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Autore: Fairy Black    12/03/2006    2 recensioni
ciao a tutti!! tengo a precisare che questa non una classica fic tinta di rosa dove regnano sovrane ragazzine timide con problemi di ragazzi, amicizie, segreti, piccole bugie e, soprattutto, una super-mega-iper-migliore amica del cuore alla quale dire tutto, compreso il codice fiscale.E anche se forse qualche componente fra quelle citate probabilmente non mancherà veniamo alla storia: insomma, è la storia di una ragazzina, più o meno della stessa età dell’autrice della fic, che è al di sopra di tutto ciò ed ha altri problemi a cui pensare: come l’averle attribuito senza che lei facesse nulla di male un nome non proprio convenzionale… oppure una famiglia adottiva che non si può proprio definire “famiglia vera e calorosa” ; oppure ancora, se vogliamo, la cattiva reputazione da parte di tutto il vicinato e, il brusco trasferimento in un’altra città che, come vedrete, le cambierà la vita. Tutte cose che manderebbero in analisi per vent’anni consecutivi chiunque, ma lei no. Il motivo?...leggere per sapere!!ihihihi!! >_< e recensire!!
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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I tre giorni che seguirono furono insolitamente tranquilli. Tra Michelle e le gemelle c’era calma, ma nell’aria si percepiva uno strano clima di tensione. Fortunatamente Heineken riusciva ad equilibrarsi e tenere la situazione sotto controllo: trascorreva parecchio tempo con Michelle, ma riusciva anche a stare con gli altri, senza alterarsi per le continue coalizioni nei confronti dell’amica  Questa adesso, si rifiutava di frequentare il gruppo; stava sempre con Heineken e con qualche altro ragazzo di passaggio, interessato particolarmente alle sostanze che lei spacciava e, nella maggior parte dei casi, anche alla “mercanzia”.

Heineken sapeva benissimo delle trasgressioni dell’amica, che la facevano sembrare una poco di buono, e forse lo era, ma in quel momento Michelle le sembrava di più una persona bisognosa dell’aiuto di un amica. E su questo Heineken non lesinava.

Per Heineken quello non poteva definirsi proprio un “periodo d’oro”, ma stava abbastanza bene. Si godeva il clima fresco dell’autunno, gli amici, e le chiacchierate con Michelle che, comunque, non si era abbattuta più di tanto per l’isolamento da parte degli altri.

Il giovedì seguente, Heineken, alla fine della settima ora (ora di Educazione Fisica), si fermò a chiacchierare del più e del meno negli spogliatoi della palestra con Michelle.

- quindi ti vanti di aver avuto molti ragazzi nella tua vita…- disse Heineken.

- si, in effetti è così, ma non è che mi vanto –

- dai, dimmi il numero, allora. –

- eeh, ciao…! – e poi rise.

- hai mai pensato che se lo dici in giro ti prendono per una facile? – disse Heineken sorridendo alla battuta dell’amica.

- no, no, perché io sono la brava e angelica figlia di buona famiglia- disse Michelle imitando la voce di una brava bambina.

- comunque io credo che tu sia una facile. –

- e per quale motivo? Io al momento sono single… -

- A me balle non ne devi dire. –

- uff, ma perché questo terzo grado?! Sembri mia nonna! –

- No, appunto perché non lo sono, me lo dovresti dire…-

- va bene, a te non ti si può nascondere niente… -

- Allora? –

- Tom Hilton, quarto anno. Sei soddisfatta, ora?-

- Ma è vero? –

- Non so… - e prese a ridere.

- perché ridi , ora? –

- ci siamo strafatti di coca l’altro giorno, poi penso che si sia interessato…-

- dove? –

- eeh, ti devo anche dire a cosa è interessato? Heineken, afferra al volo e taglia corto, siamo tra gentilgirls… -

- no, intendo dove avete tirato di coca. –

- boh, doveva essere da qualche parte nei pressi del parco qui vicino, non ricordo niente, ero completamente fatta…-

- ti ricordi almeno cosa è successo dopo che vi siete strafatti? –

- ehm… veramente no…-  disse guardando in alto, con l’aria di una falsa innocente. Heineken invece sorrise e poi fece finta di scandalizzarsi: - signorina, lei mi delude! Ha oltrepassato ogni limite…! È scandaloso!-

- Ma no, ma no! Non è vero! – rispose Michelle sempre facendo l’innocentina.

- Dì la verità…sei ancora vergine? –

Michelle serrò le labbra in un sorriso a bocca chiusa e guardo in alto.

- Non sei più vergine!? –

- Forse. Ora io devo andare, ho fretta! Ciao, ciao! Baci baci! – e corse via.

- guarda che non te la cavi così! – gridò Heineken sporgendosi dalla porta dello spogliatoio. Poi, una volta vista l’amica andarsene rientrò dentro. Era rimasta l’unica alunna presente, di conseguenza sola. Mentre si rivestiva, visto che non c’era nessuno nei paraggi, cominciò a cantare a voce bassa.

Era così assorta nei suoi pensieri, e talmente sicura di essere rimasta completamente sola, che non chiuse neanche la porta dello spogliatoio.

Alzò anche la voce.

Ma ad un certo punto sentì dei passi: prima lenti, poi nessun rumore e successivamente in corsa.

Poi quella persona in corsa si affacciò alla porta dello spogliatoio. Era Jim. Prima che questo potesse parlare; Heineken cacciò un urlo e si mise una maglietta davanti al petto.

Anche Jim urlò. Poi, in uno stato che presentava i seguenti sintomi: mani come due spugne, salivazione azzerata, manie di persecuzione, miraggi; balbettò più o meno queste parole: - he- he- Heineken, sc- scusami nn- non sapevo che fossi t-tu… c – ci vediamo fuori, eh?!- e poi corse via come se gli avessero infilato un razzo su per il sedere.

Heineken rimase a fissarlo mentre correva via imbarazzato. Allora si rivestì in fretta, rimise le sue cose nella borsa. Poi andò in cortile dove trovò Jim in piedi appoggiato a un palo.

- Ciao… - disse Heineken.

- ciao... – rispose lui coprendosi il volto con una mano. – scusami per prima –

- vabbè, tanto adesso è acqua passata. –

- devi tornare subito a casa? –

- no. –

- allora ti andrebbe ti venire a fare un giro  con me? –

- si, va bene. –

 

- Ho notato la tua voce. – disse Jim mentre camminavano sotto il cielo nuvoloso. – è molto bella… -

- grazie –

- tu sei proprio la voce che cerco. –

- non ti seguo… -

- non hai notato tutti i volantini sparsi per la scuola con raffigurati me e la mia band? –

- forse. Io non do molta attenzione ai volantini… -

- Non ti puoi sbagliare: è quello dove Sean è uscito col dito nel naso. –

- Allora l’ ho visto. –

- Bene. E sai anche quello che c’è scritto?-

- Non mi sono fermata a leggerlo…-

- C’è scritto che la nostra band cerca una vocalist, femmina, che sappia cantare e poi… bè l’ultima cosa è una stupidaggine aggiunta da John… -

- tipo? –

- “possibilmente misure da 90/60/90”. A lui piace sempre fare l’idiota. –

- e in quante hanno risposto all’annuncio? –

- Nessuna. –

- E non è difficile immaginare il motivo. –

- no, non è difficile. Allora ti andrebbe? –

- non lo so… -

- dai, non farti pregare! Hai tutti i requisiti adatti! Bella voce, bella tu… e anche il tuo modo di vestire. –

- Il mio modo di vestire? –

- Si… in precedenza ti avevo detto che noi facciamo una specie di Rock Gothic. E per il tuo modo di vestire… sei adatta. –

- Dove state? –

- Nel mio garage. –

Heineken ci stava pensando su. Ma proprio nel momento in cui stava per rispondere vide una sagoma di fronte a loro. C’era un po’ di nebbia quindi non lo distingue subito. Poi lo vide. Aidan. Che veniva di fronte a loro sfrecciando con la bicicletta. Ma poi si fermò quando li vide. Heineken non sapeva il motivo, ma… si sentiva come imprigionata tra due maschi. E la sensazione non le piaceva.

- ciao… - disse Aidan. Nella prima sillaba ci mise più entusiasmo, perché aveva avvistato solo Heineken. Poi ebbe un suono decisamente decadente quando si accorse anche di Jim. – Heineken, l’uscita di sabato l’abbiamo spostata al trentuno… che se non sbaglio è il tuo compleanno…-

- Si… -

- glielo stavo per dire io, Aidan.  Non dovevi disturbarti. – disse Jim freddamente.

- Non vedo che differenza faccia, Jim. – rispose l’altro con lo stesso tono.

- Grazie per l’informazione, allora. –

- io non ho fretta…- disse scendendo dalla bicicletta - … o stavate parlando  di cose intime? –

- non rispondo perché non voglio essere volgare in presenza di Heineken. –

- Oh, oh! Allora tra voi due c’è del tenero! Dai, James, ammettilo!– disse alzando la voce, sperando di essere sarcastico. Ma il suo volto esprimeva una velatura di rabbia. Jim non rispose, ma guardava Aden fisso negli occhi. I suoi occhi castani contro quelli blu dell’altro. Heineken si sentiva in imbarazzo.

- E va bene… - cominciò Aidan risalendo sulla bici. – io vado. Ci vediamo sabato trentuno. – concluse fissando negli occhi Heineken. I suoi occhi verde bottiglia lo videro sparire inghiottito dalla nebbia che cominciava a scendere.

- Tornando al nostro discorso: accetti o no? – chiese Jim, serio.

- Si, accetto. –

- grazie! Ora ti faccio vedere dove stiamo. Ti vorrò sempre bene per questo. – e la abbracciò stringendola a se.

Heineken si sentì arrossire, rimase come pietrificata. Cominciò a riprendersi solo dopo che Jim l’ebbe lasciata.

- Casa mia è qui vicino. Vieni, ti faccio strada. - 

Camminarono per un po’ di tempo finché  si trovarono di fronte al garage di Jim.

 

 

 

Più che avvistandolo si fecero strada seguendo il casino che proveniva dall’interno: urla, musica dallo stereo, qualche accordo di chitarra elettrica suonato per modo di dire. Entrò prima Jim, forse impaurito dall’idea che poteva farsi Heineken di quel covo dove intraprendenti e turbolenti maschi si riunivano due volte alla settimana per fracassare le orecchie a tutto il vicinato.

- fate meno casino, cretini, abbiamo una ospite! – urlò Jim prima che Heineken potesse entrare.

- Ciao, Jim, anche noi siamo contenti di vederti. – disse uno, sarcastico.

- una ospite? Wow, hai trovato una che risponde ai requisiti dell’annunc… Heineken? – concluse sorpreso come la vide entrare dalla porta del garage.

La ragazza notò che era abbastanza grande come posto, almeno il quadruplo di un garage normale. Doveva fungere anche da scantinato.

Al centro, c’erano gli strumenti della band, allestiti assieme ad alcuni amplificatori  in maniera da formare una specie di piccolo palco. A destra c’era una grande area dove vi erano parcheggiate le macchine dei genitori di Jim e lì vicino ammassati un bel po’ di scatoloni. Vicino alle macchine c’era un’altra uscita. Poi, a sinistra, una porta che probabilmente andava alla casa, e, in un angolo, un tavolino dov’erano seduti Sean, Jesse e John con gli occhi sgranati per la sorpresa di vedere Heineken.

- è la nostra nuova vocalist, l’unica che ha accettato. Ho già sentito la sua voce. È perfetta. –

Jesse sorrideva insieme a Sean, invece John era ancora sorpreso: - ma non risponde a l’ultimo requisit… - 

Prima che finisse di parlare, Jesse gli tirò una forte gomitata nello stomaco, mentre Sean si impegnava a nascondere l’ultimo numero di Playboy che prima si stavano gustando tutti e tre. Sempre con il sorriso stampato in faccia.

- ti faccio vedere i nostri testi. – disse Jim rivolgendosi ad Heineken. – vado a prenderli in camera mia. E si avviò per la porta che dava alla casa.

Heineken si sedette con gli altri.

- allora tra poco ci farai sentire la tua splendida voce… - disse Sean un po’ scettico.

Heineken non rispose.

- Ma come ha fatto Jim a sentirti cantare? – chiese Jesse aggrottando le sopraciglia.

Si sentì avvampare. – oh, ehm…non ha importanza. –

- Come non ha importanza? – continuò l’altro con una punta di sospetto. – dai, come ha fatto a sentirti? –

- non penso di avere una bella voce. – tagliò corto Heineken. – non lo so proprio come Jim lo pensi. –

Colpo di genio trovare questa scusa per non dire che Jim le aveva visto le tette. Vero casino capire che avrebbe dovuto cantare davanti a quei quattro. Sentì la timidezza che la imprigionava a poco a poco fino a stritolarla. Fu sfiga che in quel momento tornò nel garage Jim con un quaderno ad anelli in mano.

- Ora ti facciamo sentire un po’ come fanno, poi provi a cantarle tu… - disse lui.

Heineken saltò in piedi con la paura di essere rossa in viso. Prese il quaderno e disse: - no, mi sono ricordata giusto ora che devo tornare a casa e che sono già in ritardo. Mia zia mi ammazza, altrimenti. Queste vedrò di studiarmele a casa. –

- Come? Un attimo fa eri qui, tranquilla e ora… -

- Me ne sono ricordata adesso. – rispose in fretta Heineken accennando un sorriso nervoso mentre cercava di trovare una scusa.

- e che… abbiamo ospiti stasera a cena. – disse in fine.

Tutti e quattro i ragazzi avevano un’espressione scioccata in faccia.

- ok. – disse Jim. – Vuoi che ti accompagni a casa? –

- no, no, grazie. Faccio da sola, non è lontano. –

- Ok, allora grazie per aver accettato. Ciao – si avvicinò per tentare di darle un bacio sulla guancia, ma non ci riuscì.

Heineken si allontanò camminando velocemente con il quaderno stretto tra le mani. Arrivata sulla porta salutò i ragazzi e riprese a camminare, quasi correndo. Quando fu abbastanza lontana rallentò il passo, sentendosi molto stupida. Ma non voleva cantare di fronte a quei quattro. Lo sapeva, avrebbero riso. Sarebbero crepati dalle risate. E l’avrebbero buttata fuori. E lei sarebbe tornata al punto di partenza.

Poco dopo arrivò a casa sua. Come aprì la porta vide la zia avvolta in un abito da cocktail rosa salmone pieno di fiocchetti e volant, che apparecchiava usando il servizio buono e la tovaglia bianca con il pizzo che le aveva regalato la sua anziana zia per il matrimonio.

Notò che la signora Anderson aveva usato più spuma del solito per fissare i suoi ricci capelli biondi artificiali.

Sembrava piuttosto nervosa.

- Ah, eccoti! – disse vedendola entrare. – stasera quel mentecatto tuo zio ha invitato a cena il suo capo con sua moglie! Gente importante, mica morti di fame! E io l’ ho saputo solo mezz’ora fa! –

Heineken guardò la zia, trovando sollievo nel pensare di non aver detto una bugia a Jim per cercare di evadere da quella situazione.

- Allora, cerchi di comportarti da persona civile o te ne stai in soffitta facendo come se non esistessi?! – esclamò la zia. – anzi, no, ritirati in camera tua e basta. Non voglio che quei due milionari sappiano di te! –

Heineken era un po’ shockata per quell’affermazione, ma tanto era la scelta che voleva lei, quindi fece per salire le scale senza dire una parola. A metà del tragitto trovò suo cugino Ben che avvolto in quello smoking sembrava una mortadella mascherata a festa. Poi sentì la zia che con la sua voce intrisa di catrame accumulato in tanti anni di dipendenza dal fumo, le urlava che tra poco le avrebbe portato su la cena.

Arrivò in soffitta e vide la cugina che indossava un abito da grandi occasioni di fronte allo specchio mentre si truccava. Heineken si sdraiò sul suo letto. Aprì il quaderno ad anelli che teneva ancora in mano. Vide rilegate varie buste contenenti ognuna un testo di una canzone e delle note. Erano nove.

Ma come? Solo nove? Forse Jim aveva scelto il loro meglio da farle imparare. Forse la band si era formata da poco.

Lesse i titoli  e i testi. Roba tosta, a quanto sembrava, mica canzonette. Ma nelle parole avevano un non-so-che di stile e in un certo senso delicatezza.

- Che cosa sono, Hanny? –chiese Chelsea sbucandole davanti.

- Niente, Chelsea, torna a giocare con le bambole… -

- Fammi leggere, dai! –

Chelsea era fatta così: ogni volta che qualcosa era off – limits per lei diventava curiosa come una scimmia.

- No. –

- Dai! –

- Chelsea, sei sorda? Ho detto di no! Mi hai sentito?! –

- guarda che ti faccio passare guai! -

Heineken la guardò con un sorrisetto di superiorità, cosa che fece infastidire parecchio la cugina.

- MAMMA!!! – strillò Chelsea. – Hannie sta fumando roba strana!!! –

La signora Anderson era fuori dalla porta, che portava su a fatica un vassoio blu in plastica che doveva contenere la cena di Heineken. Come entrò fu assalita dalla figlia che aveva un disgustoso sorriso in faccia: - mamma, ti ricordi quando hai detto che in questa famiglia siamo tutti amici e che tra di noi non ci devono essere segreti? –

- questo l’ ha detto quell’imbecille di tuo padre dopo essersi scolato mezza bottiglia di Jack Daniel ’s il giorno del ringraziamento! E ora fila di sotto, Chelsea, che quei due cretini ai quali tuo padre sta leccando i piedi sono già qui! – rispose brusca e nervosa la donna. Chelsea andò di sotto, quasi con le lacrime; lasciando sole Heineken con la zia.

Heineken era impaziente di divorare la sua cena. Che con suo grande disappunto si rivelò pane e formaggio in scatola.

La zia invece rimase lì, seduta sul letto di Heineken, a fissare il vuoto. Heineken si chiedeva perché in quel momento non stava fumando.

- e questo che ti rende nervosa? – chiese Heineken dopo aver addentato un morso di quell’improbabile panino.

- Cosa dovrebbe essere? –

- il fatto che non stai fumando… -

la donna non rispose.

- o sarà per zio…che invita quella gente e non ti dice nulla…- continuò Heineken.

La zia si mise una mano sul volto e scosse la testa.

- oppure perché stai male… - continuò Heineken con tono ipnotico. Sapeva dove voleva arrivare.

Anche la zia lo sapeva, quindi non rispose, ma serrò le labbra.

-… oppure per la telefonata. – concluse Heineken, cercando di trarla in inganno.

A quell’ultima frase, la zia sembrava disperarsi. Dopo aver esitato qualche attimo, infine disse: - Heineken?-

- si? – rispose aspettando che la zia desse la risposta che aspettava con ansia da tempo.

- Non. Tornare. Più. Su. Questo. Argomento. È chiaro? E ora finisci la cena e dormi. –

- Dimmelo!!! – urlò Heineken, disperata anche lei. Sbottò tutta insieme, come se la sua rabbia si fosse riaccesa in lei di colpo.

La zia gemette, si alzò e fece per andarsene, ma Heineken la afferrò per un braccio, con la faccia rossa, quasi in fiamme. E i nervi che le mandavano delle scariche di adrenalina in tutto il corpo. Era esplosa di colpo, senza saperselo spiegare.

- Dimmelo, cretina! Dimmelo, dimmelo!! Riguarda anche me! Dimmelo! – urlò disperatamente Heineken, sorprendendosi di quell’attacco di autentica pazzia, avendo paura di essere vicina alle lacrime. Rose cercò di liberarsi dalla presa di Heineken, ma in un primo momento non ci riuscì: era molto spaventata dall’improvviso cambio di personalità della nipote, glielo si leggeva in viso. Guardava Heineken come se fosse posseduta, con lo sguardo di chi ha paura. Rimasero paralizzate tutte e due per un attimo, poi la zia si guardò il braccio e vide delle gocce di sangue scenderle dal braccio, dovute alla forte presa della nipote, che le aveva infilato le unghie nella carne. Non urlò finché non ne vide una colare e finire sul parquet di legno della soffitta.

In un grido di orrore, con la mano libera diede un forte pugno in faccia ad Heineken e corse via, lasciandola sola.

La ragazza emise un gemito e si buttò sul letto, cuscino premuto sugli occhi, per trattenere le lacrime. Passata la crisi, si addormentò.

Non sapeva perché le era arrivata l’ossessione maniacale per quella stupida telefonata. Ma voleva saperlo. Non le importava né come, né perché. Avrebbe ucciso per saperla.

  
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