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Autore: PrincesMonica    30/06/2011    6 recensioni
E' una FF che mi è nata dopo i Concerti Italiani. non so da dove sia uscite, comunque è stranamente Tenerosa. Jared si mette in relazione con una ragazza un po' diversa dalle solite e che lavora per loro. Riuscirà a capire che cosa vuole?
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jared Leto, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 1
 
Non le piaceva finire la colazione in quella maniera. Le piaceva prendersela con calma, mangiare il pane assaporando la dolce marmellata, meglio se di fragole, oppure la cremosa Nutella che le si incollava al palato. E poi bere grandi sorsi di succo di frutta per aiutarla a far scendere il cibo, magari leggendo un giornale a caso, anche sportivo. Di certo, però, non le piaceva interromperla bruscamente perchè il suo amante si era svegliato con la luna storta.
“Però almeno si è svegliato, un po’ di ore le avrà dormite.” Pensò mentre gettava le ultime cose nella grossa valigia che si portava dietro da settimane per il tour europeo.
Sospirò pesantemente e si buttò sul letto.
In cosa era andata a cacciarsi? Si era ripromessa di stare ben lontana da Jared Joseph Leto. Il The Hive le aveva dato un lavoro che la portava in giro per il mondo con dei ritmi discutibili, ma in fondo pagavano anche abbastanza bene e lei doveva solo non mettersi ad avere relazioni con uno dei 30 Seconds to Mars.
Ovvio.
Ed era per quel motivo che era finita a letto con Jared.
Sospirò nuovamente.
In realtà, ammise a se stessa, ci aveva provato con tutto il cuore a non immischiarsi nei suoi affari, a mantenere il loro rapporto del tutto lavorativo e basta, peccato che a Mister Leto non andasse bene e quindi era definitivamente crollata. Non che la cosa fosse brutta, anzi. Il sesso con Jared era decisamente terapeutico sotto molti punti di vista. Oltre a fare ottima attività fisica che la manteneva tonica e più in forma che mai, si sfogava con lui di tutto quello che di frustrante le capitava al lavoro e la cosa era reciproca. Se uno show andava male, il sesso era quanto di più feroce avessero mai provato prima. Se il concerto andava tutto alla perfezione, era euforico.
Il problema, per lei, era che comunque andassero le cose, il sesso era stupefacente e questo la portava a sentirsi come una drogata. Più ne faceva e più ne voleva e, siccome non era stupida, aveva ben capito che per Jared era la stessa identica cosa.
La voleva e la piazzata di quella mattina ne era la prova tangibile. Peccato che la volesse solo per il sesso, ma, in fondo, era quello che c’era tra loro no?
Chiuse gli occhi e le apparve nitida un’immagine, quella più vecchia e in un certo modo quella più pura, la prima volta che aveva visto i Mars
 
Era una tiepida giornata di inverno, a Los Angeles. Zoe e le sue amiche passavano i pomeriggi a girare per le strade trafficate della città. Andavano in giro per negozi, spendevano quei pochi dollari tra trucchi e vestiti ai mercatini. Per lei la vita era tutta li, la mattina a studiare all’UCLA per diventare un qualcosa di indefinito, dato che non aveva ancora capito cosa avrebbe fatto da grande, e il pomeriggio a fare le donne vissute, magari in qualche circolo letterario fricchettone, oppure in bar al limite della legalità a fumare qualche spinello di dubbia provenienza.
Si sentiva importante, si sentiva libera.
Aveva capito, con il tempo, che erano solo sensazioni effimere, nonera nessuno nella grande metropoli. Otto milioni di persone e lei era solo un solo elemento. Insomma, una nullità. Ma a vent’anni, Zoe non ci pensava proprio.
Quella sera lei e le sue due migliori amiche, Liz e Georgia, erano andate a mangiare in un ristorante Thai ed uscite euforiche per le avances del cameriere e girando per locali, erano arrivate ad un bar dall’aria poco sicura, ma con l’insegna al neon che occupava tutta l’entrata. A lato un cartellone scritto a mano
 
“STASERA IN ESCLUSIVA, I 30 SECONDS TO MARS LIVE.”
 
Non avevano idea di chi fossero, ma un amico di Georgia le aveva bloccate per parlare e loro avevanoavevano deciso di farsi una birra ridendo e ascoltando l’ennesimo gruppo underground sconosciuto.
Dieci minuti e una schitarrata catturò la sua attenzione. Lasciò perdere Liz che flirtava con un ragazzo e si mise ad ascoltare quello strano gruppo.
Rimase affascinata da quel cantante con i capelli di due colori, il ciuffo biondo e il dietro di un castano chiaro. Magro, vestito di Bianco con alcuni strani disegni di Frecce sulle maniche. Cantava con gli occhi chiusi, con una voce che partiva dalle note più basse prima di raggiungere vette altissime ed urla da rock Screamo.
Poi quella batteria incredibile, che riusciva a dare un ritmo unico a quelle canzoni, forte ed incessante, con dietro quell’uomo che sembrava stesse per distruggere ogni cosa. A petto nudo, sudato e scintillante, le stava scaldando il cuore.
Il bassista era altissimo, con i capelli biondi corti sparati in aria con il gel. Non sorrideva, era intento a suonare, serio e concentrato e quasi non si rendeva conto del chitarrista con i capelli neri che se la viaggiava per tutto il palco saltando come una cavalletta.
Il gruppo sembrava affiatato, di certo molto giovane, dovevano ancora migliorare, ma a Zoe erano piaciuti tantissimo.
Le parole di ribellione, di cambiamento e di ricerca l’avevano sorpresa innanzi tutto e poi ammalliata. Sembrava che stessero parlando di lei, o almeno di quello che lei intimamente voleva fare. In fondo era vero che le sue giornate andavano avanti placide e tranquille, ma lo sentiva sotto pelle che aveva bisogno di una rivoluzione. Si, quella forse era la parola giusta, rivoluzione.
“Zoe, andiamo?” Georgia la stava trascinando per un braccio, ma lei faceva ostruzionismo.
“No, vorrei finire di ascoltarli. Sono bravissimi.”
“Bravissimi? Ma fanno un casino allucinante. Senti, io e Liz volevamo andare al Viper... ci dovrebbe essere Jason.” Zoe arrossì all’idea. Jason era il Suo principe azzurro ideale, il giocatore punta della squadra di football della sua ex scuola, il suo sogno proibito da anni immemori. Andando al Viper poteva mettere in pratica il piano pensato con le amiche, ma... diavolo, quella band la stava stregando.
“E poi hanno terminato, non senti che finalmente c’è della musica decente?”
LA musica così detta decente da Liz, era qualcosa di simile a della musica dance che a Zoe aveva sempre fatto schifo.
“Veramente...”
“Ehy, ciao.”
Zoe sentì qualcuno che le picchiettava le spalle, si voltò e si trovò davanti al chitarrista che la guardava con due enormi occhi verdi e un sorriso smagliante. Era ancora sudato, indossava una maglietta scusa leggermente umida e un asciugamano bianco attorno al collo.
“Ciao.” Fece lei titubante.
“Io sono Solon.” E le diede la mano. Per fortuna quella non era umida e la stretta era salda e sicura.
“Io sono Zoe.”
“Ho visto che eri interessata alla nostra musica, quindi mi sono permesso mi venire a salutarti.”
“Sì, non siete per niente male. Mi piace il vostro sound. Siete nuovi?”
“Abbastanza. Jared e Shannon, cantante e batterista, hanno iniziato a fare qualcosa fin da piccoli, ma insieme abbiamo iniziato da poco. Stiamo iniziando a farci conoscere intanto qui a Los Angeles, poi la California e poi il resto del mondo, no?” e rise felice.
“Avete piccole ambizioni.”
“Il motto che ci ripete Jared ogni giorno è, Provehito in Altum.”
“Puntare verso l’alto? Interessante.”
“Sai il Latino?” le chiese sorpreso.
“Si, sto studiando lettere all’UCLA. Non so bene cosa voglio fare, ma intanto studio.”
“Zoe, andiamo?”
Georgia aveva le mani incrociate al petto e batteva un piede a terra decisamente innervosita. Non voleva più stare li, il messaggio era chiarissimo.
“Scusami Solon, devo andare.” Vide un lampo di delusione sui suoi occhi. “Ma magari vengo al vostro prossimo concerto, magari da sola.” E sorrise debolmente.
“Se mi dai il tuo numero o un indirizzo e-mail, ti avviso io.”
 
Zoe sorrise nella solitaria stanza d’albergo. Solon all’epoca era stato gentilissimo. Non aveva mai saputo se per un interesse personale o semplicemente per pubblicizzare la band. Non ava avuto il tempo per scoprirlo, dato che a breve Solon aveva lasciato la band e non aveva più provato a farsi sentire.
Erano passato undici anni da quella sera, undici lunghissimi anni nei quali lei si era laureata in lettere antiche, aveva avuto il suo momento di gloria con qualche pubblicazione nei giornali del settore e si era messa ad insegnare storia alle scuole elementari e, soprattutto, era diventata una delle prime Echelon. Grazie al contatto che aveva con Solon, riusciva ad andare ad ogni serata che facevano in città.
Li aiutava nella promozione, magari in facoltà, andava in giro per negozi a lasciare dei volantini fatti in casa da lei e le sue amiche, si era stranamente buttata in un qualcosa che prima non aveva neppure sognato di fare. E la cosa le piaceva, la faceva sentire libera.
Nonostante l’amore e la passione che ci metteva, però, aveva deciso di mantenere una sorta di distacco. Aveva già visto che Shannon era un marpione che ci provava con qualsiasi ragazza girava nei dintorni, in primis Georgia al terzo concerto nel quale l’aveva portata, mentre Matt rimaneva sempre in disparte, come se fosse di una timidezza cronica. E Jared? Si concedeva con parsimonia, spesso andava via prima degli altri insieme alla sua fidanzata Cameron.
“Cavoli, stava con Cameron Diaz” pensò nuovamente Zoe “come posso anche solo minimamente pensare che dopo una relazione con una come lei, possa provare un serio interesse per me?” Sospirò.
Era un problema non da poco: finchè tutto rimaneva sul piano fisico e sessuale, la cosa funzionava bene, ma non poteva permettere di far giocare anche eventuali sentimenti.
Jared era una calamita, un turbine che ti intrappolava e non ti lasciava più, che fosse per il lavoro o anche semplicemente per la sua personalità. Era ingombrante a volte, perchè dove arrivava lui, il resto spariva. Non lo faceva apposta, Zoe ne era perfettamente consapevole, solo che per persone carismatiche come lui veniva naturale, come respirare.
Non poteva permettersi di innamorarsi di lui, sarebbe stato un suicidio emozionale.
Si alzò dal letto di scatto e chiuse la valigia quasi con rabbia.
“Fanculo.” Mormorò, poi prese il telefono. Dopo due squilli ricevette risposta.
“Buongiorno, sono Zoe Hayden*. Abbiamo parlato per il trasporto in aeroporto dei 30 Seconds To Mars. Entro un’ora siamo pronti a partire.”
Battè il piede per terra quasi spazientita dalla voce della receptionist dall’altra parte, che con voce fastidiosamente nasale stava ricapitolando tutto quello di cui avevano già abbondantemente parlato i giorni scorsi.
“Non so se ha capito: tra un’ora siamo pronti. Arrivederci.”
Non era da lei chiudere le telefonate in quella maniera, ma era nervosa. Non finire la colazione le faceva quell’effetto.  Certo, anche i pensieri che variavano dall’omicidio al matrimonio verso Jared non aiutavano.
La porta della sua camera si aprì di scatto e ritrovò Emma che la fissava con la valigia in mano.
“Andiamo?”
“Le macchine saranno qui tra un’ora.”
“Bene, così avrai il tempo di farti fare un caffè decente, di quelli assurdi che piacciono a te.”
“Non sono assurdi, sono solo ristretti, ma tanto ora non ne ho voglia. Facciamo sto check out e andiamocene da qui.”
La moquette sotto i piedi rendeva i loro passi ovattati nel silenzio del corridoio, finao a quando arrivarono nella hall dove anche gli altri stavano lentamente ridando le chiavi delle stanze e firmando i Voucher.
Emma, con volto apparentemente di una addormentata cronica, arrivò al banco e terminò tutti i dettagli della loro permanenza. Era lei che pagava, era lei che sistemava eventuali problemi, insomma, era lei che gestiva tutto.
Zoe si sedette sul suo trolley guardandosi la punta delle sue scarpe: aveva di notato che tutti di soppiatto la stavano guardando, probabilmente perchè curiosi di sapere qualche dettaglio sulla scenata di Jared. Che ne poteva sapere lei? Era Jared quello strano che tutto ad un tratto scoppiava e scendeva a fare... bho, che faceva? La Divah?
“Ti va di farmi compagnia per una sigaretta?”
Alzò la testa e trovò Tim che la guardava con il suo normale sguardo da cucciolo. Quegli occhi enormi erano magnetici e profondi, le davano sempre un’incredibile sicurezza. E poi alto com’era, Tim quando la abbracciava praticamente la ricopriva tutta.
“Certo.”
L’arietta fresca fuori dall’hotel fece fare a Zoe un piccolo sorriso: non c’erano Echelon appostate e quindi potevano stare tranquilli a parlottare di nulla, come sempre succedeva qualcosa.
“Allora, in confidenza tra noi... che succede tra te e Jared?”
Lei si irrigidì e riuscì, all’ultimo a non mandarlo a quel paese: in fondo Tim, lo aveva capito, era preoccupato. La piccola ruga che gli solcava la fronte era un sintomo abbastanza chiaro. Deglutì.
“Non succede nulla.”
“Non eri tu quella che ripeteva, niente storie con le rock star?”
“Sì e credimi, vale ancora. Non c’è nessuna storia, solo... sesso.” Tim aspirò una boccata di fumo per poi espellerla piano, come meditando.
“E non ti pare che con uno come lui sia già da considerarsi una storia?”
“No! Le storie sono cose... serie. Sono legami continuativi, non una semplice scopata post concerto. Senti Tim, apprezzo il tuo interessamento, ma...”
“Sono solo preoccupato per te. Jared è vecchio abbastanza per sapere come si deve comportare, ma tu...”
“Ho trent’anni Tim, non sono una delle sue ragazzine isteriche. So cosa voglio e cosa mi serve.”
Lui gettò il mozzicone a terra schiacciandolo con la punta per spegnerlo: non sembrava molto convinto delle parole della ragazza, ma scrollò le spalle e cercò di darle il beneficio del dubbio. Ovviamente Zoe non sapeva che lui la osservava in ogni momento dei concerti e aveva ben capito che le sue parole erano false. Anzi, Zoe erano convinte che fossero vere, perchè si stava autoconvincendo che non provava nulla, peccato che solo lei ci stava credendo.
Scosse il capo e l’abbracciò accarezzandole la schiena con dolcezza.
“Grazie Tim, sei un amico.”
“Lo so.”
Nella hall, riparato da sguardi indiscreti, Jared osservò tutta la scena con occhi imprescrutabili. Non poteva mentire: quell’abbraccio, anche se totalmente amichevole, gli stava dando nervoso. Quella mattina aveva sbagliato tutto, non  avrebbe dovuto fare la scenata e soprattutto avrebbe, forse, dovuto parlarle, ma per dirle cosa? No, lui aveva una certa credibilità da mantenere e non poteva giocarsela in quella maniera.
“Io sono sempre più convinta che è il momento di chiarire tra voi. Viaggeremo per tutta l’estate assieme, non potete rimanere così. Parlatene.” Sussurrò Emma apparendo quasi dal nulla.
“Non serve. So già cosa devo fare.”
 
 
*Omaggio al centauro americano più figo in circolazione, Nicky Hayden.
   
 
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