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Autore: Miss Writer    30/06/2011    0 recensioni
"Dopo essermi riposata dalla mia precedente impresa, sono pronta a rimettermi in gioco, ancora."
Viaggio attraverso le antiche e magnifiche leggende giapponesi.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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A Raffaella

Capitolo I: Le Cronache Perdute – Tarō Urashima

 

Solo dopo aver chiesto scusa a Colei che muove il Sole e le altre Stelle

Nel mio Universo multicolore dove si annidano i miei pensieri insani

Vi racconterò di quel pescatore che trovò dimora nel bel Castello del Drago

Con l'unico merito di aver salvato da birbanti grinfie una piccola tartaruga.

In quell'Universo che già ho accennato poco fa le mie parole si erano perse

Nella spirale della mia fantasia, attirate da chissà quale strana creatura,

E da lì non volevano uscire tanto che per acchiapparle ho dovuto usar

La forza che a me e ad altri avevo promesso non avrei usato ne ora ne mai.

Perciò, per non cadere nel più grande errore ho deciso di giocar con loro

Di rincorrerle, ma non come un predatore a caccia della sua preda,

Ma come un amico che vuole sanare anche il più atroce e immane dolore,

Che a volte invincibile si fa e dietro di se lascia una scia incancellabile;

Senza fretta le ho cercate, dando loro il tempo di trovare la loro strada

E di raggiungermi prive di paura così da poter tornare a casa insieme

E firmare un giusto armistizio per non danneggiare ne me ne loro

Per tornar a rivivere i tempi andati senza celare la loro dignità in alcun modo.

Ecco la cagione di questo orribile ritardo, che spero non ti abbia offeso.

Ma ora le mie parole ed io ci siamo ricongiunte e siamo pronte a premiarti

Narrando cose che già si son sentite, ma che erano mal celate da una muffa

Che le faceva sprofondar nel buio baratro del non meritato dimenticatoio.

Ora grazie a noi rivoleranno sulle ali del sogno e piano ti raggiungeranno.



  Adesso mi rivolgo a te giovane pescatore che trecento anni di vita

Hai vissuto ospitato dalla bella principessa Otohime figlia del Re Drago

E per la nostalgia verso la tua dimora a casa sei tornato trovando poi niente                                                                          Oltre l'estremo dono che Quella ti disse di non aprir mai e tu però l'hai fatto.

Fammi saper se ti fa piacere rivelare le cose che giacciono taciute da tanto,

Le vicende che han fatto conoscer la tua storia alle genti delle tue terre.”

  Non so se ben mi farà toccar le dolenti note, ma la tua curiosità mi muove

Tanto da doverti far questo gran favore relegando in un angolo tutto il dolore

Or dunque di armarti delle giuste parole ti chiedo e anche di lasciarti andar

Perché con l'aiuto mio sarai tu a raccontar con la tua arte il mio oblio.”

  Se per te giusto è che io ripercorra con le mie dissonanti rime la tua vita

Con la tua conoscenza e la tua volontà a farmi da balia, altro non posso

Se non accettare la tua richiesta e lasciarti scorrer forte nelle mie vene,

E così farò, senza lamentarmi e senza obbiettare, restituendoti il favore.”

  Allora grazie e di prepararti ti dico, se non vuoi far aspettar lei oltre perché

Tu sai che perder tempo a chi più sa, più spiace, e Lei saggia lo è, sbaglio?”
“Non potevi dir cosa più giusta, perché le virtù sue son degne di nota,

Tu pensa che è stata Lei a farmi riscoprir cosa era la vera onestà, tempo fa!”

  Ebbene non puoi di certo ritardare, per forza a cantar devi iniziare!”

  Quando Tarō, nelle ore dopo il mezzogiorno si incamminava per la spiaggia,

Vide l'oltraggioso gesto di alcuni birbanti che si accanivano su una tartaruga

Tanto indifesa quanto piccola che veniva presa a bastonate sul guscio

Perché per il loro divertimento e non degli altri, spezzar glielo volevano,

E poi a pancia in su la misero per tormentar ancora la povera bestiola.

Allora Urashima, che vecchio non era, a loro s'avvicinò per incutere lor paura

Ma non vi guadagnò di certo rispetto e quindi a contrattar fu costretto:

- Giovani, allevar la volete o che altro? - Chiese. - Affar tuoi non sono,

È nostra e quello che vogliam facciamo! - Dissero con aria prepotente

- Se allevatori non siete, forse sarete commercianti. - E tolse dalla tasca

Una manciata di monete assai allettanti per quei non troppo buoni ragazzi.

- Volete vendermela? - Tentò, e in men che non si dica quelli corser via,

Al villaggio appena avevano intascato quel misero bottino dal pescator.

Non sorpreso si voltò a raccoglier la povera creatura per rassicurarla,

E anche per rimetterla nell'azzurro mar e a casa farla finalmente ritornar,

Solo dopo che con dolci parole la confortò augurandole un buon viaggio.

Il pescator dunque a casa se ne tornò e a cena si mangiò quello che pescò.

Arrivò poi l'alba e l'ora del lavoro e così per il mare se ne andò come sempre.

Anche se era lontano dalla gente là dov'era, una voce udì anche se solo era

Perciò con fare tranquillo una sola domanda pose: - Chi è là? - Disse.

Nessuno rispose, di nuovo lo ripeté e fu allora che vide emerger dalle acque

Una grande tartaruga marina che a sé lo chiamava e queste parole diceva:

- Urashima Tarō, sei stato convocato al palazzo del Re Drago, ti prego
Affinché tu salga sul mio dorso così che io ti ci possa accompagnare. -

- Devi scusarmi ma io non so chi tu sia ne cosa sia codesto palazzo. -

- Il Re Drago ti è riconoscente per aver salvato quella piccola tartaruga ieri;

Vuole ringraziarti di persona per il bel gesto, e ha mandato me a prenderti. -

- Non ce n'è bisogno, per me un enorme piacere è stato aiutarla. - Ribadì,

- Non credo sia necessario portarmi alla sua reggia per così poco. -

- La prego di salire sul mio dorso, che figura ci farei tornando da solo,

Insomma, considera la mia posizione. - Disse la tartaruga speranzosa.

Fu così che il giovane accettò di essere traghettato fino alla dimore del re.

Solo in quell'istante però, giunse nella sua mente una cura assai lancinante:

Come avrebbe fatto a respirare sotto l'azzurra distesa dell'oceano?

La preoccupazione sparì quando si mise ad ammirare le bellezze del mare:

Vide come lo sgombro e il merluzzo nuotassero liberi e fieri, i bei coralli

Gli anemoni e le stelle marine riposavan leggeri, granchi e crostacei

Ai suoi occhi sconosciuti, colorate conchiglie sul fondale, segreti consiglieri.

Poi alla sua vista si presentò un gran cancello di un corallo prezioso e ancor

Delle guardie che li stavan attendendo. Li fecero passar senza problemi.

Tre ancelle lo accolsero più dentro tra le quali riconobbe chi lì lo portò.

Dopo averlo lavato, vestito e pettinato gli fecero incontrar una bella donzella

Che i neri capelli alle onde lasciava dondolar lunghissimi e brillanti.

- Benvenuto nel Palazzo del Re Drago, io sono Otohime, sua figlia. - Gli disse

- Mio padre ti è riconoscente per i tuoi riguardi verso i suoi sudditi Tarō,

In quanto a me sono lieta di conoscerti. Sai volevo incontrarti da tanto,

Ti ho visto pescare spessissimo, e adesso ho il piacere di vederti qui. -

Il ragazzo rimase rapito dalla brillantezza di quei neri occhi e dal tondo viso

Della bella Principessa, e muto rimase grazie anche al suo buonsenso.

Fecero ritorno poco dopo le ancelle, portando con loro le prime portate

Di una cena che si rivelò deliziosa grazie ai più gustosi frutti di mare

E alle più accattivanti melodie, insieme alle più fluenti coreografie.

Dopo la cena per egli fu pronto un bagno caldo e un confortevole letto.

Quando il sonno lo abbandonò si chiese se avesse sognato ogni cosa

Ma questo pensiero svanì quando si presentò un'ancella con una lampada,

Seguirono un altro bagno, un cambio d'abito e una colazione e poi si ritrovò
Ad ammirare un giardino con Otohime, in cui si compiva un insolito prodigio:

Gli alberi crescevano, fiorivano e abbandonavano le foglie rapidamente.

- Il tempo vola. Goditi il castello. - Fu la risposta dell'ancella alla domanda.

Dopo una lunga chiacchierata con quella arrivò la Principessa che gli chiese

Se bene avesse dormito e altrettanto mangiato, e quello annuì.

- Fa di questo posto la tua casa, perché tutto è più bello se anche tu sei qui. -

Un suon di flauto invase le acque con melodie ai pescatori più che care.

Entrambi le apprezzarono e del passar del tempo più non si curarono.

- Vi sono grato della vostra bontà ma non potrò mai approfittare ancor di te,

Non sarò mai in grado di ripagarvi per ciò, a casa mia presto ritornerò . -

- Fa che sia questa la tua casa. - Esclamò ella supplicandolo di restare
Dimentica quegli scogli che ti hanno dimenticato già da tanto tempo. -

- Io non sono uno di voi e mai lo sarò. -, - Non lasciarmi Tarō, te ne prego,

Tutto quello che mi chiedi io ti darò. - Insistette senza lasciarne lo sguardo

Ma quello s'inchinò, negli occhi non la guardò: - A casa mia voglio tornare. -

Così lo fece alzare e i preparativi per il suo ritorno dalle ancelle fece iniziare.

Dopo una lunga e silenziosa camminata giunsero al grande cancello,

Salì, quello, sul dorso della tartaruga e ricevette dalla fanciulla uno scrigno

Dalle mille pietre e gemme impreziosito. - Di me non ti dimenticare, mai

Tieni questo dono. Conservalo con te ma mai lo devi aprire. Ricordati di me. -

Il viaggio a ritroso ripercorse, purtroppo più lentamente di quanto voleva.

La vista ad un tratto gli si annebbiò e dopo sulla sua spiaggia si ritrovò.

Riconobbe gli scogli e il tempio di Ebisu, ma qualcosa di nuovo notò:

Strani edifici scorse e a chieder consiglio a una vecchia andò: - Mi scusi,

Sa indicarmi ove si trova la capanna di Tarō Urashima? -, - Buongiorno,

Ha davvero un bel vestito! Tarō Urashima dice? Mia nonna mi raccontò

Che sua nonna le disse di lui molti anni fa. Che viveva proprio su quest'isola

Circa trecento anni fa. Si dice fosse un bel giovane e che sparì all'improvviso

Senza prender moglie. - Poi gli propose di incontrar sua nipote ma quello

Assai sconsolato sulla spiaggia se ne andò, quando del dono si ricordò.

Tristezza fu più forte della raccomandazione di Otohime e così lo prese.

Aveva abbandonato la sua casa per il Palazzo, e il Palazzo aveva lasciato..

Per cosa? Così tra le mani se lo girò sciogliendone la rossa corda che aveva

Con grande difficoltà lo aprì sperando di tirarne sollievo, ma così non fu.

Quando il coperchio fu alzato bianca nebbia ne uscì, ma subito lui non capì.

Il cofanetto, per sua sfortuna, conteneva i trecento anni che lì trascorse

E prima che potesse accorgersene molto, molto vecchio diventò.

Destino volle che pagato il suo pegno, egli divenisse polvere, di ciò degno.

È così è ancora adesso, perché da quel bianco limbo l'ho richiamato

Per narrar a chi mi ascolta, la sua nobile storia. 

  
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