Nick
dell’autore: Koishan
Sokujo.
Titolo: La scatola dei sogni.
Tipologia: one-shot.
Lunghezza: 4591.
Genere: introspettivo, sentimentale, sovrannaturale.
Avvertimenti:
shoujo-ai.
Rating: giallo.
Credits: nessuno.
Note dell'autore: questa storia è uno spin-off di
una short-fiction che ho
scritto tempo addietro. Può essere tranquillamente letta in
maniera
indipendente in quanto, Izumi e Shigehito, non sono i protagonisti
della
storia. L’elemento sovrannaturale è tenue ma
comunque presente.
Introduzione alla storia: Mi ritrovo di fronte
a quella piccola
casetta malandata che ha contenuto tutti i miei sogni, le mie speranze
e il
mio amore.
La scatola dei sogni…
La scatola dei sogni
I
petali
iniziano a cadere lentamente, segno che la primavera è alle
porte. E’ strano
camminare sotto questa fitta pioggia confettata. Sembra quasi di
trovarsi su un
sentiero distaccato dal mondo esterno. Sa di magia ed è
davvero molto bello.
Quante
volte ho percorso questa stessa strada, da ragazzina? Così
tante volte che mi è
impossibile ricordare.
Il rumore dei miei tacchi che colpiscono
qualcosa mi
risveglia dal mio stato di trans. Una ghianda, ecco cosa ho pestato.
Sorrido
ripensando a cosa essa significhi per me. Riprendo tranquillamente la
mia
marcia, dando ogni tanto un’occhiata in giro. Non
perché temi di veder sbucare
un’animale selvatico, ma semplicemente voglio assicurarmi che
nessuno sia nei
paraggi del mio “posto segreto”.
Mi
fermo
all’improvviso e un sorriso nasce spontaneo dalle mie labbra.
Sono arrivata. Anzi,
sarebbe più corretto dire: sono
“ritornata”.
Mi
ritrovo di fronte a quella piccola cassetta malandata
che ha contenuto tutti i miei sogni, le mie speranze ed il mio amore.
La
scatola dei sogni…
16
Aprile, Anno 2001
Era la seconda settimana di aprile. La
scuola era iniziata da soli quindici giorni e già non ne
potevo più. Non ho mai
avuto grandi aspettative dalla vita, né una vera voglia di stare su
questa
terra, semplicemente mi limitavo ad esistere. Per me, il mondo esterno
non
aveva senso. Era il mondo dei miei pensieri il vero centro della mia
esistenza
e in quanto tale vivevo solo per esso. Poco mi sarebbe importato se un
meteorite fosse caduto ed avrebbe devastato la città. Non
c’era niente per cui
valesse la pena di vivere, nessuno.
Tutto cambiò quando incontrai Kaori.
Ero uscita prima e mi ero diretta sulla
collina che affacciava sulla città. Non era particolarmente
fertile per questo era
semi abbandonata e poche persone ci andavano. In pratica, nessuno
sapeva cosa
esattamente ci fosse nascosto tra i suoi alberi. Meglio per me, nessuno
avrebbe
mai scoperto il mio segreto.
Camminavo lenta e tranquilla permettendo
al vento di scuotere la treccia in cui avevo legato i miei capelli
castano
chiaro. Erano ricci e molto mossi, se per una ragazza era motivo di
vanto, per
me erano solo un fastidio. Tutti dicevano che i miei occhi erano un
castano
talmente chiaro da sembrare ambrati, che sciocchezza. Nel fisico ero
nella
media, non ero grassa ma neppure troppo magra. Pelle chiara ma non
pallida. Una
ragazza assolutamente ordinaria. Niente di speciale, ma io ero felice
così.
Essere fuori dagli schemi, per me, voleva dire attirare attenzioni che
non avevo
mai gradito.
Proseguii la mia consueta passeggiata
quando udii una lieve risata. Mi bloccai sorpresa. Non vi era mai stata
anima
viva lì, da quel che ricordavo. Il riso proveniva dalla
parte ovest del
boschetto, vicino al fiume. Curiosa di sapere chi mai potesse essere,
mi ci
diressi senza alcuna fretta. Male che andava sarei ritornata sui miei
passi.
Giunsi vicino alla sponda destra del corso d’acqua, e fu
allora che la vidi per
la prima volta.
Ricordo i lunghi capelli neri lasciati
sciolti vittime del vento. Stava giocando con non so cosa e, quando
feci per
avvicinarmi, calpestai una ghianda provocando un piccolo rumore che la
portò a
girarsi. Notai due grandi occhi castano scuro coperti da un paio
d’occhiali
ancor più grandi. La pelle era molto chiara, per non parlare
delle braccia
sottili, segno che non godeva di una buona salute. Rimanemmo a fissarci
per non
so quanto tempo, fino a quando lei non mi sorrise e mi parlò
per la prima
volta.
<< Vuoi aiutarmi? >>
all’inizio non capii poi, quando indicò un punto
preciso accanto a lei, vidi
una piccola volpe bagnata. << E’ caduta in
acqua ed ora sto cercando di
asciugarla. Ti va di aiutarmi? >> non so ancora per quale
motivo, ma
scesi dal piccolo sentiero per andarle incontro. Mi accostai ai due e,
mentre
io tenevo a bada il piccolo animale, lei lo asciugava.
<< Cosa ci fai qui? >>
non
riuscii ad impedirmi di domandarle. Sapevo che era scortese da parte
mia, ma
non mi andava che qualcun altro bazzicasse in quel posto. Lei non
sembrava
essersela presa a male e continuando la sua opera mi rispose:
<< Stavo facendo una passeggiata e,
per caso, ho sentito questa piccolina lamentarsi. Sono corsa qui e
l’ho trovata
aggrappata disperatamente ad un rametto. >> appena ebbe
terminato
accarezzò la testa dell’animale e con uno strano
sorriso proseguì: << Lei
vuole vivere, è evidente. >>
<< Capisco. >> fu tutto
quello
che riuscii a dire in quel momento. Non sapevo perché, ma
quella sconosciuta mi
provocava strane sensazioni. La cosa mi lasciava perplessa, anche
perché
l’avevo appena incontrata.
<< Io mi chiamo Kaori, Haruno
Kaori. Piacere. >> allungò una mano sempre
sorridente e, dopo qualche
secondo d’indecisione, feci altrettanto.
<< Aki Kaze. >> le
strinsi la
sua e non potei fare a meno di notare quanto fosse delicata e pallida.
Il suo
polso sembrava veramente sottile. “Questa ragazza non sta
affatto bene.”, fu l’unica
cosa che pensai all’epoca. Non potevo nemmeno immaginare
quanto avrei sofferto
per questo. << Ora devo andare. >> non
avevo voglia di trattenermi
un minuto di più. Ero già abbastanza in ritardo
coi tempi.
<< Te ne vai già?
>> sembrava
delusa, forse in cuor suo sperava che le facessi un po’ di
compagnia. Peccato
che allora fossi troppo egoista per preoccuparmi dei sentimenti altrui.
<< Si, ho da fare. >>
mi
alzai e feci dietrofront senza neppure aspettare una sua risposta, che
comunque
arrivò.
<< Domani sarò qui alla
stessa ora.
Mi piacerebbe rivederti. >>
<< Non credo di poter venire.
>>
<< Allora dopodomani. >>
<< Non posso lo stesso.
>>
<< Allora ti aspetterò
ancora.
>>
<< Fa come vuoi. >> le
dissi
più colpita dalla sua determinazione che per vero fastidio.
Me la lasciai alle
spalle diretta verso l’unico posto al mondo dove riuscissi a
sentirmi davvero
bene.
Il
vento è
davvero una benedizione in questa stagione. Mi permette di respirare
appieno il
profumo dei fiori, della terra, del cielo… il suo
profumo.
La
casetta ha un
aspetto decisamente più umano rispetto a come la ricordo io.
Ci sono più
colori, meno legno marcio e decisamente più luce. Si,
qualcuno deve essersi
occupato di lei in questi anni…
21
Aprile, Anno 2001
Passarono cinque giorni dal nostro primo
incontro e non mi presi mai la briga di scendere sino al fiume per
vedere se
quella ragazza fosse ancora lì ad aspettarmi. Semplicemente
poco m’importava.
Lasciai che le cose proseguissero da sole, almeno fino a sabato.
Era stato bel tempo tutta la settimana ma
quel giorno decise di piovere. Essendo il week end ero uscita prima da
scuola
quindi mi trovavo nella mia scatola dei sogni già da prima
di pranzo. Quando la
pioggia iniziò a scendere stavo mettendo in rodine delle
cose. Senza un vero
motivo mi affacciai e, senza volerlo, pensai a Kaori. Quella ragazza
non godeva
chiaramente di buona salute, quindi era ovvio che non dovesse
assolutamente
stare tropo tempo al freddo. Pensai d’infischiarmene ma,
quando la pioggia si
trasformò in una tempesta, presi il mio ombrello e uscii
senza pensare.
Qualcosa dentro di me mi diceva che era
ancora li. E purtroppo non mi sbagliai. Si era rifugiata sotto un
albero e
stringeva le braccia al petto tremando per il freddo. Indossava un
pesante capotto
ma sotto di esso vi era solo una specie di camicia da notte.
<< Santo cielo, ma quale persona se
ne va in giro in camicia da notte? >> corsi per i pochi
metri che ancora
ci separavano e quando lei mi vide sorrise raggiante.
<< Sei venuta! Finalmente, sono
cinque giorni che aspetto. >>
<< Guarda che se non era per la
pioggia non sarei mai venuta qui. Tieni. >> le diedi il
mio ombrello e
nel giro di dieci secondi ero completamente fradicia. Di portarla a
casa mia
non se ne parlava, quindi la condussi nell’unico posto
possibile: la scatola
dei sogni. La presi per mano e correndo ci avviamo per il sentiero.
Kaori fece
molta fatica a starmi dietro per cui fui costretta a rallentare
inzuppandomi
del tutto.
<< Che posto è?
>> mi chiese
poco prima che aprissi la porta e la facessi entrare.
<< La mia seconda e vera casa.
>> si guardò attorno stupita mentre io mettevo
su il tè e prendevo dei
vestiti puliti. Le indicai il bagno dandole gli abiti asciutti. La
stanza era
provvista solo di un wc e un lavandino, ma fortunatamente non serviva
altro.
<< E’ davvero bellissima.
>>
le sentii dire dall’altro lato della camera.
<< E’ la mia scatola dei
sogni.
Ritieniti onorata di essere qui, non ci ho mai portato nessuno.
>> presi
due tazzine dal mobiletto di legno accanto al fornello che fungeva
anche da
cucinino.
<< Ti sono molto grata di questo.
>> disse dopo essere uscita dal bagno ed aver indossato
la tuta che le avevo
dato. Intanto continuava a guardarsi attorno. Non era una reggia e
neppure una
vera casa. Più che altro una stanza con svariate
cianfrusaglie utili per vivere
li un paio di giorni. La cosa che più saltava
all’occhio era la parete destra
interamente occupata da una libreria piena di libri vecchi. In un
armadio a
muro vi erano coperte per un futon e dei vestiti mai usati da nessuno.
Al
centro della stanza regnava un tavolino basso e, sulla parte ovest, un
altro
mobiletto con ogni sorta di oggetti. Era strano a dirsi, ma
lì c’era tutto il
mio mondo.
<< Questo è il mio mondo.
>> sentii
il bisogno di dare voce al mio pensiero e subito dopo me ne pentii.
Come avrebbe
potuto lei capire cosa provavo io?
Probabilmente doveva essere cresciuta nell’affetto degli
altri, non poteva
essere altrimenti per una creatura così buona.
<< Ti capisco. >> mi
disse
invece, anche se io ne dubitai. << Ognuno di noi cerca a
questo mondo un
posto dove poter stare solo con se stesso. Qualcosa di unicamente tuo,
dove
puoi vivere come vuoi, con chi vuoi. >> mi
guardò così intensamente negli
occhi che mi ritrovai ad arrossire. << Sei molto
fortunata ad averlo
trovato. >>
<< Lo so. >> forse ero
stata
più scorbutica del dovuto ma era il solo modo che conoscevo
per difendermi.
<< Vuoi dei biscotti? >> le chiesi quasi
per scusarmi. Mi accomodai
al tavolino aspettando che Kaori si decidesse a fare altrettanto.
<< Si, grazie. >>
addentai
una di quelle delizie al cioccolato e, dopo averla osservata di
sottecchi per
un po’, mi decisi a porle la domanda che da molto mi
assillava.
<< Tu… >>
alzò lo sguardo
curioso verso di me. << Sei malata, non è
vero? >> sussultò
lievemente di fronte al quesito postole. Poggio il biscotto e si
pulì le
briciole che ancora erano sulle sue labbra. Rimasi quasi incanta di
fronte a
quel semplice gesto, chiedendomi se la sua bocca sapesse di cioccolato,
ma
soprattutto se fosse morbida come sembrava. Stranamente,, questo
pensiero non
mi scosse ne mi spaventò. Non mi ero mai reputata normale,
ma nemmeno strana.
Una coi gusti che vuole, insomma.
<< Hai indovinato. >>
aveva
ripreso a sorridere eppure vi era una certa tristezza nel suo sguardo.
Era un
misto di consapevolezza e rassegnazione. << Sono nata con
un problema al
cervello. Da piccola mi hanno sottoposto a svariate terapie e sembrava
che la
cosa funzionasse. Purtroppo, il mio fisico non risponde più
alle cure. Il dottore
ha detto che col passere del tempo il mio cervello inizierà
a vacillare e
quindi non sarò più in grado ne di intendere, ne
di volere. In pratica, non
riconoscerò nessuno. >>
<< Mi dispiace. >> le
mie non
erano solo parole di circostanza, mi dispiaceva davvero per lei. Pensai
che
doveva essere orribile non aver alcun controllo sul proprio futuro e su
se
stessi.
<< Ormai sono rassegnata alla mia
sorte. Per questo ci tenevo a trascorrere un po’ di tempo con
me stessa,
memorizzando quei piccoli particolari della vita che mi sono sempre
sfuggiti
per colpa del mio male. >> bevve un sorso della bevanda
in assoluta
tranquillità, parlare del suo tragico futuro non la
preoccupava più del dovuto.
<< Tu hai un sogno? >>
<< Eh? >> la domanda mi
colse
talmente di sorpresa che non capii cosa volesse da me. Un
sogno… non ci avevo
mai pensato con vera serietà. << Si e no.
Tanti e nessuno. So cosa vorrei
fare ma non ho la forza per combattere. >> ammisi in un
moto di totale
sincerità.
<< Davvero? >> era
stupita,
curiosa, ma non vi era alcuna ombra di compatimento nei suoi occhi.
Gliene fui
grata, non sopportavo di suscitare la pietà altrui.
<< Io ne ho uno
preciso. Lo vuoi sapere? >> annui presa dalla sua foga.
Doveva essere
qualcosa di molto importante perché le sue guance da pallide
che erano
divennero rosate e gli occhi le brillarono di gioia. <<
Io voglio…
>> un forte tuono scosse il cielo ma riuscii comunque a
capire le sue
parole.
<< Buon per te. >>
rimasi
incantata a rimirare la pioggia. Mi piaceva stare in silenzio e udire
unicamente il ticchettio dell’acqua che scendeva rapida dal
cielo. << Se
vuoi, tu… >>
<< Si? >>
<< Puoi venire qui tutte le volte
che vuoi. A patto che tu non lo dica a nessuno. >>
<< Davvero? Ti ringrazio!
>>
sembrava davvero felice, così come io ero stupita di me
stessa. Avevo giurato
che nessuno avrebbe mai varcato quella soglia, che nessuno avrebbe
contagiato
il mio mondo fatto di illusioni. Non era più così.
La
vita è
davvero strana. Per anni avevo vissuto nella convinzione che non mi
sarei mossa
da qui per nessun motivo. Che non mi sarei mai innamorata. Non sono mai
stata
un tipo che addita e giudica gli altri. Ognuno deve vivere la propria
felicità
come meglio crede, purché questo non significhi calpestare
quella degli altri.
Le
parole hanno
tanti significati eppure noi ci limitiamo a vedere solo la superficie,
mai a
scavare a fondo.
4
Giugno, Anno 2001
Era il primo lunedì di Giugno. Quel
pomeriggio ero andata a prendere Kaori giù al fiume, come al
solito. In quel
mese mi aveva raccontato tante cose. Di quando aveva iniziato a sentire
i primi
sintomi, dei suoi ricoveri, le sue innumerevoli operazioni, i suoi
progetti.
Sembrava incredibile eppure lei ne aveva tanti di sogni, proprio come
me. Solo
che, a differenza mia, lei combatteva per cercare di realizzarli. Io
no. Mi
limitavo a portarli nella mia scatola e cullarmi con essi al suo
interno.
<< A cosa stai pensando?
>>
mi chiese mentre si girava verso di me. Eravamo entrambe stese per
terra a
contemplare il soffitto ed a mangiare granita. Vi era un bella
frescura. Il
calore del sole penetrava dalla finestra permettendo di riscaldare
l’ambiente
ma senza alcuna nota afosa. Una giornata perfetta, insomma.
<< A due miei compagni di classe.
>>
<< Chi? >>
<< Un ragazzo di nome Murakami
Shigehito
e una ragazza, Kawazoe Izumi. Lei fa l’esorcista, lui invece
lavora come suo
assistente. Strana coppia. >>
<< Invece sono fantastici.
>>
la guardai senza capire.
<< Izumi è una mia vecchia
amica,
quindi conosco entrambi. >> mi disse rispondendo alla mia
muta domanda.
<< Ah, ecco. Comunque li ho
incontrati mentre stavo per uscire da scuola. >> era
più corretto dire “scontrati”.
<< Stavo scendendo le scale quando ho messo un piede in
fallo e sono
scivolata. Qualcuno mi ha afferrato la mano e voltandomi ho visto
Murakami
davanti a me. Mi ha chiesto se stavo bene, ma la cosa che mi ha
sorpreso è che
sembrava sinceramente preoccupato. Appena mi sono allontanata da lui ho
incontrato Izumi che mi ha chiesto la stessa cosa. Pensando che si
riferisse
alla storia delle scale gli ho risposto “bene”.
Stranamente non aveva l’aria
convinta. >>
<< Sono tuoi amici. >>
esalò
tutto d’un tratto.
<< Io non ho amici. >>
specificai con più acidità del previsto.
<< A parte te. >> ci tenni
a precisare.
<< E’ questo che sono?
Un’amica?
>> chiese quasi con una punta di delusione nella voce.
<< Credo di si. >> le
rispose
non capendo la domanda. Non era nelle mie intenzioni offenderla o
rattristarla.
<< Posso baciarti? >>
mi
chiese di punto in bianco. Rimasi stupita per qualche secondo, poi
annui
convinta. Ben lontano dal sentirmi imbarazza oppure offesa. Ci
sporgemmo
entrambe contemporaneamente e le nostre labbra si toccarono dapprima
dolcemente,
poi la invitai a schiudere le sue per lasciar incontrare le nostre
lingue. Fu
strano percepire al tatto la sensazione della sua pelle contro la mia,
ma non
mi dispiacque affatto. Ad un certo punto ci staccammo e lei mi guardo
negli
occhi intensamente. Sembrava preda di qualche battaglia interiore, come
se non
sapesse cosa fare.
<< Cosa c’è?
>> le accarezzai
piano una guancia, la paura di farle male vinceva sempre su tutto.
<< Ascolta, io non potrò
mai darti
più di questo. Il mio corpo non me lo consente.
>> cacciò tutto insieme e
senza guardarmi più di tanto. Era veramente in imbarazzo. Io
sorrisi dolcemente
e proseguii nella mia carezza.
<< Non importa, a me basta.
>> strofinai la mia fronte sulla sua in un gesto tenero.
<< Ti
voglio bene. >> avrei voluto dirle “ti
amo”, ma qualcosa di non ben
definito me lo impedì. Sorridendoci con un certo imbarazzo
riprendemmo a
baciarci. Non so quanto tempo passammo a coccolarci e toccarci, so solo
che fu uno
dei momenti più belli della mia vita.
18
Giugno, Anno 2001
Avvertivo una spiacevole sensazione quel
giorno. Kaori non era con me perché doveva sottoporsi ad
un’operazione di
routine. Tutto normale. Eppure ero stranamente inquieta. Lei non aveva
voluto
che la raggiungessi, per tanto aspettai una sua chiamata. Il tempo era piuttosto
instabile, pensavo
fosse colpa del cambio di stagione tra primavera ed estate. Il
cellulare
squillò all’improvviso facendomi prendere un
colpo. Avevo paura e non ne capivo
il perché.
<< Pronto? >> risposi
senza
guardare il numero.
<< Kaze? Sono Shigehito.
>>
al suono della sua voce sussultai. Non era tranquillo come al solito,
nemmeno
impacciato. Sembrava triste, rassegnato.
<< Perché mi hai chiamato?
>>
gli domandai a bruciapelo. Non era accaduto nulla eppure sembrava
essere
successo di tutto.
<< C’è stato un
problema, con
l’operazione. Il cervello non ha risposto bene,
però dicevano che non dovevamo
preoccuparci. Cioè, era tutto sottocontrollo…
>>
<< Che cosa è successo?!
>>
quasi lo gridai tant’era l’angoscia che avevo in
corpo.
<< Kaori è morta!
>> fu tutto
quello che riuscii ad udire prima di accasciarmi al suolo. Non feci
caso ai
singhiozzi provenienti dall’altro lato della cornetta, il
resto fu il nulla.
Pioveva.
Non ho idea di quanto tempo rimasi seduta
per terra con le ginocchia al petto. Minuti, ore, o forse
giorni… non lo so.
Tutto ciò che ricordo è la finestra che continuai
a fissare con insistenza,
come se sperassi di veder comparire la persona che amavo da un momento
all’altro. Ricevetti alcune chiamate ma non risposi neanche
ad una di esse. Non
volevo essere consolata, non volevo andare al suo funerale, non volevo
lasciare
la mia scatoletta dei sogni. Desideravo restare li per sempre e
aspettare di
scomparire per poter raggiungere la mia amata.
<< Kaze… >>
mi sembrava di
sentire la voce di Kaori. << Kaze…
>> dovevo essere impazzita del
tutto, addirittura la vedevo inginocchiata di fronte a me. Vedevo il
suo
sorriso triste e la sua mano allungarsi verso di me. Tentò
di toccarmi ma non
vi riuscì. Fu solo quando la porta si apri che mi resi conto
di non avere le
visioni. Lei era lì, davanti a me. Purtroppo non eravamo
sole, Izumi e
Shigehito erano arrivati senza invito. Mi focalizzai su di lui,
ricordavo
ancora la telefonata. Ma fu solo quando vidi la prima che capii ogni
cosa. Lei
era un’esorcista ed, in quanto tale, era venuta per
esorcizzare l’anima di
Kaori. L’avrebbero portata di nuovo via da me… per
sempre. No, non potevo
permetterglielo.
<< No! Non mi porterete via
l’unica
persona che abbia mai amato, che mi
abbia mai amato. >> lo dissi con
tutta l’energia che mi era ancora rimasta.
<< Non sono venuta qui per questo.
>> Kawazoe si rivolse al fantasma dell’altra
ragazza. << Dovrai
pensarci tu. >>
<< Lo so. >> le rispose
con
estremo rammarico. Chiuse gli occhi per un istante prima di riaprili su
di me,
sulla mia figura accucciata davanti a lei. << Kaze, devi
lasciarmi
andare. Questo non è più il mio mondo, non
riuscirai mai ad essere felice se io
rimango qui. >>
<< No, no, no, no! >>
ripetevo come una bambina che non voleva separasi dalle braccia
materne.
<< Ti prego, non rendere tutto
più
difficile. >> anche se non era più in vita e
non poteva più piangere
percepivo il suo dolore, la sua angoscia e la disperazione.
<< Se tu te ne vai, io che cosa
faccio? Che ne sarà di me? Ti prego, portami con te.
>> ormai le lacrime
scendevano senza alcun ritegno. Mi stavo comportando come una sciocca
immatura
ma Kaori era stata la cosa più bella che mi fosse capitata
nella vita. <<
Io ti amo. >> le dissi soltanto in un ultimo disperato
tentativo di
trattenerla lì.
<< Anche io ti amo e ti
amerò per
sempre. Ma proprio per questo ognuno deve restare nel mondo che le
appartiene,
tu devi vivere per te, per me e per tutte quelle persone che ti
vogliono bene.
>>
<< No. >> scossi la
testa con
forza mista a rabbia. << Nessuno mi vuole bene. Nessuno
mi ha mai cercato
quando sparivo di pomeriggio, nessuno mi ha mai chiesto
cos’avessi, nessuno.
>> conclusi in preda ai singhiozzi. Non ce la facevo
più. Quello era
tutto il dolore che avevo accumulato negli anni, colpa di due genitori
inesistenti e un carattere troppo chiuso per esprimere al meglio i miei
sentimenti. Percepii qualcuno avvicinarsi a me. Alzai lo sguardo senza
alcuna
voglia di starlo a sentire. Era Shigehito.
<< Io e Izumi siamo venuti qui, per
te. >> allungò una mano invitandomi ad
afferrarla, e in quel momenti ricordai
una cosa importante. Quando stavo per cadere e lui aveva stretto la mia
mano,
mi aveva chiesto se stavo bene. Anche Izumi aveva fatto altrettanto.
Non
temevano che mi fossi fatta male perché sapevano che non era
così, erano preoccupati per
me. Sapevano che c’era qualcosa che non andava. Quando ci
ripensai
mi resi conto che, ogni volta che entravo e uscivo dalla classe, loro
mi
salutavano sempre. Erano gli unici a farlo. E sapevano che ero
lì.
<< Come sapevate che…
>>
<< Ti abbiamo seguita.
>> mi
disse semplicemente l’esorcista. <<
L’anno scorso hai preso l’abitudine
di sparire spesso. Visto che non parlavi con nessuno abbiamo deciso di
seguirti
e, una volta accertati che stessi bene, abbiamo deciso di lasciarti in
pace. Se
mai avessi voluto, noi ti avremmo aiutato, come stiamo facendo adesso.
>>
<< Hai visto? >> Kaori
sorrideva felice, poteva andarsene sapendo che non sarei mai stata
più sola.
Adesso c’era qualcun’altro accanto a me.
<< Tu non sei mai stata sola.
Avrai sempre una spalla al tuo fianco, anche se non sarà la
mia. Perciò va
avanti e vivi la tua vita, la nostra vita. >> era ora.
Non potevo più
rimandare. Mi alzai con le ultime esigue forze che mi erano rimaste in
corpo e
la guardai con tutto l’amore che un ragazza di sedici anni
può provare.
<< Ti amo, ti ho amato e ti
amerò
per tutta la vita. Non so se un giorno riuscirò ad
incontrare un’altra persona
capace di farmi innamorare nuovamente, ma non smetterò mai
di pensarti. Ci sarà
sempre un posto per te nel mio cuore. >>
<< Lo so. >> mi rivolse
il
suo ultimo e più dolce sorriso. << Anche se
non mi vedrai, anche se non
potrai toccarmi, sarò sempre con te. >>
voltò lo sguardo per incrociare
quello di Kawazoe. << Posso darle un ultimo bacio?
>>
<< Certo. >> non capii
subito
cosa stavano per fare, vidi solo loro due avvicinarsi e la mia amata
sparire
per un attimo nel corpo dell’altra. Vidi
l’esorcista pronunciare delle strane
frasi e allungare le mani verso di me. L’immagina di Kaori si
sovrappose alla
sua. L’abbracciai senza pensarci un secondo. La guardai negli
occhi per un
istante che mi sembrò durare una vita intera. La baciai,
poggiai le mie labbra
sopra le sue in un bacio che sapeva di amore, tristezza e passione. Le
nostre
lingue si amarono come i nostri corpi non avevano mai potuto fare. Non
fu un
semplice scambio di liquidi, ma di emozioni e di pensieri. Quando mi
staccai
trovai lo guardo della sua proprietaria che diceva tutto. Kaori se
n’era andata
per sempre.
<< Kaori. >> feci
l’unica
cosa che mi era rimasta da fare. Caddi in ginocchio abbracciando la
vita della
ragazza e piangendo tutto il dolore che avevo dentro. Da una piccola
parte di
me stessa vedi Shige togliersi gli occhiali e asciugarsi una lacrima
mentre
Izumi mi tenne stretta a se senza cercare di consolarmi, senza dire una
parola.
Gliene fui infinitamente grata. Non avevo bisogno di pietà o
parole vuote, solo
di un paio di braccia e di un gran silenzio.
Non
ho mai
cercato di dimenticare Kaori, ne ci sono effettivamente riuscita. Oggi,
a
distanza di sette anni, riesco a pensare a lei con un moto di nostalgia
mista a
malinconia. Mi manca sempre terribilmente eppure riesco a vederla come
il più
dolce dei ricordi, ma non con vera tristezza. Sono strana, lo so.
Subito
dopo aver
smesso di piangere, il giorno del nostro addio, ho lasciato la mia
scatola dei
sogni per gettarmi nel mondo reale e vivere quella vita che ho sempre
rinnegato. Chissà perché le persone si rifugiano
in una scatola. Me lo sono
chiesto tante volte e credo di aver trovato una risposta, alla fine. Perché siamo anime troppo
innocenti per
vivere in un mondo così sporco.
Io,
Izumi e Shigehito
siamo rimasti buoni amici, questi due si sono addirittura sposati. Alla
fine ho
realizzato il sogno di Kaori, che è anche il mio: diventare
un’insegnate.
Specchiandomi
nel vetro della finestra della casetta vedo una donna con lunghi
capelli
castani, sciolti in morbide onde, con un tailleur viola e scarpe col
tacco.
Sette anni fa non avrei scommesso uno yen su un mio così
drastico cambiamento.
Adoro il mio lavoro e adoro i bambini, per tanto farò di
tutto perché ognuno di
loro possa trovare il suo posto nel mondo. Intanto, la mia scatola dei
sogni,
rimarrà tale per sempre. Probabilmente appartiene
già a qualcun altro, chi può
dirlo. Dopo la morte di Kaori non ci sono più tornata. Era
ora che abbandonassi
il mio mondo fittizio per gettarmi in quello reale. Il tuffo non
è stato così
male.
Vedo
due ragazze
avvicinarsi tutte sorridenti. Si fermano per un attimo guardando me e
sembra
quasi vedano un nemico. Le capisco perfettamente. Mi viene da ridere
ripensando
alla me stessa del passato. Credo sia il caso di levare le tende. Sono
tornata
oggi, il giorno dell’anniversario della sua scomparsa, solo
per dirle che sono
felice.
<<
Sto
bene, Kaori. >> mi sembra quasi di vederla annuire mentre
sorride felice.
Forse non è solo un’illusione. Mi volto per
tornare sui miei passi e senza
provare alcuna voglia di entrare nella scatola dei sogni.
A
Izumi e Shigehtio dico
grazie…
A
te Kaori addio…
E
a tutti quelli che
cercano una scatola dei sogni, buona
fortuna.
Fine.
Banner quarta classificata:
Koishan Sokujo - La scatola
dei sogni
Grammatica, sintassi, ortografia e lessico: 6,5 / 10
Sviluppo della trama: 10 / 10
Caratterizzazione dei personaggi: 9,5 / 10
Espressività: 9,5 / 10
Originalità: 7 / 10
Attinenza al tema e ai parametri posti: 10 / 10
Valutazione finale:
8,75 / 10
A livello di forma il testo contiene molti errori, di diverso tipo,
anche se
rimane comunque scorrevole e piacevole alla lettura. Una buona
rilettura è
necessaria.
A livello di contenuto ho trovato la storia davvero dolce ed
espressiva,
l’unica nota che posso fare su questo punto è che
il passaggio in cui
intervengono i due esorcisti risulta un po’
“stitico”, meno fluente, i due
personaggi non sono ben chiari. La trama si sviluppa comunque molto
bene, con
la giusta attenzione ad ogni passaggio, e i flashback sono utilizzati
in modo
egregio. Non ho trovato il racconto particolarmente originale ma si
tratta
comunque di una storia coinvolgente, soprattutto per la prima parte.
Temi e parametri sono stati rispettati ben rispettati, molto
interessante l’uso
del tema “scatola”.