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Autore: Unsub    06/07/2011    4 recensioni
Due persone completamente agli antipodi, come vivono le medesime emozioni? Cosa ci porta ad innamorarci di una persona? A volte la normalità della vita quotidiana porta un po' di luce in fondo al tunnel.
Genere: Fluff, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Derek Morgan, Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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6 Qualcuna di voi riconoscerà la scena (ebbene si è presa proprio da “Una mamma per amica”) è che mi faceva troppo ridere l’idea di usarla con Spencer XD

Capitolo 6.

Georgetown University, Washington D.C.
Gli risuonava ancora nelle orecchie l’esplosione della bomba, quei due giorni a Plata gli riempivano ancora la testa. Non era piacevole essere un ostaggio nelle mani di un tipo come Cyrus, pronto ad uccidere in nome di una religione fatta a suo uso e consumo. Si sentiva anche responsabile di quello che era successo a Prentiss, la sua collega si era fatta avanti per proteggere lui ed il risultato era che quell’esaltato l’aveva picchiata selvaggiamente.
Durante il viaggio di ritorno non era riuscito a distogliere gli occhi da quei lividi che la donna aveva ancora impressi sul volto. Sicuramente ne aveva anche altri sparsi sul corpo, aveva notato le ecchimosi dietro il collo che Emily cercava di nascondere con il colletto della camicia. Chiuse gli occhi un istante, rimanendo fermo all’ombra degli alberi che costeggiavano il viale.
Ricordava la paura che l’aveva invaso quando aveva capito che lui non si sarebbe arreso, che voleva i giornalisti perché potessero assistere all’esplosione che li avrebbe uccisi tutti. Anche in quel momento aveva chiuso gli occhi, si era poggiato leggermente contro il muro ed aveva cercato un’immagine rassicurante per ritrovare la lucidità necessaria in quei frangenti.
Era rimasto stupito lui stesso di quello che gli era venuto in mente. Pensava che gli sarebbe apparso il viso di JJ e avrebbe risentito nelle orecchie il suono della sua voce che lo chiamava “Spence”. Effettivamente si era ritrovato davanti due occhi blu, ma i capelli erano neri e il viso era incorniciato da una frangetta. Aveva ritrovato una parvenza di calma quando quel caldo sorriso aveva illuminato il buio dietro le palpebre.
Dopo l’atterraggio, Hotch aveva comunicato che avevano il resto della giornata libera per riprendersi dalla brutta avventura. Non l’aveva neanche minimamente sfiorato l’idea di recarsi a casa, aveva caricato le sue cose in macchina e si era diretto a Georgetown. Lei aveva detto che potevano andare a pranzo insieme… sicuramente era troppo tardi per quello, alle tre del pomeriggio aveva già preso la sua pausa per mangiare. Però poteva aspettare che il suo turno finisse, magari portandosi avanti nello studio e poi offrirle un caffè… un drink sembrava troppo impegnativo, e poi chissà?
Magari potevano andare a cena insieme, se fosse riuscito a portare la conversazione avanti abbastanza a lungo senza annoiarla. Non sapeva perché aveva pensato a lei, ma voleva scoprirlo. Si incamminò di nuovo verso la biblioteca, intenzionato a non permettere alla sua timidezza di intralciare ancora la conoscenza di quella ragazza. Meditava che forse lei non era così interessata alla sua compagnia e che quei rossori continui erano dovuti all’imbarazzo di non sapere come tagliare le loro conversazioni senza essere scortese.
Hope non sembrava il genere di ragazza che riusciva a essere scortese o cattiva, sospettava che avesse seri problemi persino a dire di no al suo capo. Come aveva chiamato quell’arpia sgarbata? Signora Markis. L’aveva intravista altre volte all’interno della sala lettura e tutte le volte stava sgridando qualcuno degli assistenti. Ricordava distintamente una ragazza, talmente giovane che probabilmente frequentava ancora l’università, correre via in lacrime dopo una reprimenda fatta sottovoce, ma con tono cattivo e accusatorio.
Fatto l’ultimo gradino della scalinata, alzò gli occhi verso la porta e trovò la protagonista dei suoi pensieri davanti a lui con un’espressione stupita sul volto. Era evidente che la bella stagione era ormai alle porte, visto l’abbigliamento estivo della ragazza. Aveva un vestito dalle spalline sottili, talmente bianco ed immacolato che sembrava appena uscito da una tintoria. I capelli erano lasciati sciolti, fermati solo da un cerchietto. Era la prima volta che la vedeva senza la coda e doveva ammettere che era ancora più carina con i capelli mossi dalla leggere brezza. Notò anche che aveva poggiato un golfino leggero sopra la tracolla e si era messa delle scarpe di corda. Spencer aggrottò la fronte contrariato: che avesse già qualche impegno? Come aveva potuto non capire che una ragazza così carina aveva sicuramente un ragazzo?
-    Dottor Reid – anche dalla voce traspariva una certa sorpresa – Come mai da queste parti?
-    Il mio capo mi ha dato la giornata libera – disse lui guardandosi i piedi.
-    Ah… è venuto a studiare? – Hope distolse lo sguardo.
-    Veramente… avevi detto che… insomma… quel pranzo…
La ragazza tornò a fissarlo con gli occhi sgranati, stupita che lui si trovasse lì per lei.
-    Tu hai già finito?
-    Ecco… io…
Prima che la ragazza potesse rispondere, dalla porta girevole usci la signora Markis che evidentemente stava cercando Hope. Squadrò Reid dalla testa ai piedi e storse la bocca in segno di disapprovazione. Quella donna sembrava sempre avercela con il mondo intero, Spencer non ricordava una volta in cui l’avesse vista se non sorridente, almeno serena.
-    Jones, meno male che ti ho trovata – disse rivolgendosi alla giovane.
-    Problemi signora Markis? Vuole che mi fermi ancora un po’?
-    Assolutamente no, scherziamo? – la donna scossa la testa in modo esagerato – Già sei stata così gentile da sostituirmi sabato, non posso chiederti di più. Il pensiero di lasciare tutto nelle mani di quell’incapace di Stevenson…
-    Allora, forse, ci sono dei problemi?
-    Veramente no – disse la donna sorridendo per la prima volta davanti a Reid – Ti ho sentita parlare di quel film che volevi andare a vedere, quello di fantascienza.
-    Solaris?
-    Sì, non hai fatto che parlarne da lunedì. Comunque, mio figlio aveva due biglietti omaggio, ma non è decisamente il suo genere. I film russi non gli piacciono ed è un vero peccato sprecarli – dicendo così allungò due biglietti verso la ragazza – Vai e divertiti e domani non voglio vederti qui prima delle dieci. Intesi?
-    Ma, signora… è veramente…
-    Non ti azzardare a dire che è troppo – di nuovo apparve lo sguardo severo ed arcigno – Se tutti i miei assistenti fossero come te, il mio lavoro sarebbe molto più facile. In quanto ad arrivare più tardi domani, mi sembra il minimo visto che sei sempre tu la prima ad arrivare.
Dicendo così afferrò la mano della ragazza e le mise a forza i biglietti fra le dita. Subito dopo si raddrizzò,  si sistemo i capelli stretti nell’austero chignon che la distingueva e si incamminò impettita verso la biblioteca, lasciando i due giovani ad osservarla rientrare.
-    Ti piace Solaris? – chiese Reid cercando di conquistare di nuovo la sua attenzione.
-    Sì, è uno dei miei romanzi preferiti – ammise lei arrossendo leggermente – Sono strana, vero?
-    Veramente è anche uno dei miei preferiti e la trasposizione russa è molto bella e ben fatta – cercò di finire la frase senza incespicare sulle parole.
-    Beh… visto che la signora Markis mi ha regalato due biglietti… forse… se non ha altri impegni…
-    Pensavo che ormai ci dessimo del tuo – Reid si scostò una ciocca di capelli dal viso – E comunque… mi farebbe molto piacere vederlo insieme a te.

Avevano passato tre ore mangiando pop-corn e concentrandosi  sulla pellicola. Mentre usciva, suo malgrado Spencer si ritrovò a proteggerla con un braccio, visto il gran numero di adolescenti che uscivano dalle altre sale e che rischiavano di urtarla. Appena fuori dal cinema, Reid infilò le mani in tasca, mentre passeggiavano affiancati. Forse, pensò, il film che piaceva ad entrambi poteva essere un buono spunto di conversazione.
-    Certo la versione integrale è meglio – disse, mordendosi la lingua subito dopo.
-    Credo che trasporre sulla pellicola l’insieme di temi trattati da Lem è molto complesso. Voglio dire: la difficoltà di comunicazione e comprensione degli esseri umani verso gli altri è molto difficile da rendere con le scene visive.
-    Indubbiamente, nonostante sia un romanzo del 1961, è un capolavoro.
-    Quando arrivo alla parte in cui Kris legge la lettera di Hari, piango sempre come una bambina – ammise lei, ridendo nervosa – Secondo me, in quel passaggio Lem cercava di comunicare quanto può essere totale l’amore. Anche se era solo una proiezione della sua mente, resa reale dal pianeta… beh, decidere di sottoporsi all’annichilimento per permettere a lui di tornare sulla terra senza dover pensare a lei…
-    Sì, è un passaggio molto bello e complesso. In fin dei conti la versione alterata di Hari, voleva solo che lui trovasse la forza di andare avanti.
-    Trovo che sia molto romantico, niente a che vedere con il film di Soderbergh.
-    Indubbiamente quella seconda trasposizione ha ucciso il senso del romanzo.
Continuarono a parlare del romanzo e del film, fino al parcheggio della biblioteca dove avevano lasciato le macchine. Spencer si accostò alla macchina di Hope e aspettò che lei l’aprisse, poi si schiarì la voce cercando qualcosa di intelligente da dire.
-    Sono stata veramente molto bene… mi dispiace se hai dovuto cambiare i tuoi programmi per accompagnarmi – Hope aveva aperto la portiera ma continuava a muoverla avanti ed indietro visibilmente nervosa.
-    Non avevo altri programmi ed è stato molto gentile da parte tua invitarmi – alzò gli occhi per poterla guardare in viso.
Era come rapito dal blu di quegli occhi, dal modo in cui le labbra lucide erano semiaperte e da quel leggero rossore che le imporporava le gote. In quel momento non gli parve solo carina, ma la trovava di una bellezza unica. Ingoiò un paio di volte per trovare il coraggio di farlo. All’inizio aveva alzato lo sguardo per cercare di invitarla di nuovo ad uscire, ma ora che la vedeva sotto quella luce…
Si chinò verso di lei con le mani ancora in tasca e la baciò delicatamente sulle labbra. Era una sensazione piacevole quella morbidezza che sentiva ed allora allungò una mano per spostarle i capelli dal viso e la lasciò poggiata sulla guancia di lei. Quando si staccarono la vide riaprire lentamente le palpebre e guardarlo un momento trasognata, poi aprì la bocca e…
-    Grazie – parve ridestarsi solo un quel momento.
Spencer la vide mentre spalancava la bocca e sgranava gli occhi, stupita lei per prima di aver detto quella cosa. Le guance divennero due tizzoni ardenti e lei si affrettò a salire in macchina.
-    Io devo andare – disse mentre richiudeva la portiera e si precipitava fuori dal parcheggio.

Continua…


   
 
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