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Autore: V a l y    27/06/2011    5 recensioni
Gli occhi cadono subito su di lei. Il pub è pieno di gente e tavoli e confusione, ma è la prima cosa che vede, e anche l'unica. È bella, appartata all'angolo del banco, e sola. Che ci fa una donna così bella sola?
[Inizialmente la fic era una drabble per il Multifandom Drabble Fest, poi è diventata una oneshot]
Genere: Drammatico, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nina Williams
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gli occhi cadono subito su di lei. Il pub è pieno di gente e tavoli e confusione, ma è la prima cosa che vede, e anche l'unica. È bella, appartata all'angolo del banco, e sola. Che ci fa una donna così bella sola?
E così le va incontro, e si accorge che ha un gin tonic mezzo vuoto tra le dita. Lui stravede per i gin tonic. Stravede anche per le bionde. Probabilmente è per questo che l'ha notata.
Le si siede vicino, ordina da bere. E aspetta, aspetta qualcosa. Forse che lei si giri, per caso. Ma, invece, guarda il bicchiere, e sembra crucciata e anche un po' triste. Non sa. È uno sguardo indecifrabile, lui non riesce a tradurlo.
“Aspetti qualcuno?”
È una domanda che spera sia sembrata spontanea. Non è tipo da rimorchiare la prima che passa, e si sente nervoso. Lei gli rivolge un'occhiata di sufficienza, ma poco dopo fa un cenno di dissenso con la testa, e questo lo fa sperare un po'.
Le dice che non l'aveva mai vista, che una come lei si noterebbe. Non è un complimento ricercato, solo uno stupido luogo comune, ma i luoghi comuni arrivano dritti al punto e spiegano meglio di qualsiasi frase. Così lui gliela butta così, per facilitare le cose. Lei sa quel che lui vuole, e se se ne andrà lui saprà che lei non vuole.
Rimane seduta sullo sgabello. Vuole?
“È vero, non abito da queste parti, sono qui per lavoro,” gli spiega, e aggiunge che sta ancora lavorando e sta facendo una pausa. Lui chiede un po' incredulo che lavoro fa a quell'ora di notte, e lei racconta che è uno di quelli tipo freelance che non sai mai a che ora della giornata ti capitano. Ma pagano bene, e lei non si lamenta. A volte ha provato a smettere, ma non può proprio fare a meno del suo lavoro.
Lui butta lì un “capisco”, e poco dopo: “è bello quando a qualcuno piace il proprio lavoro”, poi torna al suo bicchiere. Non è molto bravo a parlare. Spera che adesso sia lei a dire qualcosa di sé. Dove abita, come si chiama. O magari chiedergli il suo nome. Cose così.
Aspetta, ma lei non dice altro. Nessuno apre bocca, e lui si sente il dovere maschile di esordire con qualche argomento comune che faccia cominciare una nuova conversazione.
“Senti...” mormora prima di pensare, e lei si gira e aspetta ciò che ha da dire.
“No, niente, è che...” borbotta lui, incerto, “sei... molto bella...”
L'ha detto con la franchezza ingenua e impacciata di un bambino. Questo la fa sorridere. Gli chiede se dopo è impegnato. Lui non aspettava altro. Le dice che non farà niente fino a domani. È una risposta pronta che somiglia a un altro luogo comune, un invito implicito a qualcosa di grandioso, tipo un giro in macchina a Main Street, qualche risata per strada e una scopata indimenticabile a casa di uno dei due. Ma la verità è che lui si accontenterebbe di toccarle i capelli biondi e sentirle il sapore del gin tonic sulle labbra.
Lei si alza, senza avvertirlo, e lui cade dalle nuvole – ha forse esagerato? È stato troppo audace?
“Torno a lavoro,” lo informa austera, e poi: “Mi accompagni?”
La risposta c'è, ma non nelle parole. Lui balza in piedi, chiede il conto delle loro bevute. La vede uscire dalla porta e la segue.
Quando sono fuori, c'è l'odore di quel che è rimasto della neve, grumi sporchi alti dieci centimetri agli angoli delle strade e alle ruote delle macchine parcheggiate. Lui le parla della sua vita, della superficie di quella che è la sua vita, come le cose che gli piacciono, i suoi hobby, il lavoro di cui si occupa, ed è un bel lavoro, uno di quelli dove viaggi per il mondo e guadagni un sacco, e manca poco perché diventi capo dell'azienda.
Lei si ferma davanti a un parcheggio delle auto. Gli dice che la Ford rossa è la sua, e lui le domanda se si potranno incontrare di nuovo, e nella voce ci sono l'impazienza e l'euforia che aveva cercato di contenere per tutto il tempo. Le lascia il suo biglietto da visita e le chiede di richiamarlo. Ed è solo un “certo” atono che lei fa uscire dalle labbra, accompagnato da un sorriso misurato.
A questo punto, lui non sa se dover azzardare un bacio o fermarsi lì, ma con la prima rischierebbe che lei non lo chiami più. Preferisce aspettare, con pazienza, aspettare che lei lo richiami, e faranno qualche uscita pomeridiana prima da amici e poi da qualcosa di più, qualche viaggio per lavoro alle Bahamas, alle Maldive, in Giamaica, e passeranno così le giornate insieme, forse i mesi, forse gli anni.
Sa già che domani lo chiamerà, perché glielo legge negli occhi chiari, stavolta glielo legge, anche lei è interessata.

Ma domani lo trovano morto fuori dal parcheggio di Cheney Street. Una pallottola di un fucile a precisione l'ha beccato alla nuca da lunga distanza.
Scrivono nei giornali: Assassinato il vicepresidente di una famosa azienda di farmaci. Non ci sono testimoni, nessun movente. L'unico indizio è una Ford rossa non registrata ripresa dalle telecamere di sicurezza del parcheggio.










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Questa avrebbe dovuto essere una drabble, ma le mie dita si muovevano senza sosta sulla tastiera...
Qui ho seguito (avrei dovuto seguire) il prompt Tekken, Nina, lavoro del Multifandom Drabble Fest chissà chi lo ha proposto? :D
Comunque, parliamone. Nina è figa. E non è che l'ha fatto apposta, ma siccome è figa si è accaparrata senza volere l'uomo che doveva uccidere. Meglio per lei, che non ha dovuto faticare troppo, no?
Perciò dedico questa fic a tutti i suoi fan maschi, così da ammonirli su ciò che potrebbe loro capitare se facessero troppo i cascamorti con Nina ♥ - e a Alister, che forse la ama persino più di loro. :D
  
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