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Autore: Patta97    02/07/2011    5 recensioni
Questa FF è sorta da delle semplici domande: come si sono rincontrati Harry e Dudley? Come l'hanno presa? E le loro nuove famiglie?
E così, ho iniziato a rispondermi ed è venuto su questo: a voi il parere!
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dudley Dursley, Famiglia Dursley, Harry Potter | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Erano passati tre giorni dall’infausta cena. I bambini erano partiti per Hogwarts. Dudley non si era fatto sentire con Harry, né viceversa.
Nella casa del primo, regnava un silenzio pesante da quella sera. Dudley era imbarazzato, era andato tutto male, e per colpa sua; se solo avesse detto a Darla tutta la verità prima… ma ora era tardi. Darla si comportava normalmente, svolgeva le faccende di casa, andava a lavorare, cucinava, ma in silenzio. Non era mai stata una donna silenziosa, neanche da bambina, aveva sempre colpito le persone per la sua lingua pronta e anche per questo era molto amata e stimata dai suoi pazienti e colleghi. Quel silenzio così rumoroso premeva sulle pareti della casa, quasi a volerla fare esplodere. Quella mattina erano seduti a tavola a consumare il pranzo, mangiavano senza far rumore. Se Darla non parlava, Vernon non proferiva parola, se lui non apriva bocca non lo faceva nemmeno Dudley e il piccolo Bobby non era mai stato un chiacchierone. Il bambino, vedendo le reazioni della madre alla sua rivelazione magica straordinaria, si sentiva come in colpa; capiva che aveva rotto qualcosa e credeva che il peso di quella cosa spezzata, qualsiasi fosse, pesasse sulle sue minuscole spalle. I suoi occhi verdi erano tristi, tra le sopracciglia si era sistemata una rughetta di preoccupazione e pasticciava con la sua pappa senza entusiasmo e senza mangiare nulla. Vernon aveva sempre mangiato tanto, ma da tre giorni quasi non toccava cibo. Fissava il fratellino con aria ferita, quasi si sentisse tradito. Bobby era sempre stato migliore di lui, nonostante i suoi tre anni e mezzo. Aveva gli occhi verdi, il visetto angelico, era tranquillo e piangeva sempre per un motivo, era magro e slanciato e sorrideva a tutti, guadagnandosi subito la simpatia e la tenerezza altrui. Mentre lui era grasso, con la faccia antipatica, sempre curioso dei fatti degli altri. Ma non lo faceva apposta. Era il suo unico modo per conoscere gli altri, non conosceva altro modo.
Quando era più piccolo e Bobby non era ancora nato, sua madre e suo padre erano molto più impegnati col lavoro: Darla aveva appena aperto il suo studio da psicologa, mentre Dudley aveva preso le redini della Grunnings, così lasciavano il bimbo alle cure dei nonni. Nonno Vernon, per non avere delle piante meno curate dei vicini, si cementava col giardinaggio e Vernon usciva nel passeggino con nonna Tunia per delle commissioni. Lei, con gli latri, si comportava proprio come lui adesso. Naso per aria, espressione superiore, alzava un sopracciglio quando qualcosa era “strana”, gli sussurrava in un orecchio che quello “non andava”, quell’altro era “una stramberia” e quell’altro ancora “faceva così perché non stava a posto con la testa”; quando Vernon non capiva, confuso, lei gli sorrideva e gli dava un bacino sulla guancia paffuta. Il piccolo Dursley, che, trascorsa praticamente tutta la sua infanzia con la nonna, le voleva molto bene, iniziò a prenderla per modello. Quando, quasi quattro anni prima, era nato Bobby, Darla e Dudley erano più stabili col lavoro e avevano dedicato più tempo al figlio minore di quanto non ne avessero mai dato a Vernon; il maghetto, quindi, sotto l’influenza amorosa dei genitori, aveva stabilito un carattere migliore di quello del fratellone. Fu in questo momento, mentre tutti erano presi dai loro pensieri, che suonò il campanello. Darla, che si era appena alzata per sparecchiare, andò a vedere chi fosse.
- Oh, ciao Petunia – si sentì dalla cucina.
- Buon pomeriggio, Darla – disse la voce di nonna Tunia. – Spero di non aver disturbato… -
- No no, figurati – disse Darla. – Entra -.
- Grazie – disse la donna. Poco dopo fece il suo ingresso in cucina.
- Nonna! Nonna! – esclamò Bobby, facendo un sorriso a trentadue bianchissimi denti da latte.
Vernon sorrise piano alla nonna, lei ricambiò, anche se aveva un’aria come dispiaciuta.
Dudley si alzò col proprio piatto vuoto in mano e andò a dare due baci alla madre.
- A che dobbiamo questa visita, mamma? – chiese.
- Vi vorrei raccontare una… - Petunia sembrò pensarci su. - …una storia -.
Dudley la guardò, confuso; Darla sembrava più perplessa di lui.
- Intendi dire ai ragazzi? – chiese la donna, senza capire.
- In realtà, se è possibile, vorrei raccontarla a tutti e quattro insieme – puntualizzò. - Se non avete niente da fare, s’intende… - aggiunse.
Vernon balzò in piedi, curioso come sempre.
– Io no – disse. – La scuola ancora non è iniziata, non ho compiti – spiegò.
- Tu dovresti ripassare matematica, me lo avevi promesso – lo rimproverò Darla.
- Lo farò dopo che la nonna sarà andata! – assicurò il ragazzino. Darla sospirò, annuendo.
- Questa settimana allo studio siamo ancora in ferie – comunicò lei.
- Bé, oggi a lavoro pensava a tutto Smith… - disse Dudley.
- Perfetto – decretò Petunia.
Darla fece strada a tutti verso il salotto e si accomodò sul divano assieme a Dudley e Bobby sulle ginocchia di quest’ultimo. Petunia su una poltrona e Vernon sull’altra.
- Che… storia vuoi raccontarci, nonna? – chiese Vernon, impaziente.
- Questa storia, Vernon, parla di due sorelle – incominciò Petunia, prendendo un bel respiro prima di parlare. – La maggiore aveva quasi tre anni quando la minore nacque. I genitori la chiamarono Lily… - la donna fece una pausa. Tutti e quattro la ascoltavano, ma solo negli occhi del figlio, adesso, al sentire quel nome, era comparso un velo di consapevolezza e si fece più attento; Petunia continuò.
– Le due sorelle si volevano molto bene anche se, man mano che Lily cresceva, la sorella maggiore diventava sempre più invidiosa di lei. – lanciò un’occhiata a Vernon, che abbassò lo sguardo sulle ginocchia, in silenzio. - Lily era snella e aggraziata, aveva il visetto magro e con qualche piccola lentiggine, folti capelli rossi, lunghi fino alla vita, ereditati dalla madre, e gli occhi avevano il colore del padre: verdi, verdi come l’erba a primavera, come le foglie di un albero forte e flessuoso, come la speranza della giovinezza, come… - prese un altro respiro, aveva gli occhi lucidi. - Come l’invidia che la sorella maggiore provava nei suoi confronti. Lei era tutto l’opposto della dolce sorella. I capelli erano biondo scuro, gli occhi chiari, quasi privi di calore, ma pieni di rancore. Lily colpiva sempre per la sua simpatia, e adesso so che, a soli nove anni, si era guadagnata un amore che sarebbe durato in eterno. Le due sorelle crebbero e, quando erano sole, la maggiore era protettiva e gentile con Lily. Quando erano sole, era come se tutte le loro differenze sparissero, spazzate via dal loro amore. Sognavano di diventare grandi, innamorarsi dell’uomo perfetto, farsi da damigelle d’onore a vicenda il giorno del matrimonio, far crescere insieme i propri bambini. Lily, però, intorno ai sette anni, mostrò qualche stranezza: faceva nascere fiori da boccioli appassiti, quasi volava dandosi una forte spinta con l’altalena, trasformava pietre in foglie con un solo tocco. Poi, un giorno, successe una cosa che fece trasformare il cuore rancoroso della sorella maggiore in un cuore ferito, che fece arrivare l'odio al culmine. Infatti Lily, l’estate prima del suo undicesimo compleanno, ricevette una lettera giallastra scritta con inchiostro verde, che portava uno stemma in ceralacca rossa. Quella lettera la informava di essere una strega – altra pausa. Fissò i suoi ascoltatori: Dudley la osservava, curioso di sapere del perché stesse raccontando loro quella storia; Darla sembrava aver capito da un po’ dove quel racconto andasse a parare; Vernon continuava a guardarsi le gambe, mortificato, e Bobby ascoltava, entusiasta; Petunia continuò. - Il giorno dopo arrivò una donna vestita con un lungo mantello sopra a dei vestiti normali, che la invitava a iscriversi a una scuola di magia. Spiegò tutto ai genitori delle bambine e, mentre Lily ascoltava, attenta, cercò lo sguardo della sorella, ma quella era salita al piano di sopra a scrivere una lettera al Preside di quella scuola, pregandolo… supplicandolo di permetterle di seguire la sorella. La lettera di risposta arrivò un paio di giorni dopo: il Preside le diceva che no, purtroppo non era possibile. Lily partì a Settembre per quella scuola, la sorella la chiamò mostro – pronunciò la parola con disgusto, come se si vergognasse di averla ripetuta. – Lily frequentò quella scuola per sette anni, tornava a casa per le vacanze di Natale, di Pasqua e in estate, ma il suo rapporto con la sorella si faceva sempre più teso… non che lei non si sforzasse, ma la sua sorella maggiore metteva ogni ostacolo possibile davanti a lei: non rispondeva alle sue lettere e presto Lily smise di scrivergliene. Poi, il settimo anno in quella scuola, Lily s’innamorò. Si chiamava James, si fidanzarono. Nel frattempo la sorella conobbe quello che sarebbe diventato suo marito: entrambe avevano incontrato “l’uomo dei propri sogni” che sognavano da bambine. Lily invitò sua sorella per una cena di riconciliazione coi rispettivi fidanzati, ma James litigò con il ragazzo della sorella maggiore, e la serata finì in un disastro, con Lily in lacrime. La sorella maggiore e il suo fidanzato si sposarono, ma lei non scelse Lily come sua damigella d’onore, come progettavano da piccole. Lily si sposò pure e, al contrario della sorella, la invitò a essere la propria damigella, ma quella rifiutò, non presentandosi al matrimonio. L’ultima lettera che la sorella ricevette da Lily fu trentasei anni fa, quando quest’ultima la informava della nascita del suo bambino, Harry; la sorella maggiore non le rispose, senza nemmeno dirle che, a sua volta, un mese prima, aveva partorito un maschietto – Petunia si interruppe l’ennesima volta, le lacrime le riempivano gli occhi, mentre raccontava della sua infinita invidia, del suo odio gratuito verso la sua sorellina si sentiva lei il mostro. Tutti la guardavano, ormai avevano capito ed erano immensamente dispiaciuti. Petunia finì il suo racconto fissandosi il grembo. - Quella fu la penultima volta che ebbi notizie di mia sorella e l’ultima che ne ricevetti direttamente da lei. Conservo ancora quella lettera. Le altre notizie le ricevetti in una lettera, infilata in delle coperte nelle quali era avvolto un bambino minuscolo con una cicatrice sulla fronte; in questa era scritto che mia sorella era morta assieme al marito e mi pregava di prendermi cura di mio nipote come se fosse mio. Bé, io non trattai Harry come un figlio, lui era il riflesso dell’amore tra mia sorella è uno “spostato” come lei, solo diciannove anni fa mi resi conto della mia stupidità. E solo tre giorni fa ho avuto l’occasione di rimediare – alzò il capo, fissando ogni membro del suo piccolo pubblico, che sembrava ammutolito da quel racconto.
- Dudley, abbi cura della tua famiglia – disse, rivolgendosi al figlio. Lui annuì e sfiorò la mano della moglie, che gli rivolse un piccolo sorriso. - È fantastica e la proteggerò… - sussurrò l’uomo.
- Darla, comprendi mio figlio per le sue scelte e accetta il mondo magico, non ti farà del male – consigliò rivolta alla nuora. Quella assentì, carezzando i capelli biondi di Bobby.
- Mio piccolo bambino – aggiunse rivolgendosi al minore dei suoi due nipoti. – Sei speciale, e ti assicuro che avrai sempre l’affetto di tutti, soprattutto del tuo caro fratello, che ti vuole più bene di qualsiasi altra cosa al mondo, perché so che è così, vero, Vernon? – si voltò verso il nipote, che stava nella poltrona accanto a lei. Gli rivolse uno sguardo carico di aspettative, gli chiese di non fare lo stesso errore che lei aveva commesso. Lui sorrise a lei e poi subito al fratellino, che balzò giù dal divano e gli saltò addosso, ridendo felice.
 
Quando Petunia Dursley uscì poco dopo dal numero quattro di Privet Drive, dando un bacio ai nipoti, alla nuora e al figlio, tutti si sentirono sollevati. Era come se un grosso peso, forse “quella cosa spezzata” cui pensava prima Bobby, fosse appena svanito dalle loro spalle. Iniziarono a scherzare, giocare, sorridersi e punzecchiarsi. E non ci fu più silenzio.


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Salve! Scusate il ritardo e l'inusuale lunghezza del capitolo!
Se ci sono errori di qualche tipo perdonatemi, fatemeli presenti e li correggerò! ^^
Grazie di tutto,
Patta
PS Vi prego recensite!
  
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