Anime & Manga > Captain Tsubasa
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Autore: eldarion    06/07/2011    5 recensioni
Tsubasa e Sanae stanno per sposarsi. Sono felici. Tuttavia, la felicità a lungo sognata viene bruscamente spazzata via da una tragica fatalità.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sanae Nakazawa/Patty Gatsby, Tsubasa Ozora/Holly
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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I personaggi non sono miei, appartengono a Yoichi Takahashi.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro.
Note personali: non amo scrivere storie con più di un capitolo, perchè ho poca pazienza, ma ho voluto tentare. E’ una specie di sfida e spero di fare un buon lavoro!
Ringrazio coloro che dedicheranno del tempo alla lettura della mia storia e coloro che avranno la pazienza di recensirla.
Buona lettura!
 
 
 Moby Dick, le Stelle e la Luna
 
Kumiko raggiunse gli amici alla festa, era in ritardo: l'aperitivo era giá stato servito. Come al solito, tutti notarono Il suo arrivo ma, stranamente, questa volta, non aveva provato lo stesso piacere di sempre. Si sentiva un po' annoiata, era andata al  party più che altro per inerzia, per abitudine.
A dirla tutta provava una grande stanchezza, era stufa di partecipare da sola alle feste, Tsubasa non ne voleva sapere.
Indubbiamente aveva fatto dei passi avanti nel suo rapporto col capitano, ma era ancora lontana dal poterlo considerare suo.
Sicuramente peró, lo aveva destabilizzato...E non era poco. 
Il ragazzo nutriva dei dubbi o, quantomeno, se non aveva dei dubbi si poneva delle domande sulla sua vita affettiva, su di lei, su Sanae. Ne era certa, certissima. Solo ci voleva pazienza, ancora pazienza. Sanae ne aveva avuta molta  con lui, ne aveva con tutti, sempre.
Kumiko non conosceva bene se stessa ma una cosa la sapeva: non era un tipo paziente e Tsubasa era coriaceo!
Forse doveva osare e provocarlo...Così per smuovere la situazione, per spingerlo verso una scelta.
Non a torto, la giovane modella, vedeva  il capitano in bilico tra lei e Sanae: doveva fare in modo che prendesse una decisione, in suo favore naturalmente.
C’erano diversi argomenti cui appigliarsi: per quanto ancora era disposto ad aspettare Sanae? Ne valeva la pena? Lei poteva essersi rifatta una vita, in questo caso, sarebbe stato solo lui a rimetterci...Era un discorso sensato, doveva solo farglielo capire, aprirgli la mente...In fondo, Tsubasa era in equilibrio su un filo, bastava poco. Bisognava farlo cadere!
Mentre si perdeva nei meandri del pensiero guardava rapita il giardino copsarso del rosso del tramonto.
Il suo agente, Roby, la osservó per un po' prima di decidersi a raggiungerla. Qualcosa in lei non andava, lo notó immediatamente. Lui la conosceva abbastanza bene da riuscire a interpretare i silenzi e le espressioni, non era semplice ma quasi sempre ci azzeccava.
La salutó calorosamente ..."Ben arrivata! Sarai la stella della serata, come sempre!" ...Le sorrise come nulla fosse ma non gli sfuggì che, anche questa volta, era sola.
Lei anticipò qualsiasi domanda... "Già...continua a non amare le feste, sinceramente anche a me stanno venendo a noia. Comincio a credere che abbia ragione lui!"
Era chiaramente delusa dalla situazione e un fondo di verità c'era nelle parole appena pronunciate. Tutto le appariva diverso. Sembrava più triste ma anche più decisa e consapevole. Roby lo capì dalla voce seria, dal sorriso meno sbarazzino, più adulto. Le posó, incoraggiante, una mano sulla spalla e la lasció lì, a rimuguinare, con un suggerimento... "...Tranquilla...conosci bene ogni angolo della casa..." Kumiko intuì quale fosse il messaggio: Roby aveva  certamente compreso la sua frustrazione. Non era proprio dell'umore per una festa...Le feste che, solitamente servivano a distrarla, quella sera non servivano. In ogni caso non voleva sparire senza salutare gli amici. Si intrattenne con loro, parlando del più e del meno per un po'. 
Appena ne ebbe la possibilità si dileguò. Raggiunse il piano nobile dell'antica villa e  si diresse, con piglio sicuro, verso la biblioteca.
Entró.
Naturalmente non c'era anima viva erano tutti alla festa.
Assaporò il silenzio che la avvolse placido e si guardò intorno, come per sentirsi parte dell'ambiente.
Il Padre di Roby era un critico d’arte, leggeva molto e  di diversi argomenti.
"Chissà se avrà già letto tutti questi libri?" si chiese.
Giró su se stessa ammirando i volumi negli scaffali tutt'intorno poi, si fermò, stizzita ,esclamando a voce alta  "Modelle! Credono tutti che siamo stupide, senza cervello!"
In effetti di...Oche...ne circolavano nel suo ambito, doveva riconoscerlo, ma non erano tutte così. Lei non era affatto una ragazza stupida. A scuola era sempre andata bene, aveva dei bei voti, avrebbe potuto continuare gli studi dopo il Liceo e senza alcun problema.  Di fatto avrebbe voluto ma le era capitata l'occasione di fare la modella. Intraprese quel lavoro per gioco, come qualcosa di momentaneo. Col tempo però, scoprì che le piaceva e divenne una faccenda seria.
Quel mondo la estasiava!
Già! Proprio quel mondo.."di latta e lustrini"...come lo aveva definito Sanae.
Kumiko finì col perdersi nel suo mondo di latta e lustrini: scordó gli studi ma non solo, invaghita del fantasma di Tsubasa aveva venduto la sua anima. Tutto il resto non contava...
Tuttavia cominciava ad avvertire che la sua vita poteva ancora arricchirsi con gli studi, nessuno glielo impediva... "Magari potrei leggiucchiare qualcosa...Magari potrei unire al lavoro anche gli studi. Non mi corre dietro nessuno, ho tempo...e anche il denaro. Così magari anche Tsubasa mi apprezzerà maggiormente...Accidenti....vado sempre a finire lì...Beh...Coraggio! Diamo un'occhiata...chissà che non scopra una passione, chissà che non trovi un suggerimento!" Si esortó.
Non ci mise molto a scegliere.
Sulla scrivania era posato un libro, con una copertina di pelle verde e le scritte in oro.
Era lì, abbandonato, pareva in attesa.
Attendeva che il segreto insegnamento scritto sulle sue pagine prendesse vita tra le mani di qualcuno desideroso di sfogliarlo.
Era lì in attesa del tocco vitale di occhi gentili che accogliessero le sue parole per condurle dritte al cuore... Cosa aveva da dire quel libro? E a chi?
Kumiko pensó che forse stava aspettando lei, proprio lei...Si avvicinó per poter vedere di cosa si trattava. Lesse, un po' timorosa "...Moby Dick,  di Hermann Melville..."
Gliene aveva parlato un suo collega statunitense che, tra uno scatto e l'altro, studiava letteratura. Lei peró non gli aveva dato molto peso. Era uno dei suoi corteggiatori più incalliti, ma lei non era interessata a lui. Lo ascoltò svogliatamente per tenerlo a bada, e, inoltre, non capiva nemmeno come erano arrivati a quel discorso, e perchè poi: non era un argomento adatto a fare colpo su di lei..." Era proprio uno strano ragazzo quello...Chissá se sta ancora studiando..." le capitó di pensare.
Rigirò il libro tra le mani. Quel titolo, di fatto, non la attirava ma nemmeno le andava di tornare alla festa così  decise di dare una possibilità a Melville.
Si accomodó nella poltrona da lettura e inizió a leggere, di solito dopo poche righe capiva perfettamente se il libro faceva al caso suo.
L’incipit la catturò immediatamente "...Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E' un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c'è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l'altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l'oceano..." *
La sua mente avida si immerse  nelle parole, dimenticò la festa e dimenticò il tempo che trascorreva...Nella stanza quieta c'erano solo lei e il libro.
Non parlava di mare quel libro e non era un romanzo qualsiasi.
C'erano molte riflessioni filosofiche, era interessante, riguardava la natura dell'uomo, il male, la vendetta...Lei non era una ragazza stupida...Era lì per lei...Aspettava proprio lei.
Se solo lo avesse letto prima...Ora era tardi...Per lei era troppo tardi.
Smise di leggere.
Era arrabbiata: cosa diavolo voleva da lei quel libro?!
Non resistette.
Lo riaprì, saltando qua e là, assaporava certe riflessioni e arrivó alla conclusione: Moby Dick moriva e il capitano Achab realizzava la sua vendetta!
Si concludeva così: Achab aveva vinto!
Quel libro non aveva nulla da dire, non a lei... La ragazza non ponderò o non volle capire che  anche Achab moriva insieme al suo incubo.
Era stanca, quel libro l'aveva disorientata, si sentiva smarrita. Lo posò con violenza sul tavolo dove lo aveva trovato..."Che stupido libro!" pensó..." Sarà meglio che torni a casa, forse Tsubasa..."
Non si disse altro, non salutó alcuno, lasció la festa in silenzio, furtiva, come una ombra, come un ladro nella notte.

Quelle parole si erano insinuate in lei come un tarlo: rodevano, rodevano...
Si fece riaccompagnare dall'autista di Roby e per tutto il tragitto rimuginò "Stupido libro, stupido libro, cosa vuoi? Sta zitto, zitto! Taci, hai capito?!"
Era così occupata a scacciare quei pensieri che non si accorse di essere giunta a destinazione, il conducente la chiamó più volte per farglielo notare. Un po’ impacciata, si scusó e scese.
Era tardi.
Aprì la porta piano, era stata a una festa magnifica che non aveva goduto, anzi, invece di divertirsi si era messa a leggere uno sciocco romanzo.
Era insoddisfatta.
Non aveva quello cui agognava.
Voleva qualcos'altro e se lo voleva doveva prenderselo... Con più convinzione...Proprio così: ci voleva più convinzione.
Si guardó intorno domandandosi se Tsubasa stesse già dormendo.
Senza pensarci troppo si avviò verso la stanza del ragazzo.
La porta era chiusa, come di consueto.
Entró, cercando di fare piano per non disturbarlo: probabilmente dormiva giá e se non fosse stato così...Pazienza, avrebbe fatto una figura imbarazzante. O, forse, la sua audacia sarebbe stata premiata.
Lo vide: il capitano dormiva su un fianco e dava le spalle alla porta.
Kumiko osservò che era sdraiato sopra le coperte, ancora vestito. Immaginò che si fosse sdraiato per riposare un attimo e poi si fosse appisolato.
"Che sto facendo?” si chiese titubante, ma subito si giustificò “...In fondo non c'è niente di male..." Si avvicinò al letto.
Abbandonò i suoi timori e si sdraiò alle spalle di Tsubasa, nella porzione di letto che era libera. 
Il posto di Sanae.
Si giró su un fianco anche lei per poterlo stringere a sè.
Lo abbracciò delicatamente.
Lui non dormiva affatto. Si era accorto di lei, naturalmente. Era una ragazza audace, come più volte aveva constatato...Sanae non l'avrebbe mai fatto.
Rimase impassibile, come se stesse dormendo, domandandosi fin dove sarebbe arrivata Kumiko.
Era una ragazza attraente, brillante e divertente. 
Trovava gradevole la sua compagnia ma forse lui se ne stava approfittando: lei riempiva un vuoto, ma non era come con Sanae.
Aveva giurato a se stesso di ritrovare la fidanzata, di non arrendersi ma...Certe volte si sentiva solo, soprattutto negli ultimi tempi.
Molto molto solo e i momenti con Kumiko colmavano quella solitudine infinita.
E se Sanae non fosse mai tornata?
Se lui non l'avesse mai trovata?
Forse aveva ragione Kumiko: lui correva dietro a un fantasma e avrebbe sprecato la sua vita.
Forse avevano ragione gli altri e torto lui: Sanae non sarebbe tornata, lui non l'avrebbe mai ritrovata, forse lei non voleva farsi trovare.
Era terribile e rabbrividì al solo pensiero.
Non si percepiva innamorato di Kumiko, non ancora. Non provava lo stesso trasporto che aveva per Sanae, e  la sua coinquilina non meritava di essere un ripiego. Poteva aspettarsi di provare per qualcun'altra ció che  provava per Sanae? Probabilmente no. Sanae era il suo primo amore, l'unico che avesse avuto, era speciale. Ma...Doveva finire così? Era finito così l'amore, il primo amore che non si scorda mai?
Cosa provava veramente?
Si stava innamorando di Kumiko senza rendersene conto?
Era un'infatuazione? 
Aveva solamente paura di amare di nuovo?
Rivoleva Sanae?
Quanto ancora era disposto ad aspettarla?
Era notevolmente confuso: chissà che non fosse giunto il momento di arrendersi e riposare...Riposare e affidarsi al caldo abbraccio di kumiko.
Qualcosa peró lo tratteneva.
Fermarsi e lasciarsi coinvolgere dall’esuberante affetto di Kumiko significava, inevitabilmente, rinunciare alla speranza di rivedere Sanae.
La vita continua, glielo avevano fattto notare tutti, tutti quanti, tranne sua madre e Pinto...Lui aveva continuato, era andato avanti ma non riusciva a capire quale fosse il suo posto,  la sua via.
Mentre Tsubasa meditava avvolto in una spirale di incertezza, Kumiko gli carezzava le spalle.
Era piacevole.
Aveva voluto e avuto solo il corpo di Sanae, solamente i suoi baci e le sue carezze.
Da quando lei era scomparsa non aveva più cercato nè desiderato contatti di quel genere.
Una strana sensazione allo stomaco lo assalì.
Non era certo insensibile alla bellezza di Kumiko: non era fatto di legno!
Anche lei, come Sanae, era dolce e affettuosa ma in un modo un po' infantile forse.
Non voleva tradire Sanae. Tsubasa si sentiva in torto: era proprio come se stesse tradendo la sua Sanae.
Non era stato rinvenuto alcun corpo.
Lei non era morta, aveva sempre avuto questa certezza e credeva che il suo sogno volesse dirgli che un giorno si sarebbero riabbracciati.  Purtroppo però, si sorprese a pensare che era trascorso molto tempo dall'ultima volta in cui erano stati insieme lui e Sanae... Quasi un anno. Quali erano ora i sentimenti di Sanae per lui? Lo amava ancora? Qualcuno la corteggiava come capitava a lui con Kumiko? Anche lei aveva dei dubbi?
Il sogno al quale aveva affidato tutta la sua speranza poteva essere uno scherzo del suo inconscio.
La mera traduzione del desiderio di lei e di un bambino tutto loro.
Se avesse frainreso tutto? Quel sogno consolatore poteva significare l'esatto opposto in cui sperava. Poteva essere un invito a lasciar perdere: Sanae si era rifatta una vita, in un altro luogo con un altro ragazzo e avevano un bambino. Non sarebbe mai tornata. 
L'idea lo atterriva.
Aveva più sognato la felicità? La domanda di Pinto era corretta: da quando c'era Kumiko, innegabilmente, aveva pensato un po' meno a Sanae e anche quel sogno ricorrente era meno frequente. Forse si era un po' staccato dal pensiero di lei, forse si stava abituando alla sua assenza e vedeva con meno sicurezza la possibilità di ritrovarla. Probabilmente si stava allontanando dalla speranza. Nel contempo si abituava sempre più alla presenza di Kumi. Pinto aveva intuito tutto. I suoi dubbi e le incertezze non erano un mistero ai suoi occhi, gli aveva letto dentro, mettendolo in guardia.
La presenza di kumiko aveva riempito gli spazi vuoti del suo tempo...Ora poteva abbassare la testa e ristorarsi consegnando la sua solitudine, il dolore e l'angoscia a un nuovo affetto?
Affetto, perchè per ora non era amore, non ancora, ne era certo. Chissà se lo sarebbe mai diventato...
Mentre Tsubasa seguiva il filo dei suoi pensieri Kumiko continuava ad accarezzarlo delicatamente e ogni tanto gli baciava la schiena.
Il ragazzo le prese la mano.
La portò vicino al suo petto ma non la bació, non riusciva a  lasciarsi andare...Bisbigliò nel buio... " Dormi adesso” lasciandole la mano.
Kumiko sussultò.
La stretta calda di Tsubasa fu un'emozione incontenibile.
"Non mi ha mandata via!” si ripeteva esultante..." Ci sono quasi, ci sono quasi..." Si addormentò pian piano cullata dal battito del suo cuore.
Si accoccoló più vicino a Tsubasa. Era caldo e accogliente.
Tsubasa, di contro, in preda a una miriade di dilemmi era molto teso, quasi non respirava. Voleva scivolare nel sonno ma i suoi mille interrogativi lo tenevano sveglio..Esitava...Gli mancava Sanae tuttavia era bello stare lì, perso, tranquillo, consolato nell'abbraccio di Kumiko.
Le sue certezze vacillarono.
Forse doveva accettare ció che il destino gentile gli stava offrendo proprio attraverso quella ragazza così bizzarra che, un giorno, si era presentata a casa sua all'improvviso.
Gli tornó alla mente un detto.
Era più o meno così "Perchè devo desiderare la luna, se posso avere tutte le stelle?"
“Dunque vediamo...Mai sentito parlare di stelle cadenti?!... Averle potrebbe voler dire averle in testa! Rimedieresti un bel bernoccolo!!!”
...Così avrebbe risposto Sanae...Almeno in un primo momento e poi...
Poi avrebbe continuato...”Vedi Tsubasa, io credo che, tante volte, avere anche le stelle poi ti fa desiderare tutto l'universo.  Non si può avere l'universo. Potrebbero accadere due cose, volendo troppo finiresti col perderti. Se invece riuscissi ad avere anche l’universo...Beh! Alla fine sarebbe noioso, non avresti più stimoli...Non pensi? Pensaci su...Il bello della vita è che puoi aspettarti  di tutto e puoi desiderare di tutto. E ancora più bello é che puoi anche accontentarti di una notte buia, priva di stelle e di luna, scopriresti che anche quella ha il suo fascino segreto...bisogna saper osservare..."
Sì! Avrebbe detto così! Le labbra di Tsubasa si piegarono accennando un lieve sorriso "...Ecco fatto!...Un po’ di sano realismo..." Pensó.
Sanae era una ragazza ponderata e con i piedi per terra.
...“Ma la luna è una sola, è unica e inconfondibile...”  Le avrebbe risposto Tsubasa, lasciandola senza parole...
 
 
Continua... 
 
* H. Melville“Moby Dick”  la traduzione è di Cesare Pavese...scusate se mi sono dilungata inserendo questo incipit; personalmente lo considero una delle più belle pagine di letteratura che siano mai state scritte e aiuterà i personaggi nella loro evoluzione.
 
N.B.Lo spunto per questa storia mi è stato offerto da una novella tedesca “Germelshausen” scritta da Friedrich Gerstacker. Questa storia, nel 1954, ispirò un musical della MGM “Brigadoon”. Dal musical, Vincent Minnelli, trasse l’omonimo film. Fu il suo primo film girato in Cinemascope.  

 

  
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