Questa storia è stata ispirata al romanzo "Another Note" di Nisioisin. La maggioranza dei personaggi non mi appartiene. Certo che B
faceva strane domande. Potevo non conoscere L? Chi nel mondo poteva
non aver mai sentito del più grande detective del mondo? Per
di più
aveva lavorato al caso Kira, nessuno poteva non sapere di lui. Sorrisi.
Proprio in quel momento mi resi conto che anche se avessi voluto non
sarei riuscito a smettere di leggere, oramai quel manoscritto mi
aveva catturato, e nonostante avessi ancora un po' di timore nei
confronti della figura di B non mi sarei riuscito a fermare per la
troppa curiosità. Stava per
parlare di L? L era il mio idolo, un esempio da imitare e forse avrei
potuto saperne di più sul suo conto proprio da quelle pagine. Oh sì
che ne hai sentito parlare, caro lettore. Il più grande
detective
del mondo. Nel momento in cui scrivo dovrebbe star lavorando al caso
Kira, e con quell'intervento alla TV che sono riuscito a vedere
quasi di nascosto nel quale lo ha sfidato pubblicamente la sua fama
si è accresciuta ancora di più. Bene,
quel giorno l'avrei incontrato per la prima volta. Ero alla
finestra ad osservare quel paesaggio così nostalgico quando
lo vidi.
Al momento non potevo certo immaginare che potesse diventare una
persona così importante. Appariva come un bambino spaurito,
aveva
timore delle campane. Pensai che doveva avere la mia età,
data
l'altezza e il comportamento, infatti nonostante la sua grande
intelligenza proprio in quel momento si comportava come chiunque
altro. Era infagottato da una giacca e una sciarpa più
grandi di lui
e stringeva la mano di Quillsh al suono metallico che riempiva l'aria
a rimbalzi regolari. Era
curvo, ma per lui era naturale, i capelli corvini spettinati come se
non fossero mai stati toccati da una spazzola. Ero
decisamente incuriosito da un simile individuo: avevo incontrato
bambini po' strani in quell'istituto, ma mai un tipo così
eccentrico
almeno nell'aspetto. Quando
Quillsh tornò nell'istituto venne proprio nel corridoio dove
si
trovava la mia stanza, accompagnato da lui. Anche
lui doveva stare nell'ospedale? Aprii un
po' timoroso la porta. Ci
guardammo. Il suo sguardo era circondato da occhiaie profondissime
che lo rendevano penetrante. Mi sentii immediatamente a disagio e
rimasi fermo a senza dire nulla. Ero
stranamente curioso e volevo sentire la sua voce, perciò
feci solo
un passo verso di loro, ma Quillsh avvertì il rumore e mi
guardò
con uno sguardo autoritario. Che gli era successo? All'inizio era
tanto dolce, adesso mi voleva tenere rinchiuso in una stanza.
Sospirò, allora me ne tornai in camera mia con gli occhi
bassi,
senza riuscire a dire nemmeno una parola. Passai
il resto di quel giorno steso sul mio letto, a metà tra il
pianto e
la rabbia. Non volevo essere rinchiuso! Volevo stare con gli altri,
volevo vivere! Ciò che
stavo leggendo era qualcosa di crudele. Rinchiudere un bambino di 5
anni in una stanza non facendolo uscire? Come si può
arrivare a
tanto? Ora capivo perché quel luogo era stato chiuso: era un
ricordo
crudele per chiunque ne conoscesse la vera natura, ma almeno adesso
non esiste più nulla di simile. Altrimenti anche io sarei
stato
rinchiuso, forse. Il
giorno successivo mi alzai prima del solito per la scuola. Avevo
bisogno di contatto umano, e l'idea di frequentare le lezioni mi
entusiasmava. Durante
l'intervallo uscii dalla mia classe: volevo cercare quel bambino.
Camminavo a passo spedito e mi affacciavo in tutte le aule
cercandolo. Lo
trovai solo nell'ultima. Era fermo in un angolo, seduto in una
posizione molto strana per me, ma sembrava essere normalità
per lui. Mi
sedetti alla sua sinistra e gli chiesi se potevo fargli compagnia.
Non rispose. Non parlava? Era per questo che era nel mio stesso
reparto? Cominciai
conversare e gli raccontai di come funzionavano le cose nella casa
per molto tempo, ma finii gli argomenti di cui parlare e lui
continuava a fissare il vuoto senza emettere un suono. Cominciavo
ad innervosirmi, per cui alzai un po' troppo il tono della voce, gli
chiesi se mi stava ascoltando con fin troppa rabbia. “Sì.”
Avevo sentito la sua voce. Era calma, quasi addormentata. Forse
adesso avrebbe parlato. “Come
ti chiami?” “L”.
L? Ma era solo una lettera, come poteva essere questo il suo nome? “Non
ricordo il mio vero nome, perciò mi chiamo con una semplice
lettera.” Come me! Non ricordava il suo nome come me! Forse
quel
bambino non era poi così strano. Continuammo
a parlare per un po', mi resi conto che si sentiva un po' a disagio
nel parlare con un estraneo come me, ma almeno adesso potevo dire di
aver sentito quella voce. Riuscì
a sorprendermi ancora di più quando gli raccontai del
perché mi
trovavo in quel luogo. Non finii nemmeno di dire che cosa era
accaduto che mi interruppe: “L'assassino dei tuoi genitori
sicuramente non è un ladro di strada qualunque, ma si tratta
di un
killer assoldato da qualcuno.” Senza
parole. “Come
puoi dirlo?” “Hai detto che c'era un negozio rivale
proprio nei
pressi e che se i tuoi fossero morti sarebbe morta con loro anche
l'attività in assenza di un acquirente o di un erede. Per di
più il
ladro non ha trafugato nulla nemmeno dopo la loro morte.”. Geniale. Quel
bambino di nome L aveva appena capito il perché della morte
dei miei
genitori. Decisi
che una cosa del genere non poteva passare inosservata e in quel
momento non mi interessava più nulla di infrangere le regole. Lo presi
per mano e lo portai con me nello studio di Roger. Gli chiesi di
chiamare Quillsh immediatamente, non lasciandogli nemmeno il tempo di
sgridarmi perché non mi trovavo nella mia classe. Appena
arrivò non gli diedi il tempo di capire la situazione che
gli dissi
ciò che pensavo: “Quillsh, questo bambino
è un genio. Rinchiudere
uno come lui nella zona adibita ad ospedale è un
crimine!”. L non
commentava. Se ne stava con lo sguardo chino senza battere ciglio. Mi
stupii del fatto che non reagiva nemmeno per cose che riguardavano
lui, come se non ci fosse differenza tra l'essere considerato un
pazzo e l'essere considerato un genio. L'anziano
cercò di calmarmi, mi disse che quel bambino non diceva
nulla, ma
ribattei dicendo che a me aveva parlato. Gli feci il resoconto
dell'intera conversazione, sottolineando la parte finale, quella
sull'assassinio dei miei. L
continuava a non dire nulla e allora in sua difesa dissi ancora:
“E
inoltre io credo che stravaganza sia sinonimo di genialità:
non
potete rinchiuderlo senza prima capire chi avete davanti.”.
“Mi
puoi lasciare da solo con lui?” chiese allora l'uomo. Annuii
e li
lasciai nella stanza. Se tutto
fosse andato bene quel bambino sarebbe uscito da quel reparto e
avrebbe potuto avere una vita più o meno normale all'interno
della
casa. Buona
fortuna, L. Mi fermai
un attimo. Quindi B aveva salvato L? Se non lo avesse mai fatto
probabilmente non mi sarei trovato lì e molte cose sarebbero
diverse
nel mondo intero, sia ora che quando lessi quel quaderno. Ebbi un
moto di gratitudine verso quel pazzo assassino, che in fin dei conti
era molto più lucido di molte persone ritenute
“normali”. Passò
qualche giorno e non ebbi più notizie di L. Lo vedevo a
volte
entrare nella sua stanza, ma non gli parlai più. Una
sera, dopo molto tempo, arrivò Quillsh in persona nella mia
stanza,
mi chiese il perdono. Io non capivo il motivo di un tale
comportamento, ma fu lui stesso a dirmi che si era reso conto di aver
fatto un grave errore a rinchiudere sia me che L. Mi disse che da
quel momento in poi non avrei più subito c0ntrolli ed
esperimenti da
parte dei medici, ma che avrei potuto vivere come tutti gli altri
bambini. Aggiunse
che lo stesso sarebbe stato per L e che per lui aveva in programma
qualcosa di speciale, ma prima avrebbe dovuto mettere alla prova le
sue capacità. Gli
chiesi se la nostra stanza sarebbe rimasta quella, mi rispose di
sì
e che da allora in poi sarebbe stata considerata una di quelle camere
normali. Non
potevo credere alle mie orecchie, sembrava uno di quei sogni che
facevo la notte. Quella sarebbe diventata davvero la mia casa, avrei
potuto vivere come tutti gli altri, partecipare ai giochi il
pomeriggio, magari avrei potuto incontrarli anche fuori, nel
giardino. Mi si
prospettavano davanti fin troppe possibilità da sfruttare
appieno. Così
quella sera la trascorsi come le altre, decidendo che il giorno dopo
avrei cambiato completamente il mio modo di vivere. Non
riuscii a chiudere occhio la notte e al mattino la luce del sole
sembrava augurarmi il buon giorno: non potevo essere stanco. Uscii
dalla mia stanza, sapendo che non mi stavo dirigendo alla mia classe.
La prima domenica che avrei trascorso non in camera mia. Aprii la
porta della stanza di L. Stranamente non dormiva, e mostrò
una certa
sorpresa nel vedermi all'improvviso, che trapelò dalla sua
espressione. Comunque lo ringraziai con lo sguardo e con le parole
dopo poco. Come suo
solito non rispose, ma dalla sua espressione capii perfettamente che
anche lui in quel momento era felice. Mi
congedai, con la gioia sul volto, sapendo che dopo tanto tempo avevo
di nuovo un amico, anche se un po' stravagante. Decisi
di uscire fuori, alla luce del sole. Dopo
tanto tempo che ero stato chiuso in camera, vedere all'improvviso
tutta quella vita mi aveva lasciato fermo, in un attimo di godimento.
La neve candida ricopriva ogni cosa e mi sembrava tutto immobile come
in una fotografia. Tutto
ciò fu spezzato da una sensazione di freddo pungente e
improvviso
nella schiena. Sobbalzai
e mi voltai. Dietro
di me c'era una bambina buffa, tutta infagottata. “Ehm...
Scusa!
Non volevo colpire te con quella palla di neve! Di certo non
è una
bella accoglienza questa...”. Mi invitò a giocare
con lei e con i
suoi amici. Accettati e presto mi trovai nel bel mezzo della
più
grande battaglia a palle di neve mai vista. Quel
giorno risi, mi divertii e sentii di essere felice. Come ogni bambino
dovrebbe essere. Quella
situazione di beatitudine durò molto, e non ebbi nemmeno il
tempo di
annoiarmi quando Quillsh chiamò all'attenzione tutti i
bambini
attraverso il suono metallico di un altoparlante. Disse che avrebbe
annunciato grandi novità per tutti, insegnanti compresi. “Da
ora in poi non dovrete chiamarvi col vostro vero nome, ma con uno
pseudonimo e una lettera. Lo pseudonimo comincerà con la
vostra
iniziale e non sarà scelto da voi stessi.” Una
lettera? Come la
L? __________________________________ Authoress' words Mi scuso infinitamente per il ritardo!
Davvero, è la prima volta che non riesco a postare in tempo,
mi dispiace! Purtroppo sono partita con il buon proposito di tornare a
casa in tempo, ma ovviamente i miei genitori hanno perso tempo con i
loro amici e alla fine sono arrivata a casa mia alle 00:37 e a
quell'ora ho pensato di non essere abbastanza lucida per il capitolo e
poi tecnicamente era già lunedì... Comunque come potete vedere mi sono
alzata appositamente alle 07:00 per questo dannatissimo capitolo, non
smetterò ancora di tormentarvi (xD)! Tremate popolo che Blue
è ancora qui! Any