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Autore: roseenrot    28/06/2011    1 recensioni
Mi dispiace.
A volte, divento gelosa pensando che qualcuno potrebbe renderti più felice di quanto possa farlo io. Scommetto che sia colpa della mia insicurezza, perché so che non sono la più carina, la più intelligente, o la più divertente ed eccitante. Ma so che non mi importa quanto difficile e lontano tu sembri; non troverai mai qualcuno che ti voglia bene, come te ne voglio io.
Genere: Drammatico, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Un po' tutti
Note: AU, Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Bloodlines

― Capitolo #5 ―

 

Dopo essersi congedata con Charlie, Catherine raggiunse le sue compagne nel dormitorio femminile, ma si erano già addormentate, così dopo vani tentativi di addormentarsi, decise di tornare nella Sala Comune per finire il compito di Babbanologia. Quella ricerca diventava sempre più intrigante, non sapeva di avere tanti parenti! Prese tutto l’occorrente; una piuma, dell’inchiostro, fogli di pergamena, fotografie, ritagli di giornale, documenti e tutto l’occorrente che era riuscita a trovare e che Dorian le aveva inviato via gufo il giorno precedente. Fece un bel respiro e iniziò con le indagini. Il lavoro tutto sommato stava andando a gonfie vele; aveva già disegnato tutte le ramificazioni, aveva scritto i nomi, le date di nascita e di decesso, ci aggiungeva tutte le informazioni che aveva sul conto della persona, una mini biografia insomma, ed era riuscita persino a trovare alcune foto. Per le persone alle quali non erano associate fotografie, Catherine le disegnava con le descrizioni che aveva a disposizione. Ella era un tipo preciso e quando si trattava di compiti esigeva il massimo da se stessa. Poi, quando ebbe finito con i suoi antenati materni, si dedicò a quelli paterni. Rilesse più volte lo stesso documento e lo guardò incerta.

–Allora, zia Eileen, cos’abbiamo su di te, mh ? – sussurrò.

Successivamente, passò alla lettura di un articolo molto interessante e decise di aggiungere alle informazioni di Eileen Prince che era stata Capitano della squadra di Gobbliglie, quando frequentava Hogwarts. Sorrise per un istante e poi proseguì con le ricerche. Trovò un articolo di vecchia data e trovò alcune difficoltà nel leggerlo.

–Mh, Eileen Prince, Purosangue, Serpeverde, Capitano di Gobbiglie, sorella di papà, sposata con un babbano di nome Tobias Piton e insieme hanno avuto un figlio, Severus Piton. – disse sovrappensiero mentre sospirava stancamente. Poi, quasi realizzando ciò che aveva appena scoperto, rilesse velocemente l’articolo e aprì più volte la bocca per protestare, ma le parole non volevano saperne di uscire. Sospirò cercando di calmarsi e riprese la piuma scrivendo. Doveva trattarsi sicuramente di uno scherzo di cattivo gusto. Qualcosa, nel più profondo di se stessa, le diceva che non v’era stato nessuno sbaglio, ma Catherine avrebbe tanto voluto credere il contrario.

Attaccò le foto di Tobias Piton e Eileen Prince. Era rimasto solo lui, suo cugino: Severus Piton.  Con eccessiva forza, prese gli articoli di giornale che parlavano di lui e li lesse con molta attenzione, poi aggiunse le sue informazioni sul suo compito.

–Severus Piton, Mezzosangue, direttore della casa di Serpeverde, insegnante di Pozioni, aspira alla cattedra di Difesa contro le Arti Oscure, “ex”Mangiamorte.– disse Catherine scocciata. Con gli occhi rivolti verso al cielo, si chiedeva per quale motivo tutto doveva essere così maledettamente assurdo. Insomma, aveva già abbastanza grane di cui occuparsi e quello era decisamente troppo per lei. Catherine infondo sapeva di non odiarlo, ma non riusciva a capire perché la trattasse sempre con quel fare sprezzante.

***

Tutto aveva preso a vorticare, forse la maniera in cui aveva scoperto tutto ciò era stata per Catherine troppo brutale, così si era addormentata sconvolta e troppo stanca davanti al caminetto della Sala Comune di Grifondoro. La mattina successiva Charlie, che era un ragazzo mattiniero, si era alzato prima, probabilmente convinto di riuscire a ripassare per le materie previste nella mattinata, ma tutto ciò che aveva trovato era Catherine addormentata. Si avvicinò incerto e vide molti fogli sparsi; poi, dopo una veloce lettura, capì che si trattava del compito di Babbanologia.

–Catherine, dovresti alzarti…– aveva sussurrato piano Charlie scuotendola leggermente, ma non era servito a nulla e nemmeno i tentativi successivi. Poi, con una lieve nota d’imbarazzo, si era avvicinato un po’ di più, tanto che riusciva a sentire persino il suo respiro e il suo profumo di caramella sul collo. Quel profumo lo inebriava, gli stregava i sensi; sembrava proprio che fosse stato stregato da un filtro d’amore. I suoi pensieri si dedicavano alle frivolezze e dolci fantasie, che solo la sua spiccata immaginazione era in grado di produrre. Charlie era seriamente tentato di sfiorare le proprie labbra con quelle innocenti e tanto invitanti dell’amica, ma tornò con i piedi per terra e le sussurrò un dolce “Catherine ?” all’orecchio. La sentì farfugliare qualcosa, ma poi si era svegliata.

–Devo essermi addormentata mentre finivo il compito di Babbanologia. – spiegò alzandosi.

Gli rivolse un gran sorriso, quasi senza ricordarsi della novità, e l’abbracciò. Charlie, incredulo e decisamente preso alla sprovvista, rispose goffamente all’abbraccio.

–Credo che sia meglio se tu ora, con il compito, sali nel dormitorio e insomma, beh fai veloce … ti aspetto qui. – disse Charlie imbarazzato.

Catherine annuì e come un fulmine si diresse al dormitorio femminile. Non impiegò molto tempo, aveva fatto una doccia molto rapidamente e aveva indossato la divisa scolastica. Poi, senza fare il minimo rumore, aveva preparato quella che doveva essere la sua borsa a tracolla, ed era scesa in Sala Comune, raggiungendo Charlie. Successivamente, con Michael, erano scesi nella Sala Grande, per fare colazione.

*

–Insomma, tu mi stai dicendo che … – aveva iniziato Michael addentando la sua fetta di pane con la marmellata.  –Cioè, ti spunta anche la coda ? – continuò sporgendosi all’indietro, fissandole il suo bel lato B, ma non fece in tempo a ricomporsi che aveva già ricevuto un sonoro schiaffo sulla nuca.

–Michael! Quante volte te lo devo ripetere ? Abbassa la voce, nessuno lo deve sapere! – aveva detto la rossa con un tono ansioso. Poi guardò tutti i presenti con uno sguardo minatorio.

–Sì, comunque. – disse Catherine sospirando; in realtà non sapeva bene come prendere tutta la situazione, così si limitava a vivere il tutto come le capitava nella giornata. A dirla tutta, Catherine ancora stentava a crederci, insomma non capita tutti giorni di diventare un lupo mannaro, e ciò non era un bene, essi erano visti dalla società come dei rifiuti ed erano vincolati in ogni modo.

Successivamente, la rossa volse lo sguardo sulla tavola e assunse un’aria afflitta; non si era ancora abituata al suo essere animale che comportava anche alcune preferenze nel reparto alimentare.

–Uffa, non c’è qualcosa di più, come dire, sostanzioso nel menu ? – si lamentò mentre Charlie rideva e Michael la guardava con fare sconvolto. Infine, però, Catherine optò per delle semplici fette biscottate con il miele e del latte. Guardandosi attorno, vide la fontana e si ricordò che doveva andare ad analizzarla; doveva iscriversi. Non le importava quanto fosse rischioso, le avevano lanciato una sfida e lei non si sarebbe fatta scappare quell’occasione, che sembrava esserle stata offerta su un piatto d’argento. Michael, che non aveva finito il compito di Babbanologia, finì velocemente di fare colazione e schizzò come un fulmine verso l’aula, mentre Charlie e Catherine si diressero verso la fontana. Dopo un’attenta analisi, anche loro si fiondarono a Babbanologia.

–Catherine, non so cosa ti prende, ma non puoi saltare le lezioni! – disse Charlie trascinando la sua amica dalla chioma altrettanto rossa verso l’aula.

–Charlie, tu non puoi capire, io non posso entrarci! – tentò Catherine, senza avere grandi successi.

–Muoviti. – le aveva risposto Charlie scocciato. Non era un tipo che perdeva facilmente la pazienza, ma non sopportava quando gli si nascondeva qualcosa.

–Io e Piton siamo cugini. Ora sei contento ? – disse Catherine freddamente, ma un secondo dopo se ne pentì; non le piaceva trattarlo male, specialmente dopo tutto quello che Charlie faceva per lei, dopo averle detto che l’accettava per quella che era.

–Scusa, non volevo…– sussurrò piano, mentre gli tendeva la mano che Charlie prontamente afferrò.

–Senti, ma quante novità devo aspettarmi ancora ? – disse Charlie con un sorriso sghembo dipinto in viso. Una cosa che Catherine adorava di Charlie era il suo modo di fare; lui accettava tutti per quelli che erano e non ci faceva caso ai pregiudizi. In poco tempo si ritrovarono nell’aula, dove iniziò subito la lezione.

–Oggi, come vi avevo chiesto, farete un’esposizione del vostro albero genealogico. – esclamò la professoressa Burbage. Fece l’appello e poi iniziarono le esposizioni. Erano tutte molto varie e interessanti; molti dei suoi compagni erano mezzosangue e non dovevano preoccuparsi di stupide tradizioni di famiglia.

–Oh, ora tocca a te, Catherine cara. – aveva enunciato la professoressa.

A quelle parole Catherine fu presa da un attacco di ansia, e disperata guardò Charlie in cerca di aiuto. La sua faccia sconvolta non passò inosservata e dopo alcuni istanti di dubbio, si fece coraggio e decise che doveva affrontare la situazione da persona matura. Si alzò in piedi, e come avevano fatto precedentemente tutti i suoi compagni, iniziò a spiegare della sua nobile Casata.

–Eh, sì professoressa, non avevo notato quanti Serpeverde e Grifondoro ci sono nella mia famiglia. Be’, ora direi che posso tornare al posto, no ? Sarebbe abbastanza noioso dover continuare con tutti questi zii, prozii, bisnonni … ! – disse con voce tremolante Catherine, sperando che bastasse.

–Oh certo, hai una lunga discendenza cara, ma posso chiederti di poter vedere il compito ? Mi sembra veramente ben fatto. – rispose la professoressa Burbage, mentre esaminava già il foglio di pergamena.

–Eccellente! Questo sì che è un lavoro ben fatto. Attribuisco a Grifondoro cinque punti! – disse felice l’insegnante mentre ancora si complimentava con Catherine per l’aggiunta delle foto e delle mini biografie. Poi, le cadde l’occhio su quel nome, proprio quello che Catherine aveva sperato con tutta se stessa che non notasse. Sospirò e trattenne il fiato.

–Cara, non sapevo che il professor Piton fosse tuo cugino! Questa si che è una bella notizia. – aveva commentato a gran voce con un sorriso innocente.

–Eh si, ehm bella notizia. Professoressa, veramente non ho mai conosciuto Eileen Prince e la sua famiglia. – aveva tentato di dire Catherine, mentre tutta la classe si era completamente ammutolita; nessuno si sarebbe di certo perso una sillaba.

–Mi dispiace deluderla, ma conosco il professor Piton, solo come mio insegnante di Pozioni. – disse con un tono fintamente deluso, ma che le era riuscito bene. Catherine tornò al posto con un’espressione indecifrabile in viso. Sentiva tutti gli sguardi puntati su di lei, ed era infinitamente umiliante. Niente poteva farla sentire peggio; appena la lezione sarebbe finita, la voce si sarebbe sparsa a macchia d’olio e Piton sarebbe venuto, presto, a saperlo.

 

***

Come Catherine aveva previsto, la notizia si era sparsa così velocemente che non aveva fatto in tempo ad arrivare all’aula di Pozioni, che una grande folla ne stava già parlando.

Quando arrivarono all’aula, Catherine aveva cercato di tornare alla Sala Comune di Grifondoro, ma Charlie le aveva saggiamente impedito di fare sciocchezze come quella.

–Codarda. – le disse Charlie semplicemente. Sapeva che l’orgoglio era il suo punto debole, il suo tallone d’Achille e sarebbe caduta in pieno nella sua “trappola”.

–Non osare Charlie, non osare. – aveva risposto lei scocciata.

–Beh, è la verità, stai scappando dalle tue responsabilità. E scappare è da codardi. – disse semplicemente, facendole poi spallucce mentre si avviava verso l’aula di Pozioni.

–Charlie Weasley, io ti odio profondamente. – disse la rossa seguendolo a ruota, rassegnata.

Stranamente, la porta dell’aula era aperta e molti del corso v’erano già entrati e vociferavano incuranti del loro arrivo. Dopo che il piano di Charlie aveva funzionato, si erano diretti all’aula, vi entrarono, e tutti si ammutolirono all’istante. Purtroppo, quando i due raggiunsero il loro banco, i compagni tornarono a vociferare; per la maggior parte erano i Serpeverde increduli.

–L’ho sentito dire da quel Beery! Era a lezione con lei quando l’ha scoperto. – disse un ragazzo dal fondo.

–Se non ci credi, chiediglielo tu stesso. Non avrai paura, spero … – continuò.

Un ragazzo alto, dai capelli castani, abbastanza lunghi da essere scompigliati si diresse fino al lato opposto dell’aula, raggiungendo Catherine che aveva sfoderato la bacchetta.

–Cosa vuoi, Winkler ? – chiese retoricamente Catherine, assumendo un tono scontroso.

–Ciò che si dice, è vero ? Tu e Pit- ? – chiese quello con strafottenza, senza però riuscire a terminare la domanda, perché Catherine l’aveva preceduto con la risposta.

–Con mio disgusto, sì. Purtroppo. – disse Catherine gelida, che puntava ancora la bacchetta contro il ragazzo, che stava facendo altrettanto con la sua. Si sarebbero di certo intrattenuti ancora per qualche istante in quella discussione, se Piton non avesse fatto capolino sulla porta, che non mancò di sbattere violentemente. Successivamente, raggiunse il banco di Catherine, che poverina sentiva nuovamente quella brutta sensazione farsi spazio in lei.

–Winkler, al posto immediatamente. – disse gelido, mentre a braccia conserte fissava Catherine con lo sguardo più minaccioso che gli riusciva quella mattina.

–Prince, esigo spiegazioni. – tuonò forte. Tanto più forte che Catherine era totalmente terrorizzata; aveva più volte visto il professore adirato, certo con i suoi compagni, ma non aveva mai provato tanto terrore in vita sua. Sembrava essersi pietrificata, doveva dire qualcosa altrimenti lo avrebbe fatto adirare ancor di più, e non era il caso. Catherine fece un bel respiro e pensò a come poteva spiegargli che non stava dicendo delle bugie.

–Io e lei, professore, siamo cugini. – sussurrò piano, con una voce tremante e incerta.

–Provalo Prince, altrimenti ti faccio espellere. – aveva detto avvicinandosi sempre di più al suo banco. A quelle parole, Charlie era scattato a recuperare il compito di Babbanologia e tutti i documenti, articoli, fotografie che potevano provarlo e li consegnò al professore, dal momento che Catherine era sul punto di svenire.

–Tutti, pagina numero cinquantasette, al lavoro. – disse con un tono tanto sprezzante, e nessuno osò minimante contraddirlo. Il professor Piton si diresse alla cattedra e cominciò ad analizzare tutti quei documenti che, effettivamente, provavano la loro parentela.

Catherine, incerta, si mise al lavoro in religioso silenzio; non aveva il coraggio di alzare lo sguardo, nemmeno per cercare conforto in Charlie, che di tanto in tanto, quando era sicuro che il professore non li stesse osservando, le accarezzava per qualche frazione di secondo le dita, facendo finta che l’avesse sfiorata casualmente, mentre prendeva gli ingredienti. Catherine, accecata dalla rabbia, aggiunse una piuma di Jobberknoll di troppo nella sua pozione, che le scoppiò letteralmente in faccia. Sospirò cercando di contenersi il più possibile, mentre assumeva un aria buffa. Forse erano i suoi capelli, gonfi e ricci a causa del vapore e del troppo caldo in quell’aula, o forse per il fatto che aveva assunto una tonalità di rosso acceso sul viso, Catherine sembrava proprio al limite della sopportazione. Il professor Piton, appena sentì il rumore di quell’esplosione, alzò immediatamente lo sguardo e non riuscì a credere ai propri occhi; Catherine Prince, per la prima volta si era lasciata sopraffare dalla rabbia, e gli aveva offerto la possibilità di farsi beffe di lei.

– Prince, è mai possibile che tu non sia nemmeno in grado di contare delle semplicissime piume? Mi chiedo che cosa tu ci stia a fare qui: speculi su parentele che si, hanno delle prove di esistere, ma anche delle prove di non esistere, sbagli un’elementare pozione di memoria e come se non bastasse ti permetti pure di civettare con quel ragazzino alle prime armi, nelle mie ore! – disse Piton con un tono glaciale, facendo cenno a Charlie Weasley, ma non era tutto! Piton proseguì:

– Per aver accettato una come te, il livello medio dei maghi dev'essere davvero calato! Ai miei tempi il massimo della tua ambizione poteva essere solamente far compagnia a quel gigante peloso nella sua capanna, sempre se fossi stata tanto fortunata! –

Quelle due ore di Pozioni, non erano mai state tanto pesanti e umilianti per Catherine, che solitamente le apprezzava. Ma quell’anno, con tutte quelle novità, sembrava proprio che i rapporti con il professor Piton fossero dei peggiori e Catherine non ne era di certo contenta. Fortunatamente, però, le due ore terminarono e Catherine, fece subito la borsa; non voleva rimanere in quell’aula un minuto di più. Piton la trattenne, così Catherine, sull’orlo di una crisi di pianto, chiese a Charlie, che le sorrise debolmente, di attenderla fuori dall’aula, al che incerto, finì di fare la borsa e uscì dall’aula, come richiesto. Catherine alzò lo sguardo sul professore, che dopo averla guardata con uno sguardo truce, le aveva consegnato il compito e il resto, ma sembrava che volesse aggiungere qualcosa. Probabilmente era ancora sconvolto per la notizia e adirato.

–Prince, non ti azzardare mai più. – disse gelido, trattenendosi dall’urlarle contro quanto la ritenesse una sciocca ragazzina che non ne sapeva niente di lui. Catherine, con gli occhi che già le pizzicavano e la gola le bruciava, non riuscì ad emettere nessun suono, anzi sentì solamente un brivido percorrerle l’intera spina dorsale.

–Martedì prossimo alle otto, Prince. Ora, vattene. –
Catherine a quelle parole si era voltata ed era corsa fuori dall’aula, dove poggiò la borsa a terra e scoppiò in lacrime tra le braccia di Charlie, che non era riuscito a non sentire la breve discussione tra lei e il professor Piton. Charlie l’avvolse in un abbraccio dolce e protettivo, mentre le sussurrava rassicurazioni, cercando di calmarla. Non riusciva a credere a quanto in basso Piton si fosse abbassato. Non era di certo tra i suoi professori preferiti, ma l’aveva creduto abbastanza intelligente da evitare certi comportamenti e quello non lo poteva comprendere. Piton non era riuscito a resistere ad un suo sciocco capriccio; aveva voluto solamente aggiungere Catherine a quella sua collezione di insulti personali, ed era da ben sei anni che attendeva con pazienza quel momento. No, Charlie non riusciva proprio a crederci. Poi abbassò lo sguardo su Catherine, che aveva assunto, involontariamente, un’aria indifesa.

–N-non m-mi r-rritiene all’altezza! – disse Catherine tra un singhiozzo e l’altro.

–Catherine, non badare a quello che dice. Si è comportato come un bambino, ha assunto l’atteggiamento più infantile e non educativo, che poteva assumere. L’ha fatto apposta, lo sai, lo sai da quanto attendeva questo suo stupido momento di “gloria”, per quanto possa fargli onore. – aveva detto Charlie, quasi cullandola tra le sue braccia. Gradualmente, Catherine si riprese e si diressero insieme alla Sala Grande, per il pranzo, ignari che anche il professor Piton, non era riuscito ad evitare di ascoltare, involontariamente, quella discussione. Quando arrivarono alla Sala Grande, presero subito posto accanto a Michael che era intento a divorare letteralmente il suo pranzo. Catherine sorrise e si riempì il piatto.

–Ehi Cath, mi dispiace per ciò che è successo oggi, ma non badare a ciò che dice Piton. – aveva detto Corinne, la ragazza di fronte a Catherine, mentre le faceva un sorriso incoraggiante. Corinne aveva una chioma molto folta e lunghissima di capelli ricci tendenti al castano scuro, come gli occhi che erano marroni. Inoltre portava degli occhiali grandi e neri poiché era miope.

–Però forse è meglio che quel po’ di fuliggine sparisca da quel bel faccino! – disse ridendo, e con un colpetto alla bacchetta, diretta verso Catherine, fece sparire tutto quel nerofumo.

–Grazie Coco, me n’ero completamente dimenticata. – ammise con una risata spensierata.

–Ora devo andare a fare un po’ di pratica con gli incantesimi, a più tardi! – disse Corinne avviandosi verso la Sala Comune di Grifondoro.

Charlie si era messo a parlare di Quidditch con Michael; il rosso era un fenomeno in quello sport e il portiere, Oliver Baston, diceva che possedeva un talento unico, tanto unico che sarebbe potuto persino entrare nella Nazionale. Ovviamente Charlie ne stava parlando malinconico, in quanto quell’anno non si sarebbe svolto il campionato, poiché si sarebbe svolto il torneo magico.

–Be’, guarda il lato positivo, quest’anno faremo noi il tifo mentre la nostra Catherine si darà alla competizione. – disse Michael pregustandosi le scene di azione che ci sarebbero state di lì a poco.

–Devo ancora iscrivermi, ma penso lo farò domattina, devo ancora decifrare tutti i simboli! – dichiarò con tono solenne, cercando di architettare un sistema per accedere alla fontana.

–Ah, a proposito, ho letto una cosa interessante in biblioteca, e ho bisogno di voi due! – disse Catherine con il volto illuminato. Quando ebbero terminato di pranzare, Catherine li trascinò con sé fino al bagno delle ragazze al secondo piano.

–Eccoci qui! – disse presentando loro l’abbandonata toilette femminile, poi sparì per qualche secondo.

–Catherine, non che voglia smontare il tuo piano, ma siamo nel bagno delle ragazze e guarda caso noi siamo due ragazzi. – disse Michael un po’ irritato.

–Sì ma qui non ci viene mai nessuno. – disse riapparendo con un calderone e ingredienti vari, poi sparì di nuovo, tornando con alcuni libri. Poi si sedette a terra e aprì il libro, così i due ragazzi furono costretti a imitare l’amica.

–Le Mimsee, anticamente note come Nemidi,sono delle creature magiche appartenenti alla categoria “Animali dall’intelligenza quasi Umana”.  Esse hanno sembianze umane, ma le loro dimensioni variano, come le fate, dai due centimetri  ai dodici centimetri e mezzo. Le Mimsee hanno un modo particolare di essere create, infatti per crearne una bisogna ricorrere ad una pozione particolare a base di un fiore noto come “lilium”, o più comunemente “giglio”. All’infuso base della pozione, bisogna aggiungere alcuni ingredienti fondamentali, una specie di “codice genetico”. Qui il libro cita gli ingredienti; in quanto metà essere e metà vegetale, le Mimsee necessitano di; una goccia di sangue e una goccia di linfa, un puffagiolo e un frutto di cuminio dei prati. – spiegò Catherine passando lo sguardo dapprima su un Charlie incredulo poi sul suo calderone.

–Sei proprio sicura che qui dentro non verrà nessuno ? –  chiese Charlie un po’ imbarazzato nel trovarsi nel bagno delle ragazze.

–Sì, qui ci abita Mirtilla Malcontenta, per questo non ci entra mai nessuno. – spiegò risoluta, mentre preparava gli ingredienti necessari.

–C’è nient’altro su queste creature ? – chiese incuriosito Michael, sfogliando il libro.

–Oh sì, ho letto in alcuni libri di Dorian che le Mimsee hanno poteri naturali straordinari. Nel libro che hai in mano fa riferimento al legame che si instaura tra la creatura e il suo creatore. Si dice che siano molto fedeli.  Ma per ora, è tutto ciò che so. – disse Catherine un po’ amareggiata.

Poi, si mise al lavoro; accese il fuoco e mise dell’acqua nel calderone e quando fu il momento, ci aggiunse il giglio. Successivamente con un piccolo ago si tagliò quanto bastava per donare una goccia di sangue e da una provetta versò la goccia di linfa. Infine mescolò, come indicato nel libro, e aggiunse il cuminio dei prati. Poi si strappò un capello rosso e lo aggiunse alla pozione, insieme a qualche granello di polvere luccicante.

– Che cosa ? – chiese Michael non riuscendo ad esprimersi, perché era troppo concentrato nel capire il motivo per cui Catherine avesse aggiunto alla pozione gli ultimi due ingredienti.

–Be’, il libro dice che il creatore può donare qualcosa no ? – disse Catherine ridacchiando. Charlie aveva guardato divertito la scena ma non fece in tempo a commentare che si sentì uno scoppio e dal calderone si levava tanto vapore, ma della pozione non v’era più alcuna traccia. I tre si chinarono sul calderone per guardare meglio ciò che stava succedendo.

Il giglio assunse una posizione naturale, proprio come un bel fiore in un vaso, poi cadde un petalo bianco insieme al suo rametto dal fiore e prima che potesse toccare il fondo del calderone, qualcosa cominciò a prendere forma. Un corpicino alto quasi undici centimetri fece capolino davanti a loro, aveva lunghi capelli rossi e aveva la pelle tendente al pallido, il petalo invece, era diventato il suo abitino. La creatura li guardava con uno sguardo curioso, poi tentò di arrampicarsi sul fiore, ma non riuscì nella sua impresa, così Catherine immerse la mano nel calderone in modo che la Mimsea potesse accomodarsi. Quando l’ebbe tirata fuori; poté notare la sua bellezza. Era molto simile a Catherine, probabilmente perché la goccia di sangue determinava non solo tutto il sistema vitale ma anche alcuni fattori genetici.

–Ecco, ora abbiamo una Catherine in miniatura, perfetto! – disse Michael guardando incredulo la creatura. Charlie invece la trovava molto carina e curiosa; non ne avevano mai vista una prima d’ora. Catherine si fece pensierosa e dopo qualche minuti di silenzio, tornò a parlare.

–Dovrà pur avere un nome, no ? – disse con un sorriso radioso. Charlie annuì e Michael lo dichiarò “matto”. Michael non era un ragazzo interessato molto alle creature magiche.

–Che ne dite di Indil ? Significa “giglio” in elfico. – propose Catherine leggendo sul suo dizionario di elfico. In realtà era un altro dei libri appartenuti a suo fratello e lei aveva trovato il modo di renderlo nuovamente utile; sia per decifrare la fontana sia per la creatura, che annuiva felice. Poi Charlie diede un’occhiata al piccolo libretto azzurro e propose anche “Mirìel”, che significava “gioiello”. Catherine ci pensò, poi convennero che poteva avere entrambi i nomi.

–Da oggi sarai Mirìel. – disse Catherine al culmine della sua felicità. La creatura fece un piccolo gesto di approvazione, seguito da un ronzio. Ogni movimento della piccola Mirìel corrispondeva una piccola scia di polvere luccicante che fluttuava in aria.

–Ehi, in questo vecchio libro si narra del loro habitat! Nemide, derivato da nemus, -ǒris, e significa “bosco”, “foresta”. Infatti esse vivono nei boschi o in luoghi ricreati in modo molto simile. Nella descrizione, si aggiunge che le Mimsee dopo quindici giorni di vita riescono ad imparare a materializzarsi e smaterializzarsi. – disse Michael riassumendo le informazioni contenute nel libro.

–Michael ad Hogwarts è impossibile materializzarsi! Non hai letto Storia di Hogwarts ? – commentò Catherine mentre faceva roteare i suoi occhioni color verde smeraldo.

Charlie si gustava la scena e poi non riuscì a trattenere una risata divertita.

–Catherine, alcune creature, in realtà, possono. Ad esempio gli elfi domestici. – spiegò Charlie raccontandole degli elfi domestici che c’erano ad Hogwarts. Catherine non sembrava molto contenta che lavorassero notte e giorno ma poi convenne che in un posto come quello i maghi avevano un gran bisogno d’aiuto e gli elfi domestici erano fondamentali.

Trascorsero il loro pomeriggio nel cercare di ricreare un boschetto dentro quello che doveva essere un acquario a boccia per pesci. Catherine aveva imposto sull’oggetto un incantesimo di estensione irriconoscibile, così che Mirìel potesse avere uno spazio vitale vasto, ma in quanto trasparente, l’oggetto a occhio esterno appariva un semplice acquario contenente un boschetto riprodotto. Catherine era riuscita a ricreare, con vari incantesimi, una specie di spiaggetta con un piccolo laghetto. E poi v’era il giglio che era essenziale per il mantenimento della Mimsea. Prima dell’ora di cena i tre portarono Mirìel nel dormitorio femminile di Catherine, che per sicurezza aveva lanciato alcuni incantesimi di protezione, affinché la sua creatura potesse essere al sicuro. Successivamente i tre si recarono a cena e nel tempo che rimaneva loro, si erano appostati davanti al camino, mentre si raccontavano storie avvincenti e incredibili.

   
 
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