A
Shewolf
―
Capitolo #4 ―
Il
professor Piton, dopo essere stato disarmato da una sua stessa alunna
del sesto
anno, rimase per qualche secondo con lo sguardo più
minaccioso che gli si
poteva scorgere in viso fisso sull’uscio, dove qualche attimo
prima una
Catherine Prince terrorizzata era corsa fuori dall’aula e i
suoi lunghi capelli
rossi, che solitamente le ricadevano lungo la schiena, in quel momento
le
svolazzavano di qua e di là. Quando si riprese, le sue gambe
scattarono
all’inseguimento, ma non c’era più
traccia della ragazza, che ormai era ben
lontana dai sotterranei. In realtà Catherine era ben lontana
dalle mura
inespugnabili di Hogwarts. Quella notte i suoi peggiori timori si erano
avverati. Il professor Piton perlustrò anche la zona esterna
del castello
insieme alla professoressa McGranitt, direttrice della casa di
Grifondoro, ma
non la trovarono. Piton era furibondo: non avrebbe permesso che una sua
alunna
si facesse beffe di lui in quel modo. Stanchi e carichi di
preoccupazioni i due
professori tornarono ai loro alloggi, anche se trovarono ben poca
quiete.
***
La
mattina successiva non poche persone vicine a Catherine si accorsero
della sua
assenza, ma avevano pensato che doveva essersi svegliata di buon grado
per
studiare, anche se in quella mattinata si sarebbe svolta una lezione
pratica di
Cura delle Creature Magiche, tenuta dal professor Kettleburn. I ragazzi
non
ebbero notizie di Catherine nemmeno a colazione: sembrava proprio che
fosse
scomparsa. Charlie e il resto del gruppo si diressero, quindi, verso
l’aula di
Cura delle Creature Magiche.
–Chissà
dove si sarà cacciata Catherine, lo sapete quanto ci tiene a
presentarsi in
orario! – aveva detto Annie, la ragazza dai capelli biondi
con gli occhi tanto
azzurri quanto i non-ti-scordar-di-me, accanto a Charlie Weasley.
Quest’ultimo
si guardava attorno cercando di individuare la chioma rosso fuoco
dell’amica,
che però non riuscì ad individuare in quella
folla. Raggiunsero l’aula dove il
professore fece l’appello: Catherine risultava
definitivamente assente. Il
professore spiegò loro di alcune nuove creature e poi
decise, finalmente, di
deliziare i suoi studenti con una lezione pratica nei pressi della
foresta
proibita. La classe si stava dirigendo verso l’uscita, quando
il professor
Kettleburn s’imbatté nei direttori delle case di
Grifondoro e di Serpeverde,
che parevano alquanto turbati. La cosa più incredibile era
vederli cooperare,
insomma quel giorno tutto era così insolito; Catherine
spariva e puntualmente i
due professori più severi cooperavano fra loro. Il professor
Kettleburn si
fermò a parlare con il professor Piton e la professoressa
McGranitt.
–Oh
buongiorno Minerva! Ah, salve Severus! – aveva detto lui gaio
mentre li
osservava. Anche il professore di Cura delle Creature Magiche trovava
un po’
buffo vederli così uniti per una causa ed era molto curioso
di sapere di che
cosa si trattasse.
–Qual
buon vento vi porta quaggiù ? – aveva domandato
loro con una vena curiosa.
–Oh
professor Kettleburn, stavamo giusto cercando lei! – aveva
iniziato la
professoressa McGranitt.
–Sappiamo
che la signorina Prince ha lezione con Lei, possiamo parlarle un
momento ? –
continuò gentilmente mentre scrutava severamente il
gruppetto di Grifondoro; la
maggior parte delle ragazze si scambiava pettegolezzi di ogni genere,
mentre
solo una piccola parte di quella classe era seduta in disparte e
sembrava del
tutto immersa in una fitta discussione; al centro vi erano Weasley e
Towler, ma
stranamente il trio del cuore, quella mattina, non era al completo.
–Oh
lo farei certamente Minerva, ma la signorina Prince oggi è
assente! Pensavo ne
fossi al corrente in quanto direttrice della sua Casa.–
constatò dispiaciuto,
poi li congedò non disponendo di tempo sufficiente per
intrattenersi nella
discussione e con gli studenti si diresse verso i margini della Foresta
Proibita.
Nel frattempo Piton e la McGranitt erano rimasti sull’uscio
cercando di fare il
punto della situazione.
–Quella
sciocca ragazzina … Ma aspetta e vedrai Minerva,
dovrà saltare fuori prima o
poi! – diceva ancora adirato il professore, mentre con uno
sguardo truce perlustrava
ogni centimetro del luogo che lo circondava. Non voleva ammetterlo ma
infondo
anche lui era terribilmente preoccupato.
–Oh
Severus, sono sicura che la signorina Prince ha avuto i suoi validi
motivi per
assumere un tale comportamento. Non puoi negare che sia
un’allieva modello e
trovo che sia lodevole pensare prima alla salute altrui, piuttosto che
alla
propria. Ad ogni modo, dobbiamo sentire la sua versione. –
aveva detto
severamente la professoressa McGranitt, anche se le scappava un sorriso
pensando che una piccola Grifondoro aveva disarmato il professor Piton,
che
quando Serpeverde aveva più punti non faceva altro che
ricordarglielo.
***
Nel
frattempo, nei pressi del lago nero, giaceva il corpo inerme di
Catherine
Prince che aveva passato una notte raccapricciante; probabilmente la
notte
peggiore di quella trascorsa in estate con Fenrir Greyback. I suoi
abiti, o al
meno ciò che ne restava, erano stati fatti a brandelli e
Catherine non aveva
certamente una bella cera. La sua pelle pallida quanto candida era
messa in
risalto da piccole ferite arrossate e ancora un poco sanguinanti,
sparse per
tutto il corpo, eccetto il viso che presentava solamente alcuni graffi
e una
piccola ferita sul labbro inferiore.
In
quella fresca mattinata, i primi raggi del sole
s’infiltravano tra i rami
degl’alberi, e facevano un poco di luce in quella fitta
selva. Piccoli spiragli
raggiunsero il candido viso di Catherine, che poco dopo si
svegliò indolenzita
e spaesata. Le ci vollero più istanti per ricordare quanto
successo durante la
notte, e avrebbe certamente preferito non rammentare. Indolenzita
s’incamminò
lentamente verso il castello, mentre di tanto in tanto barcollava, ed
era
perciò costretta a sostare per qualche secondo. Si guardava
attorno e si
chiedeva per quale motivo si fosse addentrata così tanto
nella foresta. Ad un
tratto, vide delle luci nella capanna di Hagrid, il guardiacaccia di
Hogwarts.
Catherine, che gli era affezionata, decise di fargli visita,
approfittandone un
pochino per concedersi una sosta. Bussò alla porta e attese
finché il guardiacaccia
non le aprì.
–Buongiorno
Hagrid! Tutto bene ? – aveva detto lei ansante mentre seguiva
il guardiacaccia
che con un tono preoccupato l’aveva invitata a sedersi nella
sua capanna.
–Ciao
Catherine, beh non c’è male a parte il fatto che
le mie zucche non sono ancora
cresciute come dovrebbero. Ma dimmi, cosa ti è successo?
Guardati! Dovresti
essere a lezione, no ? – rispose, mentre la
incalzò con quel “no” a raccontare
qualcosa che si prospettava avvincente.
–Be’
ecco, in realtà dovrei essere a Cura delle Creature Magiche
… ma penso che io
sia già stata espulsa. – aveva iniziato lei mentre
si guardava intorno.
Catherine passava molto tempo da Hagrid, che le insegnava molte cose
sulle
creature, e amava osservare i cambiamenti di quella capanna.
–Tu
? Espulsa? Sei una strega brillante non possono espellerti! –
aveva enunciato
Hagrid intento a preparare del tè.
–Ieri
ero in punizione da Piton ma l’ho dovuto disarmare e sono
scappata nella
foresta. Ma Hagrid, credimi, io l’ho dovuto fare, era
necessario! – raccontò
boccheggiando mentre aggiungeva dello zucchero nella sua tazza di
tè. Dal canto
suo Hagrid, che le aveva ricordato che Piton era un suo professore,
cercava di
capire per quale motivo si fosse rivelato necessario disarmarlo.
Catherine, che
sembrava avergli letto nel pensiero, aggiunse che sarebbe stato meglio
non
saperlo. A suo avviso, sarebbe stato orribile doverlo raccontare, ma
Hagrid
insistette tanto che Catherine cedette e riluttante iniziò
quella che doveva
essere una confessione. Aveva iniziato a raccontargli dello scontro con
Greyback e del suo periodo di ricovero al San Mungo e ciò
che aveva provato
inizialmente nell’ufficio del professor Piton ma poi si era
bloccata; non
sapeva come continuare. Si fece coraggio e proseguì con il
suo racconto.
–Era
una sensazione strana, mi sentivo formicolare tutto il corpo e sentivo
di tanto
in tanto delle fitte atroci. Ma ciò che mi
spaventò di più è stata
l’attrazione
per la carne umana; Hagrid, tu non puoi capire, il professor Piton
sarebbe
diventato il mio dessert! Così l’ho disarmato e
sono scappata nella foresta … –
continuò, mentre Hagrid si faceva pensieroso. Catherine
aveva pensato che
spiegando indirettamente ciò che lei effettivamente era
avrebbe portato la
soluzione ad Hagrid, ma così non era, perché
quest’ultimo sembrava non fare
quel collegamento che avrebbe risparmiato a Catherine quel peso.
–Hagrid,
lo sai in quale fase lunare eravamo ieri ? – chiese
incalzante, non voleva
dirlo, non voleva che le parole le urlassero a gran voce ciò
che era diventata.
Prima che Hagrid, però, potesse rispondere, Catherine
rispose per lui e lo
guardò impaurita.
–Sono
un lupo mannaro, Hagrid, è orribile! – disse
tristemente mentre non riuscì a
controllare le sue emozioni e alcune lacrime le percorsero il viso e la
gola le
bruciava un poco.
Hagrid
era spiazzato per quanto potesse esserlo, poiché era
attratto dalle creature
magiche, specialmente quelle pericolose, e non era poi tanto
sconfortato da
quel fatto, ma tentò comunque in modo grossolano di
rincuorarla. Poi si offrì
per accompagnarla dalla professoressa McGranitt e dal Preside,
così dopo aver
finito il tè, Hagrid prese in braccio Catherine che era
ancora tanto dolorante
e non riusciva a smettere di crogiolarsi in quei pensieri infelici.
Quando
arrivarono nei pressi del castello, Catherine gli disse che se la
sentiva di
proseguire da sola, così congedò e
ringraziò il guardiacaccia, che rimase
ancora per qualche istante a controllarla, poi tornò alla
sua capanna. Catherine,
dolorante e singhiozzante, entrò nel castello reggendosi in
piedi grazie
all’equilibrio e la stabilità che il contatto con
la parete le davano.
Catherine aveva già percorso una buona parte del corridoio
del pian terreno,
quando una voce glaciale alle sue spalle la obbligò a
fermarsi.
–Ah!
Prince, eccoti qui! – aveva esclamato vittorioso il professor
Piton che l’aveva
afferrata per il polso con una presa salda e l’aveva
obbligata a voltarsi; ma
Catherine barcollò e si ritrovò in ginocchio.
Alzò lo sguardo e lo guardò
implorante per la prima volta in sei anni. Quel sorriso vittorioso
dipinto su
quel viso scarno, a poco a poco, si spense e il volto del professor
Piton
divenne tetro e visibilmente preoccupato. Ma non riuscì ad
aggiungere altro
perché la professoressa McGranitt l’aveva
raggiunto e aveva sussurrato un
“Severus, io sono di ritorno dalla foresta proibita ma non
l’ho trovata”. Poi
si era bloccata alla vista che le si era parata davanti.
–Severus!
Cosa stai facendo ? – disse raggiungendoli e aiutando
Catherine a rialzarsi. La
professoressa McGranitt lo guardò con uno sguardo di
rimprovero.
–Per
quanto tu possa essere in collera, sono in dovere di ricordarti che qui
ad
Hogwarts non è permessa né tollerata la violenza
come metodo di punizione. –
aveva sussurrato severamente. Poi visibilmente preoccupata volse lo
sguardo su
Catherine, che aveva un aspetto moribondo. Contrariamente a quello che
aveva
pensato, Catherine fu portata dal preside, Albus Silente, invece che in
infermeria. Il professor Piton aveva insistito tanto a portarla
direttamente
dal preside, e la professoressa McGranitt aveva dovuto cedere. Quando
entrò
nell’ufficio del preside, Catherine ne rimase colpita; era
arredato in modo
molto insolito; vi erano molti oggetti e tutti molto particolari, ma
poi fu
riportata alla realtà dalla voce dolce del preside che
pareva tranquillo.
–Minerva
non sarebbe stato meglio portarla in infermeria ? – aveva
chiesto mentre
scrutava un poco preoccupato la ragazza che aveva uno sguardo assente.
–L’avrei
fatto certamente Albus, ma il professor Piton ha insistito tanto per
condurla
qui. – disse la professoressa McGranitt, mentre faceva sedere
Catherine su una
poltroncina. Solo dopo alcuni istanti Catherine si accorse della
presenza dei
suoi familiari. Per quanto la sua pelle fosse già pallida,
in quel momento quel
lieve rossore sulle gote pareva essere scomparso.
–Catherine–
iniziò il professor Silente, ritenendo che un
“Signorina Prince” sarebbe stato
troppo duro in quella situazione già di per sé
tesa e fragile.
–Io
e i tuoi genitori abbiamo già discusso di ciò che
è avvenuto in quest’ultimo
periodo e io non penso che verrai espulsa da Hogwarts, ma questa
decisione
spetta alla professoressa McGranitt, direttrice della casa di
Grifondoro. –
proseguì con un tono rincuorante e un sorriso mentre lo
sguardo del professor
Piton, che si era irrigidito, si faceva sempre più truce.
–Beh
io ecco, allora inizio a preparare i bagagli … –
disse tristemente sapendo
quanto fosse severa la professoressa McGranitt.
–Signorina
Prince, cosa sta dicendo ? – chiese turbata la professoressa.
–Be’
lei mi espellerà, suppongo … – aveva
sussurrato guardando fuori dalla finestra.
–Oh
signorina Prince, io non credo proprio, non oggi! – disse
abbozzando un
sorriso.
Catherine
era del tutto colpita e guardava incredula la professoressa e poi il
preside,
Albus Silente.
–C’è
qualcosa che desideri dirmi? – aveva pronunciato il preside,
mentre si
sistemava i suoi occhiali a mezzaluna. Catherine che fino a quel
momento pareva
aver perso l’uso della parola si tuffò a capofitto
in quel triste racconto.
–Professor
Silente, è stato necessario! Io non volevo far del male al
professor Piton. –
iniziò ansante mentre raccontò ciò che
aveva raccontato ad Hagrid, il
guardiacaccia.
–Sono
un lupo mannaro, credo. – aveva sussurrato incerta guardando
i volti
sconcertati dei presenti.
–Insomma
… non ne sono molto sicura, a me pare di essere solamente un
lupo; in effetti
non posso esserne certa, di quella notte non ricordo molto dopo che
Greyback mi
ha inflitto la maledizione Cruciatus. – spiegò
adagio, come se stesse cercando
una risposta nella sua stessa risposta.
–E
cosa ti fa pensare di essere “solo un lupo” ?
– aveva perciò domandato Piton
incerto, dopo una lunga pausa di riflessione, dove non aveva spiccicato
parola.
–Be’
al terzo anno, Lei stesso professore, ha chiesto a Charlie Weasley a
proposito
dei upi mannari e di una pozione in particolare, la Pozione Antilupo,
ricorda ?
– chiese Catherine retoricamente, e senza aspettare una sua
risposta, continuò
la sua spiegazione.
–Così
ho preso appunti e in alcuni non mi ritrovo esattamente, ad esempio; ho
un muso
normale, invece i lupi mannari hanno il muso leggermente allungato e la
mia
coda non è a ciuffo e poi sono decisamente di piccola taglia
rispetto a quella
di Fenrir Greyback. O almeno, questo è quello che sono
riuscita a scorgere nel Lago
Nero ieri notte.– concluse guardando il professor Piton, che
aveva
un’espressione di totale disgusto dipinta sul volto.
–Eccellente!
Severus dovresti essere molto fiero dei tuoi alunni! Ora credo che la
signorina
Prince abbia bisogno un po’ di tregua, Minerva per favore
puoi accompagnarla in
infermeria ? – chiese tranquillamente Silente mentre con uno
sguardo la
congedava e la professoressa McGranitt li condusse, come richiesto da
Silente,
in infermeria, dove Madama Chips si prese cura di Catherine.
–Ah
Severus, ancora una volta devo chiederti molto. –
iniziò Silente mentre lo
raggiungeva.
–Vorrei
che tu tenessi d’occhio la signorina Prince, dopo questo
improvviso cambiamento
sarà abbastanza in ansia sapendo cosa l’attende.
– aveva detto mentre insieme
uscivano dall’ufficio. Il professor Piton si
limitò ad annuire e si
congedarono.
***
Catherine
aveva trascorso tutto il pomeriggio in infermeria e non aveva avuto
modo di
parlare con i suoi amici e le sue amiche. Dopo varie promesse, come ad
esempio
non affaticarsi troppo, aveva convinto Madama Chips a dimetterla almeno
per
l’ora di cena; voleva assolutamente parlare con Charlie, non
voleva più
raccontargli bugie e intendeva chiarire con il professor Piton.
Catherine aveva
trascorso il suo pomeriggio in modo molto monotono; era rimasta in
infermeria
sul suo letto a meditare su ciò che le era successo in quel
periodo e non
poteva fare a meno di sentirsi terribilmente ferita e incompresa. Non
voleva
apparire fragile, poiché Charlie si sarebbe preoccupato
enormemente e non
voleva nemmeno che Eliah provasse pena per lei. D’altro
canto, Catherine
conosceva bene le sue emozioni; si sentiva fragile e in quel momento
più che
mai. Inoltre non riusciva ad accettare la bestia che viveva in lei. In
lei si
erano formate in poco tempo troppe divergenze e non sapeva proprio da
che parte
dovesse stare o come comportarsi: e ciò
l’affliggeva. Dopo un tempo che a
Catherine parve indefinito, arrivò Madama Chips, che le
ricordò che poteva
raggiungere i suoi amici a cena, così Catherine, senza
farselo ripetere due
volte, si era rimessa la divisa scolastica e si diresse alla Sala
Grande dove
l’attendeva una cena coi fiocchi.
–Charlie!
È tornata Catherine! – esclamò Michael
Towler aspettando che Silente finisse i
suoi annunci, perché sentiva il suo stomaco brontolare per
la fame. Charlie,
dal canto suo, si era alzato in piedi non appena l’aveva
vista e Catherine gli corse
tra le braccia lasciandosi abbracciare.
–Oddio
sei viva! Dove sei stata ? Non farlo mai più, ti prego!
– le aveva sussurrato
all’orecchio stringendola forte a sé, come per
capacitarsi del fatto che lei
era tra le sue braccia e stava bene. Catherine arrossì e
annuì timidamente, poi
si sedettero alla tavolata e Charlie l’aggiornò su
ciò che si era persa del
discorso; ma a quanto pare Silente non era ancora arrivato ai grandi
annunci.
Successivamente, però, la professoressa McGranitt aveva
richiamato l’attenzione;
questa volta doveva trattarsi di una cosa seria perché ora
sembrava che Silente
si fosse fatto più serio e pensieroso.
–Sono
molto desolato di dovervi comunicare che quest’anno ad
Hogwarts, non si
svolgerà il campionato di Quidditch. – dalla Sala
si levò un boato e molti
fischi. Tutti si chiedevano cosa poteva essere successo per annullare
del tutto
il campionato. Charlie, a quella notizia, si era quasi soffocato con il
succo
di zucca e aveva preso a sbraitare, chiedendo spiegazioni.
–Quest’anno
Hogwarts ospiterà un evento leggendario; il 150esimo Torneo
di Mëlyn. Ora per
quelli di voi che non lo sanno il Torneo di Mëlyn chiama a
raccolta otto
rappresentanti; due, un ragazzo e una ragazza, per ogni Casa per una
serie di
competizioni magiche. Voglio essere sincero con voi; queste gare sono
estremamente pericolose, e fidatevi se ve lo dico. Chi è
scelto dovrà contare
solo sulle sue conoscenze . Ma trovo che sia meglio riparlarne a
stomaco pieno.
– aveva detto Silente facendo apparire il banchetto.
–Abbuffatevi
– aveva detto infine Silente con un sorriso.
Catherine
adocchiò subito la carne al sangue; dato che non aveva
potuto cacciare carne
umana, si sarebbe dovuta accontentare di quelle bistecche, ma poco
importava
perché lei era ancora ad Hogwarts e sapeva che Charlie non
l’avrebbe mai
abbandonata ed era grazie a questi pensieri che aveva deciso di
rivelargli la
verità.
–Charlie
ti devo parlare, ma non qui. – gli aveva poi sussurrato
mentre si gustava il
dolce. Charlie stava per risponderle, ma fu interrotto nuovamente da un
richiamo d’attenzione, lanciato probabilmente dalla
professoressa McGranitt.
–Prima
di raggiungere i vostri dormitori vi chiedo ancora un attimo di
attenzione. –
disse Silente.
Alcuni professori, durante la cena, avevano montato un piccolo rialzo
davanti
alla tavolata dei professori, dove sulla sommità vi era
qualcosa di non
definito. In quel momento, l’attenzione era massima, nessuno
riusciva a
spiccicare parola.
–Centocinquant’anni
fa, uno studente di nome Arcturus Rosier, fondò un club dei
duellanti. Rosier,
era un tipo molto studioso e capace ed era convinto che gli studenti
migliori
meritassero una premiazione, un riconoscimento, per la loro diligenza.
Così,
dopo aver dato vita ad una serie di prove magiche, che ovviamente
vinse, fu
proclamato Principe delle Case. Per questo motivo, dopo la sua morte,
divenne
tradizione dare luogo a questo Torneo, che subì varie
mutazioni. – spiegò la
professoressa McGranitt. Catherine si guardò attorno sempre
più eccitata
dall’idea che finalmente ad Hogwarts succedeva qualcosa di
straordinariamente
importante. Non si fece scappare nemmeno una sillaba.
–Gloria,
attende colui che vince questo torneo. –
disse Silente mentre sfiorava l’oggetto coperto
da un lenzuolo, che
all’apparenza dimostrava almeno cent’anni. Silente,
afferrò il lenzuolo e
scoprì l’oggetto: era una fontana. Catherine ne
aveva vista una simile a
Londra, era simile a quella dove gli uccellini andavano a bere. Era
alta più o
meno un metro e mezzo, non era ben definito il materiale di cui era
fatta, ma
era di un color bianco puro. Dentro, vi era una sostanza allo stato non
definibile: era un misto tra gassoso e liquido, quasi come se fosse
fumo o
vapore, che scendeva quasi fino a terra, ma non toccava mai il fondo.
Catherine, come del resto tutti in quella sala, era spiazzata.
–Questa
è la fontana di Bruinen; ha poteri molto speciali, ha il
compito di nominare
gli otto campioni al torneo e definire le sfide. Per motivi di
sicurezza, noi e
il Ministero della Magia, abbiamo convenuto che potranno partecipare
solo gli
studenti di età non inferiore ai quattordici anni. Ma non
voglio rivelarvi
troppo, chiunque desideri partecipare, dovrà trovare
autonomamente il modo di
candidarsi entro il fine settimana. E ora hop hop, tutti a
nanna.– disse con tranquillità
e dolcezza Silente.
***
Catherine,
era di ritorno dai sotterranei: ci era andata perché
riteneva giusto dover
chiarire la situazione con il professor Piton, ma non era riuscita nel
suo
intento, così era ritornata nella sala comune di Grifondoro,
dove l’attendeva
Charlie, un po’ assonnato che sedeva davanti al caminetto.
–Allora,
com’è andata con Piton ? – chiese
Charlie con un tono dolce, facendole posto
accanto a lui. Catherine si sedette sfinita e alzò lo
sguardo incrociandolo con
quello dell’amico.
–Non
l’ho trovato. – disse delusa mentre appoggiava il
capo sulla spalla del rosso.
Charlie era del tutto sorpreso di quel gesto, ma di certo non gli
dispiaceva,
così ne approfittò per abbracciarla.
–Cosa
dovevi dirmi prima ? – chiese innocentemente. A quella
domanda, Catherine
sussultò, ma poi si ricordò i buoni propositi di
non raccontargli più bugie.
–Charlie,
sei il mio migliore amico, non posso andare avanti a dirti bugie.
– aveva
incominciato Catherine, mentre Charlie si faceva serio. Catherine
avrebbe
giurato su qualsiasi cosa a lei più caro, che Charlie aveva
assunto, per una
frazione di secondo, un’espressione addolorata.
Poggiò nuovamente il capo sulla
spalla e dopo essersi torturata il labbro inferiore parlò
nuovamente.
–Io
non volevo mentirti, ma non è facile. Charlie, io sono la
ragazza aggredita da
un lupo mannaro. Sono, ecco, credo … una di loro. Intendo,
un lupo mannaro. –
aveva sussurrato.
In
realtà non sapeva bene quale reazione aspettarsi, ma
sicuramente non avrebbe
retto ad un altro abbandono, non da Charlie. Lo sentì
boccheggiare per un po’,
poi si era zittito. Quel silenzio cominciava a pesare e
l’ansia si faceva
spazio in Catherine, che aveva già gli occhi lucidi.
–Ecco,
beh, ti capisco se non vuoi più parlarmi
…– aveva cominciato a farneticare
Catherine presa da un attacco di ansia. Non riusciva realmente ad
accettare la
cosa; non l’avrebbe mai fatto di quel passo. Charlie, che
sembrava essersi
risvegliato dai suoi pensieri, la tirò a sé e
l’abbracciò. Non era molto bravo
con le parole e sperava, in tutta sincerità, che Catherine
capisse quanto in
realtà ci tenesse a lei, anche se non glielo diceva
esplicitamente.
–Basta
che mi prometti che non proverai a farmi diventare la tua cena e per me
va
bene. – disse Charlie ridendo. Non era molto bravo in cose
dolci, ma sapeva
sdrammatizzare. Catherine, felice come non mai, lo abbracciò
forte senza
riuscire a spiccicare parola. Annuì e abbozzò un
piccolo sorriso. Poi, si fece
tardi e decisero di andare a riposarsi.