#
5 La ricerca
della felicità
Kate
si svegliò, colpita da un fascio di sole.
Si
sentiva protetta e al sicuro e non aveva la minima voglia di alzarsi da
quel
letto.
Il
braccio di Castle le avvolgeva completamente i fianchi e sentiva il suo
respiro
fresco sul collo. Non si sarebbe mossa di un centimetro nemmeno sotto
tortura.
Restò
immobile ad osservare la mano di Rick. Le sue dita lunghe, sognate la
sera
prima. Le accarezzò dolcemente, aprendogliele in modo da
poterci infilare le
proprie.
Le
guardò a lungo. Sembrava un incastro perfetto.
Solo
Rick e Kate, mano nella mano.
Chiuse
gli occhi e assaporò il momento.
Decise
che ce ne sarebbero stati altri di momenti simili a quello.
Se
non di più belli.
I
pensieri della sera precedente erano ancora freschi nella sua mente,
come se li
avesse appena formulati.
Essere
felice. Questa era la sua missione.
Mai
sottovalutare
il potere di una donna con una missione.
Gliel’aveva
detto giusto il mese scorso, parlando delle amicizie di Alexis.
E
ora era lei a dover attuare la propria.
Che
cominciava col voltarsi supina in modo da guardarlo in volto.
Senza
lasciare la sua mano. Basta giochetti.
Che
male c’era se lo aveva preso per mano? Nulla.
Perciò perché ritirarla?
E
così fece, accoccolandosi meglio.
Rick
uscì dal sonno lentamente, percependo dei movimenti accanto
a sè.
Quando
aprì gli occhi si ritrovò abbracciato a Kate, la
sua fronte contro la propria e
mano nella mano.
Con
un meraviglioso sorriso Kate disse “Buongiorno”
Dio,
dove doveva firmare per svegliarsi ogni mattina così?
Pensò Rick.
Emozionato
come mai prima rispose anche lui con un
“Buongiorno”, incatenando i loro
sguardi, e strofinando dolcemente i loro nasi.
Accortosi
del gesto, restò in attesa, aspettandosi da un momento
all’altro una minaccia
di morte. La forza dell’abitudine.
Però
non arrivò. Anzi, Kate invece, ridusse ulteriormente la
distanza.
Le
loro labbra ebbero solo il tempo di sfiorarsi però,
appoggiarsi appena.
Il
telefono di Kate squillò, reclamando la sua attenzione.
Con
riluttanza si tirò su a sedere, afferrando con fastidio il
cellulare dal comodino.
Fissò
il display, ma non rispose subito, si voltò invece verso
Castle.
Si
sollevò anche lui, guardandola negli occhi.
“Ok,
giusto per essere sicuri, ci stavamo per baciare vero?”
“Vero”
rispose lei divertita
“E
chi devo uccidere per averci interrotto?”
Kate
ruotò il telefono verso di lui, mostrando il nome che
lampeggiava sul display.
No,
Castle capì che quell’omicidio non era fattibile.
Si
ritrovarono tutti e quattro nella stiva, l’improvvisata base
operativa di
Lanie.
Il
corpo di Marilene Shepherd giaceva su un tavolo, coperto interamente da
un
lenzuolo.
Kate
informò il gruppo di quello che aveva appreso da poco.
“Montgomery
mi ha chiamata stamattina dicendomi tutto quello che ha trovato sulla
nostra
vittima. Allora, trentottenne del Minnesota. Viveva da sola, nessun
marito e a
detta dei vicini non frequentava nessuno. Nessun parente in
vita.”
“In
pratica ha telefonato per niente” commentò Castle
visibilmente infastidito.
Esposito
e Lanie lo guardarono perplessi, ma Beckett riprese la parola,
gettandogli
un’occhiataccia.
“In
realtà..” alzò la voce per riattirare
l’attenzione dei due su di sé, prima che
potessero fare qualsiasi domanda a Castle “ha trovato la sua
cartella medica e
te l’ha spedita via e-mail” disse rivolta a Lanie.
La
donna controllò immediatamente utilizzando il portatile
gentilmente offertole
dal comandante della nave.
“Eccola,
ora la apro” disse mentre i tre si posizionarono alle sue
spalle per vedere lo
schermo.
Lanie
fece scorrere velocemente i dati clinici della donna “A
giudicare da quello che
vedo Marilene Shepherd aveva la Corea di Huntington”
“L’ho
già sentita, ma non so bene di cosa si tratta”
ammise Esposito.
“E’
una patologia ereditaria
neurodegenerativa causata dalla degenerazione di cellule
cerebrali, ovvero
i neuroni, situate in specifiche aree del cervello”
spiegò Lanie.
“Quindi
i farmaci che abbiamo trovato nel
suo bagno servivano per curare questa malattia?” le
domandò Castle
“Veramente
no, Castle, la Corea di
Huntington è incurabile”
“Allora
perché quei farmaci?” chiese
Beckett.
Lanie
prese i due flaconcini ancora
imbustati “non è propriamente il mio campo, ma
direi che la tetrabenazina” e
indicò uno dei due contenitori “serviva solo a
ritardare gli effetti della
malattia”
“E
l’altro invece?” disse Castle
“Huntexil.
Non lo conosco, dopo alcune
ricerche vi saprò dire qualcosa di più”
“Bene,
altro?” e Beckett guardò Esposito.
“Si,
ieri mentre Castle procurava il nastro
adesivo Lanie mi ha suggerito un modo, come dire, originale, per
rilevare le
impronte digitali nella stanza” spiegò il
detective.
“Ma
davvero?” chiese Beckett sorridendo
all’amica.
“E
stato fichissimo!” disse Castle.
“Già,
ma io ci ho rimesso tutto il mio
ombretto nero!” sbuffò invece Lanie.
Beckett
li guardò impazienti, così Esposito
proseguì con la spiegazione.
“Ho
preso l’ombretto di Lanie..”
Il
tossicchiare di Castle lo interruppe, ma Esposito non cambiò
il soggetto della
frase.
“Io ho preso l’ombretto di
Lanie, io l’ho
polverizzato e con il suo
pennello della cipria..”
“Fard”
lo corresse lei
“…del
fard e io l’ho
spennellato per tutta
la stanza” continuò rimarcando il singolare della
frase a Castle.
Quest’ultimo
prese subito la parola “Io
invece, ho
tappezzato la stanza di nastro adesivo rilevando tutte le impronte che
c’erano”
disse tronfio.
Beckett
roteò gli occhi per l’eccesso di testosterone
nella stanza e incontrò anche gli
occhi divertiti dell’amica.
“Ok
ragazzi, risultato?”
“Un
centinaio di impronte!” rispose Esposito.
“Quelle
del servizio di pulizia delle camere, probabilmente” disse
Castle
“Bene
allora, mentre Lanie fa le sue ricerche e l’autopsia, noi tre
andiamo a
prendere le impronte digitali di tutto il personale che è
entrato in quella
stanza”
Beckett
si girò su se stessa avviandosi verso il ponte superiore.
Esposito
la imitò, dicendo “Io
prendo ombretto
e pennello!”
Castle
fece altrettanto “Io
prendo il nastro
adesivo!”
Restata
da sola Lanie scostò il lenzuolo dal volto di Marilene
Shepherd.
“Lo
vedi con chi ho a che fare?”
In
uno degli alloggi degli ufficiali Esposito stava prendendo ad uno ad
uno le
impronte digitali dell’equipaggio, mentre Castle e Beckett
parlavano con il
comandante della nave.
“Ho
parlato con il mio equipaggio detective” esordì
l’uomo “la signora Shepherd se
ne stava per la maggior parte del tempo da sola e sempre con un aria
malinconica
in volto.”
“Abbiamo
scoperta che era malata” disse Castle
“Questo
spiega la malinconia e la voglia di starsene da sola”
aggiunse Beckett.
Il
comandante le porse un foglio “Questi sono i nomi delle
persone con cui ha
interagito la signora Shepherd o perlomeno con cui i miei uomini
l’hanno vista
almeno scambiare due parole..”
“La
ringrazio per l’aiuto comandante” prendendo il
foglio tra le mani.
L’uomo
strinse la mano ai due e tornò a svolgere i suoi compiti.
Castle
chiese a Esposito a che punto fosse.
“Yo,
sai da quanti uomini è composto l’equipaggio di
questa nave, amico?” rispose
con un’occhiataccia.
“Vedo
che sei di ottimo umore, magari è meglio se ti lasciamo
solo..”
“Chiamaci
quando hai finito, noi facciamo due chiacchiere con le persone su
questa lista”
disse Beckett sventolando il foglio appena ricevuto.
Pochi
passi dopo, davanti alle scale che portavano al ponte superiore, Castle
sussurrò:
“Dieci
dollari che ci mette almeno un’ora” le sorrise,
fermandosi sul primo gradino.
“Ce
ne vorranno minimo due..” affiancandosi a lui sul gradino
accettando con aria
di sfida la scommessa.
Così
vicini il ricordo del loro risveglio si fece prepotente nelle loro
menti.
Si
fissarono le labbra. E poi nuovamente negli occhi.
Un
sorriso malizioso spuntò sul viso di entrambi a conferma di
aver avuto lo
stesso pensiero.
Castle
annullò quei pochi centimetri di distanza che li separavano,
posandole le mani
sui fianchi e attirandola a se.
Kate
lasciò immediatamente il corrimano, avvolgendo con entrambe
le braccia il collo
dello scrittore.
“Mi
dispiace detective, ma la devo proprio baciare” le
sussurrò sulle labbra.
Kate
sorrise fissandolo in quei meravigliosi occhi blu.
“La
prego, non si trattenga” rispose maliziosa, provocandolo.
E
Castle non si trattenne. Le loro bocche, avide di quel contatto,
danzavano e
giocavano.
Calde
e umide. Si lasciavano e si prendevano beffarde.
Kate
baciò e si lasciò baciare. Solo con Rick persino
un bacio poteva essere
divertente.
La
detective Beckett era riaffiorata per via della morte di quella donna,
ma
perché relegare Kate nel suo solito angolino?
Kate
era uscita finalmente allo scoperto e non se ne sarebbe andata
facilmente,
soprattutto ora che era tra le braccia dell’uomo che amava.
E
soprattutto ora che la felicità era dietro
l’angolo.
La
sua missione era cominciata.
‘Felicità,
sto arrivando’ fu l’ultimo pensiero di Kate prima
di abbandonarsi completamente
al bacio.
Bussarono
di cabina in cabina seguendo l’ordine della lista datagli dal
comandante.
I
primi furono i signori Huxtable, una coppia anziana, i quali erano
soliti
cenare al tavolo accanto alla vittima. Niente di nuovo: persona molto
cordiale
ma poco socievole e sempre con un’aria malinconica cucita
addosso.
I
signori Mayer furono i secondi. Giovane coppia in vacanza, sposata da
un anno
che alloggiava nella camera accanto alla signora Shepherd. Non hanno
mai
nemmeno sentito un fiato provenire dalla sua cabina. L’hanno
incrociata solo
una volta mentre rientravano nella loro cabina e la vittima invece
usciva.
I
signori Johnson non erano in camera. Probabilmente si stavano godendo
una delle
tante attrattive della nave. Li lasciarono perciò per ultimi
e proseguirono con
il prossimo nome in elenco.
Il
signor Davidson viaggiava da solo. Raccontò di avere appena
chiuso una storia
importante e di volere così cambiare aria. Ha tentato di
fare colpo su Marilene
Shepherd senza però riscuotere troppo successo.
L’ultima
coppia in elenco, invece, aveva un cognome decisamente troppo
famigliare.
Castle
e Beckett si guardarono un istante indecisi sul da farsi.
“Gli
rovineremo la luna di miele…” diede voce ai suoi
pensieri, Rick.
Kate
ci pensò un po’ su.
“Facciamo
così io vado da Lanie a vedere a che punto è con
le ricerche e l’autopsia, tu
torna da Esposito e dagli una mano. Ci ritroviamo tutti insieme a
pranzo e solo
allora…” Kate lasciò in sospeso la
frase permettendo a Castle di finirla.
“…parleremo
con Ryan e Jenny dei loro rapporti con la vittima”
Kate
arrivò a passo di carica nella stiva, da Lanie.
Questa
proprio non ci voleva. L’ultima coppia in elenco erano
proprio i signori Kevin
e Jennifer Ryan. Il che equivaleva a doverli trattare come minimo da
sospettati.
Senza
contare il viaggio di nozze rovinato.
Sospirò
pesantemente una volta di fronte alla dottoressa Parish.
“Tesoro,
cos’è quella faccia?”
“Ryan
e Jenny sono appena entrati nella lista dei sospettati e io sono
costretta ad
interrogarli” spiegò la detective.
“Si,
direi che la tua faccia è giustificata allora”
disse con un mezzo sorriso
Lanie, poi proseguì “lo sai meglio di me che quei
due non farebbero male
nemmeno a una mosca, vero?”
Kate
ricambiò il sorriso “Si, si, lo so, proprio per
questo mi scoccia doverli
interrogare a proposito di un cadavere, due giorni dopo il loro
matrimonio. Di
sicuro questa luna di miele non se la scorderanno tanto
facilmente..”
“Tu
che mi dici invece?” chiese Kate.
“Ho
finito proprio ora uno scambio davvero interessante di mail con un mio
collega
a New York. Appena avrà un po’ di informazioni
dettagliate sull’Huntexil mi
invierà una mail” spiegò la dottoressa.
“Perfetto.
E l’autopsia invece?”
“Il
comandante mi ha gentilmente prestato l’ufficiale Brayson, in
quanto medico di
bordo, per eseguire l’autopsia e io l’ho mandato a
cercare quanto di più
affilato trovasse. Non appena sarà tornato cominceremo
l’autopsia”
Con
un sorrisino Kate disse “Ti piace avere qualcuno da comandare
a bacchetta eh?”
“Tantissimo!”
Le
due donne risero alleviando così la tensione che regnava.
Prima
il ritrovamento di un corpo e ora il possibile coinvolgimento di Ryan e
Jenny.
Il
tutto senza gli adeguati mezzi e strumenti idonei ad
un’indagine.
Ci
voleva un momento di frivolezze tra donne.
Il
gossip ad esempio, poteva andare bene.
“E’
successo qualcosa…con Castle..stanotte..” ammise
flebile diventando rossa e
fissando per terra.
Lanie
spalancò occhi e bocca come se le avessero appena pestato i
piedi.
“Katherine
Beckett raccontami tutto e non tralasciare i dettagli!!”
Angolo
dell’autrice:
Ed
eccoci nel pieno delle indagini! Come avrete capito si devono
arrangiare come
possono non avendo di certo previsto un omicidio, quindi se vi chiedete
“ma
quella cosa dell’ombretto e dello scotch, è
vera?” chiedete a Angol, lei l’ha
fatto e dice che funziona!! XD grazie signora oscura per il
suggerimento!!! XD
Un
bacione, come sempre alla beta!!
Buona
lettura e come sempre...lasciate un commentino, anche piccino
picciò!!
Baci,
Ivi87