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Autore: Bikachu    01/07/2011    0 recensioni
Essere l'unica persona su cui possono fare affidamento.
L'unica che possa nasconderli e tenerli al sicuro dalle telecamere.
Un'amica, una persona importante capace di far tornare il sorriso a chi davanti alla propria vita ha trovato il buio tutto d'un fiato.
Tom ha bisogno di lei e Bill ora più che mai teme di non riuscire a controllare se stesso.
Ma quando il sostenere un amico diventa un qualcosa di più, ecco riaffiorare i ricordi passati che metteranno a dura prova una storia d'amore tenuta sospesa fra il presente, il passato e il futuro di due gemelli che vedranno in pericolo la loro notorietà e di una ragazza che, offuscata dall'amore ma per niente ingenua, tenterà di non fare l'ennesima scelta sbagliata.
Genere: Drammatico, Erotico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Casa Keller
20 Ottobre

Quando riaprii gli occhi, intravidi le fiamme del fuoco vibrare e lo schioppettio del caminetto acceso.
Una coperta era avvolta attorno a me e sul tavolino ai piedi del divano dove ero miracolosamente sdraiata c'era una tazza di cioccolata fumante e un paio di biscotti.
Rendendomi conto di essere svenuta, un attimo di vergogna mi invase al solo pensiero del mio corpo semi-morto non dare più segni di vita davanti a David, già parecchio sconcertato dalla vicenda di poco prima.
Tom stava male, non sapevo da cosa era affetto né come si poteva curare, se c'era una cura, quanto poteva durare la convalescenza, dove doveva essere portato, analisi, prelievi, ospedali...
Il mal di testa tornò più forte di prima. Portai una mano alla fronte stringendomi dolcemente le tempie e provando ad alzarmi facendo forza su un gomito.
Riuscii a sedermi e a prendere con entrambe le mani la tazza di cioccolata per paura di farla scivolare mentre ancora non ero completamente tornata me stessa con tutti i sensi al posto giusto.
Sorseggiai un goccio di cioccolata che mi riempì di calore il petto e mi placò i pensieri.
Ora sapevo, quindi dovevo reagire altrimenti mi sarei fatta trascinare nel baratro oscuro della mia mente dove non volevo più tornare e questo era certo.
Pensare, pensare, pensare...
Georg e Gustav erano in Germania, per loro i problemi di gossip erano in parte risolti da quando i gemelli abitavano a Los Angeles ma Bill e Tom non potevano assolutamente rimanere in America, anche perché io non potevo spostarmi da Berlino: con gli esami dell'università, il lavoro, era impossibile trasferirmi in maniera permamente ma forse per brevi periodi sarei riuscita ad organizzarmi gli impegni.
Loro potevano restare da me, nella mia stanza c'è annesso un bagno con tutte le comodità mentre io potevo dormire sul divano vicino al camino e quello non era un problema.
Altra cosa da non far notare erano le macchine: può sembrare una cosa futile e alquanto superficiale pensare a cose materiali in momenti del genere ma era necessario far sparire le loro auto da sotto il parcheggio di casa mia.
Abito in un appartamento e ho un box auto soltanto dove tra l'altro tengo la mia macchina che utilizzo per gli spostamenti lunghi, quelli fuori città, per andare ai corsi dell'università o a fare la spesa prendevo i mezzi pubblici o andavo a piedi.
Le loro macchine potevano restare in un parcheggio pubblico oppure a casa dei miei, a Lipsia, quindi il prima possibile dovevo chiamare mia madre e aggiornarla su tutta la questione "Kaulitz" così papà sarebbe sceso in treno e ne avrebbe portata via almeno una delle due, quella più appariscente ovviamente.
L'altra poteva benissimo rimanere nel parcheggio esterno del palazzo che era abbastanza largo e poi a quel tipo di problemi si trova una soluzione quando ci si trova di fronte.
D'un tratto David si affacciò da dietro lo stipite dell'arco del salone silenziosamente, pensando che ancora dormissi.
- Vieni Dav, sto bene adesso. - lo rassicurai facendogli un sorrisetto sbiego e tornando a fissare il fuoco. Lui si sedette vicino a me e gli porsi un pezzo di coperta sulle ginocchia.
- Io devo parlarti Kim, ma ho paura che adesso avrai altri mancamenti. Sei debole e non sono sicuro che riusciresti a tenere questa conversazione. -
- Ohh dai, tranquillo, la tua cioccolata mi ha decisamente rimesso al mondo. Sarei pronta anche ad andarli a prendere direttamente a Los Angeles. - strinse le labbra in un sorriso forzato come per autocinvincersi che poteva parlare di Tom e Bill senza che io svenissi di nuovo.
- Ok, allora comincio. -
- Va bene. -
- A patto che tu non mi interrompa. -
- Non c'è problema. - certe volte indossavo una maschera talmente perfetta da non far trapelare neanche un attimo di inquietudine.
- Come ti ho detto prima, se ricordi, ti ho accennato che loro non possono più vivere in America per questioni di soffocamento da parte dei media che in parte è vero ma la realtà e la vera problematica che è venuta fuori in queste settimane, è una strana "epidemia" se così possiamo chiamarla, che ha preso Tom. -
- Epidemia? - ripetei storcendo la bocca ed immaginando come poteva essersela presa.
- Si, ma non si sà come se la sia presa né quanto dura, quindi dobbiamo farlo visitare dagli specialisti in Germania perché è più sicuro, qui parla la sua lingua ed è più a suo agio.- non faceva una piega.
- Capisco. -
- Però, quello che per ora ci hanno detto i medici in America è che dovrà fare delle trasfusioni di sangue e che quindi dovrà passare molto tempo in ospedale a fare avanti e dietro da casa. -
- Non è un problema, basta che riesca a farmi mettere gli appuntamenti di Tom con gli orari dell'università e del lavoro, poi comunque c'è Bill che... - mi freddò con lo sguardo. - Ah, è vero... non dovevo interromperti... scusa. -
- Quindi, come hai detto giustamente tu, potremmo fare così con gli orari e poi troviamo una sistemazione vicina ai gemelli così che tu possa andarli a trovare in maniera rapida e all'occorrenza cinque minuti e sei da loro. -
- Mi dispiace dissentire ma devo fermarti per forza. - mi squadrò e alzò lievemente un sopracciglio curiosamente. - I gemelli possono stare direttamente nel mio appartamento. Ci stavo pensando prima, quando mi ero appena svegliata dal "coma", e magari se loro avrebbero accettato potevano benissimo restare qua per tutto il tempo che gli serve. Gli lascerei la mia camera, dove c'e anche un bagno se hai visto bene, mentre io dormirei qua così la mattina visto che esco di casa molto presto, loro possono rimanere a dormire senza che vengano disturbati in alcun modo o da alcuna cosa. Vado ai corsi, vado a lavoro e torno per l'ora di cena, quindi avrebbero casa completamente a loro disposizione per tutta la giornata. - David si pizzicava la barba del mento pensieroso, come se stesse prendendo seriamente in considerazione le mie parole. Era ora di dare il colpo di grazia. - Vitto e alloggio garantiti e per di più... senza paparazzi in giro. Assolutamente una vita normale, noiosa, dedita allo studio e al lavoro. -
Mi guardava fisso, senza dire nulla. Annuiva leggermente con la testa e niente più.
- ...allora? Ci stai? Prima che cambi idea Dav, per favore. -
- Ok ok ok, ci sto ma... - c'era anche un "ma"? Dopo tutto quello che avevo proposto c'era anche il "ma". - Dovrai aiutare i gemelli in una cosa importante, forse la più importante perchè fondamentalmente non si parla di entrambe i gemelli ma solo di... ehm... di Bill. - sospirai sentendo quel nome.
- Mh, e cosa vuoi che io faccia di preciso per Bill? - sottolineai con enfasi il suo nome.
- Dai non prendertela con lui, almeno non ora in questa situazione. Cerca di lasciare almeno per questo periodo che vivrai con loro sotto un unico tetto il passato alle spalle e dagli una mano. -
- Ti ripeto la domanda in maniera lenta e scandita: cosa, devo, fare, per, Bill, punto interrogativo. - alzò gli occhi al cielo capendo che sarebbe stato più difficile del previsto.
- Cerca di fargli pesare il meno possibile la malattia di Tom. Sono gemelli Kim, li conosci praticamente da quando hai memoria, sai come si comportano l'uno con l'altro e sai che tipo di legame speciale hanno. Se uno sta male di riflesso anche l'altro non è al massimo delle sue forze seppur in realtà è sano come un pesce. -
- Si, lo so. - dovetti confermare con gli occhi bassi.
- Quindi, te lo chiedo con il cuore in mano, supllicandoti in ginocchio se servirà, ma fai in modo e maniera di sollevare i pensieri di Bill perché prima di tutto non si capisce se sta bene, se è connesso con il mondo o se parla telepaticamente con Tom e poi perché si isola, vuole stare da solo oppure fa le nottate a fissare per ore il fratello mentre dorme. Ha paura di tutto, anche del più lieve spiffero d'aria che entra dalla finestra. Ma la cosa brutta è che l'ho trovato pochi giorni fa a piangere in camera sua al buio. - chiusi gli occhi ed ebbi l'immagine di Bill che piangeva, scossi la testa e volli scacciare via quell'orrenda visione. David capì all'istante cosa avevo percepito.
- Non andare oltre. - lo fermai con un gesto della mano sollevata come per tappargli la bocca e non far uscire nient'altro. - Ho capito, mi hai convinta ma... fermati qua non c'è bisogno di continuare. -
Mi alzai noncurante della coperta che scivolò a terra e mi si arrotolò alle caviglie. La scacciai con un colpo del piede e andai in cucina, proprio dietro al divano: una delle fortune di avere un appartamento con salone e cunina "all in one" era che non dovevi farti tutto il giro di casa per prendere un bicchiere d'acqua dal frigo.
Posai nel lavandino la tazza con la poca cioccolata rimasta e vedendo scendere una gocciolina all'interno della ceramica non riuscii a resistere e la catturai con un dito mangiandomi anche quella. Drogata di cioccolata.
Andai verso il frigo e lo aprii in cerca di acqua fresca, si, era autunno e in Germania fa freschetto in questo periodo ma se non avevo perennemente una bottiglia d'acqua in frigo mi pareva vuoto.
- Dav, posso offrirti qualcosa da bere? - ci pensò poi si voltò verso di me dal divano e come se ordinasse al bar chiese gentilmente una birra.
Ma forse, non sapeva che per mantenermi gli studi e non gravare troppo sui miei genitori, io lavoravo prorio in un bar e quindi per me quella era solo l'ennesima birra da servire.
Stappai con una forchetta in fretta e furia il tappo della birra, cosparsi il beccuccio con del sale e ci misi in mezzo uno spicchietto di limone: in frigo avevo una Corona e quale miglior modo di berla se non con del limone?
Ritornai da lui con in mano la sua birra e nell'altra la mia acqua frizzante.
Bevve un sorso e rimasi ad aspettare un suo commento con un sorrisetto furbetto stampato in faccia.
- Allora, com'è dottore?- fece schioccare la lingua sul palato emettendo quel suono della voce tipico che facciamo non appena beviamo qualcosa di dissetante.
- Ottima Kim, davvero buona! -
- Non c'è di che, Dav. -
- Ma tu... suoni per caso? - lo vidi fissare la mia Epiphone Alpine White appoggiata al muro.
- Bhè... non esattamente. Non ho mai preso lezioni di chitarra, sono autodidatta. Piu che altro mi piace cantare. - lo vedevo interessato all'argomento, quindi mi sembrava normale continuare a parlarci tranquillamente. - Ho registrato casalingamente un paio di pezzi unplugged con una mia amica ma non li abbiamo mai messi su internet... a dire la verità non ci abbiamo mai pensato, ognuna di noi ha diecimila cose da fare e non abbiamo proprio il tempo materiale per portare avanti questo progetto. -
- Avete un nome? -
- No, non ne vedevamo l'utilità. Ci riuniamo, suoniamo, pizza con birra e poi tutte a casa. -
- Tutte donne? - chiese sbalordito.
- Già. - confermai fiera e spavalda mandando giù un sorso d'acqua come se fosse il drink più pregiato al mondo. - Tutte donne, per la precisione siamo quattro come i tuoi beniamini. - sorrise a quella battuta.
- Non lasciarlo mai questo tuo sogno, poi magari, potrebbe essere un punto di partenza per far distrarre Bill. Mostragli i tuoi testi, potrebbero piacergli! -
- Si, come no... - dissi sarcastica. David non sapeva che tutti i testi in realtà, anche se non esplicitamente, parlavano per la maggior parte di lui.
- Provaci, promesso? -
- E va bene, promesso! Contento adesso? -
- Si, più di prima! -
- E ridammi la birra non te la meriti! - gliela strappai dalle mani scherzosamente. - Senti Dav, ma... quando dovrebbero arrivare i Kaulitz? -
- Penso che entro domani sera stiano in città e senza che pernottino in qualche albergo che possa dare la soffiata, li faccio venire direttamente qua. Tu a che ora sei a casa? -
- Per le 8.00 di sera penso di essere qui, ti lascio le chiavi se vuoi. -
- Ottima idea! - andai in corridoio e dentro una teiera di porcellana bianchissima presi il doppione delle chiavi di casa: quello essenziale, senza fronzoli, solo chiavi del portone, garage e porta d'ingersso.
- Eccole qua. - gliele lanciai e le prese al volo.
- Senti, mi ha fatto davvero piacere rivederti dopo tanto tempo e credo ti renderò grazie in eterno per quello che stai facendo. Farò il possibile per tenere gossip e stampa lontano dalla Germania, fingerò che i Kaulitz siano ancora a Los Angeles così avrai una copertura totale e non dovrai preoccuparti di nulla! -
- Grazie mille, scusa Dav ma devo veramente andare a dormire, domani avrò una giornatina niente male tra studio e lavoro. -
- Si certamente, scusami. - si avviò verso la porta e uscendo si voltò verso di me improvvisamente come se avesse scordato qualcosa.
- Kim devo dirti una cosa, anzi devo confessarti una cosa. -
- Cosa? Che altro c'è? - ero così satura di notizie che non ne avrai assimilata un'altra, neanche se fosse stata piccolissima e insignificante.
- Non sono venuto qui per volere mio, mi ha detto Bill di venire da te e non smette di pensare a quanto sia stato stronzo a farti quello che ha fatto. - il mondo si fermò e quelle parole fecero uno sforzo enorme per entrare ed uscire dalle mie orecchie come una macchina da corsa, ma facendo appello a tutta la mia forza, ci riuscii.
- Ok. Buonanotte Dav, ci sentiamo. - chiusi molto lentamente la porta e figurativamente chiusi anche tutto ciò che per me era stato Bill Kaulitz fino a quel momento, fino alle ultime parole di David.
Bill Kaulitz non avrebbe dovuto rivolgermi la parola e se stava a casa mia, stava alle mie regole!
   
 
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