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Autore: Jerry93    21/06/2011    11 recensioni
Lunga è la via per la redenzione. Sofferenza, dubbi, odio. Gioia, certezze, amore. Hermione e Draco. You and Me.
"Lo Slytherin alzò un sopracciglio. Lei arrossì.
-Posso baciarti?-
Il sorriso che si aprì sulla sua bocca fu il più bello che Hermione avesse mai visto.
Gioioso, gentile, grato.
-Accomodati- le rispose, come ad invitarla ad entrare in una casa in cui, da tempo, aveva lasciato le sue valige.
Soddisfatto, solare, semplice.
Lei si alzò sulle punta dei piedi, così da poter essere alla sua altezza.
Dolce, desideroso, destabilizzato.
Cercò, improvvisamente spaesata, il contatto con le sue mani. Lui gliele fece trovare subito.
Le loro dita si intrecciarono in un nodo indissolubile.
Afrodisiaco, ansioso, attratto.
Hermione si sporse, instabile sul suo appoggio improvvisato.
Posò la sua bocca su quella di lui.
Indeciso, impressionato, innamorato."

[Chapter 12, Abstinence and Satisfy]
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger, Il trio protagonista, Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: Missing Moments, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7, Da VI libro alternativo
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Becoming Us'
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Chapter seventeen, Some Chords, the Ivy and a White Rose

Alla fine, l’informatore di Ginny aveva perso il suo anonimato. Tra i Gryffindor, colei che più si stupì, togliendo questo velo di mistero dall’identità della famigerata spia, fu Hermione. Perché mai avrebbe creduto che quella timida coetanea della rossa, appartenente ai Ravenclaw, potesse essere in grado di tallonare, senza farsi scoprire, un proprio compagno accusato d’essere un Mangiamorte. Eppure, nonostante quel sorriso titubante e quegli occhi insicuri celati dalle lenti di un paio d’occhiali, Denise Millay si era dimostrata ben più che adatta al suo compito. Ogni giorno, a dieci minuti dalla mezzanotte, un piccolo gufo diligente beccava il vetro della finestra di Ron e gli consegnava una lettera, all’interno della quale, vergate con una grafia minuziosa, stavano parole che descrivevano, ora per ora, come Marcus Belby si comportava all’interno del proprio dormitorio. Il compito di Ronald, poi, era quello di smistare le informazioni di cui entrava in possesso tra tutti coloro che erano stati informati dell’ormai certa doppia identità di Belby. Il Weasley era stato scelto per questo compito in quanto, come ogni Prefetto, aveva a disposizione una camera singola e, quindi, aveva la possibilità di agire indisturbato.

Iniziava, così, un lungo processo di cui Ron non era che l’iniziatore.

Uscito dalla propria stanza, doveva percorrere il breve corridoio che lo separava da quella di Hermione, tenuta, in quel periodo, sotto stretta sorveglianza. La ragazza, completamente sola solamente durante la notte, aveva ricevuto da Drew l’ordine di non aprire a nessuno senza una precedente annunciazione. Affinché l’efficienza di questa fosse massimizzata, i Gryffindor, su suggerimento di Harry, avevano rimesso in uso i galeoni fallaci che Hermione aveva incantato per l’Esercito di Silente l’anno prima. Ogni sera, verso le undici, una figura esterna alla casa dei Gryffindor e dei Ravenclaw, perfettamente incarnata nell’imperturbabile Zabini, sceglieva una particolare combinazione di tre cifre e la incideva, con la magia, sulla moneta di cui era stato messo in possesso. Con un semplice incantesimo, dunque, Ron doveva far comparire una scritta magica sulla superficie della porta della camera di Hermione e questa, finalmente, avrebbe potuto aprirgli.

Giunti a questo istante, la scena che si ripeteva tra i due era più o meno simile tutte le sere.

Fatto entrare il compagno, lei si buttava sul letto, sbuffava e se ne usciva con un “Quasi quasi chiedo il trasferimento ad Azkaban”.

Superato questo abituale scoramento dato dalla situazione e dalla grande sorveglianza che Hermione era costretta a sopportare, finalmente il viaggio di quella busta contenente le informazioni su Belby ricominciava.

La Granger, dopo aver letto il contenuto della missiva, eseguiva un incanto di Duplicazione, ben più semplice di quello con cui aveva raddoppiato le armature molto tempo prima, e Trasfigurava le buste in canarini, una delle magie che da sempre le riusciva meglio. Solitamente Ron, memore delle sue oramai antiche disavventure amorose, aspettava di vedere i pennuti uscire dalla finestra per riprendere fiato, decisamente più rilassato. Le due bestioline, cinguettando allegre, si dirigevano verso le proprie destinazioni, dove, una volta appollaiate sulla mano del ricevente, riassumevano il loro aspetto cartaceo. Dopo pochi battiti d’ala le strade dei due animali si separavano: il primo, con lenti moti circolari, risaliva la torre dove si trovavano i dormitori dei professori; il secondo, invece, dopo aver planato verso il Lago Nero, si intrufolava agile tra le sbarre di metallo di una finestra lasciata volutamente aperta e, dopo un tragitto buio e tortuoso nei sotterranei, raggiungeva l’ingresso del dormitorio Slytherin. Quest’ultimo, mentre l’altro veniva benignamente accolto da Drew, dovette sopportare l’ennesimo improperio di Daphne, la quale, non essendo riconducibile ad Hermione in alcun modo, era sembrata a tutti la persona più adatta a quel ruolo. Tutti i suoi tentativi di ribellione erano stati sedati nel sangue e lei, dopo essersi maledetta per aver deciso di partecipare a quella follia, fu costretta, per due lunghissime settimane, ad attendere l’arrivo di quel dannato piccione viaggiatore, con tanti saluti al suo sonno ristoratore e alla pelle perfettamente liscia del suo viso. Impossessatasi della missiva, Daphne, congratulandosi con se stessa per non aver fatto arrosto il canarino, raggiungeva Draco e Blaise nella loro camera, il primo strepitante per la voglia d’avere nuove notizie e il secondo profondamente addormentato.

La perfetta efficienza notturna, dovette constatare Hermione suo malgrado, caratterizzò anche le ore diurne. I ragazzi erano riusciti ad organizzarsi, inglobando alla loro allegra comitiva anche Denise, in modo che lei, al di fuori delle ore in cui dava ripetizioni, fosse sempre controllata da due di loro. Capitarono così, allegri pomeriggi in compagnia di Ginny e Denise, o Harry e Ron, ma anche infinite ore trascorse ad osservare la Greengrass presa a limarsi le unghie e Zabini che, sonnecchiante, giocherellava con il Galeone falso, comportandosi all’insegna della discrezione. Fortunatamente, Drew aveva cominciato a prelevarla per le loro lezioni private e molte delle ore in cui lei non aveva trovato nessuno da aiutare con i compiti vedevano anche la presenza di Draco, il quale si era autonominato jolly della situazione, affermando d’essere disposto a tallonare Hermione per tutte le ore in cui era libero.

Per tutto l’ultimo pomeriggio, quello prima della festa al Lumaclub, i suoi secondini furono Ron e Denise. I due, dopo che il primo aveva deciso di non partecipare al party di Lumacorno, avevano deciso di sfruttare l’occasione al meglio, attuando una ben più rischiosa missione secondaria: intrufolarsi, durante l’assenza del proprietario, nella stanza di Belby.

L’idea era stata proposta dalla Millay stessa, non soddisfatta dell’eccellente lavoro da lei svolto come informatrice a causa delle numerose ore buie in cui Marcus si rintanava nella propria camera, a lei, nonostante i tentativi, non accessibile. Ron, che per orgoglio non aveva voluto accompagnare né i suoi amici né sua sorella al raduno dei piccoli talenti di quello squinternato del professore di Pozioni, aveva accettato di buon grado la possibilità di dimostrare la propria abilità.

I due, dopo che Drew aveva dato la propria approvazione, avevano cominciato a trascorrere moltissime ore assieme, confabulando piano e puntualizzando ogni più piccolo dettaglio, come stavano facendo in quell’istante. Il rigore di Denise, stranamente, sembrava aver contagiato anche Ron, il quale, nonostante interrompesse spesso la ragazza per proporre una “pausa spuntino”, non aveva mai prestato tanta attenzione neppure alla partita della finale del Campionato di Quidditch. Probabilmente, aveva supposto Hermione, osservandolo discretamente tra una pagina di Antiche Rune e l’altra, stava solamente cercando di tenere impegnata la testa per non pensare all’improvvisa separazione con Lavanda.

Mai avrebbe pensato che quell’oca di Lavanda potesse stancarsi di camminare per i corridoi tenendo a braccetto il Re Weasley, inaspettato talento della squadra dei Gryffindor, oramai vicino a raggiungere la fama del precedente portiere Oliver Baston. Eppure, così non era stato: lei, per un qualche motivo oscuro, lo aveva lasciato, senza soffrirne, senza ripensamenti. Ben presto, molte voci si sparsero tra i gruppetti di studenti appostati nel bel mezzo dei corridoi. Perché ad Hogwarts, era cosa risaputa, anche i muri sparlavano alle spalle degli studenti. I più ottimisti, sostenitori di questa strana coppia, sostenevano che la causa della rottura era stata una discussione su un argomento di poca importanza e che, presto, i due sarebbero ritornarti assieme. Altri, invece, più pessimisti, giuravano, a discapito della vita di parenti vicini e lontani, di aver sentito Ron urlare nei pressi della Foresta Proibita, mentre inveiva contro Lavanda criticandola aspramente per la sua condotta libertina. Hogwarts, in conclusione, aveva un’altra nuova prostituta.

Forse, dato che Lavanda aveva cambiato già ben tre fidanzati nelle ultime due settimane, tutte queste voci di corridoio non erano poi completamente infondate.

-Pronta per stasera?- le chiese improvvisamente Ronald, con un sorriso gentile sulle labbra.

Hermione, scuotendo piano la testa per scacciare via questi pensieri, rispose a quel gesto in modo altrettanto garbato.

-Sono pronta da settimane- aveva risposto sicura – voi?-

A rispondere, questa volta, era stata Denise, ben più loquace da quando era stata costretta a trascorrere molti pomeriggi con Hermione. Tra le due non vi era un’amicizia profonda come quella tra la Granger e Ginny, ma questa situazione molto particolare le aveva avvicinate, tanto da spingere la più giovane a chiedere il parere dell’altra a riguardo della “missione” che lei e Ron avevano deciso di intraprendere. Hermione, ben felice di aiutarla, si era prodigata per trovare le idee più utili e brillanti, ma, alla fine, non aveva fatto altro che riconoscere la superiorità di quelle proposte da Denise stessa. Perché una cosa sulla Millay, dopo una lunga osservazione, l’aveva capita: se quella ragazza si prendeva un incarico, questo non poteva che arrivare ad una rosea conclusione.

Nessun dettaglio era lasciato al caso e tutto veniva studiato con attenzione e migliorato continuamente fino al raggiungimento di un risultato il più vicino possibile alla perfezione. Hermione lo aveva capito da come la ragazza aveva organizzato il tutto, dall’accuratezza con cui prendeva le sue note su un piccolo blocco per gli appunti e da tutti gli incantesimi che aveva lanciato sullo stesso, affinché nessuno riuscisse a mettere le mani su quelle informazioni.

-Non lo si può essere mai a sufficienza- rispose Denise tranquilla – Ma stiamo valutando tutti i possibili imprevisti e, fino ad ora, non ne abbiamo trovato uno impossibile da superare-

Hermione sorrise ancora.

In fondo, sotto questo punto di vista, loro due si assomigliavano molto.

 

***

 

Quando Hermione era arrivata, lui le aveva sorriso. Gli si era accostata, poggiandosi a sua volta sul parapetto di quella piccola terrazza sulla sommità di una delle torre di Hogwarts, oramai diventato il luogo dei loro incontri.

Come al solito, il ragazzo fumava lasciando che il vento bruciasse una buona parte della sua sigaretta. Come al solito, riempiva ogni suo gesto con l’incredulità di chi non riesce a credere di aver ricevuto, finalmente, una ricompensa dalla vita. Eppure, quel giorno, era stranamente taciturno. Non una domanda su ciò che la ragazza aveva fatto durante la giornata, o su cosa aveva intenzione di fare. Solo il silenzio, da spartire con le loquaci pietre di quella torre.

-Pensieroso?- gli chiese Hermione, dopo alcuni istanti, maledicendosi subito per quella sua insaziabile curiosità.

Il ragazzo voltò la testa per guardarla ed annuì piano.

-Si tratta di profonde riflessioni filosofiche?- insistette la ragazza, avvicinandosi al corpo di lui, che continuava imperterrito a fissarla.

-No- rispose tranquillo Draco, con una maschera impassibile sul viso.

-Bugiardo- sentenziò la Gryffindor, appoggiando la testa sul pugno chiuso della mano destra e interrompendo il contatto con gli occhi plumbei di lui.

Le dita di Draco riacciuffarono immediatamente il suo mento, costringendo la ragazza a fissarlo.

-Saputella-

Le labbra di Hermione si erano già dischiuse, pronte a lanciare una violenta invettiva contro quello Slytherin, idiota e mentecatto, quando lo stesso se ne impossessò, zittendola. Lei sorrise sulla bocca di lui e, poi, ricambiò con trasporto.

-Bene, discorso chiuso. Cosa hai fatto oggi di interessante?- disse all’improvviso il Malfoy, interrompendo quel bacio troppo presto e beandosi dell’espressione di disappunto di Hermione, la quale, desiderosa di ottenere un’adeguata vendetta, mise il broncio e non gli rispose.

Purtroppo, il suo incontenibile desiderio di sapere la fece ritornare all’attacco.

-Facciamo un gioco, allora, stupido Malfoy – propose la ragazza – Tu fai una domanda a me e io ne faccio una a te. L’unica regola è che si deve rispondere in completa sincerità, anche se so che per uno come te è quasi impossibile … -

Quello, senza scomporsi minimente per la frecciatina della mora, alzò le spalle sbruffone conscio della reazione che ciò avrebbe causato in lei.

-Io so già tutto di te- le disse superbo.

Hermione lo squadrò dall’alto in basso e, dopo aver accettato la sua sfida, si lanciò in una scarica di domande.

-Quando sono nata?- disse, sperando di metterlo in crisi con la domanda più semplice che le venisse in mente.

-Banale, signorina Granger – le rispose l’altro, afferrandole tra il dito medio e l’indice una guancia e sminuendo, con quel gesto, la sua intelligenza e il suo orgoglio – Sei nata il 19 settembre 1979-

-Non cantare vittoria, era una domanda semplice- affermò subito lei, cominciando a riflettere sulla seguente – Qual è il mio secondo nome?-

Draco sbadigliò sonoramente, mandandola in escandescenza.

- Jean, come tua nonna-

-La mia materia preferita?- domandò. – Oserei dire tutte tranne Volo, viste le tue reazioni davanti ad una scopa, comunque tutti sanno che hai una certa predilezione per la materia più inutile di tutto il programma scolastico, ovvero Antiche Rune-

Maledizione! esclamò Hermione nella propria testa, pronta, oramai, a svelare i suoi segreti più oscuri, pur di zittire quella serpe.

-Tutta fortuna, Malfoy, tutta fortuna- lo schernì, prima ti pronunciare un’altra domanda – Come si chiama l’associazione che ho fondato per la difesa dei diritti degli elfi domestici?- disse sorridente, preannunciando, scorrettamente, un’imminente vittoria.

- C.R.E.P.A., un nome stupido per un progetto altrettanto stupido-

Punta sul vivo, Hermione perse il controllo sulla sua freddezza.

-Bene, Draco, allora saprai sicuramente anche con chi ho perso la verginità, vero?-

La rapidità con cui il ghigno spavaldo del ragazzo venne sostituito da un’espressione funerea fu memorabile: probabilmente se un Petardo Cinese gli avesse staccato di netto una gamba con un morso, sarebbe stato più felice.

-Chi è stato?- le chiese con un filo di voce, impreparato all’accettazione di una notizia così sconvolgente.

Hermione, trionfante, si godette il suo istante di gloria.

-È per caso una domanda, Draco?- gli domandò divertita.

L’altro riprese immediatamente colore, raggiungendo una preoccupante tonalità bordeaux.

-Si, maledizione, è una domanda!- urlò.

La risposta si fece attendere. Lo Slytherin constatò, poco tempo dopo quella rivelazione, che quelli trascorsi ad attendere che Hermione si decidesse ad aprire bocca, furono gli istanti più lunghi della sua vita. Purtroppo, in seguito, dovette ricredersi.

-Con nessuno!- disse, infine, la Gryffindor allegra. Dopo un lungo sospiro, Draco ritornò alla sua solita imperturbabilità.

 

***

 

Quella stanza, senza Draco e Daphne, era vuota. Afferrò il pacchetto sgualcito di sigarette dal comodino, prendendone una. L’ennesima di troppo per quella giornata. Sua madre era stata chiara a riguardo: doveva smettere di fumare il prima possibile. La sua pelle, così, sarebbe rimasta giovane, i suoi capelli, tanto odiati da Daphne a causa del loro perenne disordine, non sarebbero caduti, lasciandolo stempiato a vent’anni, i suoi denti non sarebbero ingialliti e non avrebbero intaccato, quindi, il suo candido sorriso e la sua voce, infine, non si sarebbe incupita, rimanendo melodiosa come quella di suo padre.

Il signor Zabini, nella sua giovinezza, fu uno dei più importanti rampolli delle famiglie Purosangue. Un bellissimo uomo profondamente innamorato della persona sbagliata, il cui corpo, a pochi mesi dal matrimonio con sua madre, era stato ritrovato sul fondo di una piscina in un hotel babbano. Ad essere accusata fu Marilyn Stright, una giovane ragazza poco più che ventenne che faceva la donna delle pulizie nel suddetto albergo. Venne processata e reclusa in carcere. Morì suicida prima che la buona condotta le permettesse di allontanarsi da quelle sbarre di metallo troppo strette.

Nel frattempo, sua madre lo aveva partorito, si era risposata ed era rimasta vedova nuovamente. Uno dei serpenti che Victor, il secondo marito, accudiva era improvvisamente impazzito, mordendo il proprio padrone e causandone il decesso. La cosa, parve a molti sospetta. Eppure, alla fine, le finte lacrime di sua madre riuscirono ad incantare tutti coloro che dubitavano della moralità della sua condotta. Crebbe così, Blaise, cambiando padre con la stessa frequenza con cui la sua amata nonna gli regalava un bastone da passeggio adatto alla sua statura. Una volta cresciuto, però, fu proprio l’anziana signora, la quale non era mai stata consolata per l’improvvisa perdita del suo unico figlio, ad indirizzarlo verso la verità. Gli regalò una busta, contenente una lettera ingiallita dal tempo, che lei aveva trovato mentre, su richiesta della nuora, stava scegliendo quali ricordi tenere del giovane uomo a cui aveva dato la vita e che era deceduto prima di lei.

La grafia era elegante ma sobria e tutte le maiuscole erano rappresentate con un piccolo ricciolo iniziale. Blaise avrebbe detto, guardando per la prima volta quella missiva, che qualcuno aveva tentato di imitare il suo modo di scrivere, se non fosse stata per la firma con cui quel testo era stato concluso: Oscar Zabini, suo padre. Ciò che più lo colpì e che con molta probabilità era ciò che sua nonna sperava notasse, era il contenuto. Se chiudeva gli occhi, nel totale silenzio di una stanza vuota, poteva assistere ancora a quelle parole, che, come quel giorno in cui le lesse per la prima volta, si componevano nella sua mente, riempiendosi di significati, sentimenti e sensazioni. Cominciò quel giorno a crescere nella sua anima il risentimento verso colei che lo aveva partorito e poi privato di ciò che, ne era certo, sarebbe potuto essere l’uomo più importante della sua vita. Cominciò con quel “Cara Marilyn, solo guardandomi attorno la tua mancanza si fa soffocante”. Lei, la signorina Stright, colpita pur essendo innocente e suicidatasi sotto Imperius, in un mondo migliore avrebbe potuto essere sua madre.

Ma quel mondo idilliaco ed utopico era destinato a rimanere tale. Entrambi erano polvere e non avrebbero potuto essere altrimenti.

Chiunque, sua nonna per prima, avrebbe creduto che dopo una tale scoperta lui non volesse più vedere quell’assassina. Eppure, non fu così. Perché lei, l’edera che si era arrampicata tenacemente sui muri del suo castello, infiltrando le proprie radici nei piccoli solchi tra le pietre, era già entrata nella sua vita, trascinandosi gli enormi pesi di una sofferenza e di un coraggio che lui non avrebbe mai potuto provare od avere. La piccola Daphne Greengrass, che con la sua risolutezza si era insinuata nelle pieghe del suo animo, era diventata da subito un piccolo cucciolo da difendere, da proteggere, da amare.

E sebbene odiasse ammetterlo, se non fosse stato per sua madre, la quale aveva combinato il loro matrimonio, non la avrebbe mai potuta avere.

Blaise spense il mozzicone di sigaretta nel portacenere e, sistemato il cuscino dietro la testa, riprese a dormire.
La serata che li attendeva sarebbe stato molto lunga e lui aveva bisogno di essere al massimo delle sue energie.

 

***

 

Dire che la notizia di Hermione aveva risollevato l’umore di Draco era poco. Non fosse stato per quella solita maschera di distaccata freddezza, la Granger avrebbe persino potuto dire di aver scorto sulle labbra di lui quel sorriso, così lontano dal suo ghigno beffardo, di cui si era innamorata. Quell’espressione sincera, sfuggita dal controllo del Malfoy solo quella sera, sempre più lontana nel tempo ma ancora ben chiara nella mente di lei, dopo che era riuscita a dirgli cosa provava per lui.

Perché quelle due parole, quel “ti amo”, erano state una liberazione, il mettere un punto fermo alla fine di un periodo troppo lungo ed articolato.

-Perfetto, sarò il primo e l’ultimo- disse lui, impossessandosi immediatamente delle sue labbra.

Non c’erano né ironia né sarcasmo nella sua voce. Non stava scherzando, non più. Lei lo sapeva.

Si strinse a lui, accarezzandogli con una mano i capelli biondi e il collo e percorrendo con lei dita dell’altra la pelle della schiena di lui, nascosta sotto i vestiti.

-Non credo che tu saresti in grado di sopportami per tutta la vita … - rifletté, poi, ad alta voce la Gryffindor.

Lui si lasciò sfuggire un sorriso ironico.

-Mi faccia quella domanda, signorina Granger – disse immediatamente Draco, lasciandola momentaneamente confusa.

Lei, pronta a ciò che sapeva sarebbe stato difficile da sopportare, lo accontentò.

-A cosa stavi pensando, quando sono arrivata?-

- Pensavo a quando arriverà quel momento- rispose lui, distogliendo lo sguardo da lei, pur tenendola vicina – A quando capirai che io non sono la persona adatta a te, ricordando tutto ciò che ti ho fatto e riaffrontando le offese che ti ho arrecato per credi che, in quei tempi bui, sono stati la mia unica ancora di salvezza. A quando smetterai di combattere per me, per noi, e ritroverai la gioia data dagli abbracci di quegli amici che ti sono sempre stati vicini e che lo sono tuttora. A quando il mio passato, la mia famiglia e gli sguardi superbi dei Purosangue diverranno un peso eccessivo per essere sopportato e te ne andrai, portandoti via, con la tua valigia, anche la mia anima. Perché quelli come noi non posso convivere a lungo, perché la mia esistenza è il tuo dolore e la mia sofferenza è la tua vita-

Hermione rimase in silenzio, mentre lui si scostava da lei e si appoggiava al parapetto. Sotto di lui, quello che, molto lontano, era il suolo, era il vuoto nel suo spirito.

L’oblio, il caos, l’estrema quiete.

Lei lo imitò: non lo avrebbe mai lasciato solo davanti a quel baratro.

-Quella sera, quando la nostra amicizia è diventata qualcosa di più, ero al corrente di tutto ciò. Me l’aveva suggerito la fasciatura attorno alla tua mano, il tuo labbro sanguinante e quell’incantesimo Dissimulante che non hai ancora sciolto e che nasconde il Marchio sul tuo braccio sinistro. Sapevo già che non sei l’uomo perfetto, che con te dovrò combattere quotidianamente, che in momenti come questi avrei dovuto essere sincera. Era cosciente di tutto, ma non mi sono tirata indietro- aveva cominciato lei, guardando ad un passo oltre l’orizzonte – Perché l’ho fatto? Perché tu, per primo, mi hai accettata per quello che sono. Credi che non sappia quant’è insopportabile la mia cocciutaggine? Noi due, Draco, siamo scesi a patti molto tempo fa, perché entrambi vogliamo che l’amore tra principe e principessa resti nel libro delle favole- lei si fermò, attirata dalla sensazione d’essere osservata. Lui la guardava, in silenzio.

-Non ti prometto il “per sempre”, sai meglio di me che, al momento attuale, tu sei primo solo nel mio cuore e non nella mia mente. Tutte le mie forze sono impiegate per il raggiungimento di un unico obbiettivo: rendere innocuo Lord Voldemort. Morirò nel tentativo di farlo, se necessario-

Draco annuì. Si, lui sapeva.

-Promettimi che, quando tutto questo finirà, combatterai per noi-

Lui la capiva, come lei riusciva a comprendere lui, perché il patto che avevano suggellato tra loro era un accordo d’amore.

-Prometto-

Lo baciò, con più trasporto di prima. Perché anche senza aprire gli occhi sapeva che, sulle labbra di lui, che continuava a mordere e a rendere proprie, c’era quel bellissimo sorriso di cui era follemente innamorata.

 

***

 

Hermione, come tutti i pomeriggi verso le cinque, si stava dirigendo verso l’ufficio di Drew, per poi andare assieme verso la Stanza delle Necessità. Le lezioni di Magia Oscura tanto attese, alla fine, si erano dimostrate ben più faticose di quanto pensasse. Il ragazzo, infatti, non le concedeva neppure un attimo di riposo, continuando a pretendere da lei il massimo. Se non altro, visto l’appuntamento quotidiano, non aveva più libri dei più svariati argomenti da leggere.

Il professor Kennan aveva stabilito che, almeno per le prime lezioni, avrebbe imparato solamente come difendersi dagli incantesimi Neri, senza praticarli veramente. Sosteneva, infatti, che la Magia Oscura è un veleno in grado di diffondersi ad una velocità impensabile e da cui, prima di poterlo manovrare con leggerezza, si deve essere immuni. Le prime cose che le aveva insegnato, stranamente, non seguivano l’ordine che Hermione aveva pensato. Avevano cominciato subito con gli incanti per fermare le Maledizioni Senza Perdono, manifestazioni somme di questa branca della Magia.

Le lezioni, solitamente, erano puramente pratiche, se esclusa la breve spiegazione iniziale su ciò che avrebbero fatto. Molto diverse, dunque, da quelle totalmente teoriche a cui abituata.

Anche la locazione, tra l’altro, era cambiata. Non più il Reparto Segreto della Biblioteca di Rowena Ravenclaw, ma l’ampio stanzone dove l’anno prima avevano tenuto le lezioni dell’Esercito.

Un sottile velo di sudore le ricopriva la fronte, raccogliendosi in piccole gocce che le scendevano lungo il viso e il collo. Ansimava, stanca e provata. Stava piegata sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato e mantenendo il contatto visivo con gli occhi di Drew, che stringeva saldamente la bacchetta nella mano destra. Il ragazzo aveva gettato la giacca per terra e, dopo alcuni istanti di combattimento, aveva slacciato i bottoni più alti della camicia e quelli delle maniche. Nonostante facesse fatica ad inseguire Hermione in quel suo continuo fuggire, non sembrava essere stanco come la Gryffindor.

-Ogni volta che schivi un attacco, perdi la posizione di difesa e diventi vulnerabile. Conosci gli incantesimi di difesa adatti, usali!-

La Granger, cercando di trattenere il rapido alzarsi ed abbassarsi del petto, aveva tentato di rispondere aspra come avrebbe voluto, ma il risultato, a causa della fatica, fu piuttosto scadente.

-Come faccio a mettere in pratica un incantesimo così difficile di cui mi hai detto solamente la formula venti minuti fa?- aveva detto, sconvolta dal terrorismo psicologico che Drew stava attuando su di lei.

La risposta dell’altro non si fece attendere.

Un lampo verde si diresse verso di lei, la quale riuscì a schivarlo buttandosi a destra e rovinando al suolo. Un ampia bruciatura sul suo maglione preferito portava il segno di quella magia: l’Anatema che Uccide.

-Sei o no la strega più promettente di tutta Hogwarts?- disse ironico Drew, mentre si preparava a lanciare un’altra Maledizione Senza Perdono.

Dopo aver compianto per alcuni istanti cruciali la propria felpa, Hermione la fece Evanescere, restando solamente con la comoda canottiera che saggiamente aveva deciso di indossare qualche ora prima. L’assenza di maniche le agevolava ogni movimento, rendendoglieli non solo più semplici, ma anche più rapidi.

Cercò di alzarsi in piedi, ma si fermò a metà del movimento, osservando l’ennesimo Imperius passarle a pochi centimetri dalla fronte. Una cosa era certa, Drew non scherzava più.

Cercò di trovare la concentrazione adatta a formulare uno degli incantesimi di Difesa contro le Arti Oscure Avanzata che il ragazzo le aveva elencato rapidamente all’inizio della lezione, ma la velocità con cui gli attacchi di lui si susseguivano le impediva di ragionare, obbligandola a limitarsi a continui salti verso il pavimento.

Cercando di non far insospettire Drew, cominciò a girargli attorno, sperando di riuscire ad avere uno degli specchi appesi alla parete dietro le spalle.

Come se potesse leggerle nella mente, quello lanciò un Incantesimo Sonoro contro la superficie riflettente, la quale non resse l’urto e si infranse.

-Devi tenere le tue difese mentali alte, se non vuoi che il tuo avversario penetri nella tua testa- le spiegò il professor Kennan – Comunque, una bella strategia, quella di mandarmi al tappeto con un mio incantesimo-

Obbedì, coprendo i suoi pensieri nel miglior modo possibile, sebbene fosse ancora una principiante nell’Occlumanzia.

In seguito, cominciò a guardarsi attorno, sperando di avere un’illuminazione su una strategia che le permettesse di sopravvivere almeno ad ancora un paio d’attacchi magici, così che potesse avere il tempo per cercare di ricordare perlomeno un incanto.

Il suo avversario approfittò immediatamente di questa sua breve distrazione.

- Crucio!-

La Maledizione la colpì in pieno.

Il dolore, bruciante ed insopportabile, le piegò la ginocchia, facendola finire a terra, preda di convulsioni. Dopo pochi istanti che le parvero infiniti, Drew spezzò l’incantesimo, lasciandola dolorante ma viva.

-Tutto bene?- le chiese, ironico.

Hermione non gli rispose.

-Avanti, alzati- le ordinò poco dopo.

La Granger, tenendo gli occhi chiusi per il dolore, fece leva sulle braccia e, seppur traballante, si rimise in piedi.

-Pronta?- le domandò Drew, accompagnando quella richiesta con l’ennesimo Anatema che Uccide.

La ragazza lo schivò per mera fortuna. Eppure, le parve che il suo avversario si stesse divertendo a non colpirla per prolungare più a lungo quella tortura. Si stava lasciando prendere dalla rabbia, accresciuta da tutti quei lividi che si era procurata cadendo.

Stava infrangendo la prima ed unica regola che ogni buon duellante non può non sapere: mantieni la calma, o morirai prima ancora di poter alzare la bacchetta.

In un impeto di lucidità lo capì e cercò di regolarizzare la propria respirazione, così da poter essere più lucida.

Il polso del ragazzo si mosse ancora, puntando dritto verso il cuore di lei. Hermione vide distintamente la luce verde avvicinarsi e quelle due parole, che tanto aveva cercato, comporsi nella sua mente. Stese in avanti il braccio rapida e pronunciò l’incanto in grado di salvarle la vita.

- Protego Horribilis!-

Una barriera sferica, fumosa come un leggero banco di nebbia, si sviluppò attorno al suo corpo, impedendo all’Avada Kedavra di colpirla.

-Molto bene, Hermione!- esclamò Drew, che ricevette in cambio di quel complimento uno sguardo omicida – Devi lavorarci ancora, comunque, perché questa barriera, quando l’incantesimo è usato alla perfezione, è completamente invisibile-

Non appena il suo insegnante personale pronunciò queste parole, Hermione seppe cosa l’attendeva.

Evocò rapida la sua protezione, ancora biancastra, preparandosi a subire una scarica di Maledizioni che non tardò ad arrivare.

 

***

 

Riconobbe Ginny, la sua Ginny, fin dal bussare allegro sulla porta. Stranamente, quella sera era pronta prima di lui, che solitamente era costretto ad attendere sempre la propria fidanzata. Non appena le aprì, questa entrò tenendo stretta tra le mani una porzione della gonna del suo vestito scarlatto, perfettamente intonato con i suoi capelli rossi sciolti sulle spalle.

-Buonasera- gli disse sorridendo.

Harry rispose al saluto un po’ impacciato e rosso in viso.

-Sei bellissima- sussurrò, con voce gracchiante.

Questa, arrossando a sua volta, distolse lo sguardo.

-Grazie, anche se trovo tutto questa mania di Lumacorno piuttosto scomoda- rispose Ginny.

Lui le porse la mano e, dopo che questa gliel’afferrò, la condusse con fare eccessivamente elegante verso il proprio letto.

La rossa, dopo che si fu seduta, incrociò le gambe e posò entrambe le mani sulle ginocchia.

-Finalmente il Destino ha voluto che mi fosse fatta la grazia di incontrare un vero gentleman! Ahimè, al giorno d’oggi, purtroppo, sono pochi gli esponenti di tale ceto ancora in grado di prestare i propri servigi ad una nobildonna come me … - scherzò Ginny.

Harry, dopo essersi inginocchiato ai suoi piedi, si portò una mano sul cuore e parlò, giocando a sua volta.

-La prego, mia signora, non si dolga inutilmente e mi permetta, se ciò l’aggrada, d’esser io stasera il suo cavaliere durante le danze-

-Crede sia opportuno, per vossignoria, che la mia inadeguata persona l’accompagni a quest’evento, dove ci si aspetta che ogni nobile sia accompagnato dalla propria fidanzata?- gli domandò, fingendosi imbarazzata e portandosi elegantemente la mano alla bocca per palesare il suo stupore per tale proposta.

-Lo credo- rispose sicuro Harry.

-Non sono una sua preoccupazione, dunque, le malelingue che sulle nostre figure danzanti potrebbero agitare le bocche dei malparlanti?- insistette Ginny.

-Qual miglior morte potrebbe essere la mia, se mentre vengo assassinato ho l’onore di ballare con lei?-

Compiaciuta, la Weasley mise una definitiva conclusione a quella altolocata discussione.

-Se è pronto a prendersi codesto onere, suggelli il nostro accordo con un candido bacio-

Potter, alzatosi in piedi, l’aiutò a distendersi completamente sul letto e, poi, la baciò stringendola a sè.

 

-Avevo detto “candido”, Harry!- sbuffò Ginny, mentre si dirigeva verso lo specchio leggermente trafelata – Sembra quasi che abbia appena finito di duellare con un Ungaro Spinato!- concluse,  osservando il rossetto rosso sbavato.

-Credimi,- cominciò Harry, mentre si allacciava i bottoni della camicia – se ti fosse capitato veramente, non ne parleresti con questa leggerezza!-

La rossa estrasse la bacchetta dall’invisibile tasca, realizzata appositamente per contenere quell’oggetto, collocata lungo la coscia destra, mentre Potter cercava, con non poca fatica, di fare un bel nodo alla propria cravatta.

Perché una sola cosa aveva imparato da suo Zio Vernon e desiderava essere al altezza delle aspettative di quel Babbano almeno in questo caso.

-Passabile?- chiese alla fidanzata dopo un paio di tentativi non soddisfacenti.

Questa, concluso ciò che stava facendo, gli rispose.

-Ti darei un Eccezionale, ma sono di parte- disse sorridendogli – Io?-

Lui la scrutò con attenzione e le si avvicinò.

-Direi proprio di si-

Dopo un breve bacio, però, arrivò la fatidica domanda.

-Secondo te ci possiamo fidare degli Slytherin?- chiese Harry.

-Ho avuto modo di parlare molto con Daphne, durante queste ultime due settimane- cominciò Ginny – Il mio unico quesito è su Blaise, con cui è praticamente impossibile instaurare ogni tipo di discussione. Ma del resto, se la Greengrass e Malfoy si fidano di lui, perché non dovremmo farlo anche noi?-

Potter le diede ragione, confermando, comunque, che quella sera si sarebbe dedicato solamente alla sorveglianza di Hermione e Belby e ottenendo in ciò il pieno supporto della fidanzata.

Dopo aver invitato la rossa ad impossessarsi del proprio gomito, i due, spenta la luce della camera, si diressero verso l’ufficio di Lumacorno, dove anche questa volta si teneva la festa del Lumaclub.

 

***

 

Ancora una volta, il suo avambraccio era stretto tra il gomito e il corpo di Blaise. Tra quella bambola di pezza graziosa e la vera Daphne non vi era che un’unica sottile differenza: lo sguardo fiero e testardo, su quel volto da principessa delle fiabe, stonava in modo lampante. I suoi occhi verde scuro tenaci ed orgogliosi, infatti, non erano in grado di celare la verità, inculcata nella sua testa dalla violenza di un padre malato. Eppure, il suo sorriso gentile ed i suoi modi eleganti, nonostante la ferocia dell’evidenza, sembravano essere in grado di distrarre tutti gli ipocriti da inutili e false consolazioni. Forte di questa certezza, la ragazza si impegnava per recitare al meglio la propria parte, sperando che, alla fine dello spettacolo, la platea sarebbe esplosa in un applauso e avrebbe lanciato fiori recisi per elogiarla.

Aveva raccolto i morbidi capelli biondi sulla nuca, fermandoli con un nastro verde, emblema della sua Casa di appartenenza, così che chiunque notasse le linee aristocratiche del suo collo. Il trucco accurato del viso, poi, metteva in risalto i suoi occhi, rendendoli ancora più magnifici e fatali. Sapeva che nessuno, considerato l’abito bianco che esaltava le sue forme, avrebbe perso tempo per guardarle il viso, ma non le importava: lei doveva essere perfetta.

Continuava ad incedere fiancheggiando il suo fidanzato, scoprendo, ad ogni passo, le lunghe gambe e i piccoli piedi, calzanti, per l’occasione, vertiginose decolleté laccate di verde. Il profondo spacco del semplice vestito senza spalline, con estremo disappunto di Blaise, lasciava ben poco spazio all’immaginazione. Eppure, in lei non vi era nulla di volgare. I ragazzi si voltavano per ammirarla, le ragazze per sbrodolarsi in sciocchi pettegolezzi. Ma, come il suo fidanzato le aveva insegnato, tutto ciò le scivolava addosso, imperturbabile e fredda.

Lumacorno, non appena li vide, arrancò tra la folla distinta, scivolando come un serpente tra i fili d’erba.

- Blaise, mio caro, vedo con piacere che sei riuscito a liberarti dei tuoi impegni per partecipare alla mia festicciola- disse il professore, utilizzando il diminutivo solo per esaltare maggiormente il suo ricevimento pomposo.

-Come avrei potuto non venire, professor Lumacorno?- gli rispose affabile Blaise, le labbra tirate in un sorriso di circostanza.

-In effetti, la tua assenza sarebbe stata sicuramente evidente, visto che in questa sala sono riuniti alcuni dei più grandi talenti di tutta Hogwarts … - constatò superbo l’uomo, prima di rivolgersi, finalmente, a Daphne.

Con il dorso del dito indice, spinse verso l’alto il mento della ragazza, estasiato.

-Orecchini veramente splendidi, signorina Greengrass – commentò, prima di ritornare dai suoi ospiti dopo aver salutato con un inchino appena accennato Zabini.

Il professore di Pozioni si riferiva, evidentemente, ai pendenti che Blaise le aveva regalato a Natale. Oro bianco, con un piccolo smeraldo incastonato su ognuno. Un costoso accessorio inanimato che, però, in quella stanza contava più di lei. Lei, Daphne Greengrass, non meritava neppure d’essere salutata.

Brava a scuola, ma non un’eccellenza. Ricca, ma non ai vertici della società. Proveniente da una famiglia antica, si, ma ormai decaduta. Mediocre e, quindi, di relativa importanza. Solo un bel suppellettile per Blaise Zabini. Perché non poteva negarlo, quando lui le porgeva il braccio, attenendosi rigorosamente alle norme di comportamento di ogni gentiluomo, lo faceva come futuro marito.

Lei altro non era che una candida rosa bianca da mettere all’occhiello.

 

***

 

La stanza delle Necessità, quella sera, era mutata ancora. Da un paio di settimane, quello era il luogo che Denise e Ron avevano eletto a quartier generale. La loro richiesta, quella in base alla quale la Stanza si era modellata, era di avere un luogo sicuro in cui poter parlare e discutere indisturbati.

Aveva, dunque, assunto l’aspetto di un ampia stanza a base quadrata, caratterizzata da un arredamento spoglio e mutevole. Se uno dei due, per esempio, era affamato, compariva un’ampia tavolato colma di cibo di tutti i tipi.

Solo due cose, in quella stanza, non erano mai cambiate: l’ampio tavolo quadrato al centro dell’ambiente e i due stendardi appesi su due pareti vicine, l’uno raffigurante il Leone dei Gryffindor, l’altro il Corvo dei Ravenclaw.

-Abbiamo tutto?- chiese Denise per l’ultima volta.

Ron svuotò nuovamente lo zaino e, rimettendo gli oggetti all’interno dello stesso, li chiamava ad alta voce, così che la ragazza potesse spillarli dall’elenco che i due avevano accuratamente preparato.

-Perfetto, c’è tutto- concluse la ragazza, mentre si rifaceva la coda ai capelli – Indossa il Mantello Invisibile, non credo saresti ben accolto dai miei compagni-

 

***

 

Hermione fu una delle ultime ad entrare nell’ufficio di Lumacorno, per la prima volta nella sua vita in ritardo. Si sistemò lo scialle blu notte attorno alle spalle e, stringendo stretta la pochette abbinata e ampliata con la magia, all’interno della quale vi era solamente la sua bacchetta, sua unica difesa da un possibile attacco di Belby, varcò la soglia di quella stanza.

Inizialmente, il rumore, inatteso a causa dell’Incantesimo Insonorizzante lanciato sulle pareti, la stordì. Non appena ritorno in sé, però, mosse il primo passo in quella stanza.

Si guardò in giro, desiderosa di trovare i propri secondini, sebbene non avesse bisogno del loro aiuto.

I primi che individuò, grazie alla bellezza accecante di lei, furono Blaise e Daphne. Stavano abbracciati in un angolo, lei con la mano infilata sotto la giacca di lui, che intanto sembrava completamente preso da ciò che stava sorseggiando. Sapeva benissimo che nella tasca interna della giacca di Zabini vi erano le bacchette di entrambi, pronte per essere estratte ed utilizzate.

Poi fu il turno di Ginny ed Harry, meno appariscenti dell’altra coppia, ma comunque presenti e sicuramente più rassicuranti degli altri. Scherzavano tra loro, scambiandosi occhiate d’intesa non appena la videro entrare. Anche loro, nel caso in cui vi fosse stata la necessità, erano pronti ad intervenire.

In seguito, riconobbe Drew, il quale stava chiacchierando con Lumacorno, come qualsiasi invitato speciale ad una serata avrebbe fatto. Lo intratteneva con racconti sulle disavventure da lui vissute e incantandolo con elogi vuoti. Quegli occhi blu, Hermione ne era certa, avrebbero potuto imbrogliare chiunque. Il ragazzo gesticolava con le mani, ma la destra si dirigeva regolarmente verso la tasca dei pantaloni, dove solitamente Drew riponeva la propria bacchetta.

Infine incrociò lo sguardo rassicurante e fermo di Draco. Una mano dietro la schiena, l’altra stretta attorno ad un bicchiere da cui, in quell’istante, stava fingendo di bere. Gli sorrise e lui ricambiò.

Guardò dritta dinnanzi a sé e lo vide arrivare.

Il suo attuale fidanzato, con cui, nelle ultime settimane, si era limitata a brevi incontri sparuti, sotto la stretta sorveglianza di almeno uno dei bodyguard presenti in quella stanza.

Aveva pettinato in modo ordinato i capelli biondi e sbottonato un po’ la camicia, così da poter mettere in mostra i propri pettorali. Gli abiti che indossava aveva il fetore degli oggetti costosi e poco utilizzati.

Le si avvicinò e le diede un bacio garbato.

Le porse un calice pieno di vino e le sorrise.

Le passò un braccio attorno ai fianchi e la strinse a sé.

La recita aveva inizio.

Il sipario s’aprì e la protagonista, stretta nel suo abito blu, si recò verso la posizione che le spettava sul palco.


Note dell’Autore

Heilà! In ritardo cronico, lo so. Ahimè, non aggiorno da un secolo, ma l’ultimo periodo di scuola era veramente oberato di compiti ed interrogazioni (confido, comunque, che un giorno i professori saranno tutti in grado di organizzarsi, limitando al minimo le verifiche a giugno, periodo in cui è risaputo che i cervelli degli studenti sono già proiettati sulle vacanze) e, poi, mi sono ritrovato con la prima settimana di vacanza impegnata quasi totalmente nella lettura delle storie che hanno superato la selezione per il concorso indetto su Efp (ne approfitto per complimentarmi ancora con SweetTaiga, che sarà pubblicata). Aggiungeteci, infine, il compleanno di mia mamma e tre inaspettati giorni di festeggiamenti ed ecco che siete arrivati ad oggi.

Nell’ultimo periodo, comunque, non sono rimasto inattivo, anzi (e qualcuno di voi lo sa).

Ho pubblicato una one-shot sulla Caduta di Lucifero, argomento che mi ha sempre affascinato, pur essendo stato io in una delle mie vite passate un eretico condannato al rogo. Se per caso voleste leggerla, questo è (e si noti che ho imparato a fare i collegamenti ipertestuali XD) il link/titolo Do you remember, Father?.

Ma le novità non finiscono qui! Ho anche aperto una pagina Facebook dedicata alle mie storie, dove potrete reclamare aggiornamenti, insultare l’autore (ciò la mia persona), ascoltare le canzoni che ascolto io mentre scrivo (i miei gusti sono di dubbia credibilità) e avere qualche rara anticipazione sui capitoli.

Basta un “mi piace” e avrete tutto questa in un’imperdibile offerta! Accorrete numerosi, signore e signori!

Ok, fine dello spot pubblicitario, ecco il link: Jerry93's Stories

Sperando che i link funzionino (ne dubito fortemente, visto il sussidio di cui ho avuto bisogno durante la realizzazione della pagina Facebook), vi lascio ai vostri impicci!

Grazie di cuore a tutti: a chi legge, ricorda, segue, preferisce e soprattutto recensisce!

E non dimenticatevi di commentare XD!

A presto,

Jerry

P.S.: la scuola è finita, quindi mi impegno pubblicamente ad aggiornare con una frequenza maggiore!!! Ah si, svolte in arrivo ad Hogwarts …

   
 
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