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Autore: Irine    05/07/2011    3 recensioni
La mia vita scorreva tranquilla, era semplice, normale, a volte anche un po’ noiosa, ma mi piaceva, mi lasciavo condurre da essa.
Finché non è arrivato lui. Quel ragazzo. Il ragazzo con gli occhi del mare, colui che mi ha fatto tornare indietro, in un mondo sconosciuto, nel quale avevo vissuto in passato.
Non ricordavo niente del mio passato, della mia vita prima di compiere sei anni.
Più cercavo di far luce su quel periodo, più la mia mente si confondeva.
Non avrei mai immaginato che fosse tanto cruento, tanto orribile.
Ma d’altronde, non avrei neanche mai immaginato che dopo dieci anni, il mio passato sarebbe tornato a cercarmi.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ma che pensieri mi venivano in mente? Era ovvio che non fosse stato il mio sangue. Era impossibile.
Sì, sicuramente era stato qualcos’altro, io non centravo nulla.
Quasi sicuramente.
Non volevo pensare a quel che era successo, andai a fare una doccia e cercai di rilassarmi. Erano le sette. Iniziai a prepararmi e per la prima volta in tutta la mia vita ero in orario. Le sette e mezzo. Eppure quello che era appena successo ritornava alla mia mente, e forse c’era un nesso con quel sogno che avevo fatto poco prima. No, ora basta. Non volevo più pensarci, le cose erano a posto così. Ma una voce nella mia testa continuava a gridarmi che le cose non erano affatto a posto così.
Uscii di casa e Laila, stupita di vedermi arrivare in orario, mi venne incontro e disse:
- Non ci credo, sei in orario, credo che sia la prima volta in vita tua che non arrivi in ritardo. probabilmente in un’altra occasione mi sarei messa a ridere e avrei ribattuto, ma ero nervosa, angosciata. Avevo paura. Cosa che non sfuggì a Laila.
- Che hai Grace?
- No, non ho niente mi sono solo alzata col piede sbagliato. Non ti preoccupare - Mi scrutò con gli occhi, ed ebbi la sensazione che non avesse creduto ad una sola parola.
- Grace, guardami. Sono la tua migliore amica. Puoi inventare balle ai tuoi genitori ma non a me, che ti succede?
Sospirai. Mi conosceva davvero bene.
- Stanotte ho fatto un sogno strano e inquietante. - Le raccontai quello che mi era successo, tralasciandole tutta quanta la parte del libro, per evitare di farle pensare che fossi pazza. Anche se cominciavo a pensarlo anch’io. Mentre le descrivevo il sogno, e quella voce inquietante e familiare al tempo stesso, un brivido mi percorreva la schiena e la paura tornava ad avvolgermi, ma mi feci forza e andai avanti a parlare. Laila mi ascoltava attentamente.
- Credo . . . credo che tutto questo abbia a che fare con l’incidente che ho avuto da piccola.
Appena pronunciate queste parole il suo sguardo si indurì e cercò di chiudere la conversazione.
- Sei sicura di quello che dici? Magari era solo un sogno.
- Laila ti devo chiedere una cosa ma per favore, sii sincera.
- Sì, tranquilla dimmi. – rispose leggermente nervosa.
Feci un lungo sospiro, alla fine mi feci coraggio e dissi:
- Ho avuto davvero un incidente quando ero piccola? - Lei esitò un attimo prima di rispondere. Si mordicchiò il labbro inferiore, un gesto che conoscevo benissimo; era a disagio e nervosa. Si capiva che stava combattendo contro se stessa, tra il desiderio di dirmi la verità e tra quello di non farlo.
- Perché mi fai una domanda simile?- disse alla fine.
- Perché ci sono troppe cose che non mi tornano e perché penso che tu possa rispondermi.
- Sì sì, hai avuto davvero un incidente, ti prego non chiedermi altro. - Disse senza guardarmi negli occhi, tenendo lo sguardo fisso a terra. Sembrava volesse escludermi dalla conversazione che io stessa avevo iniziato.
- Ma . . – provai a dire.
- Basta! Ti prego! Ti prego, io non posso dirti nulla, per favore non chiedermi altro. - Non le feci altre domande. Sembrava sul punto di piangere. Ma sapevo che mi nascondeva qualcosa, qualcosa di molto brutto, si vedeva. I suoi occhi erano lucidi e dal modo in cui cercava di non guardarmi capii che stava soffrendo. Una sofferenza che non voleva farmi vedere, che non voleva mostrare. Mi stava proteggendo da qualcosa o da qualcuno.
- Scusa, scusa non ti chiederò più nulla, non parleremo mai più di questo argomento ok? Probabilmente hai ragione tu, era solo un sogno. Uno stupido sogno. - Cercai di rassicurarla ma inutilmente, quelle parole non convincevano neanche me.
Passò ancora qualche minuto prima che Laila si riprendesse, infine con una voce flebile quanto un sussurro disse:
- Andiamo a scuola - Il suo sguardo era perso nel vuoto, i suoi occhi erano vitrei incapaci di provare emozioni, in quel momento non era con me, ma con se stessa. Conoscevo quello sguardo; era lo stesso che avevo visto quando suo zio era morto.  Stava succedendo qualcosa, qualcosa che Laila mi teneva nascosto e non mi aveva voluto rivelare. Qualcosa che molto presto mi sarebbe venuta a prendere.
Arrivammo a scuola. Incontrai Christine che mi venne incontro allegramente e mi abbracciò. Christine, io e Laila eravamo amiche del cuore alle medie, poi alle superiori io e Laila
l’abbiamo persa di vista perché è finita in un’altra classe. Ma ci siamo volute bene, e un’amicizia come la nostra, così sincera e pura, nonostante gli anni, è resistita fino ad adesso, anche se si è un po’ allentata. Inoltre ci assomigliavamo, sia negli occhi sia nei capelli. Qualche volta infatti ci scambiavano per sorelle. Da piccole ci divertivamo a far finta di essere gemelle. Mi parlò del più e del meno e riuscì persino a strapparmi un sorriso. Era questo il bello di Christine, potevi essere triste quanto ti pareva ma non si riusciva a resistere alla sua comicità. Inoltre parlava talmente di tante cose che ti liberava la mente dai pensieri e dalle preoccupazioni, che era ciò di cui avevo più bisogno ora.
- Ehi Grace!
- Cosa? - dovevo essermi persa una domanda.
- Ti ho chiesto come mai stamattina sei così silenziosa. - Sospirai, anche lei mi conosceva bene.
- Probabilmente è perché stamattina abbiamo il test di italiano e ieri ho studiato tutto il giorno quindi sono un po’ stanca.
- Avete il test di italiano? Il secondo giorno di scuola? - Domandò stupefatta.
- Eh sì. - risposi io. Avrei voluto parlarle del sogno, ma lei non poteva rispondere alle mie domande; infatti la sua famiglia si era trasferita in questa città molto tempo dopo il mio incidente. Se le avessi raccontato del sogno l’avrei fatta solo preoccupare e non volevo darle altre preoccupazioni, volevo vederla leggera.
Entrammo in classe, Laila era ancora un po’ scossa ma stava meglio.
Il prof. di italiano entrò in classe e ci diede i nostri compiti. Avevo ancora quella sensazione di gridare e di buttarmi dalla finestra ma riuscii a contenermi. La prova non era difficile, riuscii a rispondere a tutte le domande correttamente, ma avevo la testa da un’altra parte.
Il prof segnalò la fine dell’ora e tutti consegnarono il proprio compito.
- Com’è andata?- mi chiese Laila.
- Bene, abbastanza. Sinceramente mi aspettavo di peggio. Ieri riuscire a fare questo test sembrava una prova impossibile.
- Già- rispose lei, accennando un sorriso.
- E a te com’è andata?
- Bene, o almeno credo.- rispose pensierosa.
Suonò la campanella e tutti uscirono di classe.
- Laila, io non torno a casa oggi.
- Perché no?
- Devo ricomprare un libro a mia madre. – le risposi.
- Che hai combinato?
- Uhm, diciamo che l’ho rovinato. – una mezza verità. D’altronde non potevo davvero dirle che l’avevo bruciato.
- Come vuoi, allora a più tardi.
- Ciao. – le dissi, quando già mi ero avviata verso la biblioteca. Per fortuna che era vicino casa, altrimenti sarei stata davvero in un bel guaio.
Il libro c’era. Meno male che mia madre legge solo libri famosi, pensai. Tornai a casa con il libro dentro lo zaino, per timore che mia madre lo vedesse e mi chiedesse spiegazioni.
Appena mia madre mi vide arrivare in cucina, mi sorrise:
-Come è andato il compito?
- Bene, almeno credo. Non era difficile. – guardai le sue mani mentre tagliavano attentamente i pomodori. Io odiavo i pomodori, e a dire il vero, odiavo ogni tipo di verdura. Dovevo aver fatto una faccia disgustata perché mia madre disse:
- Grace, le verdure fanno bene. – me lo ripeteva ogni volta, come se fossi sempre una bambina. In circostanze come quella mi sarei arrabbiata, ma quello non era proprio il momento adatto per mettersi a litigare.
- Mamma devo chiederti una cosa importante. - Lei mi guardò enigmatica e si fece attenta.
- Esattamente cos’è successo dieci anni fa?
- A cosa ti riferisci? – avevo l’impressione che lei avesse capito alla perfezione quello a cui mi riferivo, ma se era così, non lo diede a vedere.
- Mi riferisco all’incidente. – com’era prevedibile, mia madre sviò lo sguardo e si mise a tagliare le verdure con molta più frenesia di prima.
- Grace, adesso non è un buon momento, come vedi sono impegnata e . . .
- Adesso non è un buon momento? Non sarà mai un buon momento per te! – urlai. – Quante volte. . Quante volte ti ho fatto la stessa domanda e tu non mi hai mai risposto!  
- Perché tu e papà non mi volete spiegare cosa è successo?
- Hai avuto un incidente! – esclamò mia madre. – Cosa c’è da spiegare?
- Bugiarda! – urlai. Mi pentii immediatamente di averlo detto. Non che non lo pensassi. Lo avevo sempre pensato. Lo avevo sempre saputo che i miei genitori non mi stavano dicendo la verità, ogni volta che parlavamo dell’incidente; ma non glielo avevo mai detto ad alta voce.
- Stamattina . . . - cominciai, cercando di addolcire il tono. – stamattina quando sono entrata nello studio di papà . . .
- SEI ENTRATA NELLO STUDIO DI TUO PADRE? - urlò mia madre con la voce a due ottave più alta. Era questo quello di cui si preoccupava? Che io fossi entrata nello studio di papà?
- Non farlo mai più! Non ti rendi conto che saresti potuta . . . - La sua voce s’incrinò e si ridusse ad un sussurro, rendendosi conto che non sapevo niente di ciò di cui stava parlando.
- Sarei potuta . . . sarei potuta, cosa?
- Niente, niente hai sentito male.
- Cosa mi stai nascondendo? Cosa mi stanno nascondendo tutti? – gridai, ripensando anche all’espressione combattuta di Laila.  
- Per favore dimmi la verità. – dissi, con un’inaspettata calma. – Qualcuno mi sta cercando?
- Zitta, zitta non provare neanche a ripeterlo. Smettila non devo dire queste cose.
- Mamma, che succede?- urlai io, perdendo la pazienza.
- Non urlare!- urlò ancora più forte mia madre. - Tu non ti rendi conto, è pericoloso, promettimi che non parlerai con nessuno che non conosci!
- Mamma ho sedici anni, non sei. - ribattei io.
- PROMETTILO!
- Ok, ok te lo prometto - dissi. Ero furiosa. Furiosa con mia madre, ma anche con me stessa, per non essere capace di scoprire cosa era successo veramente in quell’incidente. Ero sicura che se avessi continuato a chiedere spiegazioni, alla fine mia madre avrebbe ceduto, perché in quel momento era fragile, e avrei potuto farmi raccontare tutto; ma l’affetto che nutrivo per lei era più forte del mio desiderio di sapere. Mi maledii in silenzio. Cercai di convincermi che, se né mia madre, né mio padre avevano deciso di non dirmi nulla, voleva dire che lo facevano solo per il mio bene. Lasciai che la conversazione si chiudesse con il silenzio da parte di entrambe, ma dentro di me sapevo che stavo commettendo uno sbaglio enorme. Uno sbaglio per il quale avrei dovuto pagare le conseguenze. Alzai lo sguardo su mia madre. Sembrava molto più spaventata di me, la sua voce si ruppe in singhiozzi che non riuscì a nascondere. In quel momento era stanca, vulnerabile.
Il suo viso così bello era appesantito dalle angosce e dalla paura.
I suoi occhi limpidi come l’acqua nascondevano cose nascoste e proibite. 
Le sue parole cercavano di raggiungermi ma erano troppo deboli.
Le sue labbra mormoravano un segreto impronunciabile. 

 
 
Ringrazio tutti quelli che hanno messo la storia tra le preferite o le seguite, e ringrazio anche coloro che seguono la storia in silenzio.
Ma soprattutto un grazie speciale per le ragazze che recensiscono!!!
  
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