Casa
Keller
Ore
24:00
In
casa tutto era
silenzioso: l’unico lieve rumore che si poteva sentire era lo
scoppiettio della
legna nel camino. Kate aveva mangiato con noi e poi era tornata a casa
sua
ribadendomi che per qualsiasi cosa potevo chiamarla, anche
all’una di notte. Il
problema però era che non volevo disturbarla per farle
presente la mia
insonnia: avevo gli occhi spalancati tipo gufo e andavo avanti e
indietro fra
divano e frigo senza prendere o mangiare nulla, quasi avessi un tic. La
verità
era che non riuscivo a prendere sonno sapendo che avevo lui nel mio
appartamento, anzi, in camera mia nel mio letto a due piazze avvolto
nelle
lenzuola e nel piumone. Forse a torso nudo, forse con indosso solo una
maglietta leggera o forse…
Oh ma che ti
prende!
Non dovevo neanche
pensare certe cose nei suoi confronti! Non dopo tutto quello che mi ero
ripromessa e dopo tutto il tempo passato a cercare di tenerlo lontano
dalla mia
testa!
Eppure c’era un
qualcosa che era più potente di ogni resistenza che tentavo
di utilizzare, che
riusciva a superare l’immenso muro della voluta indifferenza
e che nuotava
liberamente nel lago di lacrime che avevo accumulato con il passare
degli anni.
Probabilmente era solo
un qualche attacco nervoso causato da sindrome d’abbandono o
qualcosa di
vagamente simile ma di una cosa ero certa: non dovevo permettere a
questa
“cosa” di farmi illudere nuovamente.
Farti illudere su
cosa, esattamente?
Bene, adesso parlavo
anche con la piccola Kim all’interno del mio cervello.
Sto impazzendo, lo
sento.
Livello d’esaurimento?
Ormai ha sconfinato verso l’infinito e oltre!
- Sto proprio fuori. E
me lo dico anche da sola, sto doppiamente fuori! – buttai
giù un sorso di
Corona passivamente.
La pioggia batteva
contro il vetro della finestra brutalmente, le gocce erano giganti e il
rumore
che facevano era alla pari di un chicco di grandine contro una persiana
di
ferro. Terribili.
Guardai fuori e di
automobili neanche l’ombra.
A Berlino siamo soliti
uscire in bicicletta o in metro semplicemente perché abbiamo
degli ottimi mezzi
pubblici e la macchina quasi non serve. Io sono l’eccezione
alla regola.
Si, è vero, anche io
utilizzo poco Skids per muovermi in centro ma rispetto ai normali
berlinesi la
mia macchina ha fatto più chilometri di quanto una
Volkswagen riuscirebbe a
fare in mano a qualsiasi altra persona in città.
Amo guidare, amo la
velocità.
Mio padre ha la
passione per le moto da corsa e quando può, insieme ad
alcuni suoi amici, ne
approfitta per andare a girare in pista al Nurburgring. Peccato che ha
cominciato tardi a frequentare le piste motociclistiche, se avesse
iniziato da
piccolo chissà… la stoffa del campione ce
l’ha sempre avuta in fondo.
Anche quando ha
insegnato a Tom ad andare in bicicletta.
Un sorriso si dipinse
sul mio volto rivivendo quei momenti.
Eravamo sulla via di
casa nostra, che era anche quella della famiglia Kaulitz, e mi ricordo
che mio
padre mi aveva comprato una bicicletta bellissima rossa. La mia prima
due
ruote, un fulmine, una saetta.
Ero emozionatissima
quando ci salii e affianco a me c’era Tom che guardava tutto
con estrema
venerazione.
Io, diciamocelo, non
ero poi così brava quindi decisi di scendere e di far salire
salire Tom che non
sapeva ancora andarci benissimo.
Papà lo teneva dietro
al sellino e lui cominciò a pedalare veloce, sempre
più veloce, finché mio
padre lo lasciò andare e lui sfrecciò via come se
fosse nato per stare in sella
ad una bici!
Era fantastico vederlo
libero e felice, con quel sorriso che sprizzava gioia e purezza da ogni
angolazione e vederlo adesso, in casa mia, con questa strana cosa che
lo ha
affetto costretto a nascondersi dalla gente è un paradosso.
Il sorriso sul mio
voltò svanì a mano a mano che facevo chiarezza e
il ricordo di Tom si
affievolì, sparendo totalmente nel giro di pochi attimi.
Una strana sensazione
di vuoto mi contornò.
Sorseggiai una seconda
volta la birra notando che le goccioline formatesi sulla bottiglia mi
avevano
bagnato tutta la mano. Spostai la Corona nella mano asciutta e passai
l’altra
dietro al collo.
Il fresco dell’acqua
mi riportò con i piedi per terra e lasciò che un
po’ della mia ansia se ne
andasse per conto suo.
- Hey… - mi voltai
cercando di capire nella penombra del salone chi dei due fosse che
aveva
richiamato la mia attenzione. I battiti accelerarono e decelerarono
improvvisamente quando focalizzai che Tom si presentò
davanti ai miei occhi con
un paio di pantaloni larghissimi di cotone e una canotta bianca.
Si passò una mano
sugli occhi stropicciandoseli.
- Sei ancora sveglia?
– chiese quasi dormendo.
- Si, non riesco a
dormire. – dire la verità in certi casi
è la scusa più plausibile.
- Vampira. –
- Come scusa? – forse
avevo capito male.
Si avvicinò alla
finestra dove la luce della città lo illuminò
meglio: gli occhi un pochino
gonfi dal sonno, le ciglia lunghe e folte, la sua altezza, le sue
spalle larghe
messe ancora più in risalto da quella canottiera e per
finire in bellezza le
labbra carnose.
Wow.
Si limitò a dire la
mia coscienza e dentro di me risi a quel pensiero.
Io guardavo Tom come
un fratello, non vedevo in lui una strana voglia di saltargli addosso
come
migliaia di ragazzine urlanti avrebbero fatto in un momento come
questo, però
non c’era nulla da dire perché metteva paura per
quanto era bello!
- Vampira, vampira,
vampira… non dormi mai, questa cosa ti è rimasta.
Non è una sorpresa vederti
sveglia Kim, anche quando abitavamo vicini la luce nella tua stanza era
per la
maggior parte delle notti accesa. –
Arrossii ripensando ai
tempi che furono.
- Ti ricordi, eh? –
- Eh bhè, come potrei
non ricordarmi… la tua luce mi perforava la finestra! Sono
dovuto ricorrere
alla mascherina da notte perché altrimenti avrei avuto delle
borse, anzi no,
delle valige sotto gli occhi non indifferenti! – disse
sorridendo e muovendo le
braccia.
- Avevi il sonno così
leggero? –
- Io no per fortuna ma
Bill non sai quante notti mi ha fatto passare sveglio mentre era
affacciato a
guardarti! –
- Che hai detto? –
sembrava che cadessi dalle nuvole.
Lui mi osservò e
proseguì, questa volta assumendo un tono della voce serio.
- Ehm, ok. Bill,
quando abitavamo o per lo meno quando tornavamo a casa per quei brevi
giorni
liberi che ci erano concessi, senza che tu lo sapessi ha continuato a
guardarti
in finestra anche dopo… ecco… il messaggio, sai
quello della… segreteria
telefonica… -.
Gelo, fuoco e poi di
nuovo ghiaccio.
Il mio volto passava
dal rosso, al viola, al blu, al verde senza mai fermarsi.
Ringraziai il cielo
che la stanza era buia o mi sarei nascosta con la testa sotto il
parquet.
- Devo sedermi. –
confessai.
Tom mi passò un
braccio intorno alla vita e mi fece sedere affianco al camino. Il
calore delle
fiamme avvampò su di me in breve tempo e quel tepore mi
tranquillizzò.
Riportare a galla
certe cose era una cosa difficile da mandare giù,
però ora volevo sapere.
Il fratellone si
sedette a gambe incrociate sul tappeto con me e guardandomi preoccupato
disse:
- Mi dispiace averti
ricordato queste cose ma… se non lo faccio ora non lo
farò più. –
- Cosa intendi dire
con questo? – chiesi con sguardo interrogativo.
Sospirò.
- Sai, non è facile
vivere come me e Bill. Non penso che se prendessimo una persona a caso
e le
facessimo rivivere il rapporto che avevate questa si giustificherebbe
in altra
maniera da come ha fatto mio fratello. – per qualche secondo
si girò a guardare
nel camino, poi tornò a me. – Quando siamo andati
via lui non sapeva come
fartelo sapere e cercò in ogni modo e maniera di venirti in
contro prima della
partenza per poterti parlare, ma vedendoti così entusiasta
di lui e così
innamorata, non ebbe il coraggio di parlarti. Poi ci fu
l’incidente… - brividi.
- Un’orrenda casualità, vero, ma
un’opportunità d’oro per inventarsi
qualcosa.
Bill improvvisamente perde la memoria, succede quello che succede e poi
non hai
più notizie nostre per due giorni. In quei due giorni non
sai e nemmeno puoi
immaginarti come stava conciato… era un automa che vagava
per il bus come
un’anima in pena. Vedendolo in quelle condizioni non potei
fare a meno di
esporgli la mia idea del messaggio… -
- Sei stato tu! Tu gli
hai permesso di lasciarmi così? – mi alzai
improvvisamente in piedi portando le
mani al viso, trattenendo le lacrime che stavano per sgorgare
irrimediabilmente.
- Non c’era altra
maniera Kim! Lo vuoi capire? –
- Poteva semplicemente
dirmelo, non sono un mostro non lo avrei mangiato! –
- Ma avresti pianto
come stai facendo ora e lui era proprio questo
che non voleva! Non avrebbe sopportato di farti piangere per colpa sua!
–
- Queste sono lacrime
di rabbia, cretino! – gli urlai contro sempre tenendo un tono
moderato perché
non volevo che Bill in camera mia si svegliasse o sentisse la
discussione.
Tom si immobilizzò
sentendomi esordire con quella parola e aspettò che mi
calmassi.
Andai in cucina e feci
scorrere l’acqua fredda dal rubinetto del lavandino, presi un
bicchiere e lo
riempii bevendo tutto d’un fiato.
Tornai a sedermi
davanti al camino.
La pioggia scendeva
ancora rabbiosa su Berlino e la sua musica accompagnò i
nostri respiri per il
successivo paio di minuti.
Il respiro mi tornò
regolare e sfiorai il braccio di Tom, quasi come per scusarmi
dell’ira
improvvisa.
- Come va? – chiese
comprensivo.
- Stavo meglio prima
ma… continua Tom, devo sapere. –
- Ok, mi pare giusto
che tu debba sapere certe cose. –
- Già. – annuii.
- Allora, dopo la mia
idea… - mi guardò di sottecchi per vedere se
avessi avuto un’altra delle mie
sfuriate ma io rimasi calma e impassibile. – Bill
capì che forse era l’unica
via d’uscita possibile. Scrisse tutte le pagine di un intero
quaderno
sull’ipotetico discorso che poteva farti ma non
trovò nulla che andasse bene
per non farti soffrire e al tempo stesso per metterti al corrente della
situazione. Un giorno prese in mano il telefono e compose il tuo
numero, così,
senza fogli vari o frasi appuntate e ti disse ciò che
sai… -
Feci di si con la
testa spronandolo a continuare a parlare.
- Un volta chiusa la
chiamata si sedette stremato su un divanetto dell’autobus e
rimase là, a
guardare fisso la strada che scorreva veloce. Io non riuscivo a
parlargli
perché,
sinceramente, non sapevo cosa dirgli o come fargli pesare meno la cosa.
Avevo paura che per una minima parola sarebbe scoppiato come un pop
– corn
vicino al fuoco! –
- Wow che paragone… -
dissi ironicamente per alleggerire l’atmosfera.
Avevo fatto un passo
avanti: riuscivo a parlare dell’argomento senza esplodere in
un pianto teatrale
e per di più sapevo scherzarci sopra!
Brava!
Grazie.
- Eh bhè che vuoi, la
vena artistica da poeta ce l’ha mio fratello io mi limito a
strimpellare… -
lasciò il discorso sospeso e mi guardò con occhio
furbetto.
- Si si ho capito dai…
fai meno lo spavaldo sex – gott che con me non attacca e vai
avanti! – rise alla
battuta e mi diede una bacetto sulla guancia.
Tom è sempre stato un
donnaiolo fin da piccolo, però mi faceva impazzire quando
veniva in casa mia e
mi raccontava delle sue fidanzatine delle medie chiedendomi consigli su
come
conquistarle.
Dietro quella maschera
da super figo, c’è sempre stato il Tom dolce e un
po’ bambagione che in realtà
nessuno si aspetta da uno come lui. L’apparenza inganna.
- Quindi è così… il
tempo poi scorre, cerchi di andare avanti non pensando troppo al
passato che
avrebbe deviato tutto eppure ogni anno che passa, quel preciso giorno
che ti ha
lasciato il messaggio in segreteria, lui è di un triste e
insopportabile
assurdo! Ti giuro! Non puoi stargli vicino anche perché si
rifugia da qualche
parte e sparisce, puff! – ero sorpresa nel sentirmi dire
queste cose. – Io sono
strano, ma lui mi batte alla stragrande, credimi! – disse
quasi scandendo
parola per parola.
- E’ strano… ho
passato gli ultimi anni a cercare di capire se avessi sbagliato
qualcosa,
facendo mea culpa per essere stata troppo ingenua ad aver creduto ad
una storia
così folle eppure Tom, anche se mi ha ucciso dentro e se
n’è andato senza dire
nulla, anche se tutto quello che aveva detto si è dileguato
in un nano secondo
con quel maledetto messaggio… ti sembrerà una
pazzia ma… - non ero sicura di
doverlo dire ma in fin dei conti era Tom, i nostri segreti erano
nostri, se gli
dicevo di tenerselo per sé non lo avrebbe mai detto a Bill
giusto? Oh ma al
diavolo tutto, glielo dico! – Io non ho mai
smesso di amarlo, adesso però è diverso. Ho
capito che per andare avanti non ho
bisogno di lui, mi sono fatta una vita e sto studiando per realizzare i
miei
sogni dove Bill non ne fa più parte, prima magari era il
protagonista della mia
favola incantata come quelle scritte sui libri ma le favole rimangono
tali…
questa è la vita reale. –
Tom non poté fare a
meno di annuire al mio discorso logico rimanendo muto.
- Quindi… - proseguii.
– Sono contenta che per lui ho significato qualcosa e che
ricorda ogni anno l’anniversario
della nostra “rottura telefonica” – mimai
le virgolette con le dita mentre mi
alzavo lentamente da terra. – Ma Bill non è niente
per me adesso se non un
ospite in casa mia, scusami Tom ma è così.
–
Prima che potessi
aggiungere altro, Tom mi fermò con la mano il polso proprio
come aveva fatto il
fratello il pomeriggio dello stesso giorno, solo che lo fece in maniera
molto più
delicata.
- Kim… - espirò
rumorosamente. – Se solo Bill sa che ti sto dicendo questo mi
ucciderebbe in
maniera lenta ed atroce… -
- Addirittura? –
- Già, proprio così
quindi farmi il favore di stare un secondo zitta e sentimi! –
rimasi allibita
da quel fare di Tom così sicuro e determinato.
- Ok, ti ascolto. –
- Bene… prima di
entrare da quella porta – indicò
l’ingresso dell’appartamento. – Bill
è rimasto
a fissarla per un’ora e mezza, minuti contanti da me
medesimo, chiedendo se era
stata una buona idea di far venire David a chiederti una mano oppure se
potevamo prendere baracca e burattini e trasferirci da mamma.
L’ho bloccato
mettendogli le mani sulle spalle e gli ho dato una bella scrollata, era
diventato una cosa allucinante. Kim, te lo dico, Bill sta impazzendo e
quello
che ti chiedo di fare è solamente di salutarlo o di parlarci
qualche volta
perché sai anche tu com’è fatto: se non
c’è nessuno che se lo fila diventa
schizzato e per di più se chi non gli dà
importanza se tu, figuriamoci! –
- Ma perché dovrei
parlarci quando non ho nulla da dirgli se non di starmi lontano!? Tom,
mettiti
nei miei panni… cosa faresti tu? Gli parleresti come se
niente fosse o ci
penseresti due volte prima di rivolgergli la parola? –
- E tu, Kim? Mettiti nei
suoi panni… che faresti se colui che hai sempre amato e sei
stato costretto a
lasciare non ti rivolgesse più la parola per un banalissimo
e superficiale fattore
d’orgoglio? –
- Non è orgoglio! –
- Oh si che lo è
altrimenti lo capiresti! –
- Io Bill lo capisco
benissimo! –
- Non dire cose di cui
poi potrai pentirti perché di Bill ti sei persa un bella
fetta di vita… -
- E l’ho voluto io
secondo te? Io sarei partita con voi, sarei partita con lui se solo me
lo
avesse detto e mi avesse dato il tempo di organizzarmi! –
- Avevamo solo
diciassette anni, non potevamo capire cose che riusciamo a malapena a
comprendere
adesso che ne abbiamo ventuno. –
- Forse si, se me ne
aveste dato l’occasione! – Tom mi lasciò
andare il polso che sembrava aver
preso la forma delle sue dita, era così indolenzito che
dovetti sfregarlo per
riattivare la circolazione.
Si alzò, mi guardò
senza dire nulla e fece per andarsene quando si voltò e
tornò indietro.
- Di tutte le donne
che ho conosciuto e che ho avuto il piacere di avere con me, tu sei
stata l’unica
che non mi ha mai attratto in quel senso… – lo
guardavo non capendo ancora dove
voleva arrivare. – Sono passati un sacco di anni ma questo
non mi impedisce di
dirti che stai facendo una grandissima cavolata. Non capisci, almeno
non
ancora. Parli con la rabbia nel cuore esponendo solo quello che vedi tu
non
cambiando prospettiva alle cose e questo ti fa vedere tutto nero. Mi
sento come
se fossi veramente parte della tua famiglia e tenendo fede a questo
ruolo mi
permetto di darti un consiglio che spero seguirai saggiamente: Bill ti
ama… - a
quelle parole sobbalzai e il cuore sembrava aver perso i suoi battiti,
il fiato
mi si mozzò in gola e le gambe cominciarono a tremarmi. -
Anche adesso che sta
dormendo sono sicuro al 100% che sta sognando te. Avete sofferto
tantissimo
entrambi durante questi anni, perché non cercate di mettere
fine a questa
storia? Non dico che dovete tornare insieme, tutti e due siete troppo
cambiati,
però fare chiarezza può essere l’inizio
della fine di questo periodo di dolori.
Non voglio più vedervi stare male, ok? –
Annuii deglutendo.
- Promesso? –
Annuii di nuovo.
- No, parla, voglio
sentire uscire “si, lo voglio” da quelle tue labbra
a cuore! –
- “Si, lo voglio”? –
- Si… lo devi volere
altrimenti non ha senso. –
- Senti Tom, non so da
dove ti sia uscita tutta questa saggezza o se hai fatto qualche gita
spirituale
sulla Muraglia Cinese ma va bene, te lo prometto e si… lo
voglio! – dissi con
un solo respiro.
Sorrise compiaciuto.
- Perfetto ora posso
andare a dormire… -
- Aspetta un momento,
tu ti saresti alzato per parlarmi? –
- In realtà ho
aspettato che Bill cadesse in fase rem per venire di qua e svegliare te
saltandoti con i piedi sulla schiena ma tu lo eri già e
quindi mi hai anche
levato il divertimento della serata oltre che avermi sottratto del
tempo vitale
al mio sonno ristoratore! Grazie tante… buonanotteeee
–
- Buonanotte Tom. –
gli augurai mentre lo vedevo sparire dietro l’arco.
La porta della stanza
si chiuse e io rimasi sola con i miei pensieri…
Cosa pericolosa.
Mh, forse… ma almeno
adesso sapevo che in fondo Bill non poteva fare altro, forse aveva
agito
veramente nel miglior modo possibile e magari avevo esagerato a
comportarmi
mettendo paletti così spessi sulla mia immaginaria linea di
confine tra me e
lui, però non volevo trarre conclusioni affrettate. Come
aveva detto Tom “mi
sono persa una bella fetta di vita di Bill”, quindi non ero
sicura di riuscire
a ritrovare in quel Bill nuovo il mio vecchio modello, ci avevo
già provato e
il primo tentativo era decisamente fallito!
Oh cavolo!
Mi ero scordata di
dire a Tom di non fare parola con Bill di quello che gli avevo
confessato…e adesso?
Naaa, tranquilla Kim,
Tom è muto come una tomba.
Ma lo sappiamo
tutti che fine ha fatto “Tranquillo”,
vero Kim?
Si lo so… a furia di
stare tranquillo, Tranquillo è morto eheh.
Ok. Seriamente. Dovevo
finirla di parlare da sola!
Mi sistemai sul divano
e chiusi gli occhi aspettando l’arrivo del sonno, lasciandomi
cullare dal suono
del diluvio che ormai andava scemando e dal vento che sibilava
all’interno del
caminetto.
Sono molta contenta
che questa mia storia vi piaccia ma dicendo così ho solo
paura di scrivere cose
già lette e
scritte da miriade di autrici quindi, quale modo
migliore di ringraziarvi se non con un altro capitolo e un grandissimo
GRAZIE
MILLE di cuore!
ZoomIntoMe
(la
prima ragazza che ha commentato la FF ^_^);
UnleashedLIEBE
(tranquilla che Tommaso vivrà più sano di come lo
conosciamo! :D);
Marty_483_ (
che ha
scritto non uno ma ben due commenti alla storia e di questo sono
davvero
emozionata **) e poi per ultima ma non meno importante delle
altre…
ilenia91dorough
(non
vedo l’ora di leggere I tuoi prossimi capitoli!!!)