi sul serio? Ti dicono niente discoteca? Privè? Bancone del bar? – ma cosa mi esce dalla bocca? Non sapevo neanche io di essere così tragica e persuasiva. Lui ora mi guarda impaurito. Anche io avrei paura al posto suo. Soprattutto se fossi lucido. – o forse bagno del privè? – continuo.
- io non... – comincia a balbettare.
- tu?
- me lo ricordo sì! Me lo ricordo benissimo! – esclama convinto. Cosa? Non sono stata io veramente. Ehi! È uno scherzo! Ora mi guarda con un sorriso infimo. Lo riconosco! È lo stesso di Cassie di poco fa. Ho paura.
- e quindi? Ora ti ricordi la promessa? – balbetto. Non so più cosa dire.
- no, ma potresti ricordarmela tu, magari con un bacio. – risponde ridendo. Cosa?! Ma è matto? Il tossito di prima diventa una risata sommessa. Oh, lo so che stanno ascoltando tutto, ma la pagheranno. Devo trovare immediatamente un diversivo. Suona cellulare! Ora! Lui si avvicina furtivo con quegli occhi da pesce lesso e quel ghigno malefico. Vai via! Vai viaaaaaa!!
- oh! ma cosa stai facendo! – esclama una voce fuori campo. La riconosco! È Jimmy! È venuto a salvarmi, grazie! Ehi, ma un momento, se Jimmy vede che bacio un altro se la prenderà con me. No! Vai via Jimmy!
- oddio! Jimmy!
- cosa credevi di fare! devi stare lontano dalla mia ragazza, hai capito? Sennò vengo e ti prendo a calci! – si arrabbia lui. Ehi, ma non ce l’ha con me! Se l’è presa con Occhi da Pesce! Speriamo dopo non se la prenda anche con me, o Meg e Cassie passeranno una brutta serata.
- io non pensavo fosse la tua ragazza...
- e ora lo sai! e adesso vattene prima che ti prenda a calci ora! – esclama e il tizio scappa. Poi mi guarda accigliato, con una faccia furibonda.
- Jimmy non ci crederai mai ma... – dico ma neanche il tempo di finire e lo vedo che scoppia a ridere. Perché dovrebbe ridere?
- discoteca? Privè? Bancone del bar? O meglio bagno del bar? Ma da dove le trovi queste scuse?! – ridacchia. Ma allora lui... e Cassie e Meg... loro... erano complici!
- sapevi tutto e non hai impedito a quelle due sceme di farmi sto scherzo stupido! – esclamo arrabbiata.
- oh! Poco dare della scema te! – commenta Meg uscendo dal cespuglio insieme a Cassie.
- mi hanno raccontato di quello che hai organizzato a loro. Te lo meriti tutto Ally!
- ma tu da che parte stai?! – esclamo con aria disperata. È il mio compleanno! Non dovreste essere contro di me! Bastardi!



Dopo la serata di festeggiamenti molto alcolici, torno verso casa. Cassie e Meg mi hanno fatto bere alcolici con la nostra carta d’identità falsa. Per il barista mi chiamo Julia Mark e ho 22 anni. Poco credibile, ma se serve per bere alcolici... Per fortuna non c’era nessun Julian nei dintorni. Barcollo un po' per la strada. Il ritorno a casa è più imbarazzante di quello della sera precedente. Devo fare silenzio. Entro nel vialetto e per un attimo mi siedo in terra. Chiudo gli occhi. Inspiro ed espiro. Ok, ora mi rialzo. No ma chi ne ha voglia? Apro gli occhi e noto la luce della camera di mio padre accesa. Oh ma che due! La porta di casa si apre e mi ritrovo davanti mio padre. Sarà furibondo. Controllo l’orologio.
- l’avevi detto tu che potevo tornare quando volevo! – lui per tutta risposta si mette a ridere. Oggi è la giornata in cui tutto ciò che è normale diventa anormale, e tutte le volte che la gente si dovrebbe arrabbiare si mette a ridere e sghignazzare. Lo guardo storta.
- James mi ha avvisato che stavi arrivando. Perché ti sei seduta in mezzo al vialetto?
- perché non mi andava più di camminare... – spiego come se fosse la cosa più normale del mondo. A questo punto mi metto a ridere anche io.
- hai bevuto un po' vero? Dai, andiamo, ti aiuto a camminare visto che non ne hai voglia.
- no papà non è come sembra – gli dico mentre mi aiuta a salire le scale.
- certo che no, Julia Mark – sghignazza lui.
- non lascerò più in giro il mio portafoglio lo giuro




Note di Is_my_life:
CIAOOOOOOOOOOOOO a tutti!!!!!
hanno riaperto finalmente il sito.... mi sono sentita tanto sola senza di lui e senza voi miei lettori :(((((
in ogni modo ho una sola cosa da dire: WOW! O.O non pensavo che il primo capitolo (di più o meno dieci righe -.-") potesse piacere!
le statistiche mi dicono che mi state dando troppa importanza (ecco che ora nessuno leggerà più niente di quello che scrivo così imparo)

beh, che dire... come promesso questo capitolo è bello lunghetto (eppure neanche troppo), dovevo rifarmi con quella schifezza di introduzione di prima...
i piedini nella foto sono quelli di Meg (quella che dovrebbe presentarla :P)

Grazie a tutti coloro che hanno già messo la storia tra le seguite (riconosco anche alcuni veterani ormai xD):  _anda, VaLeNtInA1993, a_lena, _stellina999
e tra le preferite (!!!!!!!): nemy salvatore!!!
COMMENTATE SU SU!!!!! (mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate... potete anche solo scrivere "che me***" accetto anche questo. sul serioo!!)

a presto ;P
   
 
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