I tre giorni che
seguirono furono insolitamente tranquilli. Tra Michelle e le gemelle c’era
calma, ma nell’aria si percepiva uno strano clima di tensione. Fortunatamente
Heineken riusciva ad equilibrarsi e tenere la situazione sotto controllo:
trascorreva parecchio tempo con Michelle, ma riusciva anche a stare con gli
altri, senza alterarsi per le continue coalizioni nei confronti dell’amica Questa adesso, si rifiutava di frequentare
il gruppo; stava sempre con Heineken e con qualche altro ragazzo di passaggio,
interessato particolarmente alle sostanze che lei spacciava e, nella maggior
parte dei casi, anche alla “mercanzia”.
Heineken sapeva
benissimo delle trasgressioni dell’amica, che la facevano sembrare una poco di
buono, e forse lo era, ma in quel momento Michelle le sembrava di più una
persona bisognosa dell’aiuto di un amica. E su questo Heineken non lesinava.
Per Heineken
quello non poteva definirsi proprio un “periodo d’oro”, ma stava abbastanza
bene. Si godeva il clima fresco dell’autunno, gli amici, e le chiacchierate con
Michelle che, comunque, non si era abbattuta più di tanto per l’isolamento da
parte degli altri.
Il giovedì
seguente, Heineken, alla fine della settima ora (ora di Educazione Fisica), si
fermò a chiacchierare del più e del meno negli spogliatoi della palestra con
Michelle.
- quindi ti vanti
di aver avuto molti ragazzi nella tua vita…- disse Heineken.
- si, in effetti
è così, ma non è che mi vanto –
- dai, dimmi il
numero, allora. –
- eeh, ciao…! – e
poi rise.
- hai mai pensato
che se lo dici in giro ti prendono per una facile? – disse Heineken sorridendo
alla battuta dell’amica.
- no, no, perché
io sono la brava e angelica figlia di buona famiglia- disse Michelle imitando
la voce di una brava bambina.
- comunque io
credo che tu sia una facile. –
- e per quale
motivo? Io al momento sono single… -
- A me balle non
ne devi dire. –
- uff, ma perché
questo terzo grado?! Sembri mia nonna! –
- No, appunto
perché non lo sono, me lo dovresti dire…-
- va bene, a te
non ti si può nascondere niente… -
- Allora? –
- Tom Hilton,
quarto anno. Sei soddisfatta, ora?-
- Ma è vero? –
- Non so… - e
prese a ridere.
- perché ridi ,
ora? –
- ci siamo
strafatti di coca l’altro giorno, poi penso che si sia interessato…-
- dove? –
- eeh, ti devo
anche dire a cosa è interessato? Heineken, afferra al volo e taglia corto,
siamo tra gentilgirls… -
- no, intendo
dove avete tirato di coca. –
- boh, doveva
essere da qualche parte nei pressi del parco qui vicino, non ricordo niente,
ero completamente fatta…-
- ti ricordi
almeno cosa è successo dopo che vi siete strafatti? –
- ehm… veramente
no…- disse guardando in alto, con
l’aria di una falsa innocente. Heineken invece sorrise e poi fece finta di
scandalizzarsi: - signorina, lei mi delude! Ha oltrepassato ogni limite…! È
scandaloso!-
- Ma no, ma no!
Non è vero! – rispose Michelle sempre facendo l’innocentina.
- Dì la
verità…sei ancora vergine? –
Michelle serrò le
labbra in un sorriso a bocca chiusa e guardo in alto.
- Non sei più
vergine!? –
- Forse. Ora io
devo andare, ho fretta! Ciao, ciao! Baci baci! – e corse via.
- guarda che non
te la cavi così! – gridò Heineken sporgendosi dalla porta dello spogliatoio.
Poi, una volta vista l’amica andarsene rientrò dentro. Era rimasta l’unica
alunna presente, di conseguenza sola. Mentre si rivestiva, visto che non c’era
nessuno nei paraggi, cominciò a cantare a voce bassa.
Era così assorta
nei suoi pensieri, e talmente sicura di essere rimasta completamente sola, che
non chiuse neanche la porta dello spogliatoio.
Alzò anche la
voce.
Ma ad un certo
punto sentì dei passi: prima lenti, poi nessun rumore e successivamente in
corsa.
Poi quella
persona in corsa si affacciò alla porta dello spogliatoio. Era Jim. Prima che
questo potesse parlare; Heineken cacciò un urlo e si mise una maglietta davanti
al petto.
Anche Jim urlò.
Poi, in uno stato che presentava i seguenti sintomi: mani come due spugne,
salivazione azzerata, manie di persecuzione, miraggi; balbettò più o meno
queste parole: - he- he- Heineken, sc- scusami nn- non sapevo che fossi t-tu… c
– ci vediamo fuori, eh?!- e poi corse via come se gli avessero infilato un
razzo su per il sedere.
Heineken rimase a
fissarlo mentre correva via imbarazzato. Allora si rivestì in fretta, rimise le
sue cose nella borsa. Poi andò in cortile dove trovò Jim in piedi appoggiato a
un palo.
- Ciao… - disse Heineken.
- ciao... –
rispose lui coprendosi il volto con una mano. – scusami per prima –
- vabbè, tanto
adesso è acqua passata. –
- devi tornare
subito a casa? –
- no. –
- allora ti
andrebbe ti venire a fare un giro con
me? –
- si, va bene. –
- Ho notato la
tua voce. – disse Jim mentre camminavano sotto il cielo nuvoloso. – è molto
bella… -
- grazie –
- tu sei proprio
la voce che cerco. –
- non ti seguo… -
- non hai notato
tutti i volantini sparsi per la scuola con raffigurati me e la mia band? –
- forse. Io non
do molta attenzione ai volantini… -
- Non ti puoi
sbagliare: è quello dove Sean è uscito col dito nel naso. –
- Allora l’ ho
visto. –
- Bene. E sai
anche quello che c’è scritto?-
- Non mi sono
fermata a leggerlo…-
- C’è scritto che
la nostra band cerca una vocalist, femmina, che sappia cantare e poi… bè
l’ultima cosa è una stupidaggine aggiunta da John… -
- tipo? –
- “possibilmente
misure da 90/60/90”. A lui piace sempre fare l’idiota. –
- e in quante
hanno risposto all’annuncio? –
- Nessuna. –
- E non è
difficile immaginare il motivo. –
- no, non è
difficile. Allora ti andrebbe? –
- non lo so… -
- dai, non farti
pregare! Hai tutti i requisiti adatti! Bella voce, bella tu… e anche il tuo
modo di vestire. –
- Il mio modo di
vestire? –
- Si… in
precedenza ti avevo detto che noi facciamo una specie di Rock Gothic. E per il
tuo modo di vestire… sei adatta. –
- Dove state? –
- Nel mio garage.
–
Heineken ci stava
pensando su. Ma proprio nel momento in cui stava per rispondere vide una sagoma
di fronte a loro. C’era un po’ di nebbia quindi non lo distingue subito. Poi lo
vide. Aidan. Che veniva di fronte a loro sfrecciando con la bicicletta. Ma poi
si fermò quando li vide. Heineken non sapeva il motivo, ma… si sentiva come
imprigionata tra due maschi. E la sensazione non le piaceva.
- ciao… - disse
Aidan. Nella prima sillaba ci mise più entusiasmo, perché aveva avvistato solo
Heineken. Poi ebbe un suono decisamente decadente quando si accorse anche di
Jim. – Heineken, l’uscita di sabato l’abbiamo spostata al trentuno… che se non
sbaglio è il tuo compleanno…-
- Si… -
- glielo stavo
per dire io, Aidan. Non dovevi
disturbarti. – disse Jim freddamente.
- Non vedo che
differenza faccia, Jim. – rispose l’altro con lo stesso tono.
- Grazie per
l’informazione, allora. –
- io non ho
fretta…- disse scendendo dalla bicicletta - … o stavate parlando di cose intime? –
- non rispondo
perché non voglio essere volgare in presenza di Heineken. –
- Oh, oh! Allora
tra voi due c’è del tenero! Dai, James, ammettilo!– disse alzando la voce,
sperando di essere sarcastico. Ma il suo volto esprimeva una velatura di
rabbia. Jim non rispose, ma guardava Aden fisso negli occhi. I suoi occhi
castani contro quelli blu dell’altro. Heineken si sentiva in imbarazzo.
- E va bene… -
cominciò Aidan risalendo sulla bici. – io vado. Ci vediamo sabato trentuno. –
concluse fissando negli occhi Heineken. I suoi occhi verde bottiglia lo videro
sparire inghiottito dalla nebbia che cominciava a scendere.
- Tornando al
nostro discorso: accetti o no? – chiese Jim, serio.
- Si, accetto. –
- grazie! Ora ti
faccio vedere dove stiamo. Ti vorrò sempre bene per questo. – e la abbracciò
stringendola a se.
Heineken si sentì
arrossire, rimase come pietrificata. Cominciò a riprendersi solo dopo che Jim
l’ebbe lasciata.
- Casa mia è qui
vicino. Vieni, ti faccio strada. -
Camminarono per
un po’ di tempo finché si trovarono di
fronte al garage di Jim.
Più che
avvistandolo si fecero strada seguendo il casino che proveniva dall’interno:
urla, musica dallo stereo, qualche accordo di chitarra elettrica suonato per
modo di dire. Entrò prima Jim, forse impaurito dall’idea che poteva farsi Heineken
di quel covo dove intraprendenti e turbolenti maschi si riunivano due volte
alla settimana per fracassare le orecchie a tutto il vicinato.
- fate meno
casino, cretini, abbiamo una ospite! – urlò Jim prima che Heineken potesse
entrare.
- Ciao, Jim,
anche noi siamo contenti di vederti. – disse uno, sarcastico.
- una ospite?
Wow, hai trovato una che risponde ai requisiti dell’annunc… Heineken? –
concluse sorpreso come la vide entrare dalla porta del garage.
La ragazza notò
che era abbastanza grande come posto, almeno il quadruplo di un garage normale.
Doveva fungere anche da scantinato.
Al centro,
c’erano gli strumenti della band, allestiti assieme ad alcuni
amplificatori in maniera da formare una
specie di piccolo palco. A destra c’era una grande area dove vi erano
parcheggiate le macchine dei genitori di Jim e lì vicino ammassati un bel po’
di scatoloni. Vicino alle macchine c’era un’altra uscita. Poi, a sinistra, una
porta che probabilmente andava alla casa, e, in un angolo, un tavolino
dov’erano seduti Sean, Jesse e John con gli occhi sgranati per la sorpresa di
vedere Heineken.
- è la nostra
nuova vocalist, l’unica che ha accettato. Ho già sentito la sua voce. È
perfetta. –
Jesse sorrideva
insieme a Sean, invece John era ancora sorpreso: - ma non risponde a l’ultimo
requisit… -
Prima che finisse
di parlare, Jesse gli tirò una forte gomitata nello stomaco, mentre Sean si
impegnava a nascondere l’ultimo numero di Playboy che prima si stavano gustando
tutti e tre. Sempre con il sorriso stampato in faccia.
- ti faccio
vedere i nostri testi. – disse Jim rivolgendosi ad Heineken. – vado a prenderli
in camera mia. E si avviò per la porta che dava alla casa.
Heineken si
sedette con gli altri.
- allora tra poco
ci farai sentire la tua splendida voce… - disse Sean un po’ scettico.
Heineken non
rispose.
- Ma come ha
fatto Jim a sentirti cantare? – chiese Jesse aggrottando le sopraciglia.
Si sentì
avvampare. – oh, ehm…non ha importanza. –
- Come non ha
importanza? – continuò l’altro con una punta di sospetto. – dai, come ha fatto
a sentirti? –
- non penso di
avere una bella voce. – tagliò corto Heineken. – non lo so proprio come Jim lo
pensi. –
Colpo di genio
trovare questa scusa per non dire che Jim le aveva visto le tette. Vero casino
capire che avrebbe dovuto cantare davanti a quei quattro. Sentì la timidezza
che la imprigionava a poco a poco fino a stritolarla. Fu sfiga che in quel
momento tornò nel garage Jim con un quaderno ad anelli in mano.
- Ora ti facciamo
sentire un po’ come fanno, poi provi a cantarle tu… - disse lui.
Heineken saltò in
piedi con la paura di essere rossa in viso. Prese il quaderno e disse: - no, mi
sono ricordata giusto ora che devo tornare a casa e che sono già in ritardo.
Mia zia mi ammazza, altrimenti. Queste vedrò di studiarmele a casa. –
- Come? Un attimo
fa eri qui, tranquilla e ora… -
- Me ne sono
ricordata adesso. – rispose in fretta Heineken accennando un sorriso nervoso
mentre cercava di trovare una scusa.
- e che… abbiamo
ospiti stasera a cena. – disse in fine.
Tutti e quattro i
ragazzi avevano un’espressione scioccata in faccia.
- ok. – disse
Jim. – Vuoi che ti accompagni a casa? –
- no, no, grazie.
Faccio da sola, non è lontano. –
- Ok, allora
grazie per aver accettato. Ciao – si avvicinò per tentare di darle un bacio
sulla guancia, ma non ci riuscì.
Heineken si
allontanò camminando velocemente con il quaderno stretto tra le mani. Arrivata
sulla porta salutò i ragazzi e riprese a camminare, quasi correndo. Quando fu
abbastanza lontana rallentò il passo, sentendosi molto stupida. Ma non voleva
cantare di fronte a quei quattro. Lo sapeva, avrebbero riso. Sarebbero crepati
dalle risate. E l’avrebbero buttata fuori. E lei sarebbe tornata al punto di
partenza.
Poco dopo arrivò
a casa sua. Come aprì la porta vide la zia avvolta in un abito da cocktail rosa
salmone pieno di fiocchetti e volant, che apparecchiava usando il servizio
buono e la tovaglia bianca con il pizzo che le aveva regalato la sua anziana
zia per il matrimonio.
Notò che la
signora Anderson aveva usato più spuma del solito per fissare i suoi ricci
capelli biondi artificiali.
Sembrava
piuttosto nervosa.
- Ah, eccoti! –
disse vedendola entrare. – stasera quel mentecatto tuo zio ha invitato a cena
il suo capo con sua moglie! Gente importante, mica morti di fame! E io l’ ho
saputo solo mezz’ora fa! –
Heineken guardò
la zia, trovando sollievo nel pensare di non aver detto una bugia a Jim per
cercare di evadere da quella situazione.
- Allora, cerchi
di comportarti da persona civile o te ne stai in soffitta facendo come se non
esistessi?! – esclamò la zia. – anzi, no, ritirati in camera tua e basta. Non
voglio che quei due milionari sappiano di te! –
Heineken era un
po’ shockata per quell’affermazione, ma tanto era la scelta che voleva lei,
quindi fece per salire le scale senza dire una parola. A metà del tragitto
trovò suo cugino Ben che avvolto in quello smoking sembrava una mortadella
mascherata a festa. Poi sentì la zia che con la sua voce intrisa di catrame
accumulato in tanti anni di dipendenza dal fumo, le urlava che tra poco le
avrebbe portato su la cena.
Arrivò in
soffitta e vide la cugina che indossava un abito da grandi occasioni di fronte
allo specchio mentre si truccava. Heineken si sdraiò sul suo letto. Aprì il
quaderno ad anelli che teneva ancora in mano. Vide rilegate varie buste
contenenti ognuna un testo di una canzone e delle note. Erano nove.
Ma come? Solo
nove? Forse Jim aveva scelto il loro meglio da farle imparare. Forse la band si
era formata da poco.
Lesse i
titoli e i testi. Roba tosta, a quanto
sembrava, mica canzonette. Ma nelle parole avevano un non-so-che di stile e in
un certo senso delicatezza.
- Che cosa sono,
Hanny? –chiese Chelsea sbucandole davanti.
- Niente,
Chelsea, torna a giocare con le bambole… -
- Fammi leggere,
dai! –
Chelsea era fatta
così: ogni volta che qualcosa era off – limits per lei diventava curiosa come
una scimmia.
- No. –
- Dai! –
- Chelsea, sei
sorda? Ho detto di no! Mi hai sentito?! –
- guarda che ti
faccio passare guai! -
Heineken la
guardò con un sorrisetto di superiorità, cosa che fece infastidire parecchio la
cugina.
- MAMMA!!! –
strillò Chelsea. – Hannie sta fumando roba strana!!! –
La signora
Anderson era fuori dalla porta, che portava su a fatica un vassoio blu in
plastica che doveva contenere la cena di Heineken. Come entrò fu assalita dalla
figlia che aveva un disgustoso sorriso in faccia: - mamma, ti ricordi quando
hai detto che in questa famiglia siamo tutti amici e che tra di noi non ci
devono essere segreti? –
- questo l’ ha
detto quell’imbecille di tuo padre dopo essersi scolato mezza bottiglia di Jack
Daniel ’s il giorno del ringraziamento! E ora fila di sotto, Chelsea, che quei
due cretini ai quali tuo padre sta leccando i piedi sono già qui! – rispose
brusca e nervosa la donna. Chelsea andò di sotto, quasi con le lacrime;
lasciando sole Heineken con la zia.
Heineken era
impaziente di divorare la sua cena. Che con suo grande disappunto si rivelò
pane e formaggio in scatola.
La zia invece
rimase lì, seduta sul letto di Heineken, a fissare il vuoto. Heineken si
chiedeva perché in quel momento non stava fumando.
- e questo che ti
rende nervosa? – chiese Heineken dopo aver addentato un morso di
quell’improbabile panino.
- Cosa dovrebbe
essere? –
- il fatto che
non stai fumando… -
la donna non rispose.
- o sarà per
zio…che invita quella gente e non ti dice nulla…- continuò Heineken.
La zia si mise
una mano sul volto e scosse la testa.
- oppure perché
stai male… - continuò Heineken con tono ipnotico. Sapeva dove voleva arrivare.
Anche la zia lo
sapeva, quindi non rispose, ma serrò le labbra.
-… oppure per la
telefonata. – concluse Heineken, cercando di trarla in inganno.
A quell’ultima
frase, la zia sembrava disperarsi. Dopo aver esitato qualche attimo, infine
disse: - Heineken?-
- si? – rispose aspettando
che la zia desse la risposta che aspettava con ansia da tempo.
- Non. Tornare.
Più. Su. Questo. Argomento. È chiaro? E ora finisci la cena e dormi. –
- Dimmelo!!! –
urlò Heineken, disperata anche lei. Sbottò tutta insieme, come se la sua rabbia
si fosse riaccesa in lei di colpo.
La zia gemette,
si alzò e fece per andarsene, ma Heineken la afferrò per un braccio, con la
faccia rossa, quasi in fiamme. E i nervi che le mandavano delle scariche di
adrenalina in tutto il corpo. Era esplosa di colpo, senza saperselo spiegare.
- Dimmelo,
cretina! Dimmelo, dimmelo!! Riguarda anche me! Dimmelo! – urlò disperatamente
Heineken, sorprendendosi di quell’attacco di autentica pazzia, avendo paura di
essere vicina alle lacrime. Rose cercò di liberarsi dalla presa di Heineken, ma
in un primo momento non ci riuscì: era molto spaventata dall’improvviso cambio
di personalità della nipote, glielo si leggeva in viso. Guardava Heineken come
se fosse posseduta, con lo sguardo di chi ha paura. Rimasero paralizzate tutte
e due per un attimo, poi la zia si guardò il braccio e vide delle gocce di
sangue scenderle dal braccio, dovute alla forte presa della nipote, che le
aveva infilato le unghie nella carne. Non urlò finché non ne vide una colare e
finire sul parquet di legno della soffitta.
In un grido di
orrore, con la mano libera diede un forte pugno in faccia ad Heineken e corse
via, lasciandola sola.
La ragazza emise
un gemito e si buttò sul letto, cuscino premuto sugli occhi, per trattenere le
lacrime. Passata la crisi, si addormentò.
Non sapeva perché
le era arrivata l’ossessione maniacale per quella stupida telefonata. Ma voleva
saperlo. Non le importava né come, né perché. Avrebbe ucciso per saperla.