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Autore: tanechka    03/07/2011    1 recensioni
Ha goduto. Ha tradito. Non ha mai amato.
Io ti ho amato.
Io no. Ho mentito. Ho tradito. Ho goduto.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Vi credete fighi

Vi credete fighi, ma siete solo degli sfigati, pensa lei con affetto sincero. Li osserva. Li ama. Ha le vene piene di perdono e compassione, ma non le importa davvero. A nessuno importa davvero sapere cosa ne sarà di lei e della sua carne docile, accomodata con gentilezza contro il muro ruvido. Striscia i piedi sulla moquette sporca, colpisce appena i mozziconi di sigaretta, i suoni degli strumenti le trapassano il corpo, i ricordi le opprimono l’anima. Ha i capelli quasi biondi, gli occhi sbiaditi di verde, la pelle rosata, i limiti corporei insudiciati da tutte le sue paure, dalla violenza di attimi perduti inevitabilmente. L’eterno ritorno, penserà poi, stringendosi convulsamente le ginocchia al petto, piccola, miserabile, addossata al muro liscio e inevitabile degli errori commessi. Il suo stomaco sarà pieno, i suoi fantasmi urleranno, eppure c’è stato un tempo in cui il suo stomaco è stato vuoto e lei felice, annichilita, troppo stanca per tornare indietro. I flash di vite trascorse aspettando l’oblio la accecano, la estraniano, gli occhi sgranati, le mani giunte in grembo, la borsa abbandonata accanto allo sgabello (a cosa le serviranno i libri di poesie contro il mostro nero che vivrà nel suo petto a lungo), strade srotolate sotto le scarpe da ginnastica consunte, ecco che il cuore le trema al ricordo di quelle fioche luci, può risentire quella pressione di altre labbra farsi strada lentamente nel suo cervello, inciderlo, devastarlo, solleva gli occhi e incontra la creatura con i capelli che ricadono sugli occhi, vorrebbe urlarglielo, ma si limita a battere le palpebre, inespressiva, e lui come lei.

C’è stato un tempo in cui le sue mani gentili hanno violentato la sua libertà, strisciando giù per la gola, consapevole, i capelli biondi che cadevano verso il basso, gli occhi chiusi e le guance umide di dolore, senza sapere che di lì a breve avrebbe avvertito una sofferenza ancora più grande.

Dai suoi occhi sgorgano una bambina grassa con le ciglia lunghe a fare ombra alle sue gote arrossate, una quindicenne con le palpebre socchiuse e la sofferenza a tagliarle le guance, che cammina per ore con gli occhi fissi davanti a sé e non conosce pietà, pace o perdono, la ragazza dell’oggi, che ansima guardando nel vuoto, invocando il buio di risparmiarli, salvarli dagli sbagli di tutti quelli che si sono amati prima di loro e come loro, lei gli voleva bene davvero, povera cretina, penseranno dopo osservandone il corpo e tentando di intuire fino a dove quel sentimento sia arrivato a consumarla.

X muove le mani sulle corde del basso, una velocità eccessiva per il pezzo che stanno componendo, gli altri glielo fanno notare. Lui non dice niente, annichilito. Le ombre sciolte nel chiaroscuro della lampada gettato sulle pareti lo guarderanno, guarderanno gli altri, sorprese, guarderanno le innumerevoli lei scivolate giù dai suoi occhi e non sorrideranno, continueranno il loro perverso gioco di possessione, le loro risate squallide si appiccicheranno ai muri, coleranno giù come acqua, marcendo in silenzio, nella loro gloria inevitabile.

Batte le palpebre, le dita che sfiorano appena la lingua prima di scendere più in basso, adesso chiude gli occhi, sì, sto bene, grazie, la bocca umida, il sapore acido, le dita bagnate, cosa piangi, idiota, cosa piangi, l’hai voluto tu, gli occhi sgranati, sì, sto bene, tu come stai?, continua a camminare, continua a consumarla, a serpeggiarle dentro, a possederla, a rapirla, non la abbandona mai, non la lascerà mai più libera.

  
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