Il Piccolo Fiore (seconda parte) – Il re Gunner
Il mitico
cavallo alato, dal candore puro e immacolato, ricambiava i loro sguardi con i
suoi occhi rossi. Era un animale maestoso, ma in quel momento giaceva in terra
e sembrava stanco e affannato.
« E’ ferito!
» gridò Dyna, riavutasi dallo stupore. Oliver invece non dava ancora segni di
essere cosciente e non si muoveva da dov’era. La ragazza si inginocchiò accanto
al cavallo e lo guardò implorante, come se volesse sapere cosa fare per
salvarlo. Il Besil tuttavia non disse niente,
respirava a fatica e da uno dei suoi occhi scese una lacrima d’argento,
stranamente solida. Anche Dyna sentì l’impulso di piangere, ma si riscosse. «
Vado a cercare qualcosa per salvarti! » affermò decisa e uscì dalla prigione,
senza una meta precisa. Cosa poteva fare? Al Piccolo Fiore non c’era nessuno,
figuriamoci se avrebbe trovato un medico. Girovagò disperatamente, arrivando
fino al fiume. Il fragore della cascata era forte, ma lei non lo sentiva,
preoccupata e ansiosa per la sorte del Besil ferito.
Doveva salvarlo, sentiva che doveva farlo, ma come? Abbassò la testa, seduta
sull’erba, pensando intensamente a una soluzione, lottando contro lo sconforto
totale, quando all’improvviso, sentì un grido. Proveniva dalla cascata.
Qualcosa, o meglio, qualcuno, visto che aveva urlato, era precipitato nel
fiume. Dyna corse nella sua direzione, afferrò un rametto abbastanza robusto e
lo tese verso lo strano individuo. Questi riuscì a risalire, e si stese
sull’erba, bagnato fradicio e ansimante. Strano era la parola adatta per
definirlo. Sembrava a prima vista una tartaruga, per il guscio verde e rugoso
che aveva sulla schiena, ma aveva il becco simile a quello di un pellicano. La
piccola testa di piume bianche era sorretta da un esile collo che affondava nel
guscio e aveva due occhi molto grandi. Intorno alle pupille nere come la pece,
un vago colorito roseo. Alle mani aveva guanti gialli e i piedi erano palmati.
Anche il resto del corpo sembrava quello di un uccello. Dyna lo osservò
attentamente, molto perplessa, poi chiese, un po’ incerta: « Tutto bene? »
Lo strano
essere tossì per sputare qualche goccia d’acqua, poi rispose: « Sì, credo di
sì. » Aveva una voce nasale e bassa. « Ma dove sono? »
« Come
sarebbe? » disse Dyna « Sei al Piccolo Fiore, nel regno di Breza. Non lo
sapevi? »
La
tartaruga-uccello si mise in piedi, d’un tratto completamente allarmata. «
Regno di Breza?! Ma com’è possibile? Si trova a miglia di distanza da casa mia!
»
« Da dove
vieni tu? Chi sei? » domandò Dyna, confusa quanto lui.
Il bizzarro
animale era a quanto pareva molto educato, perché anche in quella situazione
assurda, non dimenticò di fare un inchino alla fanciulla che aveva di fronte,
prima di presentarsi. « Sono Kimenu Ortoga, medico di Silfia. »
Dyna non
gli fece aggiungere altro. « Sei un medico? Presto vieni con me! »
Gli afferrò
il braccio e prese a correre in direzione della caverna dell’Orco. « Signorina,
si fermi, ma cosa succede? » sbraitava Kimenu. « Si fermi! »
Con uno
strattone finalmente costrinse Dyna a frenare la sua corsa, facendola quasi
cadere. « Mi dica cosa succede? »
« C’è… un…
cavallo ferito… » rispose la ragazza, con la fronte
imperlata di sudore freddo. In quel breve istante aveva pensato che non sarebbe
stata creduta, raccontando del Besil.
Il medico
assunse un’espressione seria e chiese solo: « Dove? »
Dyna indicò
la collinetta che si stagliava all’orizzonte contro i raggi del sole. « Dietro
quell’altura… »
Più veloce
di un fulmine, Kimenu fece uno scatto incredibile e
si mise a correre a una velocità pazzesca, lasciando dietro di sé un gran
polverone. Dyna non riusciva a credere ai suoi occhi. E dire che l’aveva
scambiato per una tartaruga! Si mise all’inseguimento, ma non riuscì a
raggiungerlo, se non quando lui era già arrivato alla grotta e mirava il
cavallo alato in estasi. « Un Besil… » mormorava
strabiliato. Ma durò pochi secondi. Subito si mise all’opera, tirò fuori dal
guscio una valigetta marrone e ne estrasse un paio di occhialetti a mezzaluna,
cominciando a ispezionare il corpo dell’animale.
Dyna,
accanto a Oliver, osservava in ansia la scena, mentre il cavaliere ormai non si
raccapezzava più. Un Orco, un Besil e una tartaruga-dottore… Se non era un sogno quello…
Alla fine, Kimenu alzò il capo per dichiarare la diagnosi. « Ha un’ala
ferita. Ho bisogno assoluto di Mitrecas. » Poi, visto
che nessuno faceva nulla, aggiunse: « E’ un fiore molto comune, a forma di
elica. E’ celeste e viola, con le foglie spinose, andate a cercarlo! »
I due
giovani si divisero per i prati in cerca di questo fiore, quando Dyna lo trovò
finalmente giù per un pendio, in mezzo a sassi e pietre. « Forse è comune dalle
sue parti, siamo fortunati ad averne uno qui » si disse, cogliendolo.
« Uno solo?
» esclamò il medico.
Dyna scosse
la testa. « Da queste parti mi sa che è piuttosto raro » e glielo pose. « Non
ce la farai? »
« Non ho mai
perso nessun paziente » affermò la tartaruga, intento a pulire i petali e
selezionarli con cura, secondo un metodo ben preciso. Dyna si inginocchiò
vicino al cavallo alato, carezzandogli il muso dolcemente. A lui sembrava
facesse piacere e si acquietò un poco. Ma il dolore doveva essere veramente
forte, perché per un attimo, Dyna credette che non
sarebbe sopravvissuto. Dopo circa un’ora, finalmente Kimenu
si asciugò la fronte e dichiarò di avere finito. « Ora deve riposare. »
Oliver si
avvicinò a Dyna, mettendole una mano sulla spalla. « Dai, esci un po’. »
Ma la
ragazza gli fece cenno di voler restare ancora. Così il Guerriero uscì,
lasciandola sola con il Besil addormentato.
Passarono
almeno un paio d’ore, prima del risveglio. Anche Dyna si era assopita nel
frattempo e fu ridestata dal tocco soffice e liscio dell’animale. « Ti sei
ripreso » disse la ragazza sorridendo, sfiorandolo a sua volta.
Quando
uscirono tutti quanti si erano addormentati. Oliver contro un alberello, l’Orco
per terra a pancia in su, con un rivolo di saliva sulla faccia e la tartaruga
si era rannicchiata nel suo guscio. « Ragazzi, siamo qui. »
Oliver emise
degli strani versi, poi si alzò sfoderando la spada, ancora mezzo insonnolito.
A poco a poco, la testa di Kimenu fece capolino dall’
involucro verde, mentre l’Orco non dava alcun segno e rimase lì dov’era a
ronfare. Il Besil mosse qualche passo in avanti,
osservando gli ultimi raggi del sole, che di lì a poco sarebbe tramontato. « Volevo
ringraziare ognuno di voi per avermi aiutato. E soprattutto te, piccola amica
mia. »
« Mi… mi
chiamo Dyna » disse lei, arrossendo un pochino.
Il Besil tornò a guardare il sole. « Il mio nome è Sembion e
sono un Besil dei Cieli Bianchi. » Fece un passo
verso di loro, ma sia Oliver che Dyna istintivamente indietreggiarono.
Quell’animale incuteva una certa soggezione.
« Non
abbiate paura » disse Sembion, con la sua voce profonda.
Dyna mollò
una gomitata a Oliver. « Ahhu!... Ma… Oh… Ehm, io
sono Oliver Galir, un Guerriero di Shidal… Beh… Molto piacere… cioè… »
« Io sono Kimenu Ortoga, medico » si
presentò anche la tartaruga. « Mi permetta di porle una domanda. Io sono
laureato, oltre che in medicina e altre materie attinenti, in studio delle
creature fantastiche. Ora ho la prova inconfutabile che i Pagasi esistono, ma a
quanto mi risulta, lei possiede una grande forza e un’incredibile capacità di
resistenza. Perché non si è ribellato? »
Sembion ci
mise un po’ per rispondere. « Sì, noi Besil abbiamo
poteri straordinari, ma non adoperiamo mai la violenza, anche se siamo in fin
di vita. L’Orco mi ha torturato per molti anni con quella catena, per questo a
lungo andare neanche con i miei poteri sono riuscito a evitare che il dolore
prendesse il sopravvento. Ma non serbo rancore nei confronti dell’Orco, perché
lui non ha colpa. Non è intelligente, obbediva ciecamente a qualcuno più in
alto di lui. Era lui che gli ordinava di trattarmi male. »
All’improvviso
si sentì un singhiozzo. L’Orco si era svegliato e piangeva. Era molto buffo
così. Aveva le sopracciglia folte e unite e gli occhi grigi e molto piccoli,
che gli davano un’aria ancora più ottusa. Oliver lo fissò per un attimo
perplesso, poi gli venne in mente una cosa. « Ehi, hai detto qualcuno più in
alto di lui? Ma allora non era lui il mostro del Piccolo Fiore. Deve esserci
davvero qualcuno in cima al monte ed è probabile che sia lui ad aver rapito
Semi. »
L’Orco a
questo punto si fece avanti saltellando come uno scimmione, agitando le braccia
su e giù. Oliver si ritraeva per il cattivo odore, ma lui si avvicinava sempre
più.
« Vuole
dirti qualcosa » suggerì Dyna.
« Ah sì, anch’io
vorrei dirgli qualcosa. Per esempio di andare a lavarsi…
No, non mi toccare! » L’Orco gli prese la testa e la girò verso la montagna. «
Eh? Ho capito, vuoi dirmi che il mostro si trova lassù, ma questo lo sapevo
già. Solo che non so come arrivarci. »
« Io posso
volare lassù » disse Sembion.
« Ma è vero!
I Besil volano, se no a che servono le ali! Oh, ma
perché non ci ho pensato subito! » esclamò Oliver, dandosi una botta in
testa. Dyna già si stava preparando ad andare, quando Kimenu
fece crollare tutto il loro entusiasmo.
« Sembion
non può volare. Almeno per le prossime due settimane. Ho usato una pomata
speciale fatta con i petali di Mitrecas che permette
di rimarginare completamente la ferita senza dolore, ma gli impedisce di
muovere le ali, finché non avrà fatto effetto. »
Oliver
divenne di nuovo pallido. Dyna guardò il cavallo, che a sua volta era
profondamente amareggiato. « Ma forse non è tutto perduto. Andiamo vicino al
colle » disse Kimenu.
Non del
tutto convinti e con ben poche speranze, tutta la comitiva si accostò al fianco
della montagna. La tartaruga esaminò la roccia liscia e priva di appigli
mormorando: « Sì… Sì. E’ proprio l’ideale. »
« Scusi, ma
potrebbe dire anche a noi, sempre se non le dispiace? » disse Oliver, irritato.
Il medico
tuttavia non parlò, ma tirò fuori dal guscio altri due gusci verdi, leggermente
più piccoli del suo. « Questi vi permetteranno di salire fino in cima, senza
pericoli. » Li pose ai due ragazzi e gli ordinò di salirci in piedi. Oliver non
sembrava particolarmente ansioso di usare quello strano aggeggio, ma lo fece,
seguito a ruota da Dyna. I due per un attimo stavano per perdere l’equilibrio,
e ondeggiarono un po’, ma non caddero. « Il Guscio vi permette di scalare le
pareti verticali senza pericolo di precipitare. Questa roccia liscia è proprio
l’ideale visto che è praticamente impossibile sbattere contro qualcosa e
perdere il controllo del mezzo. Non abbiate paura, non cadrete mai, ve lo
assicuro. »
« Questo è
pazzo » bisbigliava Oliver « Questo è completamente pazzo e io non ho altra
scelta che fidarmi di lui se voglio trovare Semi, ho paura, sento che sto per morire… »
« Oliver, ti
senti bene? » chiese Dyna, avvicinandosi un po’ a lui.
« Sì, sto
bene » mentì Oliver, poi di colpo cambiò tono di voce. « Tu scendi da là,
subito! »
Dyna non
ubbidì, ma nemmeno rispose come faceva di solito.
« Non voglio
che venga anche tu, chiaro? Prima stavi per rimetterci la pelle, te ne sei resa
conto oppure no? Non farmi mai più uno scherzo simile, mi sono spiegato? »
La ragazza
teneva lo sguardo a terra, incapace di controbattere. Aveva ragione lui,
avrebbe potuto morire per la sua incoscienza ed era stato solo per merito del
Guerriero che questo non era accaduto. « Mi dispiace, Oliver…
Scusami… »
A questo
punto, il cavaliere chiuse la bocca, spiazzato da quella reazione. Si era
aspettato strepiti e lamenti e invece si era addirittura scusata. « Sì… Non c’è
bisogno di… » borbottò, cercando di mantenere la sua
aria severa. « Comunque, non voglio assolutamente che tu rischi di nuovo la
vita. Non so a cosa andiamo incontro, quindi scendi da quel coso. »
Stranamente,
Dyna ubbidì. Un attimo dopo, però alzò lo sguardo implorante verso Oliver. Il
Guerriero avrebbe potuto vincere contro un Orco, contro un mostro, anche contro
un Drago forse, ma contro quegli occhi così dolci, tristi e mesti, avrebbe dato
tutto ciò che possedeva per vederla sorridere di nuovo e far sì che quegli
occhi brillassero ancora di limpida allegria. “Piccola strega” pensò
Oliver. Distolse a fatica lo sguardo, stavolta non poteva lasciarsi
abbindolare, ne andava della sua giovane vita,e si accorse di tenere al bene di
quella ragazzina più di quanto realmente immaginasse. « Finiscila, ragazzina,
quando dico no è no! »
« Ugh, muk, ngu!
»
L’Orco di
nuovo aveva ripreso a parlare nel suo linguaggio incomprensibile. « Oh, ma che
vuole questo da me? » esclamò il Guerriero.
« Ti sta
dando dei consigli » spiegò Kimenu « Sono laureato in
Orcologia e conosco centoventidue lingue (compresi i
dialetti), quindi praticamente tutte le lingue del Mondo. Sta dicendo che il
punto debole del mostro sono gli occhi. E’ li che devi colpire. »
« Che cosa?
Ma è fantastico! Sei grande, grazie, scimmione! » disse Oliver.
« Man-bay » grugnì l’Orco.
« Deve
essere il suo nome » chiarì Kimenu.
« Beh,
allora grazie, Man-bay! » ripeté Oliver, che aveva
decisamente cambiato opinione sulla fetida creatura. « Allora io vado. Ehm,
come si fa a partire..? »
Kimenu alzò le spalle e rispose
semplicemente: « Si governa con il pensiero, non ci sono meccanismi. »
Oliver non
fu particolarmente felice di quest’ultima notizia, visto che lui si distraeva
in continuazione, temeva che ne avrebbe perso il controllo. « Va bene » mormorò
e cominciò a concentrarsi. All’improvviso però, si sentì afferrare da dietro e
per poco non caddero entrambi, lui e Dyna. Oliver non fece in tempo ad
arrabbiarsi e inveire che il guscio era partito diretto contro la parete
rocciosa. Il Guerriero chiuse gli occhi, gridando come un matto, ma quando li
riaprì era ancora vivo e stavano schizzando in verticale sul Piccolo Fiore. Per
poco non guardò giù, ma si fermò perché gli venne un capogiro.
« Tutto
bene, Oliver? » gridò Dyna, dietro di lui. Si era aggrappata alle sue spalle ed
era in punta di piedi, dato che il guscio era troppo piccolo per due persone.
Oliver stava per rispondere con una parola poco gentile, che non si sarebbe mai
sognato di dire a una ragazza, quando si rese conto che era lei a guidare il
trabiccolo. Chissà perché questo lo fece sentire ancora peggio.
« Aiuto, ti
prego fermati, non mi sento per niente sicuro, forse è meglio che… Aaaaaahhhhh! »
La parete
rocciosa era terminata e il guscio era volato via in aria,ma i piedi dei due
ragazzi non si staccarono, erano come incollati. Come per miracolo, atterrarono
sull’erba, sulla terra sicura e stabile. Anche Dyna aveva avuto un po’ di
paura, ma riaprì gli occhi, staccandosi da Oliver. Il Guerriero non aspettò un
altro secondo per scendere da quel mezzo assassino e provò un piacere immenso
quando la suola dei suoi stivali toccò il terreno leggermente umido. Si
inginocchiò con una mano contro la roccia e una sul cuore, cerando di non
vomitare, ma aveva gli occhi fuori dalle orbite e il suo cuore sarebbe esploso
di lì a poco, con ogni probabilità. « Oliver… »
Il cavaliere
si alzò, ancora pallido, si fermò davanti a lei, sovrastandola di tutta la
testa e per poco, ci mancò veramente poco, che non le mollasse un ceffone.
Fermò la mano a metà strada, stringendo il pugno con forza. Fece un profondo
respiro, poi la guardò. Aveva la faccia colpevole, di chi aspetta il sicuro e
meritato castigo per una marachella combinata, e spera solo di cavarsela con
uno schiaffo invece di due. Ma Oliver non era il tipo da colpire una donna, e
se questa era una bambina non l’avrebbe fatto davvero mai. Però il suo sguardo
serio fu peggio di una sberla, Dyna si sentì mortificata e arrossì come un
peperone. Si stava comportando esattamente come aveva detto lui: era un peso,
provocava solo guai, forse avrebbe fatto meglio a tornare a casa. Questo pensò
in quel momento, ma la frase di Oliver la lasciò a dir poco stupefatta. «
Grazie. Non sarei mai stato capace di far muovere quel coso, né di arrivare
quassù tutto intero. Se non fosse stato per te, non saremmo qui adesso. »
Dyna aprì e
chiuse la bocca più volte, senza articolare alcun suono. Oliver aveva preso il
sentiero, ma si fermò per aspettarla. Così ripose il guscio nello zaino e lo
seguì, verso la cima del monte. Era così strano Oliver. Strano, ma simpatico.
Strano, ma… “grande”.
Oliver si
voltò indietro e disse, tendendo l’orecchio: « Non senti un rumore? »
Dyna si mise
in ascolto. Sì, era una specie di rombo, ma diventava sempre più forte. Si
stava avvicinando…
« Oliver! »
Una
gigantesca sfera di colore nero stava rotolando giù per lo stretto sentiero,
rombando e rimbalzando. « Oliver!!! » ripeté Dyna, in preda al panico. Oliver
però non era meno spaventato di lei. Si sentiva tirare il mantello dalla
ragazzina terrorizzata, la sfera era sempre più vicina, aveva ormai svoltato e
si trovava proprio di fronte a loro. La strada era troppo stretta, non potevano
buttarsi da nessuna parte: da una parte c’era la roccia, dall’altra il vuoto. C’era
un’unica cosa da fare.
« Scappa...
Scappa scappa scappascappaaaaaaaaaaa!
» urlò Oliver trascinando con sé Dyna. Stavano tornando indietro, non aveva
idea di come avrebbero fatto una volta che il sentiero fosse giunto al termine.
Di certo non avrebbero avuto il tempo di prendere il guscio e scendere
giù per il fianco della montagna indisturbati. Ma in quel momento Oliver aveva
una sola scelta, quella di continuare a correre. E correvano come matti, il
sentiero era in discesa e ormai le gambe andavano da sole, sembrava che
avessero le ali ai piedi, ma la sfera si avvicinava inesorabile, guadagnava
terreno su di loro. Dyna non si arrischiava a guardare indietro, aveva una
paura terribile. Se solo ci fosse stato un luogo dove ripararsi, una… « Oliver!
» Tirò l’amico per il mantello, non sapeva neanche lei come aveva fatto a
fermarsi, né come aveva avuto il coraggio di fermarsi, ma riuscirono a
rifugiarsi in una apertura scavata nella roccia. Appena vi entrarono, la
gigantesca sfera passò davanti a loro con un boato assordante. Per
qualche minuto i due ragazzi non dissero niente, pallidi e ancora sotto
choc, poi Oliver bisbigliò: « L-l’abbiamo scampata
per un pelo… »
Dyna assentì
con il capo. « Quando siamo passati prima non l’avevo vista questa rientranza.
»
« Neanche io
» disse Oliver « Beh, ciò che conta è che ci ha salvato la vita. Grazie, buco
nella montagna, ti siamo debitori! »
Dyna
ridacchiò insieme a lui per un po’, scaricando la tensione e la paura di poco
prima. Ma ora c’era un altro problema da risolvere.
« Oliver,
come facciamo se ne vengono altre? »
Il cavaliere
si sporse fuori, sembrava tutto tranquillo, ma non se la sentiva di risalire
per lo stretto sentiero, era troppo rischioso. Dyna si avvicinò a lui. « Oliver,
e se usassimo di nuovo il guscio? » propose, già conoscendo la risposta.
« Potremmo
anche usarlo, ma il problema è che non c’è spazio per evitare quel coso, la
strada è troppo stretta, cadremmo di sotto. »
« Dimentichi
che il guscio funziona anche in verticale » gli ricordò Dyna « Andiamo Oliver.
E’ la nostra unica speranza, fidati di me, ormai ho imparato a guidarlo, non ci
sono problemi! »
Il Guerriero
si mordicchiò il labbro inferiore, in preda a un conflitto interno. Alla fine
decise. « E va bene… Oh, accidenti, quel coso è tremendo per chi come me soffre
di vertigini, lo sai? »
« Soffri di
vertigini? » Dyna stava per ridere, ma dissimulò in colpo di tosse, dato che
Oliver già la guardava male. « Ok, facciamo in fretta » disse Dyna. Tirò fuori
il guscio e ci salì sopra, stavolta ben ferma sui piedi. Oliver salì dietro di
lei, già cominciava a sudare freddo. « Si parte. »
Dyna partì
piano, il vento le soffiava leggermente in faccia, scompigliandole un poco i
capelli, che finivano in faccia a Oliver. Svoltarono la prima curva del sentiero
che saliva come un imbuto, circondando il colle a spirale, e proprio quando
Oliver stava pensando che viaggiare sul quell’aggeggio sul terreno stabile e
sicuro non era poi così male, ecco che udirono di nuovo il rombo in lontananza.
« Ci siamo » disse Dyna, cercando di non far tremare la voce. Oliver sentiva il
rumore farsi sempre più vicino, fino a quando la vide. La sfera correva verso
di loro… e loro le correvano incontro. Dyna aveva accelerato, ormai la cascata
di capelli rossi gli finiva davanti alla faccia impedendogli la visuale. Ma
forse fu meglio così. Un attimo prima di schiantarsi contro la sfera, Dyna
aveva sterzato a destra, evitandola per un soffio. Purtroppo però, aveva virato
con troppa forza, perché si erano allontanati dalla montagna e adesso volteggiavano
nell’aria, ma sarebbe durato poco, perché il guscio non era fatto per volare.
« Che succede…? » chiese Oliver, che oltre ad avere i capelli di
Dyna sulla faccia, teneva gli occhi serrati.
« Ehm… forse
c’è un piccolo problema… »
Oliver si
decise a guardare e quello che vide fu il cielo rosso tramonto davanti a lui.
Ma quando volse lo sguardo giù, allora temette di morire prima ancora che
precipitassero. Un urlo strozzato gli uscì dalla gola e echeggiò per
tutto il Piccolo Fiore. Dyna intanto stringeva i denti e tentava un’ultima
virata. Il guscio però non rispondeva, evidentemente nell’aria non funzionava.
Ma non si arrese e si concentrò con tutte le sue forze sulla montagna. Stavano
cominciando a scendere, quando Dyna gridò con quanto fiato aveva in corpo: « Saliiiiii! »
Incredibilmente,
il guscio si sollevò di nuovo e girò a sinistra per andare a posarsi sul
sentiero, tutto questo a una velocità supersonica. I due ragazzi non se ne
resero neanche conto. Dyna non credette ai suoi occhi
quando si accorse di quanto era successo. Oliver invece stava con la testa
china e stava aspettando la fine. Dyna lo chiamò per tranquillizzarlo. « Si-siamo vivi? » balbettò Oliver, ma mentre si stava
riprendendo ecco che il guscio ripartì come un missile. « Dyna! Che diavolo
fai!? »
« Credo di
aver perso il controllo! » gridò Dyna, terrea in volto. Un’altra sfera si stava
avvicinando a tutta velocità, il rombo era assordante. « Fa qualcosa per l’amor
del Cielo ragazzina! » urlò Oliver. Ad un certo punto, il guscio si librò di
nuovo nell’aria, sorvolando la sfera di almeno due metri; se Dyna e Oliver
avessero avuto gli occhi aperti avrebbero potuto vedere la cima pianeggiante
del colle e qualcos’altro anche… ma tutto quello che
loro videro fu il buio, fino a quando il guscio atterrò, per fermarsi del
tutto. I due giovani caddero, sporcandosi nel terreno polveroso.
« Oliver,
stai bene? » chiese Dyna, strisciando vicino a lui. Il cavaliere non si mosse.
« Oliver! »
« E’ la giornata
più brutta della mia vita » si lamentò Oliver,con la testa ancora sul terreno.
Dyna rise e lo aiutò a rialzarsi. « Un altro volo come quello e non
sopravvivrò, sei avvisata. »
« Credo che
non ne faremo più » lo rassicurò la ragazza « Adesso abbiamo altro a cui
pensare. »
Si scrollarono
di dosso tutta la polvere che potevano, tra gli starnuti di Oliver (« Sono
allergico alla polvere! ») e continuarono a piedi il resto del sentiero,
visto che era rimasto davvero poco da percorrere. Finalmente giunsero sulla
cima del colle. Era uno spiazzo abbastanza ampio, i ciuffi d’erba frusciavano,
mossi dal vento. Nel punto più lontano, qualcosa, o qualcuno, dava loro le spalle.
I due ragazzi si guardarono un momento, indecisi su cosa fare, anche perché non
avevano la minima idea di che cosa fosse quell’essere. Restarono così per
alcuni minuti, senza che nessuno facesse alcuna mossa, poi Oliver si decise a
prendere la parola. « Ehi! Tu! Girati! »
Niente.
Silenzio.
« Sto
parlando con te! Ehi! » Oliver si bloccò, dato che quella strana creatura si
stava girando, proprio come lui aveva ordinato. Era rotondo, assomigliava
moltissimo alle sfere che prima avevano dovuto affrontare sul sentiero, nero
come la pece, con la differenza che era munito di arti. Le braccia, sottili e
blu, sbucavano dai lati della sfera. Anche le gambe erano troppo snelle e corte
per reggere il peso del corpo. Quando si voltò completamente, si poterono
notare anche gli occhi, grandi e senza pupille, grigio perla, dall’espressione
minacciosa. Sulla testa, se testa si poteva chiamare, portava una corona, molto
simile a quella del sovrano di Breza. Ci mancò davvero poco che Oliver e Dyna
non scoppiassero a ridere. Quello era il mostro che aveva terrorizzato il
popolo del Piccolo Fiore? Certo che definirlo buffo era un eufemismo…
« Ma… chi sei? » domandò Oliver, abbandonando ogni proposito di ingaggiare una
lotta furiosa.
« Io? » disse il mostro con una voce
metallica. « Io fono Gunner,
il re delle palle di cannone. »
I due ragazzi
si scambiarono un ulteriore sguardo, per accertarsi di non stare sognando. Questa
volta fu Dyna a parlare. « Sei stato tu a lanciarci quelle sfere prima? »
« Natuvalmente »
rispose lui « Io ho il poteve fu di loro, poffo favle appavive dal nulla e guidavle nella divezione che pvefevifco; efattamente cofì. »
« Ma che
diamine ha detto? » disse Oliver, ma proprio in quel momento un’altra sfera,
ancora più grande delle precedenti, apparì nel cielo
rosso tramonto e precipitò nella loro direzione con la velocità di un
proiettile. Appena in tempo, Oliver si scaraventò su Dyna, e rotolarono quasi
fino alla fine del prato, rischiando di finire giù, ma evitarono di essere
spiaccicati.
« Che vifleffi! Bvavo! » esclamò Gunner,
falsamente compiaciuto. « Vediamo fe fei altvettanto
in gamba adeffo! »
Questa volta
tre palle di cannone si materializzarono in aria. Oliver e Dyna rimasero
dov’erano e si scansarono all’ultimo secondo per far sì che cadessero di sotto,
ma non accadde così. Le sfere virarono lungo il bordo del colle e si diressero
ancora verso i due ragazzi, proprio come se fossero telecomandate.
« Oh, accidenti… » mormorò Oliver, mentre riprendeva a correre,
seguito dall’amica. Le sfere non gli davano tregua e si muovevano a destra e a
sinistra avvicinandosi lentamente al bersaglio.
« Non si
possono fermare, Oliver » disse Dyna, appena un passo dietro al cavaliere. « E’
lui che le controlla. »
A quelle
parole la mente di Oliver si illuminò. « Dyna, prendi la spada. E cerca di
resistere più che puoi. » Detto questo lasciò la spada alla ragazza e si gettò
in mezzo alle sfere rotolanti, che all’improvviso aumentarono la velocità e
presero a giragli vorticosamente intorno. Oliver era al centro, aspettando il
momento giusto. Forse aveva fatto una stupidaggine, ma era l’unica cosa da
fare.
Dyna
raccolse la spada, ma a stento ce la faceva a reggerla per quanto era pesante.
Quando vide le sfere saltare in aria, pronte a buttarsi sull’amico, strinse le
mani intorno all’elsa, pensando a qualcosa, qualsiasi cosa potesse fare per
aiutarlo. Ma non ebbe alcuna idea brillante, come invece sicuramente Oliver ne
avrebbe avute per salvare la vita a lei. Ma le preghiere di Dyna servirono
davvero a qualcosa, perché per un attimo, un istante, le sfere si fermarono.
Probabilmente Gunner si era distratto a guardare la
ragazzina dai capelli rossi con una spada in mano, forse per attaccare anche
lei con un’altra sfera. Ma quel breve istante fu sufficiente a Oliver per
scattare in direzione del mostro. Gunner vedendolo
arrivare così di corsa, si spaventò e non riuscì a difendersi. Le sfere caddero
al suolo, prive di controllo, fortunatamente lontano da Dyna. Il Guerriero
preparò il pugno mentre correva e colpì con forza il mostro al fianco, o almeno
nella zona dove si trovava il braccio sinistro. Ma la superficie liscia e
fredda del mostro era anche incredibilmente dura, tanto che per Oliver fu come
colpire con tutta la forza un muro di cemento armato. Rimase immobile per
alcuni secondi, con il pugno ancora poggiato sul corpo del mostro, mentre la
faccia gli diventava rossa e cominciava a sudare freddo, tentando di
contenersi, ma avrebbe tanto voluto urlare a squarciagola per il dolore. Ritirò
la mano che già cominciava inesorabilmente a gonfiarsi a vista d’occhio,
mormorando un « Ahia ahia ahia
» sommesso. Gunner rise di gusto a quella scena.
« Ah! Ah! Ah! Piccolo uomo! Cofa cvedevi di fave contvo di me? Ah! Ah! Ah! Io fono imbattibile! » Le
sfere ricominciarono a muoversi e rotolare sull’erba e le loro ombre agli
ultimissimi raggi di sole si riflettano su Dyna, sola con una spada che non
riusciva nemmeno a tenere in mano. « Guavda adeffo, piccolo uomo! Guavda come
schiaccio la tua amichetta! »
Dyna si
lanciò sul terreno di lato, brandendo sempre la spada. Se l’avesse lasciata,
sarebbe stata indubbiamente calpestata ed era l’unica arma che avevano. Di
nuovo corse nella direzione opposta, seguita dalle palle di cannone. Era veloce
e agile Dyna, ma non avrebbe resistito ancora a lungo. Oliver la vide schivare
tutte e tre le sfere con un abile gioco di gambe, ma la spada era pesante per
lei, doveva fare qualcosa. Strinse i denti, e fece l’unica cosa che gli venne
in mente di fare in quel momento. Si mise a fare il solletico sotto il braccio
di Gunner. All’inizio, il mostro lo guardò
sconcertato, ma subito dopo cominciò a ridacchiare. Poi rise forte, fino a
diventare sguaiato. Allora Oliver continuò, sfregandolo anche sotto la bocca.
Alla fine il mostro cadde a terra, con un tonfo, senza smettere di ridere. Le
sfere si erano finalmente fermate. « Dyna! » gridò Oliver « Gli occhi! » Il
ragazzo si posizionò alle spalle di Gunner e continuò
a fargli il solletico dietro la schiena. Dyna corse verso di loro, sollevò la
spada, ondeggiando un po’ per mantenerla, e la conficcò con forza nell’occhio
destro del mostro, provocando così un forte bagliore. Gunner
cadde a terra del tutto, proprio sul povero Oliver, che gemette. Dyna lo aiutò
a uscire, mentre lui continuava a brontolare: « E’ la giornata più brutta della
mia vita, lo giuro, la più brutta in assoluto! »
Gunner emise un debole guaito. L’occhio
destro era completamente sparito. Al suo posto spiccava una croce indistinta
rosso sangue. « Allora » disse Oliver, con il tono di chi vuole concludere al
più presto. « Dacci la principessa e non ti verrà fatto più alcun male.
Altrimenti proverai ancora dolore… E non provare a usare ancora i tuoi poteri
perché dubito che ci riusciresti nelle tue condizioni. »
Gunner sollevò lentamente un braccio e nel
palmo della sua mano a poco a poco si materializzò una piccola fatina. O almeno
era quello che sembrava. Era circondata da una specie di polverina stellata e
luccicante, di vari colori chiari e brillanti. Quando fu ben visibile si
notarono le ali trasparenti e il corpicino esile e verde. Sembrava una
libellula, ma il volto era quello di una fanciulla, sebbene in miniatura e
molto pallido. Aprì i grandi occhi, verdi anch’essi, sembravano due pietre
preziose, due enormi smeraldi.
« Incredibile
» disse Oliver con un filo di voce. Era la seconda volta nello stesso giorno
che gli capitava di incontrare una creatura fantastica e straordinaria come Besil e Fate.
La luce
della libellula si rifletteva negli occhi fiammeggianti di Dyna. Non seppe
descrivere la sensazione che provò vedendola, ma fu un’emozione forte, intensa,
nuova e conosciuta allo stesso tempo.
La libellula
la fissò intensamente, nel suo sguardo c’era una traccia di paura, anzi,
terrore puro. Fece per volare via, ma Dyna disse: « No, non andare, ti prego… »
La fatina si
fermò e la fissò intensamente. Non sapeva perché, ma a Dyna venne voglia di
piangere. « Tu... sei… » la libellula lasciò la frase incompleta e si avvicinò
a Dyna.
« Ma chi
sei, tu? » chiese Oliver, sempre con lo stesso tono estatico.
« Io sono Misty, una delle Libellule Custodi. E vi ringrazio per
avermi liberato » disse la piccola Libellula con una vocina sottile e angelica,
il suono più dolce mai sentito su questa Terra.
« Liberato?
» ripeté Dyna. « Il re Gunner ti teneva prigioniera?
»
La Libellula
scosse mestamente il capo e l’ espressione di paura ritornò sul suo viso. « No,
lui doveva solo custodirmi. Per conto di qualcun altro. Ma ora sono libera,
grazie a voi. Vi prego, liberate anche le mie compagne dall’incantesimo, vi
supplico. Lo farete? »
« Sì, lo
faremo » rispose Dyna prontamente. Non aveva mai sentito parlare di queste
Libellule Custodi, non sapeva niente sul loro conto, non sapeva chi le aveva
catturate, dove fossero, quante fossero, come le avrebbe trovate, né sapeva
perché si sentiva così vicina a loro e così in ansia per la loro sorte, ma non
poté fare a meno di confermare quanto aveva appena detto con una promessa. « Te
lo prometto… Misty. Farò di
tutto per liberarvi. Tutte quante. »
La fatina le
scoccò un piccolo bacio sulla guancia e disse: « Con questo sarà più facile per
te » e volò via, lasciandosi alle spalle una scia luminosa che dopo un po’
scomparve. Oliver era assolutamente interdetto. Non riusciva a capacitarsi che
quanto aveva visto poco prima, o meglio, quanto aveva visto durante quella
assurda giornata, fosse reale. Scosse la testa, era meglio non pensarci, o si
rischiava di restarci matti. « Dyna, ti senti bene? »
« Sì » rispose
lei distrattamente. Aveva ancora lo sguardo perso nel punto in cui la libellula
era sparita. « Sì, sto bene » ripeté poi, come se si fosse svegliata
all’improvviso.
« Dyna. »
« Che c’è? »
« Sei stata
brava » disse Oliver, in un tono calmo e dolce.
Dyna arrossì
fino alla punta delle orecchie. « Ma che dici… quando?
»
« Prima, con
il mostro » disse il cavaliere « E anche ad usare il guscio sul sentiero. Sei stata
brava davvero, ragazzina. » Si avvicinò e le scompigliò affettuosamente i
capelli. « Ora però occupiamoci di questo furfante! » esclamò alzando la voce.
« Allora, hai liberato una fatina che non ho capito cosa ha detto a proposito
delle libellule, ma io ti avevo chiesto della principessa se non mi sbaglio! »
Gunner stava ancora supino, e l’occhio
buono la diceva lunga sulla paura che aveva in quel momento. « Io non fo niente di neffuna
pvincipeffa… te lo giuvo…
non fo di chi ftai pavlando…
io avevo il compito di cuftodive la Libellula… folo quefto… lo giuvo… »
Oliver si
arrese: non stava mentendo. « Beh, a quanto pare abbiamo fatto un buco
nell’acqua » ammise deluso, riponendo la spada nel fodero.
« Però
pensa! Abbiamo incontrato un Besil, una
tartaruga-uccello che fa il medico e un Orco, abbiamo sconfitto il Re delle
palle di cannone e salvato una delle Libellule Custodi... anche se non ho ancora
capito bene che cosa siano » disse Dyna.
« Sì, non
sai bene cosa siano però hai promesso di salvarle tutte » le fece notare
Oliver. « Comunque… sì, hai ragione. Non è stato un
viaggio a vuoto. Ora scendiamo che si sta facendo buio. Tu vieni con noi! » ringhiò rivolgendosi a Gunner.
Stavolta fu
cosa ben facile riscendere il sentiero, senza intoppi, né sfere rotolanti.
Arrivati alla fine però sorse un problema. « Oliver, non possiamo portare anche
lo sgorbio sul guscio. Non ci andiamo tutti quanti, come facciamo? » domandò
Dyna, ma il cavaliere non era particolarmente preoccupato da questo punto di
vista. Diede una leggera spinta al mostro e questo rotolò giù per il pendio,
fra urla e lamenti.
« Vedi, si
risolve subito » disse Oliver e Dyna scoppiò a ridere. Insieme ridiscesero a
bordo del guscio lentamente, come voleva Oliver, e atterrarono accanto a Gunner, che gemeva a terra, coperto di lividi e
ammaccature. Poco dopo Kimenu, Sembion e Man-bay vennero loro incontro. L’Orco strepitò qualcosa nel
suo lessico incomprensibile, ma sembrava stupito e felice allo stesso tempo. Kimenu si complimentò stringendo la mano a entrambi,
soprattutto per come avevano guidato il guscio, senza mai abbandonare il suo
tono professionale, che lo rendeva ancora più buffo. Anche Sembion lodò i due
giovani, in particolare Dyna. Legarono Gunner
con la catena di Man-bay per essere sicuri, ma
ridotto com’era non sarebbe andato lontano. L’Orco li invitò a cena, o almeno
questo tradusse Kimenu, ma una volta a tavola nessuno
aveva più molta voglia di mangiare, visto che la maggior parte delle portate
era ammuffita e nauseante e passarono la sera a guardare l’Orco mangiare con
gusto e molto voracemente. Per sua sfortuna, Oliver era seduto proprio accanto
a lui, e dovette ricorrere a tutto il suo autocontrollo per non dare di
stomaco. Decisero di ripartire il mattino dopo, perché avevano bisogno di
riposarsi e anche perché era preferibile viaggiare di giorno nella foresta di Querciasecca.
Ma nessuno volle dormire a casa di Man-bay a causa
del cattivo odore e alla fine si appisolarono fuori, sull’erba. Per fortuna non
era una notte fredda. Dyna si appoggiò al Besil, Kimenu si ritirò nel suo guscio e Oliver si stese vicino a
un grosso masso, ma Man-Bay insisteva per stare vicino a lui, così il giorno
dopo se lo ritrovò proprio di faccia e diede un urlo che li fece svegliare
tutti. Tutta la comitiva si mise in viaggio verso il castello di Breza, dato
che nessuno aveva niente da fare al Piccolo Fiore, così il viaggio sembrò
durare meno del previsto, fra il brontolare di Oliver e i tentativi di Man-bay di camminare appiccicato a lui. Finalmente furono
in vista del villaggio, il castello si stagliava contro il sole luminoso in
tutta la sua bellezza. « Ahh! Finalmente ci siamo!
Non vedo l’ora di farmi un bel pisolino! » esclamò Oliver, stiracchiandosi per
bene, ma senza lasciare mai la catena con cui trascinava Gunner.
« Niente
male il castello di Breza, davvero niente male » commentò Kimenu.
Dyna si
avviò avanti. « Ti rendi conto, Oliver? Siamo degli eroi, abbiamo sconfitto il
terribile mostro che ha terrorizzato gli abitanti del Piccolo Fiore! Siamo
grandi!... Chissà come reagirà il re? »
~Gunner è ispirato a uno dei personaggi
di un vecchio “Super Mario” a cui giocavo da piccola :D
~Spero che vi sia piaciuto! Fatemelo
sapere :) Baci e alla prossima! :3