Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: roseenrot    20/06/2011    1 recensioni
Mi dispiace.
A volte, divento gelosa pensando che qualcuno potrebbe renderti più felice di quanto possa farlo io. Scommetto che sia colpa della mia insicurezza, perché so che non sono la più carina, la più intelligente, o la più divertente ed eccitante. Ma so che non mi importa quanto difficile e lontano tu sembri; non troverai mai qualcuno che ti voglia bene, come te ne voglio io.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Shewolf

― Capitolo #4 ―

 

Il professor Piton, dopo essere stato disarmato da una sua stessa alunna del sesto anno, rimase per qualche secondo con lo sguardo più minaccioso che gli si poteva scorgere in viso fisso sull’uscio, dove qualche attimo prima una Catherine Prince terrorizzata era corsa fuori dall’aula e i suoi lunghi capelli rossi, che solitamente le ricadevano lungo la schiena, in quel momento le svolazzavano di qua e di là. Quando si riprese, le sue gambe scattarono all’inseguimento, ma non c’era più traccia della ragazza, che ormai era ben lontana dai sotterranei. In realtà Catherine era ben lontana dalle mura inespugnabili di Hogwarts. Quella notte i suoi peggiori timori si erano avverati. Il professor Piton perlustrò anche la zona esterna del castello insieme alla professoressa McGranitt, direttrice della casa di Grifondoro, ma non la trovarono. Piton era furibondo: non avrebbe permesso che una sua alunna si facesse beffe di lui in quel modo. Stanchi e carichi di preoccupazioni i due professori tornarono ai loro alloggi, anche se trovarono ben poca quiete.

 

***

La mattina successiva non poche persone vicine a Catherine si accorsero della sua assenza, ma avevano pensato che doveva essersi svegliata di buon grado per studiare, anche se in quella mattinata si sarebbe svolta una lezione pratica di Cura delle Creature Magiche, tenuta dal professor Kettleburn. I ragazzi non ebbero notizie di Catherine nemmeno a colazione: sembrava proprio che fosse scomparsa. Charlie e il resto del gruppo si diressero, quindi, verso l’aula di Cura delle Creature Magiche.

–Chissà dove si sarà cacciata Catherine, lo sapete quanto ci tiene a presentarsi in orario! – aveva detto Annie, la ragazza dai capelli biondi con gli occhi tanto azzurri quanto i non-ti-scordar-di-me, accanto a Charlie Weasley. Quest’ultimo si guardava attorno cercando di individuare la chioma rosso fuoco dell’amica, che però non riuscì ad individuare in quella folla. Raggiunsero l’aula dove il professore fece l’appello: Catherine risultava definitivamente assente. Il professore spiegò loro di alcune nuove creature e poi decise, finalmente, di deliziare i suoi studenti con una lezione pratica nei pressi della foresta proibita. La classe si stava dirigendo verso l’uscita, quando il professor Kettleburn s’imbatté nei direttori delle case di Grifondoro e di Serpeverde, che parevano alquanto turbati. La cosa più incredibile era vederli cooperare, insomma quel giorno tutto era così insolito; Catherine spariva e puntualmente i due professori più severi cooperavano fra loro. Il professor Kettleburn si fermò a parlare con il professor Piton e la professoressa McGranitt.

–Oh buongiorno Minerva! Ah, salve Severus! – aveva detto lui gaio mentre li osservava. Anche il professore di Cura delle Creature Magiche trovava un po’ buffo vederli così uniti per una causa ed era molto curioso di sapere di che cosa si trattasse.

–Qual buon vento vi porta quaggiù ? – aveva domandato loro con una vena curiosa.

–Oh professor Kettleburn, stavamo giusto cercando lei! – aveva iniziato la professoressa McGranitt.

–Sappiamo che la signorina Prince ha lezione con Lei, possiamo parlarle un momento ? – continuò gentilmente mentre scrutava severamente il gruppetto di Grifondoro; la maggior parte delle ragazze si scambiava pettegolezzi di ogni genere, mentre solo una piccola parte di quella classe era seduta in disparte e sembrava del tutto immersa in una fitta discussione; al centro vi erano Weasley e Towler, ma stranamente il trio del cuore, quella mattina, non era al completo.

–Oh lo farei certamente Minerva, ma la signorina Prince oggi è assente! Pensavo ne fossi al corrente in quanto direttrice della sua Casa.– constatò dispiaciuto, poi li congedò non disponendo di tempo sufficiente per intrattenersi nella discussione e con gli studenti si diresse verso i margini della Foresta Proibita. Nel frattempo Piton e la McGranitt erano rimasti sull’uscio cercando di fare il punto della situazione.

–Quella sciocca ragazzina … Ma aspetta e vedrai Minerva, dovrà saltare fuori prima o poi! – diceva ancora adirato il professore, mentre con uno sguardo truce perlustrava ogni centimetro del luogo che lo circondava. Non voleva ammetterlo ma infondo anche lui era terribilmente preoccupato.

–Oh Severus, sono sicura che la signorina Prince ha avuto i suoi validi motivi per assumere un tale comportamento. Non puoi negare che sia un’allieva modello e trovo che sia lodevole pensare prima alla salute altrui, piuttosto che alla propria. Ad ogni modo, dobbiamo sentire la sua versione. – aveva detto severamente la professoressa McGranitt, anche se le scappava un sorriso pensando che una piccola Grifondoro aveva disarmato il professor Piton, che quando Serpeverde aveva più punti non faceva altro che ricordarglielo.

***

 

Nel frattempo, nei pressi del lago nero, giaceva il corpo inerme di Catherine Prince che aveva passato una notte raccapricciante; probabilmente la notte peggiore di quella trascorsa in estate con Fenrir Greyback. I suoi abiti, o al meno ciò che ne restava, erano stati fatti a brandelli e Catherine non aveva certamente una bella cera. La sua pelle pallida quanto candida era messa in risalto da piccole ferite arrossate e ancora un poco sanguinanti, sparse per tutto il corpo, eccetto il viso che presentava solamente alcuni graffi e una piccola ferita sul labbro inferiore.

In quella fresca mattinata, i primi raggi del sole s’infiltravano tra i rami degl’alberi, e facevano un poco di luce in quella fitta selva. Piccoli spiragli raggiunsero il candido viso di Catherine, che poco dopo si svegliò indolenzita e spaesata. Le ci vollero più istanti per ricordare quanto successo durante la notte, e avrebbe certamente preferito non rammentare. Indolenzita s’incamminò lentamente verso il castello, mentre di tanto in tanto barcollava, ed era perciò costretta a sostare per qualche secondo. Si guardava attorno e si chiedeva per quale motivo si fosse addentrata così tanto nella foresta. Ad un tratto, vide delle luci nella capanna di Hagrid, il guardiacaccia di Hogwarts. Catherine, che gli era affezionata, decise di fargli visita, approfittandone un pochino per concedersi una sosta. Bussò alla porta e attese finché il guardiacaccia non le aprì.

–Buongiorno Hagrid! Tutto bene ? – aveva detto lei ansante mentre seguiva il guardiacaccia che con un tono preoccupato l’aveva invitata a sedersi nella sua capanna.

–Ciao Catherine, beh non c’è male a parte il fatto che le mie zucche non sono ancora cresciute come dovrebbero. Ma dimmi, cosa ti è successo? Guardati! Dovresti essere a lezione, no ? – rispose, mentre la incalzò con quel “no” a raccontare qualcosa che si prospettava avvincente.

–Be’ ecco, in realtà dovrei essere a Cura delle Creature Magiche … ma penso che io sia già stata espulsa. – aveva iniziato lei mentre si guardava intorno. Catherine passava molto tempo da Hagrid, che le insegnava molte cose sulle creature, e amava osservare i cambiamenti di quella capanna.

–Tu ? Espulsa? Sei una strega brillante non possono espellerti! – aveva enunciato Hagrid intento a preparare del tè.

–Ieri ero in punizione da Piton ma l’ho dovuto disarmare e sono scappata nella foresta. Ma Hagrid, credimi, io l’ho dovuto fare, era necessario! – raccontò boccheggiando mentre aggiungeva dello zucchero nella sua tazza di tè. Dal canto suo Hagrid, che le aveva ricordato che Piton era un suo professore, cercava di capire per quale motivo si fosse rivelato necessario disarmarlo. Catherine, che sembrava avergli letto nel pensiero, aggiunse che sarebbe stato meglio non saperlo. A suo avviso, sarebbe stato orribile doverlo raccontare, ma Hagrid insistette tanto che Catherine cedette e riluttante iniziò quella che doveva essere una confessione. Aveva iniziato a raccontargli dello scontro con Greyback e del suo periodo di ricovero al San Mungo e ciò che aveva provato inizialmente nell’ufficio del professor Piton ma poi si era bloccata; non sapeva come continuare. Si fece coraggio e proseguì con il suo racconto.

–Era una sensazione strana, mi sentivo formicolare tutto il corpo e sentivo di tanto in tanto delle fitte atroci. Ma ciò che mi spaventò di più è stata l’attrazione per la carne umana; Hagrid, tu non puoi capire, il professor Piton sarebbe diventato il mio dessert! Così l’ho disarmato e sono scappata nella foresta … – continuò, mentre Hagrid si faceva pensieroso. Catherine aveva pensato che spiegando indirettamente ciò che lei effettivamente era avrebbe portato la soluzione ad Hagrid, ma così non era, perché quest’ultimo sembrava non fare quel collegamento che avrebbe risparmiato a Catherine quel peso.

–Hagrid, lo sai in quale fase lunare eravamo ieri ? – chiese incalzante, non voleva dirlo, non voleva che le parole le urlassero a gran voce ciò che era diventata. Prima che Hagrid, però, potesse rispondere, Catherine rispose per lui e lo guardò impaurita.

–Sono un lupo mannaro, Hagrid, è orribile! – disse tristemente mentre non riuscì a controllare le sue emozioni e alcune lacrime le percorsero il viso e la gola le bruciava un poco.

Hagrid era spiazzato per quanto potesse esserlo, poiché era attratto dalle creature magiche, specialmente quelle pericolose, e non era poi tanto sconfortato da quel fatto, ma tentò comunque in modo grossolano di rincuorarla. Poi si offrì per accompagnarla dalla professoressa McGranitt e dal Preside, così dopo aver finito il tè, Hagrid prese in braccio Catherine che era ancora tanto dolorante e non riusciva a smettere di crogiolarsi in quei pensieri infelici. Quando arrivarono nei pressi del castello, Catherine gli disse che se la sentiva di proseguire da sola, così congedò e ringraziò il guardiacaccia, che rimase ancora per qualche istante a controllarla, poi tornò alla sua capanna. Catherine, dolorante e singhiozzante, entrò nel castello reggendosi in piedi grazie all’equilibrio e la stabilità che il contatto con la parete le davano. Catherine aveva già percorso una buona parte del corridoio del pian terreno, quando una voce glaciale alle sue spalle la obbligò a fermarsi.

–Ah! Prince, eccoti qui! – aveva esclamato vittorioso il professor Piton che l’aveva afferrata per il polso con una presa salda e l’aveva obbligata a voltarsi; ma Catherine barcollò e si ritrovò in ginocchio. Alzò lo sguardo e lo guardò implorante per la prima volta in sei anni. Quel sorriso vittorioso dipinto su quel viso scarno, a poco a poco, si spense e il volto del professor Piton divenne tetro e visibilmente preoccupato. Ma non riuscì ad aggiungere altro perché la professoressa McGranitt l’aveva raggiunto e aveva sussurrato un “Severus, io sono di ritorno dalla foresta proibita ma non l’ho trovata”. Poi si era bloccata alla vista che le si era parata davanti.

–Severus! Cosa stai facendo ? – disse raggiungendoli e aiutando Catherine a rialzarsi. La professoressa McGranitt lo guardò con uno sguardo di rimprovero.

–Per quanto tu possa essere in collera, sono in dovere di ricordarti che qui ad Hogwarts non è permessa né tollerata la violenza come metodo di punizione. – aveva sussurrato severamente. Poi visibilmente preoccupata volse lo sguardo su Catherine, che aveva un aspetto moribondo. Contrariamente a quello che aveva pensato, Catherine fu portata dal preside, Albus Silente, invece che in infermeria. Il professor Piton aveva insistito tanto a portarla direttamente dal preside, e la professoressa McGranitt aveva dovuto cedere. Quando entrò nell’ufficio del preside, Catherine ne rimase colpita; era arredato in modo molto insolito; vi erano molti oggetti e tutti molto particolari, ma poi fu riportata alla realtà dalla voce dolce del preside che pareva tranquillo.

–Minerva non sarebbe stato meglio portarla in infermeria ? – aveva chiesto mentre scrutava un poco preoccupato la ragazza che aveva uno sguardo assente.

–L’avrei fatto certamente Albus, ma il professor Piton ha insistito tanto per condurla qui. – disse la professoressa McGranitt, mentre faceva sedere Catherine su una poltroncina. Solo dopo alcuni istanti Catherine si accorse della presenza dei suoi familiari. Per quanto la sua pelle fosse già pallida, in quel momento quel lieve rossore sulle gote pareva essere scomparso.

–Catherine– iniziò il professor Silente, ritenendo che un “Signorina Prince” sarebbe stato troppo duro in quella situazione già di per sé tesa e fragile.

–Io e i tuoi genitori abbiamo già discusso di ciò che è avvenuto in quest’ultimo periodo e io non penso che verrai espulsa da Hogwarts, ma questa decisione spetta alla professoressa McGranitt, direttrice della casa di Grifondoro. – proseguì con un tono rincuorante e un sorriso mentre lo sguardo del professor Piton, che si era irrigidito, si faceva sempre più truce.

–Beh io ecco, allora inizio a preparare i bagagli … – disse tristemente sapendo quanto fosse severa la professoressa McGranitt.

–Signorina Prince, cosa sta dicendo ? – chiese turbata la professoressa.

–Be’ lei mi espellerà, suppongo … – aveva sussurrato guardando fuori dalla finestra.

–Oh signorina Prince, io non credo proprio, non oggi! – disse abbozzando un sorriso.

Catherine era del tutto colpita e guardava incredula la professoressa e poi il preside, Albus Silente.

–C’è qualcosa che desideri dirmi? – aveva pronunciato il preside, mentre si sistemava i suoi occhiali a mezzaluna. Catherine che fino a quel momento pareva aver perso l’uso della parola si tuffò a capofitto in quel triste racconto.

–Professor Silente, è stato necessario! Io non volevo far del male al professor Piton. – iniziò ansante mentre raccontò ciò che aveva raccontato ad Hagrid, il guardiacaccia.

–Sono un lupo mannaro, credo. – aveva sussurrato incerta guardando i volti sconcertati dei presenti.

–Insomma … non ne sono molto sicura, a me pare di essere solamente un lupo; in effetti non posso esserne certa, di quella notte non ricordo molto dopo che Greyback mi ha inflitto la maledizione Cruciatus. – spiegò adagio, come se stesse cercando una risposta nella sua stessa risposta.

–E cosa ti fa pensare di essere “solo un lupo” ? – aveva perciò domandato Piton incerto, dopo una lunga pausa di riflessione, dove non aveva spiccicato parola.

–Be’ al terzo anno, Lei stesso professore, ha chiesto a Charlie Weasley a proposito dei upi mannari e di una pozione in particolare, la Pozione Antilupo, ricorda ? – chiese Catherine retoricamente, e senza aspettare una sua risposta, continuò la sua spiegazione.

–Così ho preso appunti e in alcuni non mi ritrovo esattamente, ad esempio; ho un muso normale, invece i lupi mannari hanno il muso leggermente allungato e la mia coda non è a ciuffo e poi sono decisamente di piccola taglia rispetto a quella di Fenrir Greyback. O almeno, questo è quello che sono riuscita a scorgere nel Lago Nero ieri notte.– concluse guardando il professor Piton, che aveva un’espressione di totale disgusto dipinta sul volto.

–Eccellente! Severus dovresti essere molto fiero dei tuoi alunni! Ora credo che la signorina Prince abbia bisogno un po’ di tregua, Minerva per favore puoi accompagnarla in infermeria ? – chiese tranquillamente Silente mentre con uno sguardo la congedava e la professoressa McGranitt li condusse, come richiesto da Silente, in infermeria, dove Madama Chips si prese cura di Catherine.

–Ah Severus, ancora una volta devo chiederti molto. – iniziò Silente mentre lo raggiungeva.

–Vorrei che tu tenessi d’occhio la signorina Prince, dopo questo improvviso cambiamento sarà abbastanza in ansia sapendo cosa l’attende. – aveva detto mentre insieme uscivano dall’ufficio. Il professor Piton si limitò ad annuire e si congedarono.

 

***

 

Catherine aveva trascorso tutto il pomeriggio in infermeria e non aveva avuto modo di parlare con i suoi amici e le sue amiche. Dopo varie promesse, come ad esempio non affaticarsi troppo, aveva convinto Madama Chips a dimetterla almeno per l’ora di cena; voleva assolutamente parlare con Charlie, non voleva più raccontargli bugie e intendeva chiarire con il professor Piton. Catherine aveva trascorso il suo pomeriggio in modo molto monotono; era rimasta in infermeria sul suo letto a meditare su ciò che le era successo in quel periodo e non poteva fare a meno di sentirsi terribilmente ferita e incompresa. Non voleva apparire fragile, poiché Charlie si sarebbe preoccupato enormemente e non voleva nemmeno che Eliah provasse pena per lei. D’altro canto, Catherine conosceva bene le sue emozioni; si sentiva fragile e in quel momento più che mai. Inoltre non riusciva ad accettare la bestia che viveva in lei. In lei si erano formate in poco tempo troppe divergenze e non sapeva proprio da che parte dovesse stare o come comportarsi: e ciò l’affliggeva. Dopo un tempo che a Catherine parve indefinito, arrivò Madama Chips, che le ricordò che poteva raggiungere i suoi amici a cena, così Catherine, senza farselo ripetere due volte, si era rimessa la divisa scolastica e si diresse alla Sala Grande dove l’attendeva una cena coi fiocchi.

–Charlie! È tornata Catherine! – esclamò Michael Towler aspettando che Silente finisse i suoi annunci, perché sentiva il suo stomaco brontolare per la fame. Charlie, dal canto suo, si era alzato in piedi non appena l’aveva vista e Catherine gli corse tra le braccia lasciandosi abbracciare.

–Oddio sei viva! Dove sei stata ? Non farlo mai più, ti prego! – le aveva sussurrato all’orecchio stringendola forte a sé, come per capacitarsi del fatto che lei era tra le sue braccia e stava bene. Catherine arrossì e annuì timidamente, poi si sedettero alla tavolata e Charlie l’aggiornò su ciò che si era persa del discorso; ma a quanto pare Silente non era ancora arrivato ai grandi annunci. Successivamente, però, la professoressa McGranitt aveva richiamato l’attenzione; questa volta doveva trattarsi di una cosa seria perché ora sembrava che Silente si fosse fatto più serio e pensieroso.

–Sono molto desolato di dovervi comunicare che quest’anno ad Hogwarts, non si svolgerà il campionato di Quidditch. – dalla Sala si levò un boato e molti fischi. Tutti si chiedevano cosa poteva essere successo per annullare del tutto il campionato. Charlie, a quella notizia, si era quasi soffocato con il succo di zucca e aveva preso a sbraitare, chiedendo spiegazioni.

–Quest’anno Hogwarts ospiterà un evento leggendario; il 150esimo Torneo di Mëlyn. Ora per quelli di voi che non lo sanno il Torneo di Mëlyn chiama a raccolta otto rappresentanti; due, un ragazzo e una ragazza, per ogni Casa per una serie di competizioni magiche. Voglio essere sincero con voi; queste gare sono estremamente pericolose, e fidatevi se ve lo dico. Chi è scelto dovrà contare solo sulle sue conoscenze . Ma trovo che sia meglio riparlarne a stomaco pieno. – aveva detto Silente facendo apparire il banchetto.

–Abbuffatevi – aveva detto infine Silente con un sorriso.

Catherine adocchiò subito la carne al sangue; dato che non aveva potuto cacciare carne umana, si sarebbe dovuta accontentare di quelle bistecche, ma poco importava perché lei era ancora ad Hogwarts e sapeva che Charlie non l’avrebbe mai abbandonata ed era grazie a questi pensieri che aveva deciso di rivelargli la verità.

–Charlie ti devo parlare, ma non qui. – gli aveva poi sussurrato mentre si gustava il dolce. Charlie stava per risponderle, ma fu interrotto nuovamente da un richiamo d’attenzione, lanciato probabilmente dalla professoressa McGranitt.

–Prima di raggiungere i vostri dormitori vi chiedo ancora un attimo di attenzione. – disse Silente.
Alcuni professori, durante la cena, avevano montato un piccolo rialzo davanti alla tavolata dei professori, dove sulla sommità vi era qualcosa di non definito. In quel momento, l’attenzione era massima, nessuno riusciva a spiccicare parola.

–Centocinquant’anni fa, uno studente di nome Arcturus Rosier, fondò un club dei duellanti. Rosier, era un tipo molto studioso e capace ed era convinto che gli studenti migliori meritassero una premiazione, un riconoscimento, per la loro diligenza. Così, dopo aver dato vita ad una serie di prove magiche, che ovviamente vinse, fu proclamato Principe delle Case. Per questo motivo, dopo la sua morte, divenne tradizione dare luogo a questo Torneo, che subì varie mutazioni. – spiegò la professoressa McGranitt. Catherine si guardò attorno sempre più eccitata dall’idea che finalmente ad Hogwarts succedeva qualcosa di straordinariamente importante. Non si fece scappare nemmeno una sillaba.

–Gloria, attende colui che vince questo torneo. –  disse Silente mentre sfiorava l’oggetto coperto da un lenzuolo, che all’apparenza dimostrava almeno cent’anni. Silente, afferrò il lenzuolo e scoprì l’oggetto: era una fontana. Catherine ne aveva vista una simile a Londra, era simile a quella dove gli uccellini andavano a bere. Era alta più o meno un metro e mezzo, non era ben definito il materiale di cui era fatta, ma era di un color bianco puro. Dentro, vi era una sostanza allo stato non definibile: era un misto tra gassoso e liquido, quasi come se fosse fumo o vapore, che scendeva quasi fino a terra, ma non toccava mai il fondo. Catherine, come del resto tutti in quella sala, era spiazzata.

–Questa è la fontana di Bruinen; ha poteri molto speciali, ha il compito di nominare gli otto campioni al torneo e definire le sfide. Per motivi di sicurezza, noi e il Ministero della Magia, abbiamo convenuto che potranno partecipare solo gli studenti di età non inferiore ai quattordici anni. Ma non voglio rivelarvi troppo, chiunque desideri partecipare, dovrà trovare autonomamente il modo di candidarsi entro il fine settimana. E ora hop hop, tutti a nanna.– disse con tranquillità e dolcezza Silente.

***

Catherine, era di ritorno dai sotterranei: ci era andata perché riteneva giusto dover chiarire la situazione con il professor Piton, ma non era riuscita nel suo intento, così era ritornata nella sala comune di Grifondoro, dove l’attendeva Charlie, un po’ assonnato che sedeva davanti al caminetto.

–Allora, com’è andata con Piton ? – chiese Charlie con un tono dolce, facendole posto accanto a lui. Catherine si sedette sfinita e alzò lo sguardo incrociandolo con quello dell’amico.

–Non l’ho trovato. – disse delusa mentre appoggiava il capo sulla spalla del rosso. Charlie era del tutto sorpreso di quel gesto, ma di certo non gli dispiaceva, così ne approfittò per abbracciarla.

–Cosa dovevi dirmi prima ? – chiese innocentemente. A quella domanda, Catherine sussultò, ma poi si ricordò i buoni propositi di non raccontargli più bugie.

–Charlie, sei il mio migliore amico, non posso andare avanti a dirti bugie. – aveva incominciato Catherine, mentre Charlie si faceva serio. Catherine avrebbe giurato su qualsiasi cosa a lei più caro, che Charlie aveva assunto, per una frazione di secondo, un’espressione addolorata. Poggiò nuovamente il capo sulla spalla e dopo essersi torturata il labbro inferiore parlò nuovamente.

–Io non volevo mentirti, ma non è facile. Charlie, io sono la ragazza aggredita da un lupo mannaro. Sono, ecco, credo … una di loro. Intendo, un lupo mannaro. – aveva sussurrato.

In realtà non sapeva bene quale reazione aspettarsi, ma sicuramente non avrebbe retto ad un altro abbandono, non da Charlie. Lo sentì boccheggiare per un po’, poi si era zittito. Quel silenzio cominciava a pesare e l’ansia si faceva spazio in Catherine, che aveva già gli occhi lucidi.

–Ecco, beh, ti capisco se non vuoi più parlarmi …– aveva cominciato a farneticare Catherine presa da un attacco di ansia. Non riusciva realmente ad accettare la cosa; non l’avrebbe mai fatto di quel passo. Charlie, che sembrava essersi risvegliato dai suoi pensieri, la tirò a sé e l’abbracciò. Non era molto bravo con le parole e sperava, in tutta sincerità, che Catherine capisse quanto in realtà ci tenesse a lei, anche se non glielo diceva esplicitamente.

–Basta che mi prometti che non proverai a farmi diventare la tua cena e per me va bene. – disse Charlie ridendo. Non era molto bravo in cose dolci, ma sapeva sdrammatizzare. Catherine, felice come non mai, lo abbracciò forte senza riuscire a spiccicare parola. Annuì e abbozzò un piccolo sorriso. Poi, si fece tardi e decisero di andare a riposarsi.

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: roseenrot