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Autore: elyxyz    12/03/2006    12 recensioni
L'amore ha i suoi lati positivi, ma anche qualche imprevisto... ne sa qualcosa Sirius Black.
Storia partecipante al Contest 100 Prompts! indetto da Fanfiction Contest ~ {Collection of Starlight since 01.06.08}
Genere: Romantico, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Imprevisti d’amore

Note: - il seguente scritto contiene riferimenti yaoi e alcune scene descritte hanno un modesto contenuto erotico. (ed un’alta capacità glicemica...)
In tutta coscienza, ritengo che il rating PG 13 potesse catalogare più che ampiamente questa storia; sed... melius abundare quam deficere, no?

- i nomi e i soprannomi dei personaggi vengono usati indistintamente: sia in lingua originale che tradotti in italiano. Per chi non fosse pratico, un piccolo dizionario attende a fine storia;

- per ulteriori spiegazioni, vi rimando alla conclusione della fic.


 

Imprevisti d’amore

-Goodnight, Moony-

By elyxyz

 

 

 

 

So goodnight moon
I want the sun
If it's not here soon
I might be done
No it won't be too soon 'til I say

Goodnight moon

 

Goodnight Moon, Shivaree

 

 
 
 

 

Il vapore saliva in calde volute verso il soffitto, mentre solo lo sciabordio dell’acqua smossa rompeva l’idilliaco incanto del silenzio, nel bagno dei Prefetti.

 

“Hai fatto arrossire Mirtilla Malcontenta...” constatò Remus, reprimendo un sorriso soddisfatto, mentre la quiete da poco era tornata sovrana.

 

“Se l’è andata a cercare, quella pettegola guardona!!” ghignò Sirius, accoccolandosi meglio contro la schiena dell’altro.

 

Il giovane Lupin allungò un braccio oltre il bordo della grande vasca, alla ricerca di un flacone abbandonato.

 

“Posso?” chiese, quasi per dovere.

 

“Ti serve un permesso scritto?” replicò invece il moro, reclinando la testa sulla spalla dell’altro.

 

Remus si versò un’abbondante dose di bagnoschiuma sul palmo della mano, prima di cospargere il corpo davanti a sé con lenti, lunghi, sensuali massaggi ristoratori.

 

“Potresti spiegarmi perché insisti a farti spedire questo detergente babbano?

Ci sono almeno 100 rubinetti in questo bagno, e da ognuno esce una fragranza diversa… perché proprio questo, al miele?

 

“Perché…” mi ricorda te. Ma sarebbe stata troppo sdolcinata una confessione così, da un tipo tutto d’un pezzo come lui, che aveva altri ruoli da portare avanti.. “…Nh, mi piace. Ha un buon profumo… e mi calma, e poi oggi l’allenamento di Quidditch è stato infinito... James sa essere un negriero...” protestò Felpato, lamentoso.

 

“Ci sono qui io, per rimetterti a nuovo...” s’offrì, suadente. “Rilassati...

 

E così fece, accomodandosi meglio in quel caldo abbraccio.

“Ma domani notte ci sarà il plenilunio, vero, Honeymoon?”

 

Shhhh...” la replica sussurrata direttamente nell’orecchio, e un gemito roco in risposta.

 

No. Decisamente non era il momento delle chiacchiere, quello.

 

Sirius inclinò il capo di lato, alla ricerca ansiosa delle labbra del compagno, mentre un desiderio nuovo e ancestrale gli ringhiava nelle vene, facendosi impellente.

 

Remus smise di accarezzarlo, rispondendo al suo invito.

E insieme scivolarono verso il fondo della vasca.

 

 

****

 

 

L’enorme portale del Castello s’aprì e si richiuse, cigolando sinistro sui pesanti cardini.

Ma nulla vi uscì - o vi entrò- all’apparenza.

 

Nella quiete della sera neonata, il nulla calpestava l’erba del prato di Hogwarts, che remissiva si fletteva al suo passaggio.

 

“Tutta colpa di Mocciosus!” sibilò tra i denti il giovane Black, avvolgendoli meglio nel Mantello dell’Invisibilità “Dovevi bere la pozione prima del tramonto! Invece, per colpa sua, siamo finiti in punizione e a quest’ora dovremmo essere, già da un pezzo!, dentro alla Stamberga Strillante e tu dovresti essere di già legato al letto...”

 

“Ti piacerebbe, eh?” la provocazione di Remus, pur con tono di scherzo, mentre fissava pensieroso la luna nascosta da una fragile nube.

 

“Vedere il tuo corpo che si contorce tra le lenzuola? Oh, sì… ma preferisco esserci anch’io a godere…” lo punzecchiò, malizioso.

 

“Pervertito.” Ghignò eloquente, ma le sue iridi ambrate tenevano d’occhio il cielo.

 

Una roca risata che sembrava un guaito uscì dalle labbra del moro.

“Ci siamo quasi, Honey, ok?” si sentì in dovere di chiarire Sirius, aumentando il passo.

 

Rem annuì, più per tranquillizzarlo, anche se non ci credeva fino in fondo.

Percepiva la tensione del compagno anche attraverso gli strati delle divise che li separavano. E non era una cosa buona.

Raramente, Sirius Black si agitava tanto.

E che questo accadesse per lui, lo inorgogliva e lo impensieriva ancor di più.

Perché - lo sapeva, oh! che lo sapeva - stavano davvero rischiando grosso, stavolta.

 

Ma doveva tenere la paura e la mente occupate. Pensare, pensare e pensare.

E fare il modo di ritardare l’inevitabile, per quanto fosse quasi impossibile.

Non esisteva una cura, nessuna pozione efficace, per il suo male. E lo sapeva.

Solo qualche palliativo sperimentale, che Madama Chips si ostinava a distillare, mese dopo mese, per alleviare le sue sofferenze.

 

E, per un attimo appena, si sentì quasi - assurdamente, di nuovo - in colpa.

 

E il pensiero corse a James e a Lily, che coprivano - complici - la sua assenza, mentre Peter era rinchiuso in infermeria, per un uno scherzo forse un tantino troppo pesante, che Sir gli aveva rifilato, per vendicarsi dell’ultima fetta imburrata che Codaliscia gli aveva sgraffignato dal piatto, a colazione. E sorrise, malgrado tutto.

 

Un Black non perdona. Mai.

 

E dentro di sé divenne consapevole - con matematica certezza - che Paddy, il suo watchdog, avrebbe trovato il modo di farla pagare cara a Severus Piton, con la pacata discrezione tipica dei Malandrini.

…E forse, anche con un piccolo supplemento a titolo personale... giusto per togliersi lo sfizio.

 

No. Non era giusto sentirsi ancora in colpa, non con gli amici che si ritrovava.

No, se c’era lui.

 

“Manca poco, Moony, resisti...” e gli cercò una mano con la sua, per stringerla forte.

Una strana sensazione s’impadronì di Sirius, a quel contatto: una percezione conosciuta - mille volte s’erano tenuti per mano di nascosto - eppure nuova, diversa.

 

Moony?”

Un palmo peloso sfiorò le sue dita, tra le pieghe del mantello. 

 

Sirius si volse di scatto. “No, cazzo!!

 

Un ringhio basso e disumano fu la replica.

Come al rallentatore, il giovane Black vide Remus accovacciarsi su se stesso, in preda a dolori e lamenti strazianti: Remus si stava trasformando lì. Nel bel mezzo del parco di Hogwarts.

 

“No - maledizione - no!!” erano ancora troppo lontani dalla Stamberga e troppo vicini al Castello.

Era dannatamente troppo pericoloso!

 

 

Mentre il cuore gli batteva all’impazzata per la paura, per l’imprevisto, Sir - come tutti gli sciocchi innamorati - temeva più per la sorte del compagno, che per la propria incolumità.

Il panico lo colse d’improvviso. Che fare?

Che cazzo fare??

 

- la mente in black out -

 

Lanciò lontano da sé il mantello e si trasformò nel cane che aveva scelto di diventare, per stare accanto all’uomo che amava.

 

Con i sensi vigili da animale, assistette impotente alla conclusione della metamorfosi: il corpo che si arcuava in preda a dolorose convulsioni, e che poi si ingobbiva, stazionando semieretto, traballante; gli arti che s’allungavano, assottigliandosi; gli artigli sguainati delle zampe, che risucchiavano i raggi della luna come fossero un magnete perverso.

E poi il muso, reso appuntito, il tartufo scuro, puntato verso la Grande Madre e un ululato di richiamo, atavico nella sua natura. Ma che a lui parve solo straziante.

E infine gli occhi.

Gli occhi d’ambra che s’imbrunivano, fino a sembrare miele di castagno. Il miele che amava.

 

Da lì non poteva scorgerli, ma l’aveva visto trasformarsi troppe volte, per non ricordare ogni millesimo secondo di dolore, di frustrazione. D’impotenza.

 

Distolse lo sguardo un attimo appena prima della fine. Come se fosse troppo da sopportare. Semplicemente troppo.

 

Il candore del cielo era bagnato dal lucore sovrannaturale della sfera gravida, rendendo il paesaggio surreale. Quasi onirico. Un sogno.

...o un incubo?

 

Le stelle erano scomparse, pallide figuranti sfumate dalla Primadonna che reclamava il suo palco.

E il suo più fedele ammiratore la esaltava, latrando al suo indirizzo, in mefistofeliche ovazioni.

 

Sirio, sopra le loro teste, aveva smesso di brillare.

 

 

Il grosso cane nero, stimando sufficientemente vantaggiosa la distanza che li separava, si mise a ringhiare contro il compagno, per attirare la sua attenzione.

L’uomo lupo lo fissò, malevolo, mentre con la lingua lambiva gli aguzzi canini.

 

Sirius abbaiò piano, per provocarlo, iniziando poi a correre verso la Foresta Proibita.

Sperava che Remus lo inseguisse, risvegliato dall’ancestrale istinto alla caccia della preda che era appena diventato.

 

E lui aveva un imperativo.

Dovevano mettersi al riparo.

Doveva metterlo al sicuro.

 

 

A larghe falcate oltrepassò la cascina di Hagrid, tenendo d’occhio, di tanto in tanto, che il licantropo lo rincorresse.

 

Ogni tanto rallentava per stimolare l’altro, poi di colpo si fermò, a riprendere fiato.

Il suo fine udito di cane captò l’ansare scomposto e il sommesso brontolio del lupo mannaro che s’avvicinava svelto.

 

Si rimise a correre, ché di ragioni per farlo ne aveva fin troppe: doveva stancare Rem, o non avrebbe retto uno scontro corpo a corpo con lui per più di cinque minuti; doveva farlo allontanare dalla Scuola, dai loro compagni, dagli umani; doveva condurlo, con l’inganno, verso quella dannata bettola, e farcelo rimanere almeno fino all’alba… che Merlino l’assistesse!...

 

 

Oltrepassò senza remore l’orto del custode delle chiavi e dei luoghi di Hogwarts, per giungere nei pressi del Platano Picchiatore: la porta verso la salvezza.

 

Ma lui doveva prima neutralizzare la pericolosa pianta, per avere libero accesso. Nel farlo, però, stava perdendo il tempo e il prezioso vantaggio che aveva sul lupo mannaro.

- Merlino bastardo! Mai che Peter ci sia, quando serve! -

Allungò una zampa, appiattendosi di più, cercando di sfiorare il nodo del tronco …gli mancava così poco!...

Premette quasi alla cieca il legno, che d’incanto s’immobilizzò, inanimato. Ma non ebbe modo di gioire dell’impresa. Il basso ringhio di Lupin gli fece capire che era ormai rischiosamente vicino, che lo aveva quasi raggiunto...

 

…Non gli rimase altro che attendere l’impatto.

 

 

Alla base del grande albero, incuneato tra le sue radici, la belva scaraventò a terra il cane, con una zampata poderosa che lo fece guaire di dolore.

In un attimo gli fu sopra, per portare a termine il suo sadico gioco.

Stavolta era la fine. La fine davvero.

 

Sirius si maledisse. Grande e grosso com’era, non era neppure riuscito a contrastare Remus, e si era ritrovato in trappola da solo.

 

Imbrattando il pelo nero di bave, il licantropo s’avvicinò alla gola della sua preda, con l’intento di azzannarla per assaporare il caldo sangue che vi scorreva, il basso ronzio nelle orecchie, il richiamo sensuale della morte che reclama la sua vittima.

Ma Rem commise uno sbaglio - un terribile sbaglio -; mentre calava, inesorabile, incrociò lo sguardo con quello del suo prigioniero. E vi rimase imprigionato.

 

Quegl’occhi neri come la notte gli stavano parlando, come nessuna lingua avrebbe mai saputo fare.

 

Lupin rimase impietrito. Sotto le zampe ancora il battito furioso del cuore dell’altro.

E fu allora che Sirius allungò la lingua in una lenta, ruvida carezza verso il muso ispido del compagno.

Gli occhi dorati di Remus brillarono di stupore, mentre per un istante - un istante appena - il suo essere umano si sovrapponeva e soverchiava la sua natura dannata.

 

In quello stesso momento, un ramo del Platano Picchiatore si abbatté su di loro, sbalzandoli lontano, perché il tempo a loro disposizione era scaduto.

 

 

 

Esalando un gemito, il giovane Black riemerse al presente.

Cercò di risollevarsi, ma il primo tentativo finì miseramente a vuoto.

Si fece violenza, puntellando un gomito ammaccato sulla terra dura.

Rem era poco distante da lui. Riverso bocconi, il muso semiaffondato nell’erba fresca.

Lo sentiva rantolare piano.

Avevano perso i sensi, era ovvio.

La collisione li aveva scaraventati ad oltre dodici iarde da dove si trovavano prima.

 

Sirius richiuse gli occhi, lasciandosi scivolare nuovamente verso il suolo, reprimendo una smorfia.

Si passò stancamente una mano sul viso, quasi a nascondersi anche da se stesso.

Il peso di tutto quello che era appena successo - di quello che sarebbe potuto accadere - gli era crollato sulle spalle, schiacciandolo.

Doveva benedire o maledire quel ramo?

Se non fosse stato per quella frasca inattesa...

...come sarebbe finita?

 

Sarebbe arrivato il colpo di grazia?

 

Rabbrividì a quel pensiero. Non poté esimersi dal farlo.

Aveva compreso con crudele nitidezza - forse per la prima volta nella sua vita - che a 16 anni si poteva anche morire.

Forse per molto meno.

Forse doveva ringraziare la sua buona stella, se era ancora lì, a fissare il punto più luminoso del Canis Majoris... e poteva ancora raccontarlo.

 

Ma questa riflessione lo portò immediatamente ad altro.

Non poteva prendersi il lusso di sprecare ancora del tempo, ma la testa gli pulsava dolorosamente, e tutti i muscoli e le ossa del suo corpo stavano gridando all’ammutinamento.

 

 

Racimolando ogni granello di volontà, s’impose di sollevare almeno il busto.

Al terzo tentativo, si mise seduto sull’erba, ansimando. E la gabbia toracica gli doleva per lo sforzo, forse aveva qualche costola fratturata, ma nulla che Madama Chips non potesse rimettere in sesto, con qualche cucchiaiata di brodaglia puzzolente.

Ma - ora come ora - non si sognava nemmeno di prendere in considerazione come sarebbe riuscito ad arrivare in infermeria...

 

Cercò di regolarizzare il respiro e di riorganizzare le idee.

Non sapeva nemmeno com’era ritornato umano. Non che gliene importasse granché, a dire il vero.

Aveva cose più urgenti a cui pensare. Non poteva lasciare Remus in quello stato… e se si fosse risvegliato?

 

Ma che alternative aveva?

Da umano, poteva sperare di caricarselo in qualche modo addosso, e di strisciare con lui verso il rifugio... ma sapeva già che non avrebbe più avuto la forza di ritrasformarsi in Felpato e, ancora meno, di contrastare Moony, se si fosse ridestato...

Come cane, invece, avrebbe dovuto trascinare Rem con i denti e con gran dispendio di energie; ma avrebbe conservato qualche chance in più, in un combattimento con lui, aspettando che quella dannata alba arrivasse...

 

In entrambi i casi, conosceva i rischi e le lacune di un piano rattoppato in fretta e furia.

Ma cosa doveva fare??

...Non c’era solo la sua vita, in ballo...

 

 

In quel momento, la luna scomparve e calò la notte improvvisa.

Una bella caia si posò sul suo naso, facendolo starnutire.

L’esserino riprese a svolazzare, incurante del turbamento dell’uomo sotto di lei.

 

Scotendo la testa, come a snebbiarsi la mente, Sirius riaprì gli occhi.

Grattando il fondo della sua determinazione, il giovane Black si rimise in piedi.

Aveva fatto la sua scelta.

 

 

 

Tramortito e ferito, lasciò cadere il bastone con cui aveva riaperto il passaggio; e con un ultimo, immane sacrificio, trascinò Lupin dentro il buco.

Sirius crollò esausto contro il freddo pavimento di terra, e quindi rimase lì, semplicemente a fissare il corpo di Moony stretto a sé, anche sotto forma di licantropo.

In molti chiamavano ‘mostro’ gli esseri come lui, e forse avevano ragione. Perché d’umano non v’era traccia, su quel muso feroce; su quegl’artigli sguainati, sulle nefande atrocità compiute con crudele sadismo.

Ma Sirius Black non avrebbe mai potuto definire Remusmostro’.

Nemmeno quando prendeva quelle sembianze.

Perché lo faceva contro la sua volontà.

Perché lui rimaneva Remus Lupin, nel bene e nel male.

E perché lo amava.

Semplicemente.

 

E poi il mondo si fece nero attorno a lui.

 

 

 

Quando l’alba giunse, colse i due amanti abbracciati, premuti uno contro l’altro, come a proteggersi a vicenda dalle brutture del mondo.

Erano entrambi palesemente malconci: i vestiti strappati, la cute in più punti lacerata, graffi e tagli su tutta la pelle che era visibile, ad una prima occhiata.

Solo un leggero respirare a testimonianza che erano ancora vivi. Malgrado tutto.

 

 

Remus mugolò piano, facendo scricchiolare il collo rattrappito, e poi si risollevò dal giaciglio di fortuna, guardandosi intorno spaesato.

 

Come sempre, dopo ogni plenilunio, non conservava alcun preciso ricordo di quanto era accaduto, o di cosa poteva aver fatto... solo qualche flash confuso, qualche immagine dai contorni sbiaditi, che si affacciava alla sua mente nei momenti più impensabili.

Ma mai, se richiamata dalla sua volontà.

 

L’ultima memoria in suo possesso risaliva a quando erano sgattaiolati fuori da Hogwarts, parecchio più in ritardo del solito, di Felpato che brontolava improperi verso Snivellus, e non molto di più.

 

Si volse a controllare lo stato del suo compagno e sussultò, impreparato.

Sir era conciato decisamente molto male. Molto, molto più che altre volte.

E non tanto per la gravità delle ferite, ma per il numero impressionante che costellava il corpo del ragazzo moro.

 

Con mano tremante, Rem cercò di scostare una ciocca corvina dalla fronte del suo ragazzo, e quando lo fece, svelò un brutto livido vicino alla tempia destra.

 

Remus si morse le labbra, mentre il senso di colpa gli stringeva lo stomaco, in una morsa dolorosa.

 

In momenti come quello, ritornava a chiedersi con che coraggio Sirius si ostinava ancora a stare con lui, che era un pericolo per sé, e per gli altri. Anche - e soprattutto - per chi amava.

 

E riaffiorarono in lui le mille discussioni, i litigi che vertevano su quell’argomento.

Le dichiarazioni d’amore di Padfoot, e i suoi no.

E il dolore per quei no. E la sofferenza, la solitudine.

 

E poi quel giorno in riva al lago, quando quel testone gli aveva urlato che, se proprio dovevano soffrire, era meglio farlo in due, insieme, piuttosto che ognuno per conto proprio.

 

E lui aveva ceduto, perché era troppo stanco di portare da solo quel fardello troppo pesante.

E aveva cominciato a vivere davvero.

E a conoscere la gioia di sentirsi amato.

 

 

Una lacrima solitaria sfuggì al suo controllo. Remus si stropicciò frettolosamente le palpebre, tirando su col naso.

Dannato sentimentalismo.

 

…La luna piena gli scombussolava gli ormoni in tutti i sensi...

 

 

Un lieve movimento lo riscosse dai propri pensieri. Due occhi chiari incontrarono i suoi.

 

“Ciao, amore.” Fu il lieve sussurro del moro, che sembrava sfinito persino per parlare.

 

Lupin mandò giù a forza un groppo in gola. “Ciao, Paddy.”

 

Sirius richiuse gli occhi, come se tenerli aperti gli costasse uno sforzo enorme.

 

“Come stai?” s’interessò il biondo, incurante della propria situazione.

 

“Ho passato momenti migliori.”

Rem si pizzicò la superficie labiale con gli incisivi. “Anche io.”

 

Le palpebre di Sir fremettero, mentre posava lo sguardo sul compagno malandato.

Un rivoletto di sangue coagulato gli scendeva da sopra l’occhio destro, sino quasi a lambire la mandibola. E sugli zigomi aveva parecchie lacerazioni.

 

“Mi dispiace.” Esalò. Come se fosse l’unica cosa in suo potere.

 

Remus scosse la testa per smentirlo, anche se sapeva che era inutile, perché l’altro aveva già richiuso gli occhi.

Gli si strinse il cuore, in un moto di autentico, struggente amore.

 

“Ti amo, stupido cane idiota.” Gli confessò brusco, arrossendo.

 

Un sorriso stiracchiato emerse sulle labbra del moro.

 

“…Ma se non la smetti di fare l’eroe…”

 

Sirius s’allungò con uno scatto di reni e gli chiuse la bocca, in un lento, dolcissimo bacio.

 

Quando si separarono, a malincuore, Lunastorta aveva raggiunto una calda tonalità vermiglia, mentre un ghigno di vittoria si stampava sul volto del moro.

 

“Andiamo da madama Chips a farci medicare, prima che il Castello si svegli.”

L’altro, semplicemente, annuì.

E i due ragazzi, sfiniti, s’incamminarono claudicanti verso l’uscita, facendosi da sostegno a vicenda.

 

 

 

- Fine ?-

 

 

 

 

Disclaimers:

 

- Né la storia né i personaggi di Harry Potter sono miei; appartengono agli aventi diritto e, nel fruire di essi, non vi è alcuna forma di lucro, da parte mia.

 

- Questo racconto verrà postato in due parti separate, per un evidente cambio di genere: la parte drammatica finisce qui.
Il seguito e la conclusione sarà quindi l’autoconclusivo ‘Imprevisti d’amore 2’, che verrà caricato a qualche giorno di distanza da questo.

 

 

Dizionario sintetico:

 

Sirius è Felpato = Padfoot e Paddy ne è il diminutivo (intraducibile in italiano).

Remus è Lunastorta = Moony, e Honeymoon.

Severus Piton è chiamato anche Snivellus e Mocciosus.

 

 

Curiosità:

 

- La Rowling scrive nei suoi libri che, quando i nostri Malandrini erano giovani, non esisteva un preparato decente per contrastare l’‘Effetto Plenilunio’ su Lupin. Quello che distilla Piton è di recente invenzione, per sua stessa ammissione.

 

- Sirius fa parte della Costellazione del Canis Majoris, di cui è la stella più luminosa; è di colore bianco.

 

- Caia: bella farfalla notturna; il colore del corpo è rossastro, le ali superiori sono bianche, a chiazze marroni e quelle inferiori sono giallastre a macchie nere.

 

 

Si ringrazia:

La Hennè Production per le correzioni e la pazienza.
Silene & Moko, per i consigli e l’indispensabile consulenza.

Come sempre, sono graditi commenti, consigli e critiche. Chiunque desideri, può contattarmi al solito divano blue navy elyxyz@libero.it

Grazie (_ _)

elyxyz



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