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Autore: Shainareth    06/03/2006    1 recensioni
Dopo One Piece, la prospettiva del Piece Main riuscirà a riunire sotto lo stesso Jolly Roger la ciurma di Monkey D. Rufy, con una consistente aggiunta! Non si tratta solo di una storia avventurosa o d'amore, è più che altro un mix di umorismo, avventura e azione... ehm... sì, l'azione c'è, per quel poco che sono stata capace di fare... ç______ç Ma in verità, "Piece Main" racchiude un po' tutti i generi (eccetto il fantasy e il porno, credo! ^^'), quindi, come si suol dire, ce n'è per tutti i gusti! ^___-
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Piece Main' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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Capitolo C – Sconfitta

 

Capitolo C – Sconfitta

 

            I loro guardi si incrociarono nuovamente: gli occhi scuri di Silk scrutavano la snella figura del suo avversario; quelli di quest’ultimo facevano altrettanto con lei, le iridi azzurre che parevano sorridere divertite a quella sfida cui i due avevano deciso di sottoporsi.

Non appena l’aveva scorta in vetta alla buffa polena della Going Merry, Kidd aveva ordinato ai suoi di starsene buoni: il prezzo della loro disobbedienza sarebbe stato la morte. Si ritrovavano faccia a faccia, dunque, lui e quella scatenata ragazzina dai capelli rossi che nulla pareva temere. Gli piaceva quella sua espressione determinata.

 - Alla fine ci ritroviamo, piccola. - le rivolse un cenno in segno di saluto quando le loro navi furono abbastanza vicine. - Sai che dall’ultima volta sono molto, molto arrabbiato con te?

 - Ma davvero? - gli sorrise lei, spavalda. - E perché? Sei tu che mi hai lasciata andare via.

 - E’ vero. - convenne l’altro. - Ma se avessi saputo che sai molte cose di cui non dovresti impicciarti, non ti avrei mai liberata.

 - Silk! - sussurrò Usop atterrito alla vista di quei brutti ceffi che circondavano il giovane pirata. - Fa’ finta di non saperne nulla! Imbroglialo! Inventati una balla qualsiasi, ma liberatene! - la supplicò con le lacrime agli occhi, afferrandole la caviglia sottile.

 - Ora basta! - esclamò la ragazza in direzione di Kidd, l’aria minacciosa.

 - Non lo provocare! Non lo provocare! – si disperò il nasone sempre più terrorizzato.

Nami sospirò rassegnata. - E’ tempo perso: un’altra cosa inutile ereditata da suo padre, è quella di non dire quasi mai bugie, specie in situazioni come queste…

 - Dimmi perché ce l’hai tanto con me! – chiese la spadaccina fingendo di non far caso alle parole dei due.

Kidd la imitò e si stanziò tra bompresso e cimasa della sua imbarcazione. – Non sai di cosa parlo per davvero, o fingi di non saperlo?

 - L’unica cosa che so, è che tu hai qualcosa che appartiene al mio capitano! – rispose lei, ostinata a tacere del diario di Hamel.

L’uomo la scrutò nuovamente, con fare perplesso, stavolta.

 - Lo rivoglio. – continuò frattanto Silk, mettendo mano alla spada. – Subito.

Sul bel volto biondo di Kidd si dipinse un sorriso ambiguo, e lui scosse il capo. – Sei un bel tipo, tu. – disse poggiando il peso del corpo sulla gamba che teneva posizionata più in alto, piegato in avanti col gomito sul ginocchio. – Vuoi sfidarmi per davvero? Per uno stupido cappello di paglia?

 - Smettila di prendermi in giro! – perse la pazienza lei. – Sai bene che quel cappello appartiene a Shanks!

 - Cosa? – rise l’altro. – Ma se non gliel’ho mai visto! Non raccontare balle, ragazzina. Ti ricordo che fra me e il Rosso non corre buon sangue.

Udito ciò, Nami prese a fissare il giovane con maggiore attenzione. – Come fai a conoscerlo? – domandò all’improvviso.

Notando solo ora la somiglianza fra la navigatrice e la piccola sfrontata che osava sfidarlo, Kidd capì al volo il legame di sangue che le univa. Affarmi miei, se non vi spiace. – rispose atono. – E se posso darti un consiglio, cerca di tenere a freno la piccola teppistella che hai allevato.

La donna sorrise di sdegno. – Silk sa badare a se stessa. E se posso dartela io, una dritta, eviterei di farle saltare la mosca al naso… Potrebbe essere pericoloso. – ribattè non appena vide la ragazza che alle parole “ragazzina” e “piccola teppistella” si era quasi gettata dalla Going Merry per prendere a pugni il suo avversario, e che, trattenuta sulla caravella da Usop che l’aveva tirata giù per una caviglia cercando di stringerla in una morsa che potesse tenerla buona per un po’, ora imprecava e malediceva Kidd e tutta la sua stirpe.

 - Tu sei la figlia di Shanks, dico bene? – chiese quest’ultimo, sempre più divertito da quel diavolo scatenato che si dimenava fra le braccia del pirata dal lungo naso. – E il nasone è figlio di Yasop, immagino.

 - Affari nostri, se non ti spiace. – lo sfidò la cartografa facendogli il verso,  più spavalda di Silk un attimo prima.

Kidd rise di nuovo. – Ma che allegra famigliola, siete… - commentò. – Dunque, ricapitolando: tu sei figlia di Shanks, mentre lui – fece cenno verso Usop. – è figlio di Yasop. Poi c’è la ragazzina con l’argento vivo addosso…

 - Non sono una ragazzina!!! – strillò quella, isterica, mollando un cazzotto al vicecapitano in modo da spaccargli la mascella.

 - …che è nientemeno che figlia di Roronoa e nipote del Rosso. - continuava intanto a riflettere l’altro, una mano fra la barbetta corta. – E il vostro capitano è Monkey D. Rufy. – concluse. – Ma non vedo né lui né Roronoa, qui, e nemmeno quel simpatico ragazzetto che ha cercato di difendere la paglietta che andate cercando… Dov’è lo spilungone con cui ti ho lasciata, ragazzina?

Silk ringhiò una bestemmia nella sua direzione, gli occhi iniettati di sangue.

 - Dove sono gli altri vostri compagni?

 - Poche storie!! – sbottò riuscendo a liberarsi del tutto dal suo carceriere. – Ridammi il cappello di Rufy o me lo prendo con la forza!!

            E così ora si ritrovavano lì, da soli sull’isola deserta, i loro compagni che attendevano in mare. Da un lato, Silk, nell’abitino azzurro, i capelli tirati in su, i piedi ancora nudi, spada alla mano; dall’altro, Kidd, una camicia nera di seta aperta sul torace, i pantaloni scuri infilati nei grossi stivali di pelle, una sciabola molto simile a quella della ragazza fissata al fianco, nello stesso cinturone a cui era appesa la pistola che ora veniva gettata da lui lontano.

I patti erano chiari: se avesse vinto la rossa, il pirata avrebbe reso il cappello di paglia; ma se fosse stato questi a vincere, lei avrebbe dovuto rispondere onestamente a tutte le domande cui il suo avversario l’avrebbe sottoposta.

Lo scontro ebbe inizio. Le loro lame si incrociarono fulminee, i loro occhi fiammeggiavano alla luce dorata del sole al tramonto. Nami osservava senza batter ciglio, timorosa sì che sua figlia subisse una sconfitta, ma stranamente fiduciosa nei riguardi di quell’uomo dal diabolico viso d’angelo. Gli altri suoi compagni invece -ad eccezione di Naya che, preoccupata per suo fratello e di esser riconosciuta, restava nascosta sotto coperta con Rasko- pregavano che tutto andasse bene e che Silk fosse all’altezza della situazione: per quanto avesse già ampiamente dimostrato la propria abilità con la spada, pareva comunque che Kidd fosse un avversario più che valente, visto anche il modo spiccio con cui trattava quelle che sembravano le bestie del suo equipaggio. Queste ultime, dal canto loro, non avevano dubbi sull’esito dello scontro, tant’è che elevarono un coro di fischi non appena il loro capitano atterrò la ragazza.

 - Alzati. – le disse questi sorridente. – Non vale se inciampi sulla sabbia.

Silk tornò in piedi, riprese fiato e scattò verso di lui. Affondò, ma il suo colpo fu parato con facilità e l’uomo la colpì sulla schiena con la mina della spada, costringendola in ginocchio per un attimo.

“Quel maledetto è rapidissimo!” pensava lei tornando a studiarlo.

Il suo avversario continuava a sorridere, pieno di sé e sicuro della vittoria. – Senti, rendiamo tutto più semplice: cominciamo con le domande, ci stai? – la provocò beffardo, la sciabola levata sulla spalla, l’altra mano al fianco. – Ti vorrei risparmiare l’umiliazione...

 - Chi ti dice che non sarai tu a perdere? – ribatté lei cercando di mantenere la calma; se avesse ceduto alla collera, le sarebbe costato caro, così com’era successo contro Raion, quando, per colpa del suo orgoglio, Sanji ne aveva pagato le conseguenze.

 - Se proprio insisti… - alzò le spalle Kidd, andando quindi all’attacco.

Silk parò a fatica il colpo, e sentendo di non poter competere con la forza fisica di lui, svicolò la sua lama e sfuggì ad un secondo fendente rotolando sulla sabbia. Rese salda la prese sull’elsa, e senza attendere un secondo di più, tornò alla carica; senza successo.

 - Sicura di non voler tagliare corto e dirmi subito quel che mi interessa?

 - Taci! – gridò esasperata dall’insuccesso dei suoi colpi: in vita sua non aveva mai conosciuto la parola “sconfitta”, eccettuati gli allenamenti con suo padre. Eppure ora sembrava che non avesse davvero possibilità di vittoria. Per ogni colpo di Kidd, lei ne sferrava almeno tre, e tutti a vuoto… e, cosa peggiore, Kidd non sembrava neanche impegnarsi troppo.

 - Non ce la farà. – mormorò Nami, impensierita più per il crollo psicologico che ne sarebbe derivato per Silk che dalle informazioni che l’altro sarebbe riuscito ad ottenere.

 - Non mollare, Silk! – la incitavano frattanto Mary e Kate, preoccupate anche loro per l’amica.

 - Ci uccideranno… ci massacreranno… - piagnucolava Usop, mordendo la cimasa dalla quale erano tutti affacciati ad osservare il duello.

Di nuovo Kidd evitò con facilità l’ennesimo affondo della ragazza, ma stavolta, con una semplice spinta ed un movimento elegante del polso, riuscì a porre fine alla tortura della sua avversaria.

 

            Sgranò gli occhi ritrovandosi la propria spada puntata alla gola. Aveva perso.

“Perso…”

Le labbra socchiuse che tremolavano, i singhiozzi quasi in sonori che le spezzavano il fiato ad intermittenza, respiri che velocemente si trasformavano in sibili, le mascelle che si serravano alla vista di quella lama lucente che si spostava dal collo candido e che veniva poi gettata in terra, a pochi metri dalle sue gambe seminude.

Lo vide allontanarsi dandole le spalle; serrò le palpebre e i denti con tutte le sue forze, stringendo fra i pugni la sabbia bianca. Non udiva nemmeno più le urla dei Demons, il rumore della risacca e il verso dei gabbiani; ogni suono pareva giungerle ovattato. Nella sua mente, un unico pensiero: era stata sconfitta.

Trattenne il fiato fin quasi a scoppiare, e infine esplose per davvero in un ruggito di rabbiosa disperazione. Cominciò a scalciare e ad agitarsi come una bambina, smuovendo furiosamente la sabbia sotto di sé, calde lacrime a rigarle il viso roso dalla collera.

Aveva perso… lei… Lei che si credeva quasi invincibile per quell’arrogante pensiero di avere lo stesso nome e lo stesso sangue del più forte del mondo; lei che ora vedeva crollare tutti i suoi sogni; lei che fin da piccolissima si era data anima e corpo in quella dannata disciplina; lei che non si era mai posta il problema di esser nata donna; lei che ora si sentiva così insignificante…

Si gettò a faccia in giù, la fronte contro la sabbia, il volto nascosto in parte dalla lunga coda di cavallo, le lacrime e i singhiozzi che non le lasciavano tregua. Era debole, aveva ragione lei. Anche se gli altri le dicevano il contrario, anche se Rufy le urlava contro con tutta la rabbia che aveva in corpo, la realtà non cambiava: lei era solo l’ombra di suo padre. Non valeva neanche un decimo del grande Zoro.

Roronoa”. Un nome che riecheggiava, temuto, ovunque, dall’East Blue al West Blue, dal North Blue al South Blue… persino nella Grand Line. Ma lei non era degno di portarlo.

E ora? Ora era lì, a piangere come una mocciosa, si sentiva stupida; e il pensiero di sua madre che si faceva forza da una vita, la mortificava ancora di più. Perché lei non ci riusciva?! Perché era così maledettamente debole?! Perché?!

Sanji…” e anche Usop, e Rufy, soprattutto. Per non parlare di Kate, di Keep, di Gary, di Shu, degli altri, oltre che del suo adorato Sota: l’amavano tutti. Ma perché?! Cos’aveva di speciale per meritare tanto affetto e tante attenzioni?! Era dovuto al legame di sangue che aveva con Shanks, Nami e Zoro? Perché, se non valeva niente?! Lei non era come loro!

Rufy aveva torto marcio, e Sanji peggio di lui. Non serviva a niente e a nessuno una stupida, debole, ragazzina che scoppiava a piangere per un nonnulla, che infangava il nome di suo padre.

Rimase lì ferma a piangere quasi fino a che il fiato le venne meno, la gola non le si seccò, gli occhi non le bruciarono da morire.

 - …papà… - bisbigliò fra sé.

Le tornò alla mente quella volta in cui, quand’era bambina, sua madre aveva risposto alla domanda: “Mamma, come se l’è fatta, papà, quella cicatrice grande grande che ha sul petto?”. Anche lui, le era stato spiegato, aveva conosciuto la parola “sconfitta”, anche lui aveva pianto per il medesimo motivo. Eppure dopo si era rialzato. Lo aveva fatto perché doveva mantenere una promessa. E lei? Lei ce l’aveva una promessa?

Si girò supina a fissare il cielo, ma dovette richiudere le palpebre, le mani sugli occhi per ripararli dalla luce solare. Sì, si disse. Di promessa ne aveva fatta una a se stessa quando aveva appena quattro anni, quando aveva visto sua mamma piangere per la prima volta: doveva diventare forte per lei e per le persone che amava. Anche suo padre aveva fatto la stessa cosa, rimettendosi in piedi con le sue stesse gambe per il più alto dei valori di cui andava orgoglioso: l’onore. Quell’onore che non gli permetteva di arrendersi, di deludere i suoi amici, Kuina e Rufy per primi.

Se lei avesse gettato la spugna adesso, lo avrebbe rimpianto per tutta la vita, e tutti glielo avrebbero rimproverato. Con che coraggio avrebbe detto allo spadaccino più forte del mondo che sua figlia era così debole da cedere di fronte alla prima difficoltà? Non era forse più semplice convincersi che quella sconfitta che ora le bruciava l’orgoglio non era altro che una sfida, un invito a riprovarci ancora? Non era così che aveva fatto da piccina, quando sua madre le aveva insegnato a muovere i primi passi? Certo, cadeva; ma era tornata in piedi e aveva tentato di nuovo. E alla fine ce l’aveva fatta: ce la facevano tutti, perché lei no? E adesso? Non era forse la stessa cosa? Se si fosse rialzata e ci avesse riprovato?

Sì, ci sarebbe riuscita, ne era sicura. E il modo in cui serrava le labbra, le disegnava sul volto quella convinzione che pian piano colmava il suo cuore: portare quel nome era una grande responsabilità, lo sapeva bene, ma era anche perfettamente conscia del fatto che anche quel sangue che le scorreva nelle vene avrebbe giocato la sua parte. Era Roronoa Silk, dopotutto, non una ragazzina qualsiasi; e il suo orgoglio, la sua cocciutaggine, la sua forza di determinazione, erano pari solamente a quelli di Zoro. E un giorno anche lei, come ora suo padre, sarebbe diventata la migliore.

 

            Prese un respiro profondo e si alzò a sedere. Kidd se ne stava accovacciato più in là, intento a ripulire la sua pistola dalla sabbia. Rimasero a fissarsi per qualche istante in assoluto silenzio.

Lui le sorrise. – Vedo dai tuoi occhi che non sei un tipino che si arrende facilmente… - commentò quindi con fare allegro.

 - Stavolta ho perso. – rispose la ragazza, ormai calma e più leggera, dopo il lungo sfogo. – Cosa vuoi sapere?

L’uomo sorrise ancora di più. – Non qui. – le spiegò alzandosi in piedi e scuotendosi gli abiti scuri. – Di là, nella mia cabina, come l’altra volta…

 

            - Entra e chiudi la porta. – ordinò ignorando i fischi d’eccitazione dei suoi uomini.

Silk obbedì docile: ormai aveva imparato che per quanto le minacce di quei bestioni fossero feroci, il loro capitano era fatto di tutt’altra pasta. Oltretutto pareva non avere un solo difetto o punto debole; cosa, quest’ultima, che la ragazza sperava di scoprire quanto prima.

Sotto invito, accettò di prender posto dove più le garbava, e lei si sedette in terra, ai piedi del grande letto su cui tempo prima aveva riposato per alcune ore.

 - Allora… - esordì l’uomo sedendo a cavalcioni sulla sedia presso lo scrittoio. – Posso cominciare?

Lei alzò le spalle e si sciolse i capelli che le piovvero come una cascata di fuoco attorno al capo.

 - Domanda numero uno: la spada che possiedi è quella di Shanks?

 - Sì, me l’ha regalata lui.

 - E i rapporti di parentela del vostro equipaggio con il suo sono…?

 - Quelli che hai già intuito da solo. – rispose tirando le ginoccha al petto.

 - In quanti siete, esattamente, nella vostra ciurma?

 - Uhm… - cominciò a contare a mente con l’ausilio delle mani, gli occhi al soffitto. – Quindici membri, anche se le due ragazzine non le riterrei di certo devi veri pirati… e anche il nostro medico di bordo: non hanno mai combattuto in vita loro. – spiegò tornando a stendere le gambe in avanti.

 - E la donna con i capelli lunghi? Non è la principessa di Alabasta? – domandò ancora lui.

 - Sì, è lei. – rispose con un sospiro la rossa, ripromettendosi di non dire più del necessario dato che non poteva mentire.

 - Che ci fa con voi?

 - Non posso rispondere a questa domanda.

 - Perché? – s’incuriosì l’altro.

 - Rischierei di compromettere persone che non c’entrano nulla nei nostri dissidi.

Kidd sorrise ammirato, accompagnando l’espressione del volto con un cenno del capo. – D’accordo, allora… Passiamo a noi. – riprese scrutandola con crescente curiosità.

Silk se ne avvide, e subito abbassò lo sguardo all’elastico per capelli con cui stava giocherellando.

 - Perché è così importante quel cappello di paglia? – chiese il giovane alzandosi in piedi.

 - E’ il simbolo di una promessa, un tesoro prezioso per il mio capitano.

 - Apparteneva per davvero a Shanks?

 - Sì. – annuì lei sollevando gli occhi sul pirata. – Perché ce l’hai tanto con Shanks?

 - Ehi, - l’ammonì questi incrociando le braccia al petto. – sono io che faccio le domande.

La rossa sbuffò e ne imitò la posa, allacciando le braccia sotto ai seni. – Durerà ancora per molto, l’interrogatorio?

 - Che fine ha fatto quel che mi hai rubato? – la ignorò lui.

 - Se ti riferisci alla pagina che ho strappato da non so quale libro, non ce l’ho più. – e diceva il vero, dal momento che non ricordava esattamente qual era il volume “scritto” da Hamel, e che pagina in questione l’aveva presa in custodia Naya.

 - L’hai gettata via? – chiese Kidd con una punta di nervosismo nella voce.

 - No, ma non so dove sia finita.

Sospirò nel tentativo di calmarsi. Le si avvicinò, si inginocchiò accanto a lei e domandò: - Ma davvero non sai di cosa si tratta?

A quel punto la ragazza non potè più tacere. – Non lo sapevo quando l’ho presa, ma ora so che apparteneva al diario di uno studioso di nome Hamel non so che…

 - Come fai a conoscere Hamel?

Se Kidd avesse formulato meglio quell’ultima domanda, Silk sarebbe stata costretta a confessare anche la presenza di Naya a bordo della loro nave. – Ne parlò tempo fa un marine al mio capitano, - disse ricordando di come Smoker aveva messo in guardia Rufy da Raion. – ma non conosco il significato di quei disegni…

Il giovane sospirò nuovamente e si passò una mano sul volto. – Quindi la pagina che mi hai sottratto è persa per sempre…

Lei alzò di nuovo le spalle, incapace di rispondere: dopotutto non aveva idea di cosa ne avesse fatto Naya.

Rimasero in silenzio per un po’, e il pirata si sedette anche lui in terra, di fianco alla spadaccina.

 - Sei brava. – disse d’un tratto. – A tirar di scherma, intendo. Si vede che sei la figlia di Roronoa.

 - Ma ho perso. – bofonchiò lei, abbandonando le mani in grembo e tornando a giocare con l’elastico.

 - Sei ancora giovane, ne hai di tempo per imparare… - la rassicurò l’altro tornando a sorridere e posando il capo contro il materasso dietro di loro.

Anche Silk sorrise. – Lo so, è per questo che non mi do per vinta. La prossima volta ti batterò. – annunciò semplicemente.

Kidd rise divertito, senza cattiveria. – Cosa ci giocheremo, la prossima volta?

 - Il cappello di Rufy, ovviamente.

 - E io? Cosa ci guadagnerò a vincerti di nuovo?

 - Quel che ti pare, tanto non ti andrà bene una seconda volta. – sbuffò risentita lei, voltando il capo dall’altra parte.

L’uomo prese a scrutarla da capo a piedi. – Perché non resti qui?

La ragazza si girò di colpo nella sua direzione, credendo di aver capito male.

 - Sei forte e sveglia. – spiegò il pirata fissandola negli occhi. – E sono convinto che tu non mi abbia detto tutto quello che sai riguardo quella pagina di diario. Ma non mi importa, tanto per ora non posso decifrare un bel niente. – concluse raddrizzandosi sulle gambe. - Va’, sei libera.

 - Posso davvero? – domandò lei.

 - Se vuoi. Ma se preferisci farti di nuovo un bel sonnellino sul mio letto… - la prese in giro lui scuotendo il capo e rimanendo sul vago.

Lei rise di sdegno. – Non lo faresti mai, sei troppo tenero

 - Non provocarmi e sparisci, prima che cambi idea e ti ci butti a forza, sul quel letto. – ribatté lui celando il divertimento dietro un’espressione imbronciata.

La ragazza scattò quindi in piedi e, senza dire altro, scappò via da quella maledetta nave dall’aspetto sinistro.

 

 

 

 

E SIAMO A QUOTA 100!!! ^O^/

Altri 10, e abbiamo finito, tranquilli… ^^;

Voglio ringraziare di cuore Mukka che giorni fa aveva recensito fino all’ottavo capitolo e non me ne ero accorta… ancora scusa, Mukkina… °-° E ringrazio anche Bluking per aver lasciato un commento lo scorso capitolo e soprattutto per l’essersi letto/a la ff tutta d’un fiato! O_O

Piuttosto… volevo farvi una proposta oscena…

Preferite che continui a postare un capitolo al giorno, oppure volete leggervi gli ultimi 10 capitoli tutti insieme? Fatemi sapere, frattanto continuerò come ho sempre fatto… ^^

A presto, un bacio a tutti! ^3^

Shainareth J

 

  
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