Bloodlines
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Capitolo #5 ―
Dopo
essersi congedata con Charlie, Catherine raggiunse le sue compagne nel
dormitorio femminile, ma si erano già addormentate,
così dopo vani tentativi di
addormentarsi, decise di tornare nella Sala Comune per finire il
compito di Babbanologia.
Quella ricerca diventava sempre più intrigante, non sapeva
di avere tanti
parenti! Prese tutto l’occorrente; una piuma,
dell’inchiostro, fogli di
pergamena, fotografie, ritagli di giornale, documenti e tutto
l’occorrente che
era riuscita a trovare e che Dorian le aveva inviato via gufo il giorno
precedente. Fece un bel respiro e iniziò con le indagini. Il
lavoro tutto
sommato stava andando a gonfie vele; aveva già disegnato
tutte le
ramificazioni, aveva scritto i nomi, le date di nascita e di decesso,
ci
aggiungeva tutte le informazioni che aveva sul conto della persona, una
mini
biografia insomma, ed era riuscita persino a trovare alcune foto. Per
le
persone alle quali non erano associate fotografie, Catherine le
disegnava con
le descrizioni che aveva a disposizione. Ella era un tipo preciso e
quando si
trattava di compiti esigeva il massimo da se stessa. Poi, quando ebbe
finito
con i suoi antenati materni, si dedicò a quelli paterni.
Rilesse più volte lo
stesso documento e lo guardò incerta.
–Allora,
zia Eileen, cos’abbiamo su di te, mh ? –
sussurrò.
Successivamente,
passò alla lettura di un articolo molto interessante e
decise di aggiungere
alle informazioni di Eileen Prince che era stata Capitano della squadra
di
Gobbliglie, quando frequentava Hogwarts. Sorrise per un istante e poi
proseguì
con le ricerche. Trovò un articolo di vecchia data e
trovò alcune difficoltà
nel leggerlo.
–Mh,
Eileen Prince, Purosangue, Serpeverde, Capitano di Gobbiglie, sorella
di papà,
sposata con un babbano di nome Tobias Piton e insieme hanno avuto un
figlio,
Severus Piton. – disse sovrappensiero mentre sospirava
stancamente. Poi, quasi
realizzando ciò che aveva appena scoperto, rilesse
velocemente l’articolo e
aprì più volte la bocca per protestare, ma le
parole non volevano saperne di
uscire. Sospirò cercando di calmarsi e riprese la piuma
scrivendo. Doveva
trattarsi sicuramente di uno scherzo di cattivo gusto. Qualcosa, nel
più
profondo di se stessa, le diceva che non v’era stato nessuno
sbaglio, ma
Catherine avrebbe tanto voluto credere il contrario.
Attaccò
le foto di Tobias Piton e Eileen Prince. Era rimasto solo lui, suo
cugino:
Severus Piton. Con
eccessiva forza,
prese gli articoli di giornale che parlavano di lui e li lesse con
molta
attenzione, poi aggiunse le sue informazioni sul suo compito.
–Severus
Piton, Mezzosangue, direttore della casa di Serpeverde, insegnante di
Pozioni,
aspira alla cattedra di Difesa contro le Arti
Oscure, “ex”Mangiamorte.–
disse Catherine scocciata. Con gli occhi rivolti verso al cielo, si
chiedeva
per quale motivo tutto doveva essere così maledettamente
assurdo. Insomma,
aveva già abbastanza grane di cui occuparsi e quello era
decisamente troppo per
lei. Catherine infondo sapeva di non odiarlo, ma non riusciva a capire
perché la
trattasse sempre con quel fare sprezzante.
***
Tutto
aveva preso a vorticare, forse la maniera in cui aveva scoperto tutto
ciò era
stata per Catherine troppo brutale, così si era addormentata
sconvolta e troppo
stanca davanti al caminetto della Sala Comune di Grifondoro. La mattina
successiva Charlie, che era un ragazzo mattiniero, si era alzato prima,
probabilmente convinto di riuscire a ripassare per le materie previste
nella
mattinata, ma tutto ciò che aveva trovato era Catherine
addormentata. Si avvicinò
incerto e vide molti fogli sparsi; poi, dopo una veloce lettura,
capì che si
trattava del compito di Babbanologia.
–Catherine,
dovresti alzarti…– aveva sussurrato piano Charlie
scuotendola leggermente, ma
non era servito a nulla e nemmeno i tentativi successivi. Poi, con una
lieve
nota d’imbarazzo, si era avvicinato un po’ di
più, tanto che riusciva a sentire
persino il suo respiro e il suo profumo di caramella sul collo. Quel
profumo lo
inebriava, gli stregava i sensi; sembrava proprio che fosse stato
stregato da
un filtro d’amore. I suoi pensieri si dedicavano alle
frivolezze e dolci
fantasie, che solo la sua spiccata immaginazione era in grado di
produrre.
Charlie era seriamente tentato di sfiorare le proprie labbra con quelle
innocenti e tanto invitanti dell’amica, ma tornò
con i piedi per terra e le
sussurrò un dolce “Catherine ?”
all’orecchio. La sentì farfugliare qualcosa, ma
poi si era svegliata.
–Devo
essermi addormentata mentre finivo il compito di Babbanologia.
– spiegò
alzandosi.
Gli
rivolse un gran sorriso, quasi senza ricordarsi della
novità, e l’abbracciò.
Charlie, incredulo e decisamente preso alla sprovvista, rispose
goffamente
all’abbraccio.
–Credo
che sia meglio se tu ora, con il compito, sali nel dormitorio e
insomma, beh
fai veloce … ti aspetto qui. – disse Charlie
imbarazzato.
Catherine
annuì e come un fulmine si diresse al dormitorio femminile.
Non impiegò molto
tempo, aveva fatto una doccia molto rapidamente e aveva indossato la
divisa
scolastica. Poi, senza fare il minimo rumore, aveva preparato quella
che doveva
essere la sua borsa a tracolla, ed era scesa in Sala Comune,
raggiungendo
Charlie. Successivamente, con Michael, erano scesi nella Sala Grande,
per fare
colazione.
*
–Insomma,
tu mi stai dicendo che … – aveva iniziato Michael
addentando la sua fetta di
pane con la marmellata. –Cioè,
ti spunta
anche la coda ? – continuò sporgendosi
all’indietro, fissandole il suo bel lato
B, ma non fece in tempo a ricomporsi che aveva già ricevuto
un sonoro schiaffo
sulla nuca.
–Michael!
Quante volte te lo devo ripetere ? Abbassa la voce, nessuno lo deve
sapere! –
aveva detto la rossa con un tono ansioso. Poi guardò tutti i
presenti con uno
sguardo minatorio.
–Sì,
comunque. – disse Catherine sospirando; in realtà
non sapeva bene come prendere
tutta la situazione, così si limitava a vivere il tutto come
le capitava nella
giornata. A dirla tutta, Catherine ancora stentava a crederci, insomma
non
capita tutti giorni di diventare un lupo mannaro, e ciò non
era un bene, essi
erano visti dalla società come dei rifiuti ed erano
vincolati in ogni modo.
Successivamente,
la rossa volse lo sguardo sulla tavola e assunse un’aria
afflitta; non si era
ancora abituata al suo essere animale che comportava anche alcune
preferenze
nel reparto alimentare.
–Uffa,
non c’è qualcosa di più, come dire, sostanzioso
nel menu ? – si lamentò mentre Charlie rideva e
Michael la guardava con fare
sconvolto. Infine, però, Catherine optò per delle
semplici fette biscottate con
il miele e del latte. Guardandosi attorno, vide la fontana e si
ricordò che
doveva andare ad analizzarla; doveva iscriversi. Non le importava
quanto fosse
rischioso, le avevano lanciato una sfida e lei non si sarebbe fatta
scappare
quell’occasione, che sembrava esserle stata offerta su un
piatto d’argento.
Michael, che non aveva finito il compito di Babbanologia,
finì velocemente di
fare colazione e schizzò come un fulmine verso
l’aula, mentre Charlie e
Catherine si diressero verso la fontana. Dopo un’attenta
analisi, anche loro si
fiondarono a Babbanologia.
–Catherine,
non so cosa ti prende, ma non puoi saltare le lezioni! –
disse Charlie
trascinando la sua amica dalla chioma altrettanto rossa verso
l’aula.
–Charlie,
tu non puoi capire, io non posso entrarci! – tentò
Catherine, senza avere grandi
successi.
–Muoviti.
– le aveva risposto Charlie scocciato. Non era un tipo che
perdeva facilmente
la pazienza, ma non sopportava quando gli si nascondeva qualcosa.
–Io
e Piton siamo cugini. Ora sei contento ? – disse Catherine
freddamente, ma un
secondo dopo se ne pentì; non le piaceva trattarlo male,
specialmente dopo
tutto quello che Charlie faceva per lei, dopo averle detto che
l’accettava per
quella che era.
–Scusa,
non volevo…– sussurrò piano, mentre gli
tendeva la mano che Charlie prontamente
afferrò.
–Senti,
ma quante novità devo aspettarmi ancora ? – disse
Charlie con un sorriso
sghembo dipinto in viso. Una cosa che Catherine adorava di Charlie era
il suo
modo di fare; lui accettava tutti per quelli che erano e non ci faceva
caso ai
pregiudizi. In poco tempo si ritrovarono nell’aula, dove
iniziò subito la
lezione.
–Oggi,
come vi avevo chiesto, farete un’esposizione del vostro
albero genealogico. –
esclamò la professoressa Burbage. Fece l’appello e
poi iniziarono le
esposizioni. Erano tutte molto varie e interessanti; molti dei suoi
compagni
erano mezzosangue e non dovevano preoccuparsi di stupide tradizioni di
famiglia.
–Oh,
ora tocca a te, Catherine cara. – aveva enunciato la
professoressa.
A
quelle parole Catherine fu presa da un attacco di ansia, e disperata
guardò
Charlie in cerca di aiuto. La sua faccia sconvolta non passò
inosservata e dopo
alcuni istanti di dubbio, si fece coraggio e decise che doveva
affrontare la
situazione da persona matura. Si alzò in piedi, e come
avevano fatto precedentemente
tutti i suoi compagni, iniziò a spiegare della sua nobile
Casata.
–Eh,
sì professoressa, non avevo notato quanti Serpeverde e
Grifondoro ci sono nella
mia famiglia. Be’, ora direi che posso tornare al posto, no ?
Sarebbe
abbastanza noioso dover continuare con tutti questi zii, prozii,
bisnonni … ! –
disse con voce tremolante Catherine, sperando che bastasse.
–Oh
certo, hai una lunga discendenza cara, ma posso chiederti di poter
vedere il
compito ? Mi sembra veramente ben fatto. – rispose la
professoressa Burbage,
mentre esaminava già il foglio di pergamena.
–Eccellente!
Questo sì che è un lavoro ben fatto. Attribuisco
a Grifondoro cinque punti! –
disse felice l’insegnante mentre ancora si complimentava con
Catherine per
l’aggiunta delle foto e delle mini biografie. Poi, le cadde
l’occhio su quel
nome, proprio quello che Catherine aveva sperato con tutta se stessa
che non
notasse. Sospirò e trattenne il fiato.
–Cara,
non sapevo che il professor Piton fosse tuo cugino! Questa si che
è una bella
notizia. – aveva commentato a gran voce con un sorriso
innocente.
–Eh
si, ehm bella notizia. Professoressa, veramente non ho mai conosciuto
Eileen
Prince e la sua famiglia. – aveva tentato di dire Catherine,
mentre tutta la
classe si era completamente ammutolita; nessuno si sarebbe di certo
perso una
sillaba.
–Mi
dispiace deluderla, ma conosco il professor Piton, solo come mio
insegnante di
Pozioni. – disse con un tono fintamente deluso, ma che le era
riuscito bene.
Catherine tornò al posto con un’espressione
indecifrabile in viso. Sentiva
tutti gli sguardi puntati su di lei, ed era infinitamente umiliante.
Niente
poteva farla sentire peggio; appena la lezione sarebbe finita, la voce
si
sarebbe sparsa a macchia d’olio e Piton sarebbe venuto,
presto, a saperlo.
***
Come
Catherine aveva previsto, la notizia si era sparsa così
velocemente che non
aveva fatto in tempo ad arrivare all’aula di Pozioni, che una
grande folla ne
stava già parlando.
Quando
arrivarono all’aula, Catherine aveva cercato di tornare alla
Sala Comune di
Grifondoro, ma Charlie le aveva saggiamente impedito di fare
sciocchezze come
quella.
–Codarda.
– le disse Charlie semplicemente. Sapeva che
l’orgoglio era il suo punto
debole, il suo tallone d’Achille e sarebbe caduta in pieno
nella sua
“trappola”.
–Non
osare Charlie, non osare. – aveva risposto lei scocciata.
–Beh,
è la verità, stai scappando dalle tue
responsabilità. E scappare è da codardi.
–
disse semplicemente, facendole poi spallucce mentre si avviava verso
l’aula di
Pozioni.
–Charlie
Weasley, io ti odio profondamente. – disse la rossa
seguendolo a ruota,
rassegnata.
Stranamente,
la porta dell’aula era aperta e molti del corso
v’erano già entrati e
vociferavano incuranti del loro arrivo. Dopo che il piano di Charlie
aveva
funzionato, si erano diretti all’aula, vi entrarono, e tutti
si ammutolirono
all’istante. Purtroppo, quando i due raggiunsero il loro
banco, i compagni
tornarono a vociferare; per la maggior parte erano i Serpeverde
increduli.
–L’ho
sentito dire da quel Beery! Era a lezione con lei quando l’ha
scoperto. – disse
un ragazzo dal fondo.
–Se
non ci credi, chiediglielo tu stesso. Non avrai paura, spero
… – continuò.
Un
ragazzo alto, dai capelli castani, abbastanza lunghi da essere
scompigliati si
diresse fino al lato opposto dell’aula, raggiungendo
Catherine che aveva
sfoderato la bacchetta.
–Cosa
vuoi, Winkler ? – chiese retoricamente Catherine, assumendo
un tono scontroso.
–Ciò
che si dice, è vero ? Tu e Pit- ? – chiese quello
con strafottenza, senza però
riuscire a terminare la domanda, perché Catherine
l’aveva preceduto con la
risposta.
–Con
mio disgusto, sì. Purtroppo. – disse Catherine
gelida, che puntava ancora la
bacchetta contro il ragazzo, che stava facendo altrettanto con la sua.
Si
sarebbero di certo intrattenuti ancora per qualche istante in quella
discussione, se Piton non avesse fatto capolino sulla porta, che non
mancò di
sbattere violentemente. Successivamente, raggiunse il banco di
Catherine, che
poverina sentiva nuovamente quella brutta sensazione farsi spazio in
lei.
–Winkler,
al posto immediatamente. – disse gelido, mentre a braccia
conserte fissava
Catherine con lo sguardo più minaccioso che gli riusciva
quella mattina.
–Prince,
esigo spiegazioni. – tuonò forte. Tanto
più forte che Catherine era totalmente
terrorizzata; aveva più volte visto il professore adirato,
certo con i suoi
compagni, ma non aveva mai provato tanto terrore in vita sua. Sembrava
essersi
pietrificata, doveva dire qualcosa altrimenti lo avrebbe fatto adirare
ancor di
più, e non era il caso. Catherine fece un bel respiro e
pensò a come poteva
spiegargli che non stava dicendo delle bugie.
–Io
e lei, professore, siamo cugini. – sussurrò piano,
con una voce tremante e
incerta.
–Provalo
Prince, altrimenti ti faccio espellere.
– aveva detto avvicinandosi sempre di più al suo
banco. A quelle parole,
Charlie era scattato a recuperare il compito di Babbanologia e tutti i
documenti, articoli, fotografie che potevano provarlo e li
consegnò al
professore, dal momento che Catherine era sul punto di svenire.
–Tutti,
pagina numero cinquantasette, al lavoro. – disse con un tono
tanto sprezzante, e
nessuno osò minimante contraddirlo. Il professor Piton si
diresse alla cattedra
e cominciò ad analizzare tutti quei documenti che,
effettivamente, provavano la
loro parentela.
Catherine,
incerta, si mise al lavoro in religioso silenzio; non aveva il coraggio
di
alzare lo sguardo, nemmeno per cercare conforto in Charlie, che di
tanto in
tanto, quando era sicuro che il professore non li stesse osservando, le
accarezzava per qualche frazione di secondo le dita, facendo finta che
l’avesse
sfiorata casualmente, mentre prendeva gli ingredienti. Catherine,
accecata
dalla rabbia, aggiunse una piuma di Jobberknoll di troppo nella sua
pozione,
che le scoppiò letteralmente in faccia. Sospirò
cercando di contenersi il più
possibile, mentre assumeva un aria buffa. Forse erano i suoi capelli,
gonfi e
ricci a causa del vapore e del troppo caldo in quell’aula, o
forse per il fatto
che aveva assunto una tonalità di rosso acceso sul viso,
Catherine sembrava
proprio al limite della sopportazione. Il professor Piton, appena
sentì il
rumore di quell’esplosione, alzò immediatamente lo
sguardo e non riuscì a
credere ai propri occhi; Catherine Prince, per la prima volta si era
lasciata
sopraffare dalla rabbia, e gli aveva offerto la possibilità
di farsi beffe di
lei.
–
Prince, è mai possibile che tu non sia nemmeno in grado di
contare delle
semplicissime piume? Mi chiedo che cosa tu ci stia a fare qui: speculi
su
parentele che si, hanno delle prove di esistere, ma anche delle prove
di non
esistere, sbagli un’elementare pozione di memoria e come se
non bastasse ti
permetti pure di civettare con quel ragazzino alle prime armi, nelle
mie ore! –
disse Piton con un tono glaciale, facendo cenno a Charlie Weasley, ma
non era
tutto! Piton proseguì:
–
Per aver accettato una come te, il livello medio dei maghi dev'essere
davvero calato!
Ai miei tempi il massimo della tua ambizione poteva essere solamente
far
compagnia a quel gigante peloso nella sua capanna, sempre se fossi
stata tanto
fortunata! –
Quelle
due ore di Pozioni, non erano mai state tanto pesanti e umilianti per
Catherine, che solitamente le apprezzava. Ma quell’anno, con
tutte quelle
novità, sembrava proprio che i rapporti con il professor
Piton fossero dei
peggiori e Catherine non ne era di certo contenta. Fortunatamente,
però, le due
ore terminarono e Catherine, fece subito la borsa; non voleva rimanere
in
quell’aula un minuto di più. Piton la trattenne,
così Catherine, sull’orlo di
una crisi di pianto, chiese a Charlie, che le sorrise debolmente, di
attenderla
fuori dall’aula, al che incerto, finì di fare la
borsa e uscì dall’aula, come
richiesto. Catherine alzò lo sguardo sul professore, che
dopo averla guardata
con uno sguardo truce, le aveva consegnato il compito e il resto, ma
sembrava
che volesse aggiungere qualcosa. Probabilmente era ancora sconvolto per
la
notizia e adirato.
–Prince,
non ti azzardare mai più. – disse gelido,
trattenendosi dall’urlarle contro
quanto la ritenesse una sciocca ragazzina che non ne sapeva niente di
lui.
Catherine, con gli occhi che già le pizzicavano e la gola le
bruciava, non
riuscì ad emettere nessun suono, anzi sentì
solamente un brivido percorrerle
l’intera spina dorsale.
–Martedì
prossimo alle otto, Prince. Ora, vattene. –
Catherine a quelle parole si era voltata ed era corsa fuori
dall’aula, dove
poggiò la borsa a terra e scoppiò in lacrime tra
le braccia di Charlie, che non
era riuscito a non sentire la breve discussione tra lei e il professor
Piton.
Charlie l’avvolse in un abbraccio dolce e protettivo, mentre
le sussurrava
rassicurazioni, cercando di calmarla. Non riusciva a credere a quanto
in basso
Piton si fosse abbassato. Non era di certo tra i suoi professori
preferiti, ma
l’aveva creduto abbastanza intelligente da evitare certi
comportamenti e quello
non lo poteva comprendere. Piton non era riuscito a resistere ad un suo
sciocco
capriccio; aveva voluto solamente aggiungere Catherine a quella sua
collezione
di insulti personali, ed era da ben sei anni che attendeva con pazienza
quel
momento. No, Charlie non riusciva proprio a crederci. Poi
abbassò lo sguardo su
Catherine, che aveva assunto, involontariamente, un’aria
indifesa.
–N-non
m-mi r-rritiene all’altezza! – disse Catherine tra
un singhiozzo e l’altro.
–Catherine,
non badare a quello che dice. Si è comportato come un
bambino, ha assunto
l’atteggiamento più infantile e non educativo, che
poteva assumere. L’ha fatto
apposta, lo sai, lo sai da quanto attendeva questo suo stupido momento
di
“gloria”, per quanto possa fargli onore.
– aveva detto Charlie, quasi
cullandola tra le sue braccia. Gradualmente, Catherine si riprese e si
diressero insieme alla Sala Grande, per il pranzo, ignari che anche il
professor Piton, non era riuscito ad evitare di ascoltare,
involontariamente,
quella discussione. Quando arrivarono alla Sala Grande, presero subito
posto
accanto a Michael che era intento a divorare letteralmente il suo
pranzo.
Catherine sorrise e si riempì il piatto.
–Ehi
Cath, mi dispiace per ciò che è successo oggi, ma
non badare a ciò che dice
Piton. – aveva detto Corinne, la ragazza di fronte a
Catherine, mentre le
faceva un sorriso incoraggiante. Corinne aveva una chioma molto folta e
lunghissima di capelli ricci tendenti al castano scuro, come gli occhi
che
erano marroni. Inoltre portava degli occhiali grandi e neri
poiché era miope.
–Però
forse è meglio che quel po’ di fuliggine sparisca
da quel bel faccino! – disse
ridendo, e con un colpetto alla bacchetta, diretta verso Catherine,
fece
sparire tutto quel nerofumo.
–Grazie
Coco, me n’ero completamente dimenticata. – ammise
con una risata spensierata.
–Ora
devo andare a fare un po’ di pratica con gli incantesimi, a
più tardi! – disse
Corinne avviandosi verso la Sala Comune di Grifondoro.
Charlie
si era messo a parlare di Quidditch con Michael; il rosso era un
fenomeno in
quello sport e il portiere, Oliver Baston, diceva che possedeva un
talento
unico, tanto unico che sarebbe potuto persino entrare nella Nazionale.
Ovviamente Charlie ne stava parlando malinconico, in quanto
quell’anno non si
sarebbe svolto il campionato, poiché si sarebbe svolto il
torneo magico.
–Be’,
guarda il lato positivo, quest’anno faremo noi il tifo mentre
la nostra
Catherine si darà alla competizione. – disse
Michael pregustandosi le scene di
azione che ci sarebbero state di lì a poco.
–Devo
ancora iscrivermi, ma penso lo farò domattina, devo ancora
decifrare tutti i
simboli! – dichiarò con tono solenne, cercando di
architettare un sistema per
accedere alla fontana.
–Ah,
a proposito, ho letto una cosa interessante in biblioteca, e ho bisogno
di voi
due! – disse Catherine con il volto illuminato. Quando ebbero
terminato di
pranzare, Catherine li trascinò con sé fino al
bagno delle ragazze al secondo
piano.
–Eccoci
qui! – disse presentando loro l’abbandonata
toilette femminile, poi sparì per
qualche secondo.
–Catherine,
non che voglia smontare il tuo piano, ma siamo nel bagno delle ragazze
e guarda
caso noi siamo due ragazzi. – disse Michael un po’
irritato.
–Sì
ma qui non ci viene mai nessuno. – disse riapparendo con un
calderone e
ingredienti vari, poi sparì di nuovo, tornando con alcuni
libri. Poi si sedette
a terra e aprì il libro, così i due ragazzi
furono costretti a imitare l’amica.
–Le
Mimsee, anticamente note come Nemidi,sono delle creature magiche
appartenenti alla categoria “Animali
dall’intelligenza quasi Umana”.
Esse hanno sembianze umane, ma le loro
dimensioni variano, come le fate, dai due centimetri ai
dodici centimetri e mezzo. Le Mimsee hanno
un modo particolare di essere create, infatti per crearne una bisogna
ricorrere
ad una pozione particolare a base di un fiore noto come
“lilium”, o più
comunemente “giglio”. All’infuso base
della pozione, bisogna aggiungere alcuni
ingredienti fondamentali, una specie di “codice
genetico”. Qui il libro cita
gli ingredienti; in quanto metà essere e metà
vegetale, le Mimsee necessitano
di; una goccia di sangue e una goccia di linfa, un puffagiolo e un
frutto di
cuminio dei prati. – spiegò Catherine passando lo
sguardo dapprima su un
Charlie incredulo poi sul suo calderone.
–Sei
proprio sicura che qui dentro non verrà nessuno ? – chiese Charlie un
po’ imbarazzato nel
trovarsi nel bagno delle ragazze.
–Sì,
qui ci abita Mirtilla Malcontenta, per questo non ci entra mai nessuno.
–
spiegò risoluta, mentre preparava gli ingredienti necessari.
–C’è
nient’altro su queste creature ? – chiese
incuriosito Michael, sfogliando il
libro.
–Oh
sì, ho letto in alcuni libri di Dorian che le Mimsee hanno
poteri naturali
straordinari. Nel libro che hai in mano fa riferimento al legame che si
instaura tra la creatura e il suo creatore. Si dice che siano molto
fedeli. Ma per ora,
è tutto ciò che so. – disse
Catherine un po’ amareggiata.
Poi,
si mise al lavoro; accese il fuoco e mise dell’acqua nel
calderone e quando fu
il momento, ci aggiunse il giglio. Successivamente con un piccolo ago
si tagliò
quanto bastava per donare una goccia di sangue e da una provetta
versò la
goccia di linfa. Infine mescolò, come indicato nel libro, e
aggiunse il cuminio
dei prati. Poi si strappò un capello rosso e lo aggiunse
alla pozione, insieme a
qualche granello di polvere luccicante.
–
Che cosa ? – chiese Michael non riuscendo ad esprimersi,
perché era troppo
concentrato nel capire il motivo per cui Catherine avesse aggiunto alla
pozione
gli ultimi due ingredienti.
–Be’,
il libro dice che il creatore può donare qualcosa no ?
– disse Catherine
ridacchiando. Charlie aveva guardato divertito la scena ma non fece in
tempo a
commentare che si sentì uno scoppio e dal calderone si
levava tanto vapore, ma
della pozione non v’era più alcuna traccia. I tre
si chinarono sul calderone
per guardare meglio ciò che stava succedendo.
Il
giglio assunse una posizione naturale, proprio come un bel fiore in un
vaso,
poi cadde un petalo bianco insieme al suo rametto dal fiore e prima che
potesse
toccare il fondo del calderone, qualcosa cominciò a prendere
forma. Un
corpicino alto quasi undici centimetri fece capolino davanti a loro,
aveva
lunghi capelli rossi e aveva la pelle tendente al pallido, il petalo
invece,
era diventato il suo abitino. La creatura li guardava con uno sguardo
curioso,
poi tentò di arrampicarsi sul fiore, ma non
riuscì nella sua impresa, così
Catherine immerse la mano nel calderone in modo che la Mimsea potesse
accomodarsi. Quando l’ebbe tirata fuori; poté
notare la sua bellezza. Era molto
simile a Catherine, probabilmente perché la goccia di sangue
determinava non
solo tutto il sistema vitale ma anche alcuni fattori genetici.
–Ecco,
ora abbiamo una Catherine in miniatura, perfetto! – disse
Michael guardando
incredulo la creatura. Charlie invece la trovava molto carina e
curiosa; non ne
avevano mai vista una prima d’ora. Catherine si fece
pensierosa e dopo qualche
minuti di silenzio, tornò a parlare.
–Dovrà
pur avere un nome, no ? – disse con un sorriso radioso.
Charlie annuì e Michael
lo dichiarò “matto”. Michael non era un
ragazzo interessato molto alle creature
magiche.
–Che
ne dite di Indil ? Significa “giglio” in elfico.
– propose Catherine leggendo
sul suo dizionario di elfico. In realtà era un altro dei
libri appartenuti a
suo fratello e lei aveva trovato il modo di renderlo nuovamente utile;
sia per
decifrare la fontana sia per la creatura, che annuiva felice. Poi
Charlie diede
un’occhiata al piccolo libretto azzurro e propose anche
“Mirìel”, che
significava “gioiello”. Catherine ci
pensò, poi convennero che poteva avere
entrambi i nomi.
–Da
oggi sarai Mirìel. – disse Catherine al culmine
della sua felicità. La creatura
fece un piccolo gesto di approvazione, seguito da un ronzio. Ogni
movimento
della piccola Mirìel corrispondeva una piccola scia di
polvere luccicante che
fluttuava in aria.
–Ehi,
in questo vecchio libro si narra del loro habitat! Nemide, derivato da
nemus,
-ǒris, e significa “bosco”,
“foresta”. Infatti esse vivono nei boschi o in
luoghi ricreati in modo molto simile. Nella descrizione, si aggiunge
che le
Mimsee dopo quindici giorni di vita riescono ad imparare a
materializzarsi e
smaterializzarsi. – disse Michael riassumendo le informazioni
contenute nel
libro.
–Michael
ad Hogwarts è impossibile materializzarsi! Non hai letto
Storia di Hogwarts ? –
commentò Catherine mentre faceva roteare i suoi occhioni
color verde smeraldo.
Charlie
si gustava la scena e poi non riuscì a trattenere una risata
divertita.
–Catherine,
alcune creature, in realtà, possono. Ad esempio gli elfi
domestici. – spiegò
Charlie raccontandole degli elfi domestici che c’erano ad
Hogwarts. Catherine
non sembrava molto contenta che lavorassero notte e giorno ma poi
convenne che
in un posto come quello i maghi avevano un gran bisogno
d’aiuto e gli elfi
domestici erano fondamentali.
Trascorsero
il loro pomeriggio nel cercare di ricreare un boschetto dentro quello
che
doveva essere un acquario a boccia per pesci. Catherine aveva imposto
sull’oggetto un incantesimo di estensione irriconoscibile,
così che Mirìel
potesse avere uno spazio vitale vasto, ma in quanto trasparente,
l’oggetto a
occhio esterno appariva un semplice acquario contenente un boschetto
riprodotto. Catherine era riuscita a ricreare, con vari incantesimi,
una specie
di spiaggetta con un piccolo laghetto. E poi v’era il giglio
che era essenziale
per il mantenimento della Mimsea. Prima dell’ora di cena i
tre portarono Mirìel
nel dormitorio femminile di Catherine, che per sicurezza aveva lanciato
alcuni
incantesimi di protezione, affinché la sua creatura potesse
essere al sicuro.
Successivamente i tre si recarono a cena e nel tempo che rimaneva loro,
si
erano appostati davanti al camino, mentre si raccontavano storie
avvincenti e
incredibili.