II° capitolo
Era una bella
sensazione, avere qualcuno accanto. Qualche volta c’era Noah, che si offriva di
consolarmi, ma spesso aveva secondi fini. Sapevo che era un bravo ragazzo, e mi
piaceva, ma quando Rachel Berry ha bisogno di una spalla su cui piangere, deve
essere ascoltata, coccolata…neanche Kurt o Mercedes riuscivano a darmi una mano,
in quei momenti. Quindi vedere Sam, insicuro, sulla mia porta, fu un’esperienza
strana. Sebbene già da una settimana o due ci vedessimo spesso, avevo lasciato
che lui si adeguasse ai nuovi ritmi, cercando comunque di indirizzarlo nel
migliore dei modi. Ok, forse a volte mi facevo prendere un po’ la mano, ma lo
facevo per il suo bene. Era troppo tenero, per non sentire il bisogno di
aiutarlo. Quelle guance piene, gli occhioni azzurri nascosti da quel ciuffo
ribelle, le labbra enormi che assumevano sempre quel broncio adorabile, se
qualcuno lo prendeva in giro. Perché come me, Sam sembrava fatto apposta per
attirare gli scherzi altrui. Soprattutto quelli delle sue ex. Santana mi faceva
letteralmente ribollire di rabbia. Trouthy mouth? Insomma, quella ragazza non
aveva rispetto. Da quando l’avevo visto piangere, quel giorno al motel, avevo
capito che volevo proteggerlo. Istinto materno? Forse. Non mi interessava. E
lui mi fece entrare nella sua vita. Per quale motivo, non riuscivo a capirlo,
ma adesso avevo carta bianca. E dovevo essere accorta. Era in una situazione
difficile, emotivamente sotto pressione. Solitamente avrei sguazzato nel suo
dramma, esageratamente melodrammatica, avrei cercato di farlo parlare, per poi
vantarmi del mio quasi perfetto ruolo da psicologa del gruppo, ma…quella volta
non lo feci. Ero abbastanza sensibile da capire che aveva bisogno dei suoi
spazi, e glieli diedi, per quanto il mio desiderio di avere pieno controllo di
quanto mi accade intorno fosse deciso a tornare in superficie. Avere un
carattere forte, e sfaccettato come il mio, non sempre risulta una buona cosa.
Significa che ogni sfaccettatura ha bisogno di vincere sulle altre. Per questo
faticavo a trovare il giusto equilibrio.
Lo guardai intensamente, quasi sfidandolo ad avvicinarsi. Ero in piena crisi
isterica, avevo appena rotto la mia tazza preferita, quella con sopra Tweety e
Silvestro, perché alla millesima prova per la canzone da cantare al Prom,
ancora non riuscivo a sentirla perfetta. Senza piangere, sobbalzavo per i
singhiozzi atoni che scuotevano il mio corpo. Una crisi di pianto silenziosa,
una delle peggiori. Mi avrebbe lasciato un bel mal di testa. Il biondino, dopo
un’iniziale ritrosia, si avvicinò comunque, ed io sentii il letto piegarsi un
po’ sotto il suo peso. Mi afferrò delicatamente per le spalle e mi diede asilo
sul suo petto. Da quando i ruoli erano cambiati? Non avrebbe dovuto essere lui
quello da consolare? Respirai più e più volte a fondo, a volte emettendo anche
buffi versetti. Lo sentivo sorridere sui miei capelli, ed improvvisamente
sentii che anche le mie labbra si piegavano all’insù. Senza aver detto una sola
parola. Senza piagnistei, lamentele, scenate, cinque minuti e tutto stava
tornando alla normalità. Ancora in silenzio mi staccai, senza guardarlo e mi
distesi sul letto, a pancia in su. Lo tirai per la manica della maglia e lo
feci stendere di fianco a me. Sempre senza guardarlo. Sentivo i suoi occhi sul
mio volto, cercare qualcosa che evidentemente non trovarono. Quindi, di buon
grado, mi seguì ed appoggiò la testa sul mio stesso cuscino.
-Non dovresti pensare ancora a lui, sai? Quella canzone è tutta una farsa,
Rach.- quasi sobbalzai al sentire la sua voce. Forse perché mi aveva colpita
nel vivo. Ero stata scoperta.
- Devi allontanarlo dalla tua mente. Alìm.- a questo punto non potei fare altro
che voltarmi e guardarlo con un sopracciglio inarcato.
-Alìm?- sospirai, praticamente ad un centimetro dal suo naso, visto che anche
lui era voltato verso di me. Seguendo un impulso automatico scostai il solito
ciuffo ribelle dalla fronte. Non sapevo come facesse a vederci, se aveva sempre
i capelli penzoloni davanti agli occhi. Il suo volto si illuminò in un sorriso
dolcissimo.
-Ti ho distratta.- buttò fuori, sembrava piuttosto soddisfatto. Io invece rimanevo
perplessa, tanto che ripetei di nuovo la stessa parola, cercando di dargli la
medesima intonazione che avevo sentito da lui. Sam annuì, avvicinandosi col
corpo. Mi passò un braccio sotto la vita, ed io, istintivamente, alzai il
bacino per facilitarlo. Sembravamo due amici di vecchia data, e questo mi
faceva sentire bene. Per questo lo assecondavo. Mi voltai su un fianco, posando
un braccio sul suo petto e cercando di guardarlo, anche se riuscivo a vedere
solo il suo mento, mentre lui fissava le stelline fosforescenti che da piccina
avevo preteso di attaccare al soffitto della camera.
-E’ Na’vi. Vuol dire “molto lontano”. Penso proprio che tu debba lasciare che
Finn si faccia gli affari suoi. Devi pensare che è lui a perderci.- lo disse
con un tono quasi sconsolato. Che si ripetesse le stesse cose, quando pensava a
Quinn? Eravamo sulla stessa barca. Smisi di guardarlo, posando il capo sul suo
costato ed allungando il braccio, lasciato morbido, cercando con disinvoltura
di abbracciarlo. Non era solo.
-Parlami del Na’vi. E’ preso da Avatar, vero? Come fai a ricordarti le parole?-
cercai di intavolare un discorso che lo tenesse, e mi tenesse, lontano dal
pensiero della coppia che tanto ci irritava sapere unita. Ascoltare la sua voce
pacata era piacevole, e vedere quanta passione aveva per quella strana lingua
inventata mi fece sorridere.
-Sai che il Na’vi ha sette vocali? Sette! James Cameron e Paul Frommer sono
degli autentici geni! Sono riusciti a creare addirittura un vocabolario di
mille parole!- sentivo che anche lui si stava rilassando, e capivo
perfettamente cosa provava. Potersi esprimere con tranquillità, senza essere
giudicati, era qualcosa di veramente liberatorio. Annuii convinta, strusciando
la guancia sul suo petto, così che potesse capirlo anche se non mi guardava.
Cominciò a giocare con una ciocca di capelli, perdendosi a spiegarmi varie
espressioni colloquiali di questo popolo inventato. Poi passò alle imitazioni e
mi ritrovai a ridere come una sciocca, alzandomi sui gomiti per poterlo osservare
meglio.
-Sei buffo, Sam. Ma in senso buono.- mi affrettai ad aggiungere, sperando di
non averlo offeso. Forse era troppo tardi. Quel volto da angioletto si rabbuiò,
e gli occhi si serrarono stretti, così come le labbra. Mi misi in ginocchio,
poggiando il sedere sui talloni e gesticolando in fretta.
-Mi dispiace, non volevo! Insomma, per me buffo ha una connotazione positiva!
L’importanza di una risata nella vita è riconosciuta da tutti e tu mi stai
facendo ridere, ma…- mi bloccai, quando lo vidi mettersi seduto e riaprire gli
occhi. Mi prese le mani, ancora bloccate in aria, e mi sorrise amaro.
-Ti andrebbe di baciarmi Rach? Non pensare male. Sei davvero molto bella, e
simpatica. Ma non voglio che ci veda niente di romantico. E’ solo che…vorrei
finalmente baciare qualcuno che non si fa beffe di me…- accompagnò le mie mani,
nelle sue, sul mio grembo, mentre mi osservava attentamente. Ero spiazzata
dalle sue parole. Non provavo niente per lui, non mi sembrava, almeno, quindi
che ci sarebbe stato di male, in un semplice, piccolo bacio? La mia mente era
libera di fantasticare quanto voleva, ma sapeva che non avevo ancora
dimenticato Finn. Mi affrettai a richiudere la bocca, quando sentii che la
mascella cominciava a farmi male per la prolungata posizione presa.
-Sei sicuro? Voglio dire, sono lusingata, ma forse dovresti aspettare la giusta
ragazza…- strinsi le mani tra le sue, premendo i pollici sul loro dorso. Lui
scosse il capo, ed i capelli ricaddero sulla fronte.
-Se devo fidarmi del mio istinto, tutte le fidanzate che avrò saranno sempre
bellissime ragazze, troppo prese dalla loro immagine. Mi vedono tutte come il
belloccio e stupido di turno, quindi si sbrigano tutte a tapparmi la bocca,
così che possa fare da fidanzato trofeo al loro fianco. Questa…questa mi sembra
l’occasione migliore. Ma se non vuoi…- non seppi resistere oltre, le sue parole
mi portavano alla mente tanta malinconia che seppi cosa fare. Sciolsi
l’intreccio delle nostre dita per portarle ai lati del suo viso. Gli sorrisi
timida, sperando che capisse, che non vedesse altro che amicizia, in quel
nostro gesto. Lo attirai verso di me sempre fissandolo negli occhi. Mantenere
il contatto visivo era importante. Gli posai le labbra sulla guancia, vicina
alla bocca, senza essere troppo invadente. Poi gli baciai la punta del naso,
gli occhi, l’altra guancia. Come altro potevo baciarlo? Non osavo pensare a
qualcosa di diverso. Lo sentii mugugnare qualcosa, mentre girava il volto e
posava la sua bocca sulla mia. Era morbidissima e fresca. Sapeva del burro
cacao che gli avevo regalato, vaniglia. Istintivamente il mio sorriso si aprì
di più sulle sue labbra, e per qualche impensabile motive lui approfondì il
bacio, quasi con foga. All’inizio cercai di non rispondere, ma le sue mani
ormai erano sulla mia schiena, tra i miei capelli, ed era qualcosa di così
diverso dai baci ricevuti fino a quel momento…Sam era tenero anche quando
cercava di risultare brusco. Per questo mi lasciai andare. Volevo aspettare che
fosse lui a rompere il contatto, così piacevole. Continuavo ad accarezzargli il
volto, anche ad occhi chiusi, e spostai i capelli che mi solleticavano il naso.
Il ragazzo ci sapeva fare con i baci. Io ne sapevo qualcosa, in tutta la vita
avevo fatto solo e sempre quello. Si staccò finalmente da me, tenendo gli occhi
fermamente chiusi, e per qualche attimo pensai che magari voleva trattenere
l’immagine di Quinn, o Santana nella sua mente. Io avevo fatto lo stesso con
Noah, tanto tempo prima, no? Magari mi fece un po’ male, ma non lo diedi a
vedere. Quella era una gentilezza che volevo fargli. Mi distesi nuovamente sul
letto, ma questa volta mi voltai su un fianco per dargli le spalle. Avvicinai
le gambe al busto e le cinsi con le braccia, poi con disinvoltura parlai di
nuovo.
-Di sotto, accanto alla tv, c’è un dvd che potrebbe piacerti. Prendilo e
portalo qui, se non hai voglia di studiare. Possiamo vederlo. O puoi vederlo di
sotto, io rimango qui ancora un po’.- ecco, adesso gli avevo dato anche la
scusa per allontanarsi, magari si sentiva in imbarazzo. Sentii il letto
riprendere la solita forma, quando lui si alzò, e lo sentii scendere
velocemente le scale. Cominciai a canticchiare, mentre i minuti passavano,
cercando di tenere la mente occupata e ben lontana da quel bacio. Non avevo
pensato a Finn, in quel momento. Avevo chiuso gli occhi e mi ero lasciata
trascinare, e ne ero stata anche contenta. Infondo eravamo due ragazzi liberi,
feriti ed in cerca di un sostegno. Potevamo anche trovarci bene insieme, no?
Non mi accorsi praticamente di niente. Lui si sedette nuovamente accanto a me,
mi si sdraiò di fianco e premette play sul telecomando. Dalla tv partì un suono
familiare, ed io sbattei velocemente le ciglia, fissando lo schermo confusa e
poi voltandomi di poco verso lui. Il suo bel viso era rivolto allo schermo,
serio serio. Senza dire niente, mi voltai di nuovo. Mi concentrai sul film,
Avatar ovviamente, perché era la prima volta che lo vedevo e dovevo ammettere
che non era poi così male. Aveva dei colori vividi, ed una storia particolare
di fondo. Stavo per voltarmi a dirglielo, quando lo sentii voltarsi ed
abbracciarmi da dietro. Posò la testa sulla mia spalla e rimase così, a seguire
la storia. Sorrisi. Ancora una volta aveva trovato il modo di farmi stare
zitta.
Ok, invece di pubblicarlo sabato prossimo (il giorno
del mio compleanno, se proprio volete saperlo, ho deciso di pubblicarlo prima.
Questa storiella è già pronta, perché non approfittarne? Ringrazio chi ha
commentato e letto il precedente capitolo, non pensavo neanche di arrivare a
tanto. Mi immaginavo già la FF che cadeva nel dimenticatoio. XD Troppo
melodrammatica? Lo so, ma questo è un capitolo POV Rachel. Capitemi.
Mi scuso per eventuali orrori di ortografia o battitura.
BascioCascio
Vevve