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Autore: Ombra    19/06/2011    3 recensioni
Questa è una storia breve, ma davvero importante per me. L'ho scritta col cuore in mano e spero possa trasmettervi quello che ho provato scrivendola, parola per parola. La trama è semplice affinchè chiunque possa comprenderla: i giri di parole non sono la miglior strada se si vuole parlar d'amore.
Buona lettura!
Cit: "La ragazza si accorse di come uno arrivasse a farsi problemi stupidi quando non riusciva a uscire da uno molto più grande."
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Capitolo nove

Come da abitudine Erika si fiondò fuori dall'aula al primo squillo della campanella, Lucia la lasciò correre senza neanche tentare di fermarla. Non che ce ne fosse bisogno, perchè dopo la prima rampa di scale la ragazza si scontrò contro qualcosa, o qualcuno, che la fece ruzzolare a terra.

“Scusami, ti ho fatto male?” le chiese l'oggetto non identificato che aveva appena attentato alla sua vita.

Erika afferrò la mano che si trovò davanti al viso e lasciò che la aiutasse ad alzarsi. “No, tutto a posto...” mormorò un po' insicura massaggiandosi un fianco.

“Certo che anche tu potresti rispettare i limiti di velocità!” disse lui divertito.

Erika lo osservò indispettita. “Senti...” punto i suoi grandi occhi neri in quelli nocciola di lui con aria di rimprovero.

“Luca...” sorrise il ragazzo porgendole la mano. Sembrava si stesse divertento parecchio, un po' troppo secondo Erika.

“Evidentemente se correvo è perchè andavo di fretta sai?” sibilo scostando la mano che il ragazzo le porgeva quasi fosse un'affronto. Non riusciva a capire il perchè ma si sentiva parecchio nervosa quella mattina, in più lo sguardo fisso di lui la metteva a disagio.

“Ah, non lo metto in dubbio!” rise, “Comunque io sono Luca e tu?” tentò una secodna volta, porgendole nuovamente la mano.

Lei lo scrutò stupita diffidente. “Ho capito come ti chiami, grazie!”

Controllando un ultima volta di avere tutte le ossa intere lo salutò con un cenno e ricominciò a correre per le scale.

 

“Mi spiace, ma non sono ammesse visite oggi al paziente.”

Erika guardò l'infermiera come se avesse detto una blasfemia. “Come scusi?”, aveva capito benissimo, fin troppo anche, ma non voleva crederci. Non oggi...

“Mi spiace, ma c'è stato un lieve cambiamento nei parametri e vorremo evitare interferenze dal punto di vista emotivo.”

Trattenne il fiato. “Che tipo di... cambiamento?”

“Non posso dirle nulla per ora, mi spiace...” la donna accenno un piccolo sorriso quasi di compassione. Erika si sarebbe quasi aspettata anche una pacca sulla spalla.

“Si... Ho capito, ho capito...” Sbuffando chinò lo sguardo, afflitta “Quando potrò tornare?”, si sentiva cuore e stomaco in tummulto: aveva bisogno di vederlo, voleva calmarsi lasciandosi cullare dal ritmo del suo respiro.

“Provi domani se vuole, ma non le assicuro nulla.” le sorrise ancora, forse voleva essere gentile ma ad Erika sembrò solo di farle una gran pena.
Si morse il labbro inferiore mentre, con le mani tremanti per il nervoso e la delusione, si voltava e dandole le spalle usciva da dove era entrata solo pochi istanti prima.

Erika si ritrovò di nuovo per terra, ma questa volta in mezzo al corridoio.

“Ma non è possibile!” il ragazzo rise e lei lo riconobbe.

Incrociò il suo sguardo indecisa se ridere anche lei o incazzarsi. Si sentiva parecchio nervosa ma vivaci occhi nocciola sembrarono tranquillizzarla per qualche secondo, il tempo necessario per decidere di desistere dal tirargli un pugno dritto sul naso.

“Questa volta mi sento davvero obbligato ad offrirti un caffè!”

Erika ci pensò su qualche secondo, volse lo sguardo all'orologio sulla parete.

Tanto l'infermiera mi ha detto che non era sicura potessi vederlo neppure oggi... e poi avrei davvero bisogno di qualche distrazione... Magari un po' meno dolorosa!

“Va bene dai...” mormorò infine alzandosi e massaggiandosi entrambi i fianchi.

Lui sorrise “Vieni, c'è un bar qui vicino molto carino... eh...”

“Erika, piacere... Un doloroso piacere!” sorrise cercando di sembrare il più sincera possibile, “E comunque si, mi sa che lo conosco!”

 

“Due caffè macchiati.”

Seduti al tavolino, Luca si voltò verso di lei con un sorriso. “Allora, dove corri ogni giorno dopo scuola?”

Erika abbassò lo sguardo con aria nervosa, indecisa se rispondergli o meno. Immediatamente Luca si rese conto del errore e cercò di rimediare.

“Non ti preoccupare, hai ragione! Non sono fatti miei...”; un po' titubante avvicinò la mano alla sua, Erika la guardò appena, poi ritrasse subito la sua.
Luca sorrise non curante passandosi la mano che poco prima aveva teso verso di lei fra i capelli già parecchio scompigliati.

“I tuoi occhi, sembrano quelli di una persona che è diventata adulta tempo fa... Che ci fai ancora al liceo?”

Erika sollevò lo sguardo, colpita. Non riusciva a capire se quello fosse un complimento o cos'altro, se stesse scherzando o meno. Rimase a fissarlo ancora per qualche istante, dubbiosa.

Lui rise piano, “Ma insomma troverò un modo per farti parlare o no? Sei in grado di colpire la gente, ma forse non con le parole!”

Erika sorride. “Oh! Così va meglio! Hai un bellissimo sorriso!” dice lui, finalmente soddisfatto.

La ragazza arrossisce lievemente ma cerca di non farglielo notare; “Non ti ho mai visto a scuola....”

Luca annuisce, “Ho finito l'anno scorso, ero in succursale quindi probabilmente non ci siamo mai incrociati...” sorrise portando una mano vicino al suo viso, lo sfiorò appena per poi sollevarle il mento, “Un vero peccato direi...”

Erika distose lo sguardo, imbarazzata. “Cosa sei, un specie di Don Giovanni?”

“No!” esclamò ridendo, “Perchè, ti piaccio?”

“Per niente!”

 

“Devo vedere Marco Novari.”

Una stupida consuetudine, ormai sapeva che tutti la conoscevano là dentro, ma in un certo modo era qualcosa che le dava sicurezza: pronunciava il suo nome, sentiva il numero della camera e percorreva tutto il percorso in silenzio, quasi fosse un rituale.

“Mi spiace ma il paziente sta facendo degli esami ora... sarebbe dovuta venire un po' prima.”

Erika si riscosse dai suoi pensieri, colse le ultime parole dell'infermiera soffermandocisi particolarmente. “E non posso aspettarlo?” quasi la supplicò, imprecando contro sè stessa.

“Mi spiace ma ne avrà per un po' e dopo dubito che il dottore concederà delle visite.”

Abbassò lo sguardo sentendosi tremendamente in colpa. “Ma sta bene almeno?”

L'infermiera la guardò interdetta per alcuni secondi. Erika sospirò, “Ho capito... Ho capito, non può dirmi nulla... Arrivederci...” Con sguardo chino le diede le spalle e lasciò la sala trascinando i piedi.

Scusami... domani verrò presto... Te lo prometto...


 

Ok, pensavo di cambiare ambientazione temporale nei prossimi capitoli... Il passato mi fa sentire troppo distaccata io invece vorrei qualcosa che coinvolgesse di più... tipo il presente. Che ne pensate ? :)

  
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