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Autore: AnnaOmbraBrambilla    04/07/2011    2 recensioni
Derek Grey, ispettore che indaga sulla morte di quattordici donne, si trova faccia a faccia con Jonathan Smith, serial killer, mente geniale e uomo dalla personale moralità che ammetterà l'omicidio solo di tredici vittime.
Genere: Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Siamo entrati nel braccio della morte il giorno stesso in cui siamo nati, anche se così lo si chiama solo per noi carcerati. Quelle donne sarebbero morte comunque. Io ho solo accelerato i tempi».
L’ispettore guardò il giovane uomo che aveva davanti. Gli occhi neri fissi sulle fotografie delle donne che aveva ucciso. Aveva una sua morale, immaginava, ma non riusciva davvero a capirla.
L’assassino prese una delle foto del gruppo, l’avvicinò un po’ in maniera tale da poterla osservare meglio.
La donna, una giovane che avrà avuto più o meno ventitré anni era in una pozza di sangue, una profonda ferita alla gola doveva essere stata la causa della morte. I capelli, mescolati a sangue rappreso, le copriva parte del viso, ma questo non bastava a nascondere i segni lividi sulla sua pelle.
«Sa, questa non è mia» disse Jonathan Smith ributtando la foto sulla scrivania.
Derek Grey osservò il volto dell’assassino. Non aveva senso confessare l’omicidio di tredici donne e di escludere dalla lista quella. Tuttavia, sentirgli dire non è mia, come se si trattasse di merce di scambio gli fece ribollire il sangue.
«Che vuoi dire?».
Jonathan si appoggiò allo schienale della sedia, le mani ammanettate posate sul tavolo accarezzavano la foto della sua numero cinque.
«Che questa non l’ho uccisa io» il killer guardò l’ispettore come se fosse ritardato «Ci sono almeno sei segni sul suo corpo che differenziano il suo stile dal mio».
Derek cercò di reprimere l’impulso di prendere tutte le quattordici foto e di rimetterle a confronto immediatamente.
«E quali sarebbero?» chiese con calcolata diffidenza appoggiandosi a sua volta allo schienale.
«Se glielo dicessi, le faciliterei il lavoro».
Jonathan sorrise. Aveva in sé qualcosa di profondamente contorto, di storto.
Quella foto gli aveva riportato alla mente il suo primo omicidio, ecco cosa c’era di diverso tra le sue donne e quella.
Aveva diciassette anni quando le sue mani tolsero la vita ad una donna per la prima volta. Allora e non si chiamava ancora Jonathan.
All’epoca viveva ancora nella sua città natale, in uno dei quartieri più difficili. Era nato lì, figlio di un eroinomane dedito all’alcool che aveva finito la sua vita, per un debito non saldato, in uno scantinato, con un proiettile piantato nel cranio e tutte le ossa rotte, segno di un’esecuzione lenta e non troppo piacevole.
Sua madre era una prostituta eroinomane che non aveva mai nascosto il suo disprezzo per quel bambino che le aveva rubato diversi mesi di lavoro e di guadagno.
Quando suo padre fu ritrovato, le indagini non andarono molto oltre l’ipotesi della regolazione dei conti. A nessuno importava veramente sapere chi era stato a ripulire il mondo da quella feccia. Sua madre si era vista accollare i debiti e aveva costretto lui a prostituirsi. La sua prima esperienza sessuale l’aveva avuta a dieci anni con una donna che aveva almeno sei volte la sua età.
La sua casa, l’ambiente in cui viveva era molto più simile ad un bordello che a una di quelle patinate situazioni familiari delle pubblicità dei biscotti per la colazione.
Quando sua madre lo abbandonò per un uomo, non restò certo sorpreso. Quello che veramente non riusciva a capire era come un uomo piuttosto benestante avesse potuto interessarsi ad una donna come lei, una puttana che non avrebbe certo smesso di praticare la sua professione solo perché qualcuno le offriva una qualche sorta di stabilità.
Jonathan era rimasto solo ad occuparsi del bordello, della sua casa. Aveva allacciato rapporti con minorenni scappati di casa e molte ragazze usavano la stanza che era stata della madre per fissare gli appuntamenti. Entrava e usciva gente di ogni tipo. Si potevano vedere criminali, mendicanti di umanità, uomini e donne ricche che volevano usare il ghetto, comprarlo come si comprano i giocattoli nei supermercati.
Era successo per caso, una notte di quasi sedici anni prima, la sua cliente era una donna molto ricca affascinata da quel ragazzino con gli occhi da uomo vissuto e dal quel corpo tenuto in forma nelle palestre, affinché fosse sempre pronto a difendere il guadagno della giornata.
Rebecca Lane. Aveva circa cinquant’anni. Dopo aver usato il suo corpo come piegandolo alle sue richieste tutt’altro che piacevoli, aveva deciso di non pagare il servizio, asserendo che era stato scadente e deludente.
La discussione si era fatta animata e Jonathan, all’epoca Gabriel, aveva afferrato la gola della donna fino a soffocarla. Aveva stretto finché lei non si era più mossa e la rabbia che aveva in corpo tenne le sue mani attorno a quel collo diversi minuti ancora. I capelli neri, lucidi, ben pettinati e curati erano ricaduti sul suo viso quando l’aveva lasciata crollare a terra senza vita.
Con la lucida freddezza elaborata in un’infanzia disagiata, Gabriel frugò nella sua borsa. Le portò via tutti i contanti e rubò le carte di credito.
Aveva abbastanza liquidità per pagare qualcuno che facesse sparire il corpo e per pagare qualche ragazzino affinché prelevasse dai bancomat tutto il contatto possibile. Si stupì della stupidità della donna che si era segnata il codice di sicurezza nell’agenda telefonica.
Ben rifornito di contante, con i documenti freschi di stampa, Gabriel aveva cambiato città. Il suo nome era finito nel dimenticatoio, il bordello era rimasto in mano ad una delle ragazze con le quali aveva vissuto gli ultimi tre anni e che, suo malgrado, non aveva potuto salvare da quell’inferno.
Jonathan chiuse gli occhi. Amanda avrebbe cambiato tutto. Se lo avessi voluto, se avesse accettato di scappare con lui … Amanda lo avrebbe salvato, ma aveva scelto di rimanere, troppo spaventata, troppo debole per afferrare la sua mano tesa.
Non l’aveva più vista e adesso, anche sforzandosi, aveva iniziato a dimenticare i suoi occhi, il loro colore, il loro calore. Anche impegnandosi non riusciva più a percepire il suo profumo da tanti anni. E, alla fine, si era arreso alla consapevolezza della sua morte.
«Non è ora di ributtarmi in gabbia?» Jonathan ruppe il silenzio. Pensare ad Amanda lo aveva reso particolarmente agitato.
Derek annuì e fece cenno alle guardie di riprenderselo.
Quando fu sulla porta, le mani dei due poliziotti ben salde sulle sue braccia toniche, Jonathan si voltò verso l’ispettore, un bagliore di vita negli occhi.
«Rebecca Lane» disse «Il suo corpo fu ritrovato in una discarica diverse settimane dopo l’omicidio. La causa della morte è il soffocamento. Nonostante le ricerche e le indagini, non è stato trovato nessun colpevole» s’interruppe e guardò Derek con un sorriso beffardo.
  
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